INPS: indennit di disoccupazione, nuove regole comunitarie
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INPS: indennit di disoccupazione, nuove regole comunitarie
INPS: indennità di disoccupazione, nuove regole comunitarie L'INPS, con messaggio n. 28706 del 16 novembre 2010, ha precisato le modalità di pagamento dell'indennità di disoccupazione al lavoratore comunitario che si reca in un altro Stato membro dell’Unione Europea in cerca di lavoro. In particolare l'Istituto sottolinea che, a seguito dell'entrata in vigore del Regolamento n. 883/04/CE relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, sarà lo Stato di ultima occupazione a determinare il pagamento dell’indennità e non lo Stato in cui il lavoratore ha maturato il diritto. (Data: 21/11/2010 10.00.00 - Autore: L.S.) Cassazione: diritto alla contribuzione figurativa anche per le lavoratrici non assunte durante il congedo di maternità La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 23037 del 12 novembre 2010, ha affermato il principio di diritto per cui "la contribuzione figurativa spetta, a domanda, anche per i congedi per maternità non in costanza del rapporto di lavoro subordinato (quale che fosse, all'epoca, la gestione assicurativa di iscrizione ed anche in caso di lavoratrice inoccupata) a condizione che la lavoratrice sia in possesso di cinque anni di contribuzione AGO in costanza di rapporto di lavoro e alla data del 27.04.2001 non sia pensionata e sia iscritta all'AGO." Nel caso di specie l'INPS proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino che, confermando la statuizione di primo grado, accoglieva la domanda proposta da una lavoratrice nei confronti dell'INPS per ottenere l'accredito dei contributi figurativi per i periodi di astensione obbligatoria per maternità in applicazione del disposto dell'art. 25 del D.Lgs. 151/2001. In particolare i giudici di appello, precisando che la lavoratrice aveva versato oltre cinque anni di contribuzione all'Assicurazione Generale Obbligatoria, disattendevano la tesi dell'Istituto per cui i cinque anni dovrebbero necessariamente precedere o succedere alla maternità, collocarsi cioè all'interno di un rapporto di lavoro. L'Istituto nel ricorso chiede se sia applicabile l'art. 25, D.Lgs. 151/2001 nel caso in cui la lavoratrice abbia trascorso i periodi di astensione per maternità quando non svolgeva alcuna attività lavorativa e che, successivamente all'evento, sia stata iscritta alla gestione dei lavoratori autonomi; rileva inoltre che la lavoratrice non si trovava nel periodo di maternità al di fuori dello svogimento del lavoro subordinato ma al di fuori dello svogimento di un lavoro autonomo, e quindi non aveva diritto alla contribuzione figurativa perché questa non spetta ai lavoratori autonomi. La Corte precisa che, alla luce delle innovazioni legislative susseguitesi negli anni, il diritto alla contribuzione figurativa "deve essere riconosciuto prescindendo dalla collocazione dell'evento maternità" e "compete qualunque fosse la gestione cui la lavoratrice era iscritta all'epoca del congedo, ed anche se non era iscritta ad alcuna gestione perché non occupata". "Il beneficio stesso viene subordinato al fatto che la lavoratrice, alla data di entrata in vigore del TU 151/2001, sia iscritta alla gestione dei lavoratori dipendenti e possa in essa far valere cinque anni di contribuzione". (Data: 19/11/2010 11.00.00 - Autore: L.S.) Legittimità del licenziamento: necessaria l'immediatezza della contestazione dell'illecito disciplinare La tempestività della contestazione disciplinare non può essere impedita dalla pendenza di un procedimento penale a carico del lavoratore. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22900 dell'11 novembre 2010, in relazione ad una dipendente, licenziata per giusta causa per aver pagato la pensione a delegati fittizi di pensionati in realtà deceduti. La lavoratrice chiedeva al Tribunale la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatole ma i giudici di primo grado ritenevano il suo comportamento - in ordine al quale il giudice penale riteneva che la lavoratrice si fosse appropriata delle somme indebitamente versate - idoneo a giustificare il licenziamento disciplinare. Avverso tale decisione la dipendente proponeva appello eccependo la tardività della contestazione e del licenziamento e la Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, annullava il licenziamento intimato ordinando alla società di reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro prima occupato. La Società datrice di lavoro ricorre in Cassazione ma la Suprema Corte, rigettando il ricorso, sottolinea che è la stessa società ad aver denunciato l'illecito penale della dipendente alla Procura della Repubblica, avendo quindi gli elementi sufficienti per la contestazione disciplinare che non poteva tardare né essere impedita dalla pendenza del procedimento penale. Invece l'addebito del 1992 veniva contestato nel 2001, ossia nove anni dopo, laddove gli accertamenti degli ispettori della società si erano conclusi nel 1994. La Corte, richiamando diverse pronunce sul tema, ha ribadito che, ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l'esercizio del potere disciplinare, la tempestività della contestazione va valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto al lavoratore senza che possa assumere autonomo ed autosufficiente rilievo la denuncia dei fatti in sede penale. "Una volta contestati i fatti, la società poteva semmai riservarsi all'esito del procedimento penale di irrogare la sanzione, in ragione della giurisprudenza che ritiene che il carattere immediato dell'irrogazione va inteso in senso elastico allorché c'è un'indagine penale (riserva che nella specie non c'è stata)." I Giudici di legittimità ritengono quindi corretta la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto tardiva la contestazione dell'addebito disciplinare e conseguentemente illegittima la intimata sanzione del licenziamento. (Data: 16/11/2010 10.00.00 - Autore: L.S.) Infortuni sul lavoro: responsabile l'imprenditore che impiega la manodopera formalmente assunta dall'appaltatore La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40499 del 16 novembre 2010, ha affermato per gli infortuni sul lavoro la responsabilità del committente che non impartisce le adeguate informazioni sulle misure di sicurezza agli operai al suo servizio, in caso di manodopera. Nel caso in esame la Corte d'Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva affermato la violazione del divieto di fornitura illecita di manodopera tra una ditta individuale ed una s.a.s., sottolineando che l'attività dei lavoratori formalmente alle dipendenze della ditta individuale, in realtà, era svolta secondo le esigenze di tempo e di luogo e sotto le direttive ed il controllo della s.a.s. I Giudici di merito avevano quindi ritenuto responsabile il legale rappresentante della s.a.s. per colpa generica e specifica di un infortunio sul lavoro. La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso del legale rappresentante della s.a.s., ha ritenuto incensurabile la ricostruzione effettuata dalla Corte d'Appello che, tenuto conto degli elementi acquisiti, ha affermato che il reale datore di lavoro di tutti gli operai della ditta individuale era la s.a.s. I Giudici di legittimità precisano che "la fattispecie di cui all'articolo 1 della legge n. 1369/1960 (esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera assunta dall'appaltatore ma di fatto operante alle dipendenze del committente) resta punibile tuttora ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 (c.d. Legge Biagi) in quanto qualificabile come somministrazione di manodopera esercitata da soggetto non abilitato o fuori dei casi consentiti". Aggiungono che "anche nell'ipotesi che la fornitura della manodopera fosse considerata lecita, la responsabilità concorrente di … era ugualmente configurabile nella qualità di committente per la violazione delle norme antinfortunistiche, atteso che il committente è esonerato dagli obblighi di prevenzione esclusivamente con riguardo ai rischi specifici delle attività proprie dell'appaltatore o del prestatore d'opera". Tale situazione non era configurabile nel caso in esame, visto che le attività dei lavoratori ed il relativo rischio non potevano rientrare nelle attività proprie della ditta individuale, che non era neanche attrezzata per effettuare tali operazioni. (Data: 22/11/2010 10.00.00 - Autore: L.S.) Inchiesta: l'88% delle donne ritiene che ci sia discriminazione sul lavoro Secondo quanto emerge da un'inchiesta condotta dal periodico femminile "Elle" 88 donne su cento si sentono discriminate sul lavoro. Per il 62% delle intervistate le capacità lavorative le donne sarebbero sottovalutate rispetto a quelli degli uomini; la discriminazione, secondo il 56% del campione, sarebbe dovuto alla maternità, mentre per il 45% delle intervistate il lavoro delle donne sarebbe sottopagato rispetto quello degli uomini. Il 38%, infine, ritiene che ci troviamo in una società maschilista. Eppure, come si legge in una scheda Adnkronos, "In ambito professionale, le donne italiane si considerano piu' precise, concrete e veloci (50%) con le stesse competenze e capacita' degli uomini (50%) e pensano che una maggior presenza di donne in ruoli di potere potrebbe portare importanti vantaggi anche in termini economici (42%). Il 63% del campione percepisce che il mancato raggiungimento di un posto di responsabilita' e' dovuto al dover conciliare lavoro e vita privata e che conseguentemente gli uomini al comando difficilmente puntino su di loro (58%)". (Data: 22/11/2010 10.00.00 - Autore: N.R.) Periodo di prova: "discrezionalità" del datore di lavoro nel recedere durante l'esperimento E' ammissibile il licenziamento del lavoratore in prova senza obbligo di motivazione, neppure in caso di contestazione, sulla valutazione delle capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23224 del 17 novembre 2010, rilevando che la discrezionalità del potere di recesso del datore di lavoro "non è assoluta, e deve essere coerente con la causa del patto di prova, sicché il lavoratore, che non dimostri il positivo superamento dell'esperimento nonché la imputabilità del recesso del datore a un motivo estraneo a tale causa, e quindi illecito, non può eccepire né dedurre la nullità del licenziamento in sede giurisdizionale". La Suprema Corte, rigettando il ricorso di un lavoratore, ha sottolineato che "a norma degli artt. 2096 c.c. e 10 della legge n. 604/1966, il rapporto di lavoro subordinato costituito con patto di prova è sottratto, per il periodo massimo di sei mesi, alla disciplina dei licenziamenti individuali, ed è caratterizzato dal potere di recesso del datore di lavoro, la cui discrezionalità si esplica senza obbligo di fornire al lavoratore alcuna motivazione". Precisano gli Ermellini che lo scopo del periodo di prova è quello di acquisire elementi di valutazione sulla convenienza delle parti a concludere un rapporto di lavoro definitivo; valutazione rimessa al giudizio e alla libera disponibilità delle parti che sono, di conseguenza, pienamente libere di ritenere sussitente o meno tale convenienza. (Data: 21/11/2010 10.00.00 - Autore: L.S.) INAIL: comunicazione preventiva di lavoro occasionale accessorio L'Inail, con nota del 15 novembre 2010, fornisce chiarimenti in merito all'obbligo di comunicazione preventiva, a carico del committente, relativa al lavoro occasionale accessorio. In particolare l'Istituto, in riferimento a due precedenti note (n. 7969/2010 e n. 8181/2010) - emanate con l'obiettivo di allineare le basi dati INPS ed INAIL, semplificando gli adempimenti a carico dei committenti in materia di lavoro occasionale di tipo accessorio e precisando le nuove funzionalità applicative - , ha precisato che la comunicazione che il committente deve effettuare prima dell'inizio della prestazione può ricomprendere l'intero arco temporale nel quale s'intende fare ricorso al lavoro accessorio del prestatore considerato, senza limitazioni a 30 giorni. L’Inps, tenuto conto delle osservazioni fatte pervenire da molti rappresentanti del mondo produttivo relativamente al limite temporale di trenta giorni stabilito nelle precedenti note, concorda sull'opportunità di elidere il limite temporale, fatto salvo l'obbligo di comunicare le eventuali variazioni sopravvenute relativamente al periodo di lavoro effettivo, qualora lo stesso venga a cessare anticipatamente rispetto alla data originariamente indicata oppure abbia inizio in data successiva a quanto inizialmente comunicato. (Data: 20/11/2010 10.00.00 - Autore: L.S.) Cassazione: per dimostrare reato di spaccio non è indispensabile il sequestro delle sostanza Per configurare il reato di spaccio la Cassazione, con la sentenza n. 40163 (15 novembre 2010), ha affermato che non è indispensabile il sequestro della sostanza. La sesta sezione penale ha infatti spiegato che il reato può essere provato anche attraverso intercettazioni e testimoni. La sentenza è l’esito del ricorso proposto a due imputati per i reati di spaccio di sostanze stupefacenti o psicotrope ed estorsione (di cui all’artt. 81, comma secondo, cod. pen. e 73 d.p.r. n. 309 del 1990 e art. 629, comma 2 codice penale), che avevano eccepito l’impossibilità di configurazione del reato di spaccio per l’inesistenza della prova della droga. Investita della questione, la Corte ha spiegato che non è necessaria la prova del’esistenza della droga se il reato di spaccio viene provato diversamente: “i giudici di appello - si legge dalla parte motiva della sentenza - hanno fondato il loro convincimento sulla base sia delle convergenti e fra di loro integrantesi dichiarazioni rese da soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda sia del contenuto e del tenore di numerose conversazioni intercettate, della quali hanno tratto il convincimento”. Per questo motivo, i giudici hanno giudicato inammissibile il ricorso e, citando le più autorevole decisioni affini al caso di specie, hanno precisato che “è (…) principio più volte affermato da questa Corte che il reato di detenzione a fini di spaccio o quello di spaccio non sono condizionati, sotto il profilo probatorio, al sequestro o al rinvenimento di sostanze stupefacenti, poiché la consumazione di tali reati può essere dimostrata attraverso le risultanze di altre fonti probatorie, quali le ammissioni dello stesso imputato, le deposizioni dei testimoni o il contenuto di intercettazioni”. (Data: 20/11/2010 9.14.00 - Autore: Luisa Foti) Ministero del Lavoro: istruzioni operative in materia di maxisanzione contro il lavoro sommerso Il Ministero del Lavoro, con circolare n. 38 del 12 novembre 2010, al fine di garantire l'uniformità di comportamento di tutto il personale ispettivo delinea un quadro unitario delle modifiche apportate dalla L. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro) in tema di maxisanzione per il lavoro sommerso. Alla luce del disposto dell’art. 4 della L. 4 novembre 2010, n. 183, relativo alle misure contro il lavoro sommerso, il Dicastero precisa la natura della misura sanzionatoria e i presupposti di individuazione del "lavoro nero", sottolineando che la maxisanzione è una "misura sanzionatoria aggiuntiva" che va a sommarsi a tutte le altre sanzioni previste nelle ipotesi di irregolare instaurazione del rapporto di lavoro ed evidenziando quale presupposto di individuazione del "lavoro nero" l'impiego di lavoratori in assenza di comunicazione preventiva al Centro per l’Impiego. Il Ministero puntualizza il campo di applicazione della maxisanzione, che ha ad oggetto l'impiego di "lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro" alle dipendenze di datori di lavoro privati, ovvero anche di enti pubblici economici, con esclusione dei lavoratori domestici, ed illustra l'intervento innovativo del collegato lavoro sulla misura delle sanzioni con la previsione di due distinte ipotesi in luogo dell'unica originariamente disciplinata dall'art. 3, comma 3, del D.L. n. 12/2002. Nello specifico, oltre alla tipica ipotesi di c.d. lavoro nero - ricorrente nel caso in cui vengano impiegati lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro -, si delinea una fattispecie sanzionatoria attenuata che ricorre nel caso in cui il datore di lavoro abbia regolarizzato il rapporto solo successivamente all’effettiva instaurazione e soltanto in parte. La circolare indica inoltre gli Organi competenti e le modalità procedurali per l'irrogazione della maxisanzione nonché fattispecie particolari e casi di esclusione o scriminanti. (Data: 17/11/2010 15.00.00 - Autore: L.S.) Straordinario nel pubblico impiego – autorizzazione preventiva. Con una recente pronuncia il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sez. V – sentenza 26 ottobre 2010, n. 7625) ha ravvisato l’esigenza di ribadire esaustivamente le regole fondamentali che regolano lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, in attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione. Come già affermato in numerosi precedenti giurisprudenziali (ex plurimis, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23 marzo 2004, n. 1532), i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che il pubblico dipendente ha diritto di ottenere il compenso per le ore eccedenti quelle ordinarie effettivamente svolte solo allorché egli sia stato autorizzato dal proprio dirigente (o, nei Comuni di minori dimensioni, dal Capo Area) il quale abbia verificato l’esistenza delle condizioni di utilità e necessarietà della prestazione stessa, nonché del rispetto dei vincoli di bilancio, nell’esercizio dei suoi poteri di organizzazione e gestione delle risorse umane e di destinazione del budget a lui assegnato con gli idonei strumenti contabili (negli Enti Locali il PEG, Piano Esecutivo di Gestione), assumendosi, dunque, la responsabilità dei suoi atti, anche sotto il profilo finanziario. L’autorizzazione è di regola preventiva ed esplicita, anche se già da tempo la giurisprudenza ha ammesso che possa essere implicita, quando il lavoratore ha agito per adempiere ad un vero e proprio obbligo di ufficio, in presenza di esigenze indifferibili ed urgenti (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 9 marzo 1995, n. 329). I giudici di Palazzo Spada hanno, infine, lodato la prassi in uso in diversi Enti Locali, specie in quelli dalle non floride condizioni economiche, in base alla quale, al ricorrere di accertate, indilazionabili e quotidiane esigenze di servizio, le ore di straordinario svolte vengono compensate con riposi di pari durata, permettendo anche, in tal modo, il recupero delle energie da parte del dipendente. (Data: 17/11/2010 8.00.00 - Autore: V.Z.) Cassazione: Illegittima la cartella esattoriale senza indicazione della data Con la sentenza n. 22997 depositata il 12 novembre 2010, la Corte di Cassazione ha stabilito che è illegittima la cartella esattoriale senza l'indicazione precisa della data in cui diventerà esecutiva. Il principio è stato emesso dalla sezione tributaria civile del Palazzaccio che ha spiegato la ragione sottesa alla decisione: la ratio della decisione è infatti da individuarsi nell'art. 12 del d.p.r. n. 603/1973 (come modificato dal d. lgs. 46/1999) in cui viene stabilito che la cartalla di pagamento deve contenere, tra le atre cose, la data in cui il ruolo diventa esecutivo. (Data: 17/11/2010 8.00.00 - Autore: Luisa Foti) Sesso: in macchina e' reato, ma per 8 giovani su 10 e' un must Sesso in macchina? E' reato a meno che non si abbiano i vetri oscurati. Ma, anche se la legge lo vieta, per 8 giovani su 10 è una realtà. E' quanto emerge da un sondaggio condotto dal portale Studenti.it, su un campione di 1.270 votanti tra gli iscritti alla sua community. Ebbene, il 76% dei ragazzi ha dichiarato di praticare più o meno volentieri sesso in macchina. Il 14% degli intervistati ha detto di trovarlo scomodo e un 10% addirittura immorale. L'idea del sondaggio è nata dopo che una recente sentenza della Cassazione ha condannato due giovani, colpevoli di essersi appartati in un parcheggio e quindi accusati di atti osceni in luogo pubblico. Dopo che la notizia è velocemente rimbalzata su Facebook, con migliaia di condivisioni in pochi giorni, Studenti.it ha quindi deciso di indagare la questione dalla parte dei 'colpevoli'. Il portale ha voluto sentire in proposito pure il parere di un legale. "La decisione della Cassazione non si discute", ha spiegato l'avvocato Raffaele Del Gaudio. "Se per alcuni potrà sembrare romantico, fare l'amore in auto, pure se alle 3 di notte nel parcheggio di una discoteca, integra esattamente il reato di atti osceni in luogo pubblico ex articolo 527 del codice penale. E non rappresenta in alcun modo una discriminante il fatto che l'auto è di proprietà degli amanti o che l'atto si sia svolto a tarda ora. Se la decisione della Cassazione ha suscitato un così vivo dibattito, una ragione deve pure esserci e - conclude l'avvocato - si potrebbe forse ritenere che il 'sentimento' dei cittadini dinanzi a condotte simili stia cambiando". Usa: SENO procace LICENZIAMENTO sicuro - Dedicato alle ragazze che meditano il ricorso alla mastoplastica additiva Proco è la parola di oggi: è il pretendente alla mano di una donna. L'unico, frequente utilizzo che se ne conosca in lingua italiana è riferito ai Proci dell'Odissea, capeggiati da Antinoo, principi di Itaca che aspiravano alla mano della tetragona Penelope, consorte di Ulisse. Da proco deriva il verbo 'procari', 'domandare, esigere con sfacciataggine'; e sempre da proco discende l'aggettivo PROCACE che sarebbe riferito più all'atteggiamento di una persona che alla conturbante avvenenza di una parte del corpo; infatti, la comune radice di entrambe le parole è -tenetevi forte!'preghiera' dalla radice 'prex'. Tant'è che il pretendente finisce per rivolgere preghiere sempre più insistenti nel manifestare le proprie intenzioni. Lo stalking ancor non esisteva al tempo dell'ignoto autore (questione omerica). Il vocabolo 'seno' deriva abbastanza chiaramente da golfo, insenatura, piega della veste, lembo rigonfio, anche se l'etimologia vera rimane oscura. Il significato vira su ventre materno nel passaggio dal latino all'italiano: "Benedictus fructus ventris tui" recita l'Ave Maria, poi tradotta in "Benedetto il frutto del tuo seno". E' interessante seguire l'INCUBAZIONE dei vocaboli: le parole sono vive e nulla è lasciato al caso. Attualmente i più capienti serbatoi di neologismi sono la tv, i media in genere e l'informatica, che hanno soppiantato i letterati nel conio del linguaggio. Se il Presidente della Camera, On. Gianfranco FINI, avrà successo nella sua operazione politica che sta ponendo fine ad un'era (parola da cui a propria volta deriva erario), ben presto avremo giocoforza "fiellini" per definire gli appartenenti a "Futuro e Libertà", al momento relegati in un equivoco "futuristi", che equivarrebbe a seguaci del movimento artistico-letterario di cui padre fu Filippo Tommaso MARINETTI. Un'altra caratteristica del linguaggio dev'esser la chiarezza: prima era la "Lega Nord" per non creare equivoci usando la sola parola "Lega"; ora ch'è il più antico partito italiano per consunzione degli altri, tutti capiscono che ci si riferisce al movimento creato dall'Umberto BOSSI. Ogni giorno nasce qualche vocabolo nuovo, mentre altri cadono nella desuetudine e, quindi, pian piano muoiono. Ma poi accade che rinascano. Nella lingua parlata 'procace' assume un univoco riferimento: ad una parte reificata del corpo femminile (ed invece era riferito in origine alla persona-uomo che domanda la mano di una fanciulla), per lo più il seno formoso, abbondante, che, a tacer del richiamo sessuale, nell'inconscio maschile lascia immaginare che quella donna un dì sarà un'ottima nutrice per la prole. In fin dei conti unica, animalesca ragione dell'attrazione uomodonna è la finalità della riproduzione, tant'è che la vecchiaia (al momento l'età massima raggiunta è 122 anni e spiccioli) è, per così dire, un'invenzione moderna correlata al progresso: l'uomo è stato creato per campare quei cinquant'anni che coincidono più o meno con l'età fertile della donna. Che, però, quella donna che ha in dono un seno abbondante e, per l'appunto, procace sia esposta per tale sua caratteristica ad un licenziamento lo apprendiamo dalla realtà statunitense di oggi. Accade in Florida alla Deveraux Foundation, azienda sanitaria di Orlando, "The City Beautiful", capoluogo della Contea di Orange: Amy-Erin BLAKELY non è certo una nuova bomba-sexy, ma una donna di 44 anni, pare capace e preparata, che occupa un ruolo dirigenziale per sei anni ed un brutto giorno viene licenziata perché ha il seno troppo grande. Le misure eccessive distraggono i colleghi uomini nelle riunioni di lavoro. Ora sarà una Corte a giudicare il licenziamento in tronco. "A difendere la quarantatreenne -ricorda il "Corriere della Sera online"- sarà Gloria ALLRED, noto avvocato americano che recentemente ha avuto come cliente Rachel Uchitel, una delle presunte amanti di Tiger Woods". La Blakely in conferenza stampa rimarca di non avere mai indossato abiti particolarmente attillati e provocanti evitando, in particolare, scollature profonde. L'Azienda respinge in blocco le accuse e ricorda che in ditta più della metà degli alti dirigenti è donna. Il 6 giu '10 Studio Cataldi si occupò dell'analogo caso di Lorenzana, dipendente della City Group di ceppo portoricano parimenti licenziata perché troppo sexy. Dedico questa news a tutte le ragazze che non si piacciono dalla cintola in sù e meditano di sottoporsi ad un intervento di mastoplastica additiva. Lasciate stare! Investite semmai tempo e danaro nel Vostro sapere, viaggiate, leggete, studiate, fatevi un'idea compiuta del concetto di legalità e di democrazia e prendetelo a modello-guida, vivete con curiosità e fregatevene altamente se il vostro CORPO non corrisponde al modello di bellezza ora imperante; comprendo che non avrete mai l'ebbrezza di essere chiamate schedine, grechine, letterine, veline, bensì DONNE: persone apprezzate da chi Vi merita, da chi si accorgerà della Vostra competenza ed abilità, della Vostra preparazione, della Vostra tenacia e della Vostra abnegazione, della Vostra maturità mentale e fisica. E non sarete elementi decorativi, da cambiare quando non servite più. Quando la moda cambia e ritorna la donna grissino e poi di nuovo quella tutta tette. Avete fatto caso che in tv i volti delle donne mature non ritoccate sono stati banditi? Gli uomini, poi, sono sempre in abito completo e cravatta, le donne, che potrebbero essere le loro figlie o anche nipoti, sono pressoché nude, di cornice. I commenti degli attempati signori, anche quando vorrebbero atteggiarsi a gentiluomini, sono del tipo Foro Boario e mercato del bestiame. Andatevi invece a prendere una foto dell'astrofisica Margherita Hack ventenne, atletica, slanciata, plastica, bella, quand'era una promessa dell'atletica. Ma quanto rimane straordinariamente interessante oggi, a distanza di più di sessant'anni: è il suo cervello, la sua umanità, la sua parola che sono straordinari e da fuori si percepiscono eccome. Stesso discorso vale per Rita Levi Montalcini. O per Carla Fracci e Sara Simeoni: datevi questi modelli, non ve ne pentirete, nessuno vi butterà mai via come se foste cosificate, UMILIATE nel reggiseno debordante e nelle labbra gonfie di silicone. Fidatevi. Ne va del Vostro DIRITTO a non far da cornice agli uomini. Tra l'altro, sono arcisicuro che un innesto vigoroso di donne nelle Istituzioni di questo sfibrato Paese farebbe precipitare il tasso di corruzione e di corruttibilità. Ricordate Renzo ARBORE con le sue Ragazze Coccodè, con Miss Nord e Miss Sud? Che precursore con la sua satira graffiante e l'umorismo divertentissimo. Aveva detto tutto nel 1987 (mi pare che l'idea gli germogliò in testa il 7 giu '87). Diceva "Nannarella" MAGNANI al truccatore che stava per coprirle le rughe: "Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele". Cassazione: i comuni devono garantire un accompagnatore sullo scuolabus. L'autista non basta Un alunno di 10 anni non può considerarsi 'maturo' e per questo se crea un danno ad un altro alunno su uno scuolabus il Comune dovrà risarcire il danno. Lo ha stabilito la terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n.23464/2010) spiegando che anche in mancanza di un "obbligo normativo del comune di disporre la vigilanza" sul servizio di bus che accompagna gli alunni a scuola, l'ente e' comunque tenuto a "garantire la presenza di un accompagnatore, oltre all'autista, nella gestione del servizio di trasporto scolastico" e ciò in considerazione dell'eta' dei trasportati. I comuni quindi devono adottare tutte le "cautele occrrenti per tutelare la sicurezza dei minori". L'episodio passato al vaglio della Suprema Corte riguarda un'aggressione che una giovane vittima aveva subito da un compagno di scuola piu' grande e che gli provocato la lesione di quattro vertebre. L'aggressione era avvenuta sullo scuolabus dove un alunno di terza elementare era stato colpito ripetutamente alla schiena con la cartella da un suo compagno di 10 anni. Già in primo grado il Tribunale di Perugia aveva condannato il comune a risarcire il danno con la somma di 123 mila euro, somma poi aumentata dalla Corte d'appello perugina. Altre informazioni su questa sentenza (Data: 19/11/2010 17.15.00 - Autore: Roberto Cataldi)