il disinquinamento del bilancio di esercizio
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IL DISINQUINAMENTO DEL BILANCIO DI ESERCIZIO Sommario: Introduzione – 1. Il coordinamento tra riforma societaria e riforma fiscale – 2. Interrelazioni tra utile civilistico e reddito imponibile – 3. Le norme tributarie strutturali e sovvenzionali – 4. Origine e genesi delle interferenze fiscali – 5. La deduzione extracontabile di ammortamenti, altre rettifiche di valore ed accantonamenti. Il nuovo Quadro EC della dichiarazione dei redditi – 6. Il disinquinamento pregresso – 7. La regolamentazione della fiscalità differita – 8. Il nuovo regime di sospensione d’imposta – 9. Analisi della questione nell’ambito delle società di persone. INTRODUZIONE Secondo il disposto dell’art. 2423, comma 2, c.c., il bilancio d’esercizio deve essere redatto con chiarezza1 e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria delle società ed il risultato economico dell’esercizio. Di conseguenza in bilancio devono essere rilevati solo valori dall’effettivo contenuto patrimoniale ed economico, prescindendo da interferenze di natura tributaria, in passato legittimate dall’art. 2426, comma 2, c.c., in base al quale si stabiliva l’effettuazione di rettifiche di valore ed accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie. L’abrogazione si è resa necessaria in quanto, come evidenziato anche nella Relazione di accompagnamento al D.lgs. n. 6 del 2003, il bilancio d’esercizio deve essere redatto in ottemperanza alle disposizioni civili e non a quelle fiscali. Occorreva perciò disinquinare il bilancio d’esercizio da interferenze fiscali che non trovassero giustificazione nell’ambito delle norme civilistiche e, a tal fine, con le riforme di diritto societario e fiscale, entrate in vigore dal 1° gennaio 20042, è stato ripristinato il principio del quadro fedele (true and fair view), abrogando il secondo comma dell’art. 2426 c.c. e riformulando l’art. 2427, n. 14, c.c.. In tale ottica sono state inserite due nuove voci di bilancio che riguardano la fiscalità differita, quali “crediti tributari” (n. 4 – bis) ed “imposte anticipate” (n. 4 – ter), ed è stato precisato che il n. 2 della voce B del passivo contiene anche i fondi per imposte differite. Di conseguenza è stata resa necessaria l’introduzione della disposizione contenuta nell’art. 109, comma 4, lettera b) del nuovo Tuir, che pur preservando in linea generale l’obbligo della previa imputazione delle spese e degli altri componenti negativi al conto economico dell’esercizio di competenza, prevede una deroga a tale regola che consente di fruire extracontabilmente dei vantaggi fiscali realizzabili con riferimento agli ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, alle rettifiche di valore e accantonamenti. Di seguito si esamineranno gli aspetti più rilevanti derivanti dall’eliminazione delle interferenze della normativa fiscale sulla determinazione del reddito d’impresa, analizzando le considerazioni in merito della dottrina e della giurisprudenza. 1. IL COORDINAMENTO TRA RIFORMA SOCIETARIA E RIFORMA FISCALE Prima degli interventi da parte del legislatore civilistico (D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) e di quello fiscale (D.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344) i bilanci delle società italiane risultavano “inquinati”, contenendo non solo valori civilistici ma anche valori frutto dell’applicazione di norme tributarie, di Cassazione, secondo la Sentenza del 5 novembre 1999 – 21 febbraio 2000, n. 27/SU, “chiarezza, secondo parte della dottrina, significa evidenza e significa soprattutto trasparenza, intelligibilità delle strutture, analiticità delle voci in misura adeguata alle esigenze di comprensione della composizione del patrimonio, dell’origine del risultato e delle ragioni per le quali una certa posta di bilancio ha acquistato la consistenza e la qualificazione che le sono state attribuite nel documento”. 2 I bilanci relativi ad esercizi chiusi prima del 1° gennaio 2004 sono stati redatti secondo le leggi previgenti; i bilanci relativi ad esercizi chiusi tra il 1° gennaio 2004 ed il 30 settembre 2004 hanno avuto la possibilità di essere redatti secondo le leggi previgenti o secondo le nuove disposizioni; ai bilanci chiusi dopo il 30 settembre 2004 si applicano le nuove disposizioni vigenti. 1 1 conseguenza, tali interferenze limitando la correttezza e la veridicità della rappresentazione d’impresa, andavano eliminate. Nonostante i molteplici interventi modificativi la leggibilità complessiva del bilancio non risultava migliorata. Di qui l’esigenza di restituire autonomia funzionale al bilancio e ristabilire la prevalenza del principio della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale ed economica della società. Fu così istituita la Commissione Mirone nel luglio del 1998 per formulare una proposta per la riforma del diritto societario, dedicando, in particolare, l’art. 6, comma 1, lett. a) della Legge delega n. 366 del 2001 all’eliminazione delle interferenze prodotte nel bilancio dalla normativa fiscale sul reddito d’impresa, prevedendo in primo luogo l’abrogazione del secondo comma dell’art. 2426 c.c., eliminando la possibilità di inquinare il bilancio mediante l’utilizzo di norme fiscali nella rilevazione contabile di alcuni costi e ricavi, ed in secondo luogo la modifica del n. 14 dell’art. 2427 c.c. in quanto consentiva l’illustrazione delle rettifiche di natura tributaria. I suddetti interventi legislativi non potevano non essere accompagnati da interventi di coordinamento della normativa fiscale con le disposizioni civilistiche, primo tra tutti, l’introduzione dell’art. 109 dell’attuale Tuir3. In linea generale le nuove disposizioni in materia di bilancio delle società di capitali introducono rilevanti novità, in particolare, per quanto riguarda la disciplina di redazione del bilancio, tali da influenzare la determinazione del reddito d’esercizio e, di conseguenza, anche dell’imponibile fiscale. Il progetto di adeguamento della normativa fiscale a quella civilistica è stato elaborato, invece, dalla Commissione Gallo, istituita con D.M. 7 novembre 2002, i cui lavori sono stati conclusi alla fine di luglio 2003. Se la riforma del diritto societario include nella nozione di interferenza fiscale tutte le ipotesi di divergenza tra il risultato civilistico e l’imponibile fiscale, il legislatore tributario ha inteso ricomprendervi e, di conseguenza, ne consente la deduzione in sede extracontabile i soli ammortamenti, rettifiche di valore ed accantonamenti. Gli interventi proposti dalla Commissione Gallo, infatti, si sono preoccupati fondamentalmente di salvaguardare la possibilità di utilizzare tutti quei regimi fiscali in qualche modo agevolativi, quali ad esempio, ammortamenti anticipati o svalutazioni, che determinavano conseguenti rettifiche o accantonamenti in bilancio, in particolare stabilendo la deduzione in via extracontabile sia delle norme di natura sovvenzionale che quelle di carattere forfetario di queste specifiche categorie. Qualora, però, ci siano riserve o utili, dovranno essere mantenuti nell’impresa e non distribuiti, fino a concorrenza dei benefici fiscali di cui si è usufruito ovvero delle deduzioni fiscali non transitate a conto economico. 2. INTERRELAZIONI TRA UTILE CIVILISTICO E REDDITO IMPONIBILE Le norme civilistiche e quelle tributarie riguardano entrambe le determinazione del reddito, inteso come sintesi di una molteplicità di componenti positivi e negativi, alcuni dei quali però comportano soluzioni differenti nei due settori del diritto. Si tratta, infatti, di sistemi differenti posto che i criteri ed i principi di ciascun ambito giuridico rispondono ad esigenze proprie e, in particolare, i risultati che tali sistemi esprimono, quali la determinazione dell’utile prodotto da un’impresa ed il risultato d’esercizio da sottoporre ad imposizione fiscale, sono del tutto peculiari4. 3 L’art. 109 in questione sostituisce l’art. 75 Tuir D.P.R. n. 917 del 1986, riproponendo l’obbligo affinché i costi siano deducibili dell’imputazione a conto economico delle componenti negative di reddito ma nel contempo introduce al comma quarto, lett. b), una novità: gli ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti sono comunque deducibili, anche senza transito a conto economico, se “in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi…”. 4 In tal senso G. Mazza, Il bilancio di esercizio e la dichiarazione dei redditi in Il bilancio di esercizio – Problemi attuali Milano Anno 1997 pp. 279 e ss., secondo il quale il bilancio e la dichiarazione “hanno scopi differenziati e soggiacciono a separati ordinamenti giuridici”. E v. Di T. Tanno, Brevi note a favore del doppio binario nella determinazione del reddito d’impresa in Rivista di diritto tributario Anno 2000 p. 411, che afferma che “gli obiettivi cui tende il legislatore civilistico e quelli cui tende il 2 Secondo la dottrina5 il rapporto esistente tra la normativa civilistica e quella fiscale, in particolare la relazione che lega utile civilistico e reddito imponibile, che in passato aveva generato il fenomeno dell’“inquinamento” dei bilanci, è costituita da un “nesso di pregiudizialità – dipendenza”, dove la pregiudizialità si evince nella determinazione dell’utile civilistico rispetto all’accertamento dell’imponibile fiscale, e la dipendenza, si riferisce a quest’ultimo rispetto al primo. Si è andato consolidando nel tempo un principio di dipendenza della determinazione dell’imponibile dal bilancio, e tale derivazione del reddito fiscale da quello civilistico non implica anche l’eguaglianza tra i due, data la diversità esistente tra le finalità dei due settori del diritto. Reddito imponibile = Risultato d’esercizio +- variazioni in aumento/diminuzione Analizzando in particolare i diversi Testi Unici succedutisi nel tempo, si evidenzia che partendo dal R.D. del 1877 il reddito imponibile si desumesse dal bilancio e dal rendiconto, pertanto le tassazioni venivano eseguite in base al bilancio. Secondo il successivo D.P.R. n. 573 del 1951 gli elementi reddituali da indicare in dichiarazione, corredata da bilancio e rendiconto, venivano determinati autonomamente rispetto alla loro esposizione in bilancio, senza partire dunque dall’utile civilistico. In questo caso si poteva parlare addirittura di un vero e proprio ‘bilancio fiscale’ anche per il fatto che i costi ed i ricavi venivano esposti nella dichiarazione dei redditi ad esclusivi fini fiscali. I rapporti tra valutazioni civilistiche e fiscali erano meno regolamentati rispetto a quanto fosse avvenuto in seguito con la riforma tributaria del 1973. Si è proceduto, infatti, ad una regolamentazione più dettagliata delle singole componenti reddituali con il D.P.R. n. 597 del 1973, aumentando ed esplicitando le difformità rispetto ai criteri civilistici; a norma dell’art. 52 Tuir si stabiliva che il reddito imponibile prendesse le mosse dall’utile civilistico abbandonando, quindi, la separata esposizione fiscale degli elementi reddituali in dichiarazione. E con il successivo Tuir (D.P.R. n. 917 del 1986) tale principio di dipendenza parziale rimase inalterato: in altri termini il risultato civilistico era solo la base di partenza a cui applicare il complesso delle norme tributarie per giungere alla determinazione del reddito d’impresa. Norme civilistiche e tributarie, andando nel tempo intrecciandosi, hanno generato frequenti sovrapposizioni tra le due discipline, sovvertendo il rapporto di derivazione del reddito imponibile dal risultato civilistico, dando vita al fenomeno della dipendenza “rovesciata”6, nel senso che in sede di redazione del bilancio risultava prioritario tener conto della disciplina fiscale per non perdere il risparmio d’imposta derivante dalle diverse opportunità messe a disposizione dalla normativa fiscale. Tuttavia la necessità di operare un raccordo tra disciplina civilistica e fiscale ha condotto ad una diatriba dottrinale sulla necessità di redigere un bilancio unico, o la contrario, fornire due rappresentazioni di una realtà che si rivela fondamentalmente la stessa. Il principio di dipendenza del reddito fiscale da quello civilistico è stato integralmente accolto anche dal Tuir, modificato dal D.lgs. n. 344 del 2003, attraverso l’art. 83, comma 1. In un ambito europeo i rapporti tra la normativa fiscale e quella civilistica possono sostanzialmente ispirarsi a due modelli, quello anglosassone (il cosiddetto doppio binario), in base al quale il reddito imponibile è determinato del tutto autonomamente rispetto al bilancio; in altri termini bilancio e dichiarazione restano nettamente separate e rispondono ciascuno alle proprie regole, legislatore tributario sono, assai spesso, divergenti. Il primo mira a misurare il risultato d’esercizio nel modo più aderente alla realtà aziendale e nell’ottica della continuità dell’attività imprenditoriale premiando, almeno tendenzialmente, un approccio caratterizzato dalla prudenza. Il secondo, invece, ad usare la leva fiscale come strumento di politica economica, premiando certi comportamenti (normalmente gli investimenti) e rendendone convenienti o sconvenienti certi altri (normalmente il rafforzamento o l’indebolimento patrimoniale). E R. Lupi, in La determinazione del reddito e del patrimonio delle società di capitali tra principi civilistici e norme tributarie in Rassegna tributaria Anno 1990, ritiene che la diversità tra norme di valutazione civilistiche e fiscali sia del tutto “fisiologica” dipendendo da differenti esigenze di fondo dei due settori giuridici. 5 G. Falsitta, Il bilancio di esercizio delle imprese. Interrelazioni tra diritto civile e tributario Giuffré Editore Anno 1985. 6 G. Falsitta, Convergenze e divergenze tra diritto tributario e diritto commerciale nella disciplina del bilancio d’esercizio nella Rivista Giurisprudenza commerciale Anno 1980, I; v. anche La questione delle divergenze tra normativa di diritto commerciale e tributaria sul reddito d’impresa nella Rivista Rassegna tributaria Anno 1981, I. 3 lasciando ai prospetti extracontabili il compito di evidenziare e monitorare le discrasie tra valori fiscali e valori civilistici; ed il modello tedesco (il cosiddetto monobinario) secondo cui il bilancio risente inevitabilmente delle interferenze fiscali7, ed è stato adottato dal nostro Legislatore fino all’entrata in vigore dell’attuale Riforma. La maggioranza dei Paesi europei ha utilizzato una metodologia simile a quella italiana, tuttavia si riscontravano delle differenze in merito al grado di inquinamento della normativa fiscale. Altri Paesi seguivano un criterio di indipendenza, ovvero il doppio binario, redigendo un bilancio civilistico e, del tutto indipendentemente, un bilancio fiscale, che, a sua volta, risultava da una contabilità fiscale parallela a quella civilistica. Attualmente si è evidenziata in Europa una sostanziale convergenza verso un modello di bilancio civilistico “disinquinato” da interferenze fiscali, seppure in Italia non possiamo parlare di un doppio binario puro, radicale, in base al quale l’imponibile fiscale risulti totalmente svincolato dalle risultanze civilistiche, bensì parziale e “condizionato”, come definito dalla dottrina8, attraverso il riconoscimento della deducibilità in via extracontabile di ammortamenti, altre rettifiche di valore ed accantonamenti esclusivamente fiscali da effettuare in un apposito prospetto in dichiarazione dei redditi (art. 109 Tuir attuale). 3. LE NORME TRIBUTARIE STRUTTURALI E SOVVENZIONALI Nell’ambito del rapporto tra la normativa civilistica e quella fiscale hanno importanti riflessi le norme tributarie strutturali e sovvenzionali, le prime intese in senso stretto, operano prevalentemente in ambito tributario ovvero in dichiarazione dei redditi; le seconde sono sostanzialmente volte ad agevolare il contribuente per il raggiungimento di un determinato scopo. Le norme strutturali sono state definite “potenzialmente sovvenzionali”9 in quanto pur non avendo finalità agevolative immediate, consentono una riduzione del carico fiscale nel caso in cui il contribuente scelga il più favorevole criterio fiscale di valutazione. Alle norme sovvenzionali, invece, la dottrina riconosce una natura “promozionale o premiale”10 in quanto prevedono la fruizione di un dato beneficio fiscale, ad esempio un differimento d’imposta, inserendo in bilancio una posta avente solo ragione fiscale. Infine altra parte della dottrina11 ha affermato che il problema dell’inquinamento del bilancio non è limitato alle poche disposizioni fiscali sovvenzionali, ma discenderebbe dalla divergenza strutturale tra la rigidità del diritto tributario e la maggiore elasticità delle valutazioni che caratterizza il diritto civile. 4. ORIGINE E GENESI DELLE INTERFERENZE FISCALI Le interferenze fiscali sulle poste del bilancio d’esercizio hanno costituito una problematica che ha sempre interessato il legislatore, la dottrina, la giurisprudenza ed infine gli imprenditori-contribuenti. 7 In tal senso M. Andriola, Valori fiscalmente riconosciuti e valori di bilancio dopo l’introduzione del “doppio binario” in Dialoghi di diritto tributario Giuffrè Editore Milano Ano II, fasc. 9 – sett. 2004, dove si afferma l’esistenza di una sorta di “tendenziale unicità” dei valori civilistici e fiscali, dissolta solo con l’avvio delle due riforme. Inoltre C. Pino, in Gestione o eliminazione delle interferenze fiscali sul bilancio? in Corriere tributario n. 44 Anno 2002 p. 3986, considera le interferenze fiscali come “un male inevitabile all’interno del sistema del monobinario, comprimendo in parte i principi di chiarezza e precisione nella redazione del bilancio di esercizio”. 8 G. Falsitta, Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di riforma della imposta sulle società in Rivista di diritto tributario Nov. 2003 vol. XIII n. 11 p. 930. 9 N. Pollari, Determinazione fiscale del reddito d’impresa e raccordo con il bilancio d’esercizio in Il fisco n. 27 Anno 1997. 10 G. Falsitta, Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di riforma della imposta sulle società (Ires) in Rivista di diritto tributario Nov. 2003 Vol. XIII n. 11 p. 927. Inoltre secondo l’autore tali norme “abilitano ad esentare dal prelievo una determinata fetta di utili d’esercizio a condizione che questi vengano vincolati a riserva, anziché essere distribuiti ai soci”. 11 A. Corradi e M. Leotta Ires – Eliminazione dal bilancio delle interferenze fiscali in Rassegna tributaria n. 3 Anno 2004 p. 1025. 4 Una prima distinzione è costituita dalle interferenze fiscali “di comodo”12, realizzate esclusivamente allo scopo di rendere più semplice ed immediato il raccordo tra bilancio e dichiarazione dei redditi; e quelle realizzate per godere di un beneficio fiscale previsto dal Tuir ed altrimenti non fruibile. Una seconda distinzione operata dalla dottrina13 riguarda le tre fasi di interferenza fiscale presente nella normativa civilistica: fase d’interferenza totale, in cui i componenti negativi di reddito per essere dedotti ai fini fiscali devono essere transitati obbligatoriamente dal conto economico; fase d’interferenza limitata, dovuta alla possibilità di effettuare solamente in dichiarazione dei redditi una ripresa in diminuzione a fronte di ammortamenti anticipati effettuati dalla società; fase d’interferenza nulla, caratterizzata dalla separazione definitiva tra normativa civilistica e normativa fiscale. Dato che il problema delle interferenze fiscali si originava sostanzialmente dalle differenti valutazioni attribuite dal legislatore civile o tributario alle medesime componenti reddituali, la causa che ha generato le stesse può ricercarsi nel disposto di una serie di articoli appartenenti al Testo Unico delle Imposte sui Redditi ed al c.c.: art. 52, Tuir previgente14, che prevedeva che il reddito d’impresa fosse determinato apportando all’utile/perdita risultante dal conto economico le variazioni in aumento o in diminuzione previste; tale disposto costituisce il cd principio di dipendenza del reddito imponibile rispetto all’utile civilistico di cui si è parlato sopra. art. 75, comma 4, Tuir previgente15, che disponeva l’indeducibilità dei costi ed oneri non imputati al conto dei profitti e delle perdite ovvero conto economico. A riguardo la dottrina16 ritiene che l’inquinamento del bilancio d’esercizio abbia la sua causa nell’“onere” imposto dall’art. 75 Tuir di far transitare per il conto economico i componenti negativi di reddito di cui si intendeva ottenere la deducibilità ai fini fiscali. art. 2426, comma 2, c.c., che consentiva di effettuare rettifiche di valore ed accantonamenti esclusivamente in applicazione della normativa tributaria; art. 2427, n. 14, c.c., in base al quale la stessa doveva indicare i motivi delle rettifiche di valore ed accantonamenti eseguiti esclusivamente in applicazione di norme tributarie ed i relativi importi, appositamente evidenziati rispetto all’ammontare complessivo delle rettifiche e degli accantonamenti risultanti dalle apposite voci del conto economico. In definitiva le interferenze fiscali producevano sostanzialmente due effetti: uno sul reddito ed uno sul patrimonio, comportando, rispettivamente, un decremento del reddito in bilancio nell’esercizio in cui si commettevano le interferenze rispetto a quello determinato sulla base della competenza economica; ed una riduzione del patrimonio netto figurante in bilancio. Un bilancio “inquinato” da valutazioni fiscali, inoltre, non permetteva di comprendere né il risultato economico realmente conseguito dall’impresa nel corso dell’esercizio né la reale situazione patrimoniale, di conseguenza, se le interferenze fiscali si ripetevano nel tempo si aveva una continua sottovalutazione del valore dei mezzi propri dell’azienda con un pregiudizio dell’immagine della stessa. Il legislatore italiano cercò di risolvere il problema in questione creando nel 1993 un’apposita area fiscale all’interno del conto economico alle voci n. 24 e n. 25, la cosiddetta appendice fiscale, ma il 12 T. Di Tanno, Brevi note a favore del “doppio binario” nella determinazione del reddito d’impresa in Rivista di diritto tributario Anno 2000. 13 A. Stesurim La riforma della tassazione societaria. Disciplina ed aspetti operativi. Giuffrè Editore Anno 2004. 14 Corrispondente all’art. 83 del Tuir attuale. 15 Corrispondente all’art. 109, comma 4, Tuir attuale, come novellato dal D.lgs. n. 344 del 2003. 16 F. Gallo, Brevi note sulla necessità di eliminare le interferenze della normativa fiscale nella redazione del bilancio d’esercizio in Rivista di diritto tributario Anno 2000 pp. 4 e ss.. 5 tentativo non ebbe successo, infatti, solo poco tempo dopo venne abolita, in quanto ritenuto strumento inadeguato e soprattutto in contrasto con la IV Direttiva CEE. 5. LA DEDUZIONE EXTRACONTABILE DI AMMORTAMENTI, ALTRE RETTIFICHE DI VALORE ED ACCANTONAMENTI. IL NUOVO QUADRO EC DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI La normativa fiscale previgente consentiva la deduzione di un costo solo se imputato a conto economico secondo valutazioni esclusivamente civilistiche, e tenendo conto delle variazioni e dei limiti imposti dalle norme sulla determinazione del reddito d’impresa. Di conseguenza se un costo non risultava imputato a conto economico non era deducibile. Poi se il costo fiscalmente deducibile era inferiore a quello imputato in bilancio, le norme fiscali imponevano di effettuare una variazione in aumento del reddito imponibile; e se il costo fiscalmente deducibile era, invece, superiore l’art. 75, comma 4, Tuir precedente, ne impediva la deducibilità. In particolare prima dell’introduzione del nuovo schema di bilancio ad opera del D.lgs. 9 aprile 1991, n. 127, con il quale era stata data attuazione alla IV Direttiva CEE, la normativa civilistica non consentiva l’iscrizione a conto economico di costi ed oneri esclusivamente in applicazione di norme tributarie. Da qui la nullità dei bilanci inquinati da valutazioni di natura esclusivamente fiscale, al solo fine di esporre componenti negativi privi del carattere di effettività richiesto dalle regole di redazione del bilancio. Tale orientamento dapprima condiviso anche dalla giurisprudenza trovava fondamento nel rispetto del principio del quadro fedele, cui si doveva ispirare il redattore del bilancio a pena di nullità dello stesso. Pertanto la giurisprudenza17 in un primo momento ha dichiarato nulli tutti i bilanci recanti nei conti economici deduzioni di costi fiscalmente ineccepibili, ma civilisticamente vietati, come gli ammortamenti anticipati. In altri termini l’iscrizione illegittima in bilancio di un costo per ottenere il solo differimento d’imposta configurava un’ipotesi di nullità dello stesso, per violazione dei principi di verità, chiarezza e precisione. In seguito la stessa giurisprudenza18 ha ammesso la liceità civilistica degli ammortamenti anticipati a condizione che nella relazione o nel bilancio venisse rispettato almeno il principio di chiarezza, indicando in due distinte voci l’ammortamento civilistico e la residua parte di ammortamento derivante solo da norme tributarie. Ed alla fine è stato esteso tale principio a tutti i casi di deviazione dei bilanci dai principi civilistici per motivi di natura fiscale. L’attuale riforma tributaria non muta la regola base secondo cui il reddito complessivo è determinato apportando al risultato del conto economico le variazioni conseguenti all’applicazione delle regole per la determinazione dell’imponibile della società, ma elimina la causa dell’interferenza stessa. Risulta, infatti, ancora possibile la deduzione di componenti negativi imputati a conto economico in un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità a norme fiscali che dispongono o consentono il rinvio, e quei componenti non imputabili a conto economico, ma deducibili per disposizione di legge. Ma la novità rilevante consiste nella possibilità di dedurre extracontabilmente ammortamenti19, svalutazioni e accantonamenti di carattere fiscale, eccedenti la quota civilistica, se indicati in un apposito Trib. Milano, sentenza 13 aprile 1978. Trib. Milano, sentenza 12 gennaio 1984 e Cassazione, Sezione I, n. 1699/85. 19 In riferimento agli “ammortamenti anticipati o comunque eccedenti quelli economico-tecnici” il Documento n. 1 dell’Organismo Italiano di Contabilità ha affermato: “devono essere riportati unicamente nell’apposito prospetto da allegare alla dichiarazione dei redditi mentre in bilancio dovranno essere stanziate le corrispondenti imposte differite in quanto negli esercizi successivi a quello in cui le quote di ammortamento complessivamente dedotte dal reddito d’impresa avranno raggiunto il costo fiscalmente riconosciuto occorrerà continuare ad iscrivere nel conto economico gli ammortamenti ordinari fino a che il loro ammontare non raggiungerà il valore ammortizzabile del cespite. Ovviamente tali ulteriori ammortamenti 17 18 6 prospetto della dichiarazione dei redditi20, evidenziando le divergenze tra valori civili e fiscali dei beni e dei fondi. Tale deduzione extracontabile in definitiva è possibile se i componenti negativi imputati a conto economico risultano in misura inferiore all’aliquota fiscale massima consentita, ed in caso di mancato transito a conto economico di componenti negativi21. In definitiva il quadro EC del Modello UNICO SC da un lato permette la deduzione dall’imponibile di ammortamenti, accantonamenti ed altre rettifiche di valore per la parte eccedente il limite civilistico imputato a conto economico, e fino alla misura massima consentita dalla normativa fiscale (eccedenza di periodo); dall’altro consente di eliminare dal bilancio eventuali interferenze fiscali derivanti da ammortamenti, accantonamenti ed altre rettifiche, imputate a conto economico in precedenti esercizi in misura superiore al limite civilistico (eccedenza pregressa). Nello specifico il prospetto si concretizza nel Quadro EC, inserito immediatamente dopo il Quadro RF della dichiarazione dei redditi, e deve essere compilato insieme ai seguenti righi del Quadro RF: RIGO RF5 e/o RF6: componenti negativi e/o positivi di reddito dedotti extracontabilmente nell’esercizio; RIGO RF47: effetti del disinquinamento delle interferenze fiscali imputate in precedenti esercizi, per cui si siano prodotte sopravvenienze attive. Concludendo per quanto riguarda le principali fattispecie possibili per l’attivazione del prospetto, la cui deduzione degli oneri avviene extracontabilmente, a titolo esemplificativo, sono: ammortamenti ordinari di beni materiali ed immateriali nella misura consentita dagli artt. 102 e 103 Tuir anche se diversi da quelli civilisticamente corretti sulla base della residua possibilità di utilizzazione del bene; ammortamenti anticipati; ammortamenti di beni di costo unitario non inferiore a euro 516, 46; svalutazione di crediti commerciali nel limite forfetario dello 0, 5% del valore nominale o del costo d’acquisto; accantonamenti per rischi ed oneri contrattuali su opere, forniture e servizi di durata ultrannuale; accantonamenti a fronte delle spese per lavori ciclici di manutenzione e revisione delle navi e degli aeromobili (art. 107 comma 1 Tuir); accantonamenti a fronte di oneri per operazioni a premio (art. 107 comma 3 Tuir). 6. IL DISINQUINAMENTO PREGRESSO Considerando che le nuove regole sono entrate in vigore dal 1° gennaio 2004 è stato necessario “disinquinare” i bilanci dalle interferenze fiscali pregresse22, come può evincersi dal Documento n. 1 dell’Organismo Italiano di Contabilità in base al quale devono essere eliminati dal bilancio gli effetti di “quegli ammortamenti e rettifiche di valore che nei bilanci degli esercizi precedenti erano stati considerati privi di una giustificazione civilistica attraverso l’esplicita indicazione in nota integrativa della loro esclusiva valenza fiscale”. ordinari non sono fiscalmente deducibili e conseguentemente il fondo imposte differite verrà utilizzato per rilevare il debito tributario relativo alle imposte correnti sugli ammortamenti ordinari non deducibili”. 20 Quadro EC. 21 Si indica come ultima Circolare dell’Agenzia delle Entrate in tema di “Eliminazione delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio e deduzione extracontabile di ammortamenti, altre rettifiche di valore ed accantonamenti” è la n. 27/E del 31 maggio 2005, che fornisce ulteriori chiarimenti sull’art. 109, comma 4, Tuir, come novellato dal D.lgs. n. 344 del 2003. 22 Secondo il Documento dell’OIC n. 1 del 18 maggio 2004 sono da eliminare nel primo bilancio utile “quegli ammortamenti e rettifiche di valore che nei bilanci degli esercizi precedenti erano stati considerati privi di una giustificazione civilistica attraverso l’esplicita indicazione in nota integrativa della loro esclusiva valenza fiscale”. 7 L’abolizione di tali interferenze determina una serie di problematiche fiscali, quali, ad esempio, le indicazioni da fornire nel quadro EC della dichiarazione dei redditi o il vincolo sulle riserve di patrimonio netto derivante dall’operazione. Le modalità di contabilizzazione delle interferenze fiscali pregresse sono due, la prima delle quali è stata suggerita dalla Consob e dalla Banca d’Italia e raccomandata dall’Organismo Italiano di Contabilità23: imputazione di sopravvenienze attive a conto economico, prevista dal Principio contabile nazionale n. 29, il quale riguarda la rilevazione a conto economico degli effetti derivanti da cambiamenti di principi contabili; imputazione a patrimonio netto, in base al Principio contabile internazionale IAS n. 8 disciplinante i cambiamenti dei criteri contabili. Riguardo questo secondo metodo di contabilizzazione l’Organismo Italiano di Contabilità rileva che tale criterio potrebbe non essere in linea con la disposizione di cui all’art. 31 lettera f) della IV Direttiva, secondo la quale lo stato patrimoniale di apertura di un esercizio deve corrispondere allo stato patrimoniale di chiusura dell’esercizio precedente. Di conseguenza l’OIC raccomanda di imputare a conto economico, ad una specifica voce delle componenti straordinarie, la rilevazione degli effetti pregressi del disinquinamento. Occorre poi nella nota integrativa riportare la descrizione delle diverse interferenze fiscali eliminate ed un prospetto riassuntivo degli effetti del disinquinamento. Ed inoltre l’OIC, sempre nel Documento n. 1, “incoraggia altresì la predisposizione, in nota integrativa, di una situazione economico-patrimoniale sintetica pro-forma che evidenzi gli effetti del cambiamento di principio contabile ove tali effetti siano rilevanti e/o si ripercuotono su una pluralità di voci interessate … Le grandezze contenute nella situazione economico-patrimoniale pro-forma dovranno comunque essere confrontabili con quanto riportato nei conti annuali e consolidati”. 7. LA REGOLAMENTAZIONE DELLA FISCALITÀ DIFFERITA Uno degli importanti interventi legislativi relativi al disinquinamento del bilancio d’esercizio è stata la regolamentazione della fiscalità differita nella disciplina civilistica, colmando una lacuna del bilancio che non prevedeva in modo esplicito la rappresentazione delle stesse. È stato ridisegnato in primo luogo lo schema dello stato patrimoniale, inserendo nell’attivo tra i “crediti” i crediti tributari (C. II. 4 – bis), separatamente dalle imposte anticipate (C. II. 4 – ter); nel passivo, invece, tra i “fondi rischi ed oneri” è evidenziata la voce per “imposte, anche differite” (B. 2). In secondo luogo nello schema di conto economico è evidenziata la voce per “imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate” (voce 22). In tal modo il legislatore si è adeguato ai principi contabili internazionali, secondo cui le attività e le passività fiscali differite devono essere esposte in bilancio separatamente, distinguendole da quelle correnti24. Posto che la fiscalità differita riguarda le imposte anticipate e quelle differite, le prime sono di competenza di esercizi futuri ma esigibili nell’esercizio in corso; le seconde sono di competenza dell’esercizio in corso ma che si renderanno esigibili solo in esercizi futuri. Ma il problema delle imposte differite sorge nel bilancio d’esercizio quando si verifica una differenza tra il “risultato prima delle imposte”, rilevato nel conto economico redatto con le norme del Codice Civile, ed il “reddito imponibile” ai fini fiscali. Dal Documento n. 1 dell’OIC si afferma: “si raccomanda quale trattamento contabile la rilevazione degli effetti pregressi del disinquinamento a conto economico, imputandoli ad una specifica voce delle componenti straordinarie. Analogamente, le relative imposte differite sono da imputare negli oneri straordinari”. 24 La prassi contabile tratta la fiscalità differita nel principio contabile nazionale n. 25, e per quanto riguarda i principi internazionali nel documento IAS n. 12. 23 8 Tali differenze possono essere permanenti o temporanee, le prime sorgendo in un determinato esercizio ed essendo destinate ad annullarsi negli esercizi successivi, non danno origine ad alcun differimento o anticipazione d’imposta. Le differenze temporanee, invece, sono destinate ad essere riassorbite in un esercizio futuro al verificarsi di un evento uguale o contrario a quello che ha generato la differenza; pertanto esse sono collegate ad un’anticipazione o differimento della tassazione del componente positivo/negativo di reddito che concorre alla determinazione del risultato civile di bilancio. Nel caso di differenze temporanee positive, ovvero qualora il risultato prima delle imposte al netto delle eventuali differenze permanenti sia superiore al reddito imponibile, si pone il problema di imposte differite passive, le quali risultano di particolare importanza per la questione del disinquinamento del bilancio d’esercizio. Qualora ci siano differenze temporanee negative, invece, si pone il problema delle imposte differite attive ovvero delle imposte anticipate. Prima delle due riforme, societaria e fiscale, la valutazione della fiscalità differita era ulteriormente complicata dal disposto dell’art. 2426, comma 2, C.C., consentendo l’inserimento in bilancio di appostazioni effettuate esclusivamente per ragioni tributarie. Tali appostazioni, però, creavano una distorsione nel bilancio, discostandolo dai principi contabili e determinando uno sfasamento temporale delle imposte di competenza. 8. IL NUOVO REGIME DI SOSPENSIONE D’IMPOSTA Tra le novità apportate dall’art. 109, al comma 4, lettera b) del nuovo Tuir25, è stato introdotto un nuovo regime di sospensione d’imposta che prevede che in caso di distribuzione delle riserve e degli utili d’esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d’imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto, di utili e di capitale, diverse dalla riserva legale, e dei restanti utili portati a nuovo, risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. Tale sospensione d’imposta avviene “per massa”26, in altri termini considerando l’insieme delle riserve di patrimonio netto, senza alcun vincolo con una singola di esse. L’impresa pertanto può distribuire utili e riserve eccedenti, ma incorre nella tassazione qualora tali distribuzioni intacchino il livello di patrimonio netto che funge da copertura dei benefici fiscali. In altri termini in caso di distribuzione ai soci di riserve preesistenti o di utili d’esercizio, anche se prodotti successivamente al periodo d’imposta di avvenuta deduzione extracontabile dei componenti negativi, l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto27 e degli utili dell’esercizio portati a nuovo non deve essere inferiore all’importo complessivo residuo dei componenti negativi dedotti extracontabilmente, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. Inoltre come sottolineato anche dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 16 marzo 2005 n. 10 bisogna fare riferimento all’ultimo bilancio approvato prima della delibera. Pertanto affinché la distribuzione non sia tassata è necessario che al momento della delibera di distribuzione nel patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio approvato, resti un ammontare di riserve e di utili portati a nuovo almeno pari alla differenza tra gli importi dedotti fiscalmente e quelli imputati a conto economico al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. 25 Tale disposizione così recita: “in caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili di esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d’imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto, diverse dalla riserva legale, e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti”. 26 Senza apporre vincoli alle riserve iscritte in bilancio. V. la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E del 16 giugno 2004. 27 Come sottolinea anche la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 10 del 16 marzo 2005 si fa riferimento alle riserve di patrimonio netto “diverse dalla natura legale” in quanto la riserva legale deve essere utilizzata esclusivamente per la copertura delle perdite dell’esercizio. 9 Nel caso di distribuzione dell’utile di esercizio deliberata in sede di approvazione del bilancio occorre riferirsi ai dati che saranno inseriti nel Quadro EC della dichiarazione dei redditi relativa al medesimo esercizio. Nel caso di distribuzione di riserve o di utili in misura superiore al limite suddetto, l’eccedenza è tassata. 9. ANALISI DELLA QUESTIONE NELL’AMBITO DELLE SOCIETÀ DI PERSONE Per le società di persone e le imprese individuali disinquinare il bilancio d’esercizio rappresenta a livello teorico un obbligo civilistico in quanto non hanno l’obbligo di redigere il bilancio bensì un rendiconto e non hanno nemmeno l’obbligo bensì una facoltà di presentare il Quadro EC. Premesso che i soggetti interessati sono le società di capitali, le cooperative, le mutue assicuratrici, le società consortili e le banche, altri enti finanziari e le imprese di assicurazione, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 31 maggio 2005 n. 27/E ha chiarito che l’art. 109, comma 4, lettera b), Tuir, è applicabile anche agli imprenditori individuali ed alle società di persone28, ma devono rispettare il vincolo di sospensione d’imposta sulle riserve e sugli utili d’esercizio. Si precisa tuttavia che i soggetti in questione sono dispensati dall’applicare l’art. 109, comma 4, lett. b), Tuir, qualora siano in contabilità semplificata, dovendo applicare le disposizioni di cui all’art. 66, comma 3, Tuir, che non richiama il comma 4 dell’articolo in esame. Daniela Piro 28 Inoltre coloro che redigono il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis, c.c.) devono applicare il disposto di cui all’art. 109, comma 4, lett. b), Tuir. 10