Omelia di mons. Sigalini durante la preghiera del 28 aprile 2012

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Omelia di mons. Sigalini durante la preghiera del 28 aprile 2012
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (2,1-16)
Anch'io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l'eccellenza
della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo
crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia
predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della
sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei
dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel
mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei
dominatori di questo mondo l'ha conosciuta; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore
della gloria. Ma, come sta scritto:
Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
Dio le ha preparate per coloro che lo amano.
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le
profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i
segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito
del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con
parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in
termini spirituali. Ma l'uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono
follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L'uomo
mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha
conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.
Dalla lettera enciclica Populorum progressio di papa Paolo VI
Ormai le iniziative locali e individuali non bastano più. La situazione attuale del mondo esige un'azione
d'insieme sulla base di una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali. Esperta
in umanità, la chiesa, lungi dal pretendere minimamente d'intromettersi nella politica degli stati, «non ha di
mira che un unico scopo: continuare, sotto l'impulso dello Spirito consolatore, la stessa opera del Cristo,
venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità (cf. Gv 18,37), per salvare, non per condannare,
per servire, non per essere servito (cf. Gv 3,17; Mt 20,28; Mc 10,45)». Fondata per porre fin da quaggiù le
basi del regno dei cieli e non per conquistare un potere terreno, essa afferma chiaramente che i due domìni
sono distinti, così come sono sovrani i due poteri, ecclesiastico e civile, ciascuno nel suo ordine. Ma, vivente
com'è nella storia, essa deve «scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce dell'evangelo». In
comunione con le migliori aspirazioni degli uomini e soffrendo di vederle insoddisfatte, essa desidera
aiutarli a raggiungere la loro piena fioritura, e a questo fine offre loro ciò che possiede in proprio: una
visione globale dell'uomo e dell'umanità.
Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev'essere
integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo. Com'è stato giustamente
sottolineato da un eminente esperto: «noi non accettiamo di separare l'economico dall'umano, lo sviluppo
dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l'uomo, ogni uomo, ogni gruppo d'uomini, fino a
comprendere l'umanità intera».
Nel disegno di Dio, ogni uomo è chiamato a uno sviluppo, perché ogni vita è vocazione. Fin dalla nascita, è
dato a tutti in germe un insieme di attitudini e di qualità da far fruttificare: il loro pieno svolgimento, frutto
a un tempo dell'educazione ricevuta dall'ambiente e dello sforzo personale, permetterà a ciascuno di
orientarsi verso il destino propostogli dal suo Creatore. Dotato d'intelligenza e di libertà, egli è responsabile
della sua crescita, così come della sua salvezza. Aiutato, e talvolta impedito, da coloro che lo educano e lo
circondano, ciascuno rimane, quali che siano le influenze che si esercitano su di lui, l'artefice della sua
riuscita o del suo fallimento: col solo sforzo della sua intelligenza e della sua volontà, ogni uomo può
crescere in umanità, valere di più, essere di più.
Breve esortazione.
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Crescere in umanità
Crescere in umanità potrebbe essere l’imperativo che ci poniamo all’inizio di
questa solenne convocazione. Ci siamo accorti anche concretamente in questi tempi
di crisi che la nostra risorsa più grande, che il creatore ci ha messo a disposizione e
che spesso è ignorata, è la nostra stessa umanità, con il suo insieme di attitudini e di
qualità da far fruttificare. Questa umanità è stata fatta definitiva da Gesù Cristo, Lui
è l’uomo perfetto che realizza il sogno del Creatore, Lui nel continuo rapporto con il
Padre è la nostra pienezza, la nostra realizzazione piena, il nostro autentico presente e
il desiderato futuro.
Essere esperti in umanità non significa certo adattarsi allo spirito del mondo.
Dio non fonda il Vangelo sulla sapienza di questo mondo, né sceglie le persone che
si considerano meritevoli (la condizione di peccato in cui ci troviamo squalifica ogni
presunto merito). Allo stesso modo il successo del Vangelo nel convertire e nel
salvare, non può essere spiegato dalla sociologia e dalla psicologia, né dall'uso di
tecniche di persuasione, di condizionamento, di propaganda e di manipolazione delle
quali alcuni sono esperti (“l'eccellenza di parola o di sapienza”). Il Vangelo risulta
potentemente efficace, nonostante il mezzo “debole” della predicazione e nonostante
l'oggettiva debolezza ed inadeguatezza dei suoi portatori, perché attraverso di esso
Dio è all'opera, lo stesso Dio che fa risorgere dai morti Gesù, “debole e sconfitto”
dalle potenze di questo mondo.
L'opera di salvezza che Dio porta avanti in questo mondo, dunque, non è e non
può essere il risultato di nulla che in questo mondo ci si arrabatta a inventare, non è il
risultato di movimenti politici o religiosi, non è e non può essere frutto
dell'ingegnosità umana ad un qualsiasi livello, ma dipende in tutto e per tutto ed in
esclusiva dall'opera indipendente di Dio. Ci ha avvertito San Paolo:”l'uomo lasciato
alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e
non è capace di intenderle”.
Paolo si era proposto di “non sapere altro” che “Gesù Cristo e lui crocifisso”
(2). Questo non vuol dire che il cristiano non si debba occupare d'altro che “di
Bibbia”, ma che la fede cristiana non è un “supplemento” o “un valore aggiunto” dei
“curriculum” di questo mondo, ma è “altro”, spesso in palese contraddizione di
quanto questo mondo insegna e pratica. Cristo è il centro e san Paolo ha imparato a
tenerlo in altissima stima e considerazione nonostante l'ignominia della croce (cosa
che il mondo considera squalificante), anzi, siamo fieri della croce perché in essa si
manifesta l'amore incondizionato e la grazia di Dio nei nostri confronti.
Possiamo essere considerati semplicisti e rozzi, molto inferiori alla raffinata
complessità di ciò che si insegna nelle accademie, ma il Toniolo ci ha ben insegnato e
dimostrato con coraggio nella sua professionalità eccellente che il pensiero cristiano
raggiunge grandi profondità, ben al di là della capacità di comprendere persino degli
intellettuali di questo mondo. Ricevere e comprendere questa sapienza è frutto di
maturità spirituale.
Occorre allora per essere esperti in umanità una rinascita spirituale che è opera
dello Spirito Santo, è quella rinascita che Gesù ha chiesto a Nicodemo.“Non ti
meravigliare se ti ho detto: 'Bisogna che nasciate di nuovo'” (Giovanni 3:7). La
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persona che nasce in questo modo alla fede, in quella stessa fede deve crescere per
giungere alla maturità spirituale. Alla maturità il credente giunge nel tempo attraverso
esperienza, studio e prove. In tutto questo deve impegnarsi diligentemente.
Questa maturità spirituale non è il risultato della ricerca scientifica dei
laboratori, delle accademie e delle scuole di questo mondo, non è soprattutto frutto di
competenze umane, ma è una “sapienza celeste”, la sapienza rivelata di Dio. È la
sapienza che Dio ha destinata al Suo popolo, e che costituisce il “deposito” della sua
fede. “O Timoteo, custodisci il deposito; evita i discorsi vuoti e profani e le obiezioni
di quella che falsamente si chiama scienza; alcuni di quelli che la professano si sono
allontanati dalla fede” (1 Timoteo 6:20-21). C’è sempre qualcuno che offre alla fede
cristiana una versione “riveduta e corretta” che si adatti alle ideologie al
politicamente corretto, alla mentalità di moda. La nostra fede è continuamente
affidarsi a Gesù, è lasciarsi affascinare da domande vere su di Lui. Chi è Gesù? Come
ha vissuto? Che cosa ha insegnato? Che cosa ha compiuto? Perché la Sua vita, la Sua
opera, la Sua morte e la Sua risurrezione è rilevante, anzi determinante per il nostro
destino temporale ed eterno? San Paolo risponde a queste domande con chiarezza,
per i cristiani di Corinto ed anche per noi oggi. Paolo, così, annuncia che Gesù è
l'eterno Figlio di Dio, da sempre nel cuore stesso di Dio, che è venuto, umiliandosi,
per condividere la nostra umanità ed a morire sulla croce per pagare Lui il prezzo
della nostra salvezza. Chi ci dà questa maturità spirituale? Lo Spirito di Dio, il dono
assolutamente necessario per la nostra crescita spirituale, per la nostra maturità
spirituale e per crescere in umanità.
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