thebox marzo04 - Stefano Bruna

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thebox marzo04 - Stefano Bruna
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Esposizione
Apertura
Orario
Stefano Bruna
fino al 30 aprile 2004
dal martedì al sabato, dalle ore 15 alle 19,30
Nella serie La vita è così breve che non so cosa iniziare a fare se non pensare alla prossima ovvero Mary Poppins
Stefano Bruna ritrae, attraverso la fotografia, il movimento potenziale del desiderio. 'Un simbolo (…) suppone due piani di
idee e di sensazioni e un dizionario di corrispondenza fra l'uno e l'altro', avvertiva Albert Camus, ed è proprio
sull'ambiguità fra spazio ideale e dato concreto che gioca il lessico di Bruna. La chiave di interpretazione dichiarata è,
infatti, il ritratto selettivo di un oggetto quotidiano l'ascensore ma l'obbiettivo fotografico rimanda un'indagine sull'umana
aspirazione all'innalzamento e su quell'impossibilità di stare con i piedi per terra propria dell'eroina di un popolare film di
Walt Disney, costretta a salire verso l'alto a ogni giro di vento così come l'ascensore, che a ogni chiamata ritorna alla
routine di un comportamento deciso meccanicamente.
Soggetto delle istantanee sono i dettagli di ascensori griglie, giunture di porte scorrevoli, manopole girevoli e fisse,
specchi, neon resi astratti da prospettive scorciate e ingrandimenti che amplificano la composizione di colore vivido e luce
artificiale. A livello discorsivo, i due piani della rappresentazione si incontrano nella sineddoche che lega l'oggettoascensore al suo dispositivo, ed è in questa prospettiva che la staticità della ripresa fotografica può significare l'ambizione
all'ascesa. Correlativo ideale dell'ascensore è, in questo senso, il suo possibile avanzamento verticale e la limitatezza del
suo movimento, regolato dalla cornice architettonica dell'edificio che ne rende l'ascesa, inevitabilmente, finita. Lo spazio
creato dalle immagini successive che compongono la serie passa, dunque, per l'ipotesi di un'elevazione meccanica e, nel
contempo, dichiaratamente antropomorfa. Umana è, di fatto, l'esigenza di muoversi verso l'alto, ma tipicamente umano è
anche il ritorno - graduale, quotidiano e reiterato verso il basso. La sua tipicità ha radici mitiche e moderne a un tempo e
si ricostruisce a partire dall'immaginario legato al mito di Sisifo così come lo racconta Camus. È lo stesso filosofo a
ricordare che 'i miti sono fatti perché l'immaginazione li animi' ed è proprio nell'assurda condanna di Sisifo, così come lo
racconta Camus, costretto a spingere un masso sino alla cima di una montagna per poi vederlo ricadere indietro ogni
volta, che si dispiega la possibile traslazione del movimento meccanico sul piano del desiderio. Sganciandosi dal flusso
dell'azione ripetuta, guardando alla sua condizione, Sisifo distingue la continuità del suo destino in una serie di
fotogrammi:'ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, - osserva Camus ammantata di
notte formano, da soli, un mondo'.
Dominato dalla parzialità dello sguardo fotografico e al di là delle sue qualità esistenziali, l'ascensore rimane
invariabilmente vuoto. Unico soggetto della rappresentazione, rimanda alla presenza umana attraverso le tracce della sua
assenza.
Federica Martini
Stefano Bruna è nato a Torino il 10.02.1973 ed ivi vive e lavora.
FlashArt
anno XXXVII n.246, giugno-luglio 2004
STEFANO BRUNA
The Box, Torino
Di che cosa parliamo quando parliamo di un ascensore? Che cosa significa innalzarsi mediante questo
strumento? La nuova serie di lavori di Stefano Bruna sembra cercare risposte a tali quesiti con uno stile
fotografico marcatamente analitico. Soggetti delle inquadrature sono gli abitacoli di diversi ascensori, colti
attraverso particolari caratteristici, quali luci al neon, porte in legno e griglie scorrevoli di chiusura.
L'astrazione geometrica e cromatica a cui vengono consegnate queste immagini
è l'esito di uno sguardo rigorosamente fenomenologico, teso a cogliere tutte le più sottili sfumature dei
soggetti considerati. Calvino ha scritto esemplarmente come la superficie delle cose si riveli inesauribile ad
ogni sguardo che voglia verificarla, e gli scatti di Bruna sembrano inseguire proprio questa fascinazione
gnoseologica.
Stefano Bruna, La vita è così corta, 2004. Stampa fotografica, 18 x 27 cm.
Le foto dell'artista, a uno sguardo più attento, sembrano deviare dall'iniziale prospettiva logicoanalitica,
rivelando un'inaspettata dimensione emotiva. Merito del lavoro di Bruna è proprio questa ambivalenza,
questa oscillazione tra diversi territori semantici, che lo porta a occupare parte della galleria con una
ricostruzione installativa di un vero ascensore in legno. Attorno a questo lavoro si sedimentano ricordi,
simbologie personali e collettive, e l'opera, pur senza essere mai narrativa, diviene soglia da varcare, per
accedere a un vissuto intimo, che l'artista suggerisce allo spettatore. Il movimento meccanico
dell'ascensione diventa così metafora complessa dell'esperienza, per sorvolare con levità il passato e
proiettarsi di slancio verso il futuro, tra un passo di danza e un colpo di vento, stretti a braccetto con Mary
Poppins, che l'artista ha scelto come musa ispiratrice del suo lavoro.
Luigi Fassi
Viatico annoVIII n.31, maggio-giugno 2004
THE BOX Stefano Bruna
Entrare dentro un ascensore è tra i gesti della nostra quotidianità, quello che eseguiamo sempre con un pò di
disagio: c'è il disagio (se non siamo soli) di condividere uno spazio piuttosto angusto con un'altra persona (spesso
sconosciuti o vicini di casa con cui scambiare sorrisi di circostanza o al limite qualche battuta sul tempo) e c'è il
disagio di trovarsi dentro una scatola che ci porta su o giù nelle viscere di un palazzo e quindi di una comunità di
persone che spesso non si conoscono neanche tra loro ma che possono condividere esperienze, segreti e desideri.
Per Stefano Bruna il movimento potenziale del desiderio è rappresentato dall'ascensore, che ritrae in una serie di
fotografie (alcune di grandi dimensioni, altre più ridotte nel formato e che compongono dittici o trittici) esposte alla
galleria The box in una mostra personale. Il fatto che l'ascensore consenta un'elevazione, in senso materiale, di una
persona, fa sì che possa essere la metafora di un desiderio di elevazione spirituale che però è costretta a tornare
spesso indietro in maniera meccanica.
I soggetti delle fotografie sono i dettagli di questi spazi (che spesso sono "ritratti" in modo da suggerire un'elegante
estetica astrattista): le porte scorrevoli, gli specchi con le ditate, la tabella dei pulsanti, le pareti di formica... e
l'onnipresente e asettica luce dei neon che dona a molti lavori un atmosfera ce ricorda quella dei film di Lars voli Trier.
Gabriele Marazzina
Exibart
fino al 30.IV.2004
Stefano Bruna
Torino, The Box
Alla sua prima personale, il torinese Stefano Bruna riflette sugli ascensori, su Mary Poppins e sulla spinta ascensionale che li
accomuna. Perchè “la vita è così breve che non so cosa iniziare a fare se non pensare alla prossima”...
lunedì 22 marzo 2004
Ci sono dei luoghi che sembrano escludere pregiudizialmente ogni accadimento, ogni evento anche minimo;
luoghi che non possiamo collegare a nessuna emozione, a nessun pensiero, a nessun momento importante o
trascurabile della nostra esistenza. In questi posti non viviamo, transitiamo; li attraversiamo senza vederli, li
occupiamo senza abitarli.
L’ascensore ne è un esempio significativo. Nell’ascensore non
si è: si sale o si scende. Nell’ascensore non succede mai
nulla, ma quando succede qualcosa, è sempre qualcosa di
eccezionale. Nel cinema, per esempio, l’ascensore o non
esiste o si blocca; oppure è il teatro di furiose scene di sesso.
Ovviamente, non è sempre così: a volte la vita entra nell’ascensore, nella
forma di un incontro determinante, della siringa abbandonata nell’angolo,
dell’adesivo o del graffito che cercano di renderlo meno anonimo,
dell’improvvisa intimità che lega per pochi istanti due estranei. Ma si tratta,
sempre, di qualcosa che inizia prima, o che si conclude altrove. La vita è
assente negli ascensori di Stefano Bruna: luoghi astratti, cabine
monocrome e vagamente claustrofobiche, la cui estraneità è accentuata dai
toni carichi e dallo
spessore del cristallo
che si interpone fra lo
spettatore ed alcune
delle fotografie. Il luogo
della memoria che più
si avvicina a questi
interni freddi non
appartiene
all’esperienza comune,
se non, ancora,
attraverso la finzione
cinematografica: è
l’interno delle astronavi,
con le loro pareti lucide,
l’illuminazione
artificiale, l’assenza di
una vita che non sia
liofilizzata. Gli ascensori
di Bruna hanno molto in
comune con le astronavi: la sensazione di trovarsi in uno spazio privo di
gravità, abitabile solo dopo un durissimo addestramento, e solo a patto di
sbucare, a tempo debito, in un altro luogo, che valga il sacrificio cui ci
siamo sottoposti. Si riconfermano, quindi, come luoghi di transizione, e,
pur nella loro immobilità, come oggetti in movimento.
Il senso di estraneità prodotto da questi lavori non è ridotto, ma semmai
accentuato, dalla loro ‘bellezza’ estetica: l’inquadratura è perfettamente
bilanciata, i difetti si perdono insieme ai particolari nella luce abbacinante e
monocroma; mentre l’immagine patinata, stampata su alluminio o sul retro
di spessi cristalli, ha un che di stereotipato e banale.
Così lo spettatore, come l’artista, rimane sulla soglia, testimone di un
viaggio che non sarà lui a compiere. E di cui non saprà mai se si è trattato
di una salita o di una discesa.
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mostra visitata il 4 marzo 2004
Segno
marzo -aprile 2004
>The Box. Dal 4 marzo al 30 aprile personale di Stefano Bruna, a cura di Federica Martini. Il lessico del
giovane artista torinese gioca fra spazio ideale e dato concreto. Soggetto delle sue istantanee sono i dettagli
di ascensori - griglie, giunte di porte scorrevoli, manopole girevoli e fisse, specchi. neon - resi astratti da
prospettive scorciate e ingrandimenti che amplificano la composizione di colore vivido e luce artificiale.
Tuttolibri - La Stampa
27.03.04
Gli ascensori autistici di Stefano Bruna
Torino, galleria The Box, fino al 30 aprile
La galleria The Box aveva chiuso i battenti circa un anno fa. Ma ora riapre al pubblico grazie all'impegno di una giovane
collezionista diventata gallerista: Laura Ferrero. La nuova sede è al terzo piano di un'antica casa in via della Rocca 28. Appena
usciti dall'ascensore e oltrepassata la soglia d'ingresso, si è obbligati a entrare in un altro ascensore. Una cabina d'acciaio che
però non sale a nessun altro piano. E' una installazione di Stefano Bruna, artista trentenne di Torino, che la Ferrero ha scelto
per inaugurare la stagione 2004. In mostra, subito dopo, troviamo una serie di gigantesche fotografie a colori che inquadrano
tante diverse cabine d'ascensore, illuminate e vuote. Le stesse immagini, sono anche stampate in piccolo formato, ma il senso
di vuoto e claustrofobia che esse esprimono è identico, diventando così metonimia di una condizione esistenziale autistica.
[Guido Curto]
Vernissage - Il giornale dell’arte
S
Peola
anno V n.48 aprile 2004
The Box
Franco Fanelli