N.14 - La nostra storia
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N.14 - La nostra storia
Per Attilio Zanella, allevatore di Malè (Tn) a metà giugno scatta il periodo dell’alpeggio e buona parte della sua stalla prende la strada della malga Villar. In nome del benessere animale e delle più genuine tradizioni In Trentino l’alpeggio fa parte del Dna degli allevatori, come dimostra l’esperienza di Attilio Zanella, titolare di una bella stalle di Brune a Malè, che non appena arriva giugno sposta buona parte della sua mandria a 2200 metri di quota, affidandola alle cure della famiglia Penasa, pastori da più di 25 anni presso la malga Villar insieme al casaro Luigi Dallaserra. Un sistema antico, ma sempre valido, indispensabile per salvaguardare zone estremamente sensibili sotto il profilo ambientale, che vedono nella presenza dell’uomo e del bestiame un’essenziale componente di questo delicato equilibrio Giù le mani dalle malghe I n Trentino le malghe continuano a svolgere ancora oggi lo stesso ruolo che le ha viste protagoniste della montagna nei secoli. A tal punto che nell’immaginario collettivo sembra del tutto naturale vedere i prati in quota puliti e senza infestanti, mentre invece si tratta del segno tangibile della presenza dell’uomo e dei suoi animali. Un equilibrio delicato, dettato da tempi precisi, da un carico di bestiame definito dall’esperienza dei pastori prima ancora che dalle leggi e dalla passione di chi sceglie di trascorrere tre mesi in un operoso isolamento per far funzionare un sistema produttivo unico nel suo genere. In Val di Rabbi lo sanno bene e a metà di GIOVANNI DE LUCA Biglietto da visita Azienda agricola Zanella sede Frazione Magras – Malè (Tn) l’azienda In alto i cuori • In stalla: 50 vacche in latte più rimonta • Razza: Bruna • Produzione media: 75 quintali al 4,2% di grasso e al 3,8% di proteina • Destinazione: caseificio Cercen per la produzione di Trentingrana 22 KL n. 14 - 25 luglio 2012 Malga Villar, 2183 metri s.l.m. Foto a fianco Per Attilio Zanella non esiste estate in cui non si vada in alpeggio KL n. 14 - 25 luglio 2012 23 Foto sopra, da sinistra L’azienda della famiglia Zanella nella frazione di Magras, nel Comune di Malè (Tn) Foto di gruppo in malga: da sinistra il casaro Luigi Dallaserra insieme a Manuel, Adelio e Gemma Penasa Il caseificio Cercen produce ogni anno più di 12mila forme di Trentingrana giugno anche per Attilio Zanella scatta l’ora dell’alpeggio, con conseguente spostamento di buona parte della sua stalla dal comfort “urbano” di Malè (Tn) ai 2200 metri di quota della malga Villar. Zanella è un brunista convinto e prima di lui lo sono stati suo padre e suo nonno. “Non ci siamo mai pentiti della nostra scelta - commenta soddisfatto Attilio – perché in famiglia il latte è sempre diventato formaggio e in caldaia, la Bruna non tradisce”. 24 Lo sanno bene anche al caseificio sociale Cercen, di cui Zanella è presidente, una delle più grandi realtà produttive della provincia, dove è il Trentingrana (12mila forme all’anno) a far quadrare i conti dei soci (nel 2011 il latte è stato liquidato a 61,7 centesimi più i premi) e a permettere che la zootecnia continui ad esercitare il suo ruolo nell’economia locale. Invasioni di campo Un sistema di cui anche le malghe continuano ad essere un tassello importante, anche dal punto di vista della tutela ambientale, come ricorda il presidente della Federazione provinciale allevatori trentini, Silvano Rauzi, preoccupato perchè, oltre a dover fare i conti con le difficoltà di mercato, oggi gli allevatori locali devono anche respingere l’assalto degli ingrassatori veneti nelle aste di assegnazione delle malghe. “È un problema legato ai premi Pac – ricorda Rauzi – che spinge le aziende da carne della pianura a partecipare alle aste pur di conquistare i titoli di cui hanno bisogno per essere legalmente in regola con le superfici minime chieste da Bruxelles. Ovviamente in malga non ci andranno mai con dei vitelloni, ma la loro concorrenza sta diventando un serio problema per chi invece in malga vuole continuare a portare il proprio bestiame”. Ed è proprio in queste realtà che il “greening”, così come lo ha formulato il com- KL n. 14 - 25 luglio 2012 Foto a fianco Silvano Rauzi, presidente degli allevatori trentini missario europeo Ciolos, potrebbe giocare un ruolo determinante per la salvaguardia del territorio di montagna, perché le malghe non permettono errori di gestione e il gioco dei titoli giova a pochi, mentre rischia di danneggiare intere comunità. Un problema aperto, che preoccupa anche Attilio, perché da queste parti ogni allevatore è profondamente attaccato alla “sua” malga, vera e propria estensione naturale della stalla e le invasioni di forestieri con intenzioni poco nobili non sono ben viste. Lavori “forzati” Ma è tempo di montare sulla jeep 4 x 4 di Zanella e di andare dalle sue vacche, un percorso che si incunea in val di Rabbi prima di salire in quota e di passare davanti alle numerose malghe di queste montagne, alcune delle quali purtroppo vuote. “Portare il bestiame all’alpeggio non è una passeggiata- spiega Attilio – anche perché il regolamento che norma l’utilizzo della malga Villar, una delle più alte del Trentino, obbliga i proprietari del bestiame a garantire 1 giornata di lavoro per ogni capo adulto presente in alpeggio, tempo che viene utilizzato per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture e per gli interventi sul pascolo”. Questo significa che la famiglia Zanella deve assicurare 26 giornate di lavoro collettivo, un onere non indifferente che si aggiunge ai costi per capo, superiori ai 600 euro per bovina. Sarebbe senz’altro più comodo restare in valle, ma da queste parti le tradizioni hanno un valore importante e quando la malga chiama si ripercorrono le tracce degli avi, senza pensarci troppo. Una lunga giornata Allo stesso modo anche la vita dei pastori che seguono il bestiame e del casaro che lavora il latte è scandita da questi ritmi antichi, con la giornata che inizia verso le 4 e mezza di mattina e finisce quando è già buio di nuovo. Un ritmo che non spaventa la famiglia Penasa, che da 25 anni segue malga Villar, considerata a tutti gli effetti una seconda casa. C’è Adelio, fisico segaligno e un paio di baffi che sembrano usciti da una stampa degli anni trenta, aiutato da sua moglie Gemma e dal figlio Manuel, che negli altri mesi dell’anno è un distinto professore di zootecnia all’istituto agrario di San Michele all’Adige. C’è poi Luigi Dallaserra, il casaro, che da oltre 60 anni trascorre la sua estate in alpeggio, dei quali 45 proprio alla malga Villar. Mestiere delicato quello del casaro, perché il successo e la notorietà di una malga è nelle sue mani: basta qualche giorno di pascolo senza pioggia o una giornata ventosa per fare la differenza, perché da queste parti il latte è vivo e cambia “umore” per un nonnulla. E qui entra in gioco l’abilità di chi quel latte lo dovrà trasformare in formaggio, senza utilizzare diavolerie moderne, senza pastorizzare nulla, senza tradire gli allevatori che gli hanno affidato le proprie vacche. Alla malga Villar le caldaie sono ancora riscaldate a legna e occorre ancora più abilità nel controllare il fuoco, ma se si guarda lavorare il casaro Luigi si ha l’erronea sensazione che sia un gioco alla portata di tutti, tale è la sua pratica. I formaggi sono quelli della tradizione, nostrano in testa, poi c’è la ricotta affumicata e ovviamente il burro, preparato nei classici stampi scolpiti nel legno. L’unico accenno di modernità sono i pannelli solari sul tetto, un telefono cellulare che funziona solo in cima alla montagna e una moto da trial con più di 20 anni di onorata carriera alle spalle che aiuta i pastori a seguire il bestiame nei 300 ettari di pascolo a loro disposizione. Sanità al primo posto Tutto il resto si fa ancora come una volta, ma tutti sono contenti di questa vita. KL n. 14 - 25 luglio 2012 Foto sopra Formaggio nostrano, ricotta affumicata e burro i prodotti principali della malga Foto a fianco Claudio Valorz, direttore della Federazione provinciale allevatori di Trento A cominciare dalle 75 vacche e dalle 35 manze che sono in malga, che arrivate in alpeggio dopo mesi di stalla in poche ore si riappropriano dei loro spazi e tornano libere al pascolo. “Il tutto con bestiame a prova di Ibr – come ci spiega Claudio Valorz, direttore della Federazione provinciale allevatori di Trento – perché anche in alpeggio la salute animale è un prerequisito indispensabile e alla malga Villar possono accedere solo mandrie ufficialmente indenni. Se vogliamo far vivere le malghe anche in futuro – ricorda Valorz – occorre essere particolarmente rigidi su questo punto, perché una cattiva gestione sanitaria comprometterebbe la sanità degli allevamenti che portano il bestiame in montagna e nessuno si può permettere errori”. Un messaggio che in Trentino è diventato un dogma per tutti gli allevatori, perché è proprio nella ricchezza delle tradizioni che si costruisce il futuro delle aziende locali. n 25