Il pendolo di Foucault - Atlante digitale del `900 letterario

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Il pendolo di Foucault - Atlante digitale del `900 letterario
Il pendolo di Foucault
di Umberto Eco
Atlante digitale del '900 letterario
Contributo
Matteo Benati V I (L.C.
Virgilio, Roma)
http://www.anovecento.net 2016
Edito dalla Bompiani nel 1988, Il pendolo di Foucault è il
secondo romanzo di Umberto Eco e viene considerato il
libro in cui, escludendo la sua ricchissima bibliografia
saggistica, il famoso semiologo alessandrino ha dato la
più grande dimostrazione della sua vasta erudizione. Per
quanto l'etichetta di postmoderno stesse stretta ad Eco
(«Naturally I am intrigued by the term "postmodern." It
is my impression that it is applied these days to
everything the speaker approves of») egli ne è
sicuramente uno dei maggiori esponenti, visto il suo
spiccato interesse verso teorie del complotto,
l'informazione di massa e il rapporto fra cultura popolare
ed elitaria.
Questo libro prosegue dentro al solco già tracciato da Il
nome della rosa, appunto tipicamente postmoderno:
sono recuperati infatti i contenuti e i modelli precedenti al
modernismo e si lascia svanire completamente
l'innocenza nell'approccio ad essi.
Il romanzo è ambientato in un periodo che va dal 1972 al
1984 e racconta la singolare esperienza fatta da un certo
Casaubon. All'inizio della vicenda Casaubon sta
completando la sua tesi sul processo ai Templari presso
la facoltà di filosofia della Statale di Milano e viene presto
contattato, assieme al suo collega, Diotallevi, da un
redattore di una casa editrice. Quest’ultimo è interessato
alle capacità dei due studiosi nel riconoscere e
smascherare, grazie alla loro familiarità con l'argomento,
quali dei manoscritti giunti all'editore riguardanti i
Templari siano degni di considerazione e quali siano
banali mistificazioni. Il primo incontro per il nuovo
impiego fa conoscere ai due il colonnello Ardenti, il quale
mostra loro un messaggio cifrato che, a detta del
colonnello, conterrebbe informazioni segretissime su
certe scoperte fatte dall'ordine: il messaggio infatti
parlerebbe del piano segreto dei Templari per la
conquista del mondo. Le assurde analogie proposte da
Ardenti fanno rifiutare il manoscritto, ma Casaubon e
Diotallevi rimangono comunque colpiti dalle sue
inquietanti dichiarazioni, che vengono rese ancor più
allarmanti dalla scomparsa del colonnello, avvenuta il
giorno dopo il loro incontro.
Dopo essersi laureato, Casaubon si trasferisce in Brasile
e convive con una giovane marxista brasiliana di nome
Amparo, ma, nonostante il suo tentativo di
allontanamento da ogni forma di teoria del complotto,
Casaubon rivede nel sincretismo religioso brasiliano lo
spettro del misticismo oscuro delle dichiarazioni di
Il pendolo di Foucault
Ardenti, rese ancora più inquietanti dalle conversazioni
che il misterioso signor Agliè ha con Amparo. Alcuni anni
dopo il nostro protagonista torna a Milano, dove incontra
nuovamente i vecchi amici dell'editoria Garamon, con cui,
dopo svariate vicende comprendenti una stretta
collaborazione con Agliè, espertissimo in esoterismo e
confraternite segrete e la partecipazione a due riti
esoterici nell'entroterra piemontese, decide che, piuttosto
che scoprire l'antico segreto dei Templari, il suo
obbiettivo e quello del suo gruppo di collaboratori sarà
quello di inventarlo. Usando come punto di riferimento il
messaggio cifrato del colonnello, cominciano a delineare
una storia che dovrà contenere al suo interno riferimenti
a Hitler, Gesù Cristo, Napoleone, Newton, massoni,
carbonari, ismaeliti, gesuiti, Richelieu, Verne, Foucault, J.
De Magistre, rosacuriani, e gli assassini del Veglio della
montagna, e che dovrà vertere sulla scoperta della fonte
del potere infinito, individuata dai Templari nelle correnti
telluriche. La mappa necessaria per giungere al punto da
cui controllare queste correnti era stata divisa in sei
parti, consegnate a sei gruppi esoterici diversi, i cui gran
maestri si incontravano fra loro ogni 120 anni. La mappa,
una volta ricostituita, andava poi posizionata sotto il
pendolo di Foucault del Conservatoire di Parigi, in modo
tale che il primo raggio di sole dell'alba del 24 giugno
potesse indicare il punto prefissato, dove sarebbe stato
possibile entrare in possesso di questo immenso potere.
Ma l'elaborazione del piano, pensato così
minuziosamente, causa nei tre (Belbo, un amico di
Casaubon, si era nel frattempo aggiunto) una
trasformazione disgiunta: «Io mi abituavo, Diotallevi si
corrompeva, Belbo si convertiva» (p.367). Casaubon
arriva addirittura a non credere alla sua nuova moglie,
Lia, la quale gli dimostra che il messaggio dei Templari
non è altro che una nota della lavandaia, rimescolata in
modo giocoso da un ignoto scopritore, e Diotallevi muore
invece di metastasi, morte interpretata dagli altre due
superstiti come una ri-allocazione nel mondo reale della
metastasi di significato che loro avevano operato nel
messaggio e nel significato della loro formulazione del
piano.
Un giorno però Belbo rivela di essere a conoscenza del
segreto dei Templari ad Agliè, il quale, credendogli, lo
attira in una trappola e lo fa rapire dai “diabolici” (nome
generico usato all'interno del libro per indicare gli affiliati
a sette mistiche o logge) proprio mentre stava
chiamando Casaubon per chiedergli aiuto e per dirgli di
leggere i file presenti sul suo computer. Casaubon arriva
a casa di Belbo, dove ricostruisce gli eventi accaduti in
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sua assenza e decide di recarsi al Conservatoire, dove si
troverà poi ad assistere alla riunione di tutti i “diabolici”
incontrati nella sua ricerca, tra cui il redivivo colonnello
Ardenti e molti altri, tutti capitanati da Agliè, che cercano
di estorcere l'inesistente segreto da Belbo, il quale si
rifiuta, condannando così se stesso e sua moglie - rapita
in precedenza dagli stessi - ad una morte orribile. In
particolare, Belbo viene impiccato in modo accidentale
alla corda del pendolo, facendolo sostituire in questo
modo al punto di sospensione di esso.
Casaubon fugge inosservato e, dopo aver raccontato la
sua storia ad uno psicologo, il quale lo liquida dicendo
«Monsieur, vous ete fous», torna in Italia dove si rifugia
proprio nella ormai abbandonata casa in campagna di
Belbo. Casaubon è consapevole che i “diabolici” sono alla
sua ricerca e che presto lo troveranno, essendo egli
necessario alla realizzazione dei loro obiettivi come
ultimo sopravvissuto del gruppo di studiosi a conoscenza
del segreto e si abbandona alla bellezza del luogo e alla
certezza, al contempo rassicurante e destabilizzante, che
«la Saggezza si scopre nuda in Malkut, e scopre che il
proprio mistero sta nel non essere, se non per un
momento, che è l'ultimo».
La trama del romanzo è evidentemente intricata e si
avvolge su sé stessa, proprio come il lessico e la sintassi
utilizzati. Alcuni critici (come Pierantonio Frare) sono
arrivati ad ipotizzare che questa differenza sintattica da
Il nome della rosa sia dovuta alla diversa modalità di
scrittura fra i due romanzi: mentre per il primo Eco si era
affidato alla macchina da scrivere, nel secondo aveva
adottato il computer, nel quale, a differenza della
macchina da scrivere, vanno premuti due pulsanti per
scrivere punteggiatura come il punto e virgola o i due
punti. Esempi di questo utilizzo più rarefatto di
punteggiature, atte a sottolineare una pausa maggiore e
di una conseguente predilezione per la virgola, possono
essere il periodo presente all'inizio del secondo capitolo:
«Bisognava guardare sul lato desto, dove stavano lungo
il muro i velocipedi dalle grandi ruote floreali, le
draisiennes dalla canna piatta, a monopattino evocazione
di gentiluomini in tuba che sgambettano per il Bois de
Boulogne, cavalieri del progresso». Interessante anche il
periodo presente alla fine di pagina 20: «Non era una
zona poi molto frequentata, avrei resistito ore ed ore
guardando il mondo insipido che avevo dietro le spalle?».
Questo stile più frammentario e meno regolare rispetto a
Il nome della rosa potrebbe però essere giustificato
anche attraverso una determinata scelta poetica, quella
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cioè di sottolineare l'approccio differente del nostro
tempo con la memoria: Il Pendolo di Foucault e Il Nome
della Rosa sono infatti due romanzi che raccontano dal
punto di vista del narratore avvenimenti già accaduti, e
quindi si interfacciano inevitabilmente con la memoria,
ma in modo radicalmente diverso. Sappiamo che, nel
caso de Il nome della rosa, il manoscritto giunto nelle
mani di Eco (naturalmente, nel solco della tradizione del
romanzo storico, si tratta di una finzione letteraria) è un
racconto autobiografico, scritto a mano da un monaco
benedettino del quattordicesimo secolo, il quale racconta
avvenimenti della sua giovinezza che reputa degni di
essere ricordati e tramandati. Ne Il pendolo di Foucault la
storia viene invece raccontata da un ancora sconvolto
Casaubon che, rifugiatosi nella casa di Belbo, ripercorre
gli avvenimenti che lo hanno portato a quella situazione
tragica e concitata. La sensazione che emerge leggendo
Il Pendolo è quella di leggere un diario, tenuto insieme
non tanto dall'organicità degli avvenimenti e dalla loro
stretta correlazione quanto più che altro dall'esperienza
di vita del protagonista. L'esempio che, in questo
contesto, fa scuola è quello della parentesi brasiliana,
quasi inutile ai fini del contenuto dell'opera, ma, alla luce
delle motivazioni del cambiamento di stile, fondamentale
per la forma.
Il computer non è però solamente il mezzo con cui il libro
viene scritto, ma anche uno dei temi centrali di esso: è
sul computer di Belbo che si trovano i 12 file raccontati
nel libro , ed anche la struttura del Piano è in qualche
modo collegata all'idea del computer: essa infatti collega
gli argomenti più disparati fra loro, i quali potrebbero
sembrare sconnessi, ma la molteplicità di connessioni,
anche improbabili, costituisce una rete talmente fitta di
conferme che è quasi impossibile negarne la veridicità.
Ne deriva che la superficialità del computer risulti persino
più profonda della profondità delle teorie dei “diabolici”
visto che, come affermato da Lia, «la profondità non è
che un incastro di superfici». Si aggiunge, inoltre, a
questa complessità una struttura dell'intreccio molto
peculiare, vicina a quella di un giallo: il romanzo è
raccontato dall'”ultimo” Casaubon, quello che scrive da
casa di Belbo e che rievoca gli avvenimenti accaduti la
notte del 23 Giugno al Conservatoire, durante la quale
ricorda i due giorni precedenti e infine i dodici anni in cui
si dipanano gli eventi principali del romanzo.
Ulteriori segmenti della trama sono dati dai momenti in
cui l'io narrante legge i file di Belbo oppure dalle
numerosissime parentesi erudite presenti, le quali
impreziosiscono sì la levatura letteraria, ma complicano
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Il pendolo di Foucault
ulteriormente la lettura.
In questo romanzo Eco ha sicuramente cercato di creare
un'imitazione parodistica dei comportamenti derivanti
dalle teorie del complotto e dalle loro conseguenze, ma
fermarsi a questa interpretazione sarebbe quantomeno
riduttivo: Eco cerca infatti di creare un romanzo in cui
anche il lettore sia inconsciamente alla ricerca di un
obiettivo, di un segreto; in ultima analisi di un colpevole,
ma questo colpevole non si palesa mai. È infatti proprio
l'idea stessa dell'esistenza di un segreto che mette in
moto queste forze (e non tanto il suo contenuto, che è
per definizione sconosciuto); forze tutte volte alla sua
scoperta, talmente concentrate su questo scopo, che il
segreto, anche se per gioco, anche se falso, alla fine si
genera, quasi come una creatura indipendente dal suo
creatore e dipendente solo da coloro che credono in essa.
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