attaccamento adulto e amore di coppia

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attaccamento adulto e amore di coppia
ATTACCAMENTO ADULTO E AMORE DI COPPIA
Dr.ssa Serena De Nitto1
La relazione tra stili di attaccamento e psicopatologia è da non molti anni oggetto di studio da
parte dei ricercatori.
È stato ipotizzato che i soggetti con problemi clinici avrebbero riportato una maggiore frequenza
di rappresentazioni dell'attaccamento di tipo insicuro.
Da numerosi studi risulta che al momento attuale nessuna entità diagnostica può essere messa in
relazione con un particolare stile di attaccamento; in generale, però, diventano sempre più forti le
prove che un attaccamento insicuro è un importante precursore dello sviluppo della psicopatologia
e, in qualche caso, è stata individuata una forte relazione tra un disturbo specifico ed uno specifico
stile di attaccamento, anche se gli studi in proposito sono ancora troppo limitati.
In uno studio (Guerrini Degli’Innocenti, B., Selvi, A. Pazzagli, A. 1995) su un campione di
soggetti esposti in ambito familiare ad episodi di abuso fisico e sessuale, si è riscontrato, attraverso
l’utilizzo dell' l’“Adult Attachment Interview”, che l' 85% del campione è stato classificato come
insicuro e il restante 15% come sicuro, a differenza del campione di controllo in cui il 59% è stato
classificato come sicuro e il 41 % insicuro.
I recenti lavori nel campo delle applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento stanno sempre
più confermando l'ipotesi di Bowlby che definisce alcuni modelli di organizzazione del
comportamento come di tipo "ansioso" e pertanto li considera dei fattori di rischio per lo sviluppo
successivo di eventuali problemi psicopatologici.
Secondo Liotti (1995) è possibile ipotizzare che i modelli operativi interni del bambino "ansiosoevitante" avendo a rappresentazione di Sé come indegno e poco amabile, e quindi incapaci di
mantenere dei rapporti affettivi validi, rischiano l'insorgenza di disturbi di tipo depressivo.
Mentre nei bambini con un pattern di attaccamento di tipo “ansioso-resistente” si può sviluppare
un modello operativo interno del Sé “duplice”, per un verso amabile e degno di attenzioni e
simultaneamente come indegno di ricevere cure nei momenti di bisogno, favorendo così lo sviluppo
di una personalità di tipo "fobico" nell'età adulta, ipotesi delineata da Bowlby nel 1969.
Tuttavia, secondo Ammaniti, i dati emergenti dalle recenti ricerche pongono dei dubbi sulla
caratterizzazione del pattern di tipo sicuro, “non ansioso”, come unico modello sicuro che permette
una crescita sana.
Egli, così come la Fava Vizziello, minimizza il ruolo dei pattern di attaccamento di tipo ansiosoevitante e ansioso-resistente come fattori di rischi, ma considera un fattore di rischio pattern di
attaccamento di tipo “disorganizzato-disorientato” .
Liotti e Intrecciagli in campo cognitivista considerano l'attaccamento disorganizzato-disorientato
come un fattore di rischio per lo sviluppo di una patologia di tipo "borderline", in base ad alcune
ricerche questo tipo di attaccamento sembra infatti essere correlato con disturbi dissociativi isterici
o gravi fenomeni di depersonalizzazione e derealizzazione (Liotti, Intrecciagli e Cerere, 1991).
Anche in campo psicoanalitico P. Fonagy perviene alle analoghe conclusioni.
Quest’ultimo in un recente studio (P. Fonagy, Target, 2000) approfondendo il concetto di
metacognizione (o Funzione Riflessiva del Sé) intesa come la “capacità di comprendere la natura
meramente rappresentazionale del proprio pensiero”, e servendosi di strumenti quali l' l’“Adult
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Dipartimento Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica, Policlinico Umberto I - Roma
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Attachment Interview”, per valutare gli stati mentali dei genitori, ha riscontrato che le madri con
alti punteggi nella metacognizione avevano una probabilità tre o quattro volte maggiore di avere
figli con attaccamento sicuro, evidenziando anche un punteggio significativamente inferiore sulla
scala del Sé riflessivo nelle interviste di pazienti borderline.
Sempre secondo Fonagy (2000), ancora l'applicazione della teoria dell’attaccamento ai disturbi
gravi della personalità permette di formulare alcune ipotesi: l'attaccamento sicuro costituisce la base
per l'acquisizione di capacità cognitive o di mentalizzazione; i maltrattamenti possono
compromettere nei bambini l’acquisizione della capacità di mentalizzare; i sintomi del disturbo
borderline di personalità possono avere conseguenza di inibizione della mentalizzazione; infine, i
crimini violenti e il disturbo di personalità antisociale potrebbero essere dovuti alla compromissione
della capacità di riflettere sullo stato delle vittime.
In uno studio recente su adolescenti Canadesi (Hammond, Wayne, Alvin, 2000) che fanno abuso
di sostanze stupefacenti, si è riscontrato un più alto grado di attaccamento insicuro ai genitori,
difficoltà nelle relazioni interpersonali e un più alto livello di caratteristiche familiari disfunzionali e
comportamenti antisociali.
In conclusione possiamo dire che una chiara patologia è stata per il momento segnalata soltanto
come complicanza del comportamento di attaccamento di tipo “disorganizzato-disorientato” , ma
anche in questi casi prudentemente si parla di una predisposizione, di un fattore di rischio, di una
maggiore fragilità rispetto a numerose altre concause che nello sviluppo individuale possono
favorire il sorgere di una patologia.
Nonostante siano stati segnalati dei casi di schizofrenia in adolescenti che all’età di un anno
furono classificati “Sicuri” alla Strange Situation (Main, 1989), l’ipotesi che il pattern di
attaccamento di tipo Sicuro costituisca di per sé un fattore di protezione, mentre i modelli di tipo
ansioso costituiscano per lo meno un fattore di rischio, si sta sempre più confermando.
L’ attaccamento in età adulta
Negli adulti, come nei bambini, gli attaccamenti sembrano essere rapporti d’estrema importanza
che sostengono la sensazione di continua sicurezza e stabilità emotiva.
L’interesse per le relazioni d’attaccamento negli adulti ha avuto inizio nella prima metà degli anni
Settanta, grazie alle ricerche sul lutto condotte su individui adulti (Bowlby, Parkes, 1970; Parkes,
1972) e a quelle sulla separazione coniugale (Weiss, 1973, 1977).
Sebbene vi siano prove che testimoniano la continuità dei comportamenti associati
all’attaccamento (Belsky, Pensky, 1988; Bowlby, 1973, 1980a; Ricks, 1985; Rutter, 1988), solo in
tempi recenti sono stati condotti studi sul legame tra i modelli operativi di attaccamento e
l’adattamento emotivo e sociale negli adulti.
Main ha sviluppato uno strumento, l’“Adult Attachment Interview” (George, Kaplan, Main,
1984; Main, Goldwyn, 1988), che indaga le rappresentazioni che gli adulti hanno delle relazioni di
attaccamento infantile.
Grazie a queste interviste, la Main, ha potuto classificare le madri utilizzando categorie di
attaccamento che riflettono i tre pattern di attaccamento infantile proposti da Ainsworth (Ainsworth
et al., 1978); le classificazioni della madre sono risultate predittive della qualità della relazione con i
loro figli, e della sicurezza di attaccamento dei bambini (Crowell, Feldman, 1988; Grossman et al.,
1988; Main, Kaplan, Cassidy, 1985).
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In anni più recenti, questi studi sono stati estesi fino ad includere i rapporti di coppia (Weiss,
1982, 1991) e hanno trovato nuovo stimolo quando Shaver e Hazan (1988) hanno tradotto i pattern
d’attaccamento infantile della Ainsworth in pattern d’attaccamento adulti, mettendo in evidenza
come gli individui che si descrivono come sicuri, evitanti, o ambivalenti nella relazione di coppia
riportavano pattern d’attaccamento corrispondenti quando parlavano della loro relazione coi
genitori nel corso dell’infanzia.
In particolare, Hazan e Shaver (1987) hanno considerato l’amore di coppia come un processo di
attaccamento e hanno sviluppato una procedura di autovalutazione per classificare gli adulti in tre
categorie che corrispondono ai tre stili di attaccamento riscontrati nei bambini.
A differenza della procedura utilizzata dalla Main, questi autori si sono basati sulle
autovalutazioni dei soggetti piuttosto che sulle inferenze tratte dall’intervista semistrutturata.
I risultati ottenuti hanno evidenziato che, rispetto al gruppo di soggetti sicuri, i due gruppi di
soggetti insicuri riferivano un maggior numero di esperienze amorose negative e più aspettative
negative sempre nei riguardi dell’amore; raccontavano di avere avuto relazioni di coppia più brevi e
fornivano descrizioni meno positive delle relazioni stabilite con i propri genitori durante l’infanzia
(Collins, Read, 1990).
Inoltre, Cicirelli (1989, 1991 ) ha applicato la teoria dell’attaccamento allo studio delle relazioni
tra fratelli nell’età adulta e allo studio dei rapporti tra questi e i loro genitori ormai anziani.
Secondo Bowlby (1979), l’attaccamento è parte integrale del comportamento umano “dalla culla
alla tomba”.
Secondo il modello “epigenetico” di Bowlby, infatti, l’attaccamento e la dipendenza, sebbene non
più evidenti allo stesso modo che nei bambini piccoli, rimangono attivi lungo tutto il ciclo vitale
(Holmes, 1994).
Per gli adolescenti, la casa dei genitori rimane ancora un importante punto di riferimento, e il
sistema d’attaccamento si riattiverà in momenti di minaccia, stanchezza, malattia.
La turbolenza dell’adolescenza può essere vista in termini bowlbiani come generata dalla
complessità del distacco e del nuovo attaccamento che l’adolescente deve portare a termine:
svincolarsi dagli attaccamenti genitoriali, tollerare il lutto di questa perdita, proseguire attraverso la
fase transizionale dell’attaccamento ad un gruppo di coetanei, verso la costituzione di un legame di
coppia nella vita adulta (Holmes, 1994).
Si ritiene, in conformità di una serie di dati, che, all’inizio dell’età adulta, presumibilmente come
risultato di processi che operano gradualmente dall’infanzia all’adolescenza, si raggiunge un senso
di autonomia dai genitori.
D’altra parte si ritiene che anche un livello ottimale di autonomia non implica un venir meno
dell’attaccamento nei confronti di figure genitoriali.
Infatti, benché l’individuo stabilisca un legame sessuale con un altro adulto e trovi una nuova
figura principale d’attaccamento questo non implica che sia scomparso l’attaccamento verso i
genitori (Ainsworth, in Parkes, Stevenson-Hinde, 1995).
Molti adulti continuano ad essere legati in modo significativo ai propri genitori, nonostante i
genitori siano meno coinvolti nella loro vita.
Inoltre, la risposta di una persona alla morte di un genitore solitamente dimostra che il legame
d’attaccamento si è conservato.
L’adulto benché pienamente indipendente dal genitore, sperimenta solitamente un profondo senso
di perdita e, dopo che il lutto si è risolto, i modelli interni della figura perduta continuano ad
esercitare il loro influsso.
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Bowlby, vedeva il matrimonio, come la manifestazione adulta dell’attaccamento, nel senso che
questa relazione fornisce una “base-sicura”, permettendo protezione ed esplorazione.
Come Fairbairn (1952), Bowlby, considerava il piacere fisico non come uno scopo in se stesso,
ma come “un segnale indicatore verso l’oggetto”, e in tal modo tendeva a minimizzare abbastanza il
ruolo della sessualità nel matrimonio.
Così come la relazione madre-bambino non può essere intesa, agli occhi di Bowlby, come basata
essenzialmente sull’alimentazione, così i legami di coppia adulti non possono essere spiegati dalla
sessualità.
“In salute e malattia” è una formula che ricorda che lo scopo psicologico del matrimonio è quello
di fornire una “base-sicura” e un sistema d’attaccamento che può essere riattivato in tempi di
bisogno (Holmes, 1993).
L’influenza inconscia del sistema d’attaccamento per mezzo dei modelli operativi interni ha
probabilmente una parte importante nella scelta del coniuge e dei pattern di relazione del
matrimonio (Holmes, 1994).
Il primo tentativo di verificare empiricamente le implicazioni della teoria dell’attaccamento sul
ciclo di vita si deve a Parkes (1972) e a Weiss (1975).
Anche essi, come Bowlby, considerarono in primis l’esperienza di perdita dimostrando che alcuni
dei rapporti adulti hanno le caratteristiche dell’attaccamento infantile.
Tuttavia, come Weiss (1982) ha rilevato, esistono differenze rilevanti tra l’attaccamento adulto e
quello dei bambini.
In primo luogo, gli attaccamenti nell’infanzia sono generalmente complementari; la figura
d’attaccamento, infatti, offre cure ma non ne riceve, mentre il bambino riceve ma non offre
sicurezza (Carli, 1995).
Al contrario, l’attaccamento adulto è tipicamente reciproco: entrambi i partner danno e ricevono
protezione.
Una seconda differenza consiste nel fatto che nell’età adulta la figura d’attaccamento è un pari e
spesso è anche un partner sessuale (uno dei motivi che favoriscono e stimolano la ricerca del
contatto in età adulta è l’attrazione sessuale).
La forma più tipica d’attaccamento adulto, quindi, implica l’integrazione di diversi sistemi
comportamentali: l’attaccamento, il fornire e ricevere cure e l’attrazione sessuale (Shaver, Hazan,
Bradshaw, 1988; Weiss, 1982).
Weiss si occupò della perdita in seguito al divorzio, mentre Parkes studiò il lutto nel coniuge
superstite; entrambi confermarono l’idea di Bowlby secondo la quale la risposta alla separazione o
alla perdita di una figura d’attaccamento, (ossia la protesta, la disperazione e il distacco), ha lo
stesso significato funzionale a tutte le età.
Shaver e Rubenstein (1980), inoltre dimostrarono l’esistenza di un legame tra le esperienze
infantili di perdita e la malinconia nell’età adulta, ipotizzando come alcune esperienze
d’attaccamento e di perdita si ripercuotessero sull’intero ciclo di vita (Brown, Harris, 1978;
Wallerstein, Blakeslee, 1989).
Gli studi sui divorziati, per esempio, dimostrano che, pur sentendosi in genere maltrattato
dall’altro, ognuno dei due ex coniugi continua a sentirsi legato emotivamente all’altro (Weiss,
1975).
I legami di coppia adulti, dunque, manifestano, secondo modalità differenti, le caratteristiche
dell’attaccamento infantile.
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Pertanto, i rapporti di coppia, gli investimenti dei genitori nei confronti dei figli piccoli e i
persistenti legami con i genitori, possono correttamente essere definiti attaccamenti adulti.
Si possono avanzare a sostegno di questa ipotesi diversi argomenti, tre sembrano avere un peso
particolare (Weiss, in Parkes, Stevenson-Hinde, 1995):
1. SOMIGLIANZA DELLE CARATTERISTICHE EMOTIVE
E’ probabile che, indipendentemente dalla scelta e dal rapporto con la figura d’attaccamento,
l’attaccamento infantile e adulto siano dotati di identiche caratteristiche.
In generale, sono simili rispetto ai sentimenti che si associano alla loro attivazione; sono anche
simili rispetto alla loro capacità di polarizzare attenzione in condizioni di minaccia.
La perdita della figura d’attaccamento, sia nei rapporti d’attaccamento della vita adulta che
nell’attaccamento infantile, provoca lutto.
Infatti, l’espressione comportamentale della protesta alla separazione del lutto negli adulti, è
simile alla protesta nell’attaccamento infantile.
In entrambi i casi è possibile osservare il persistente ricordo della figura perduta, il pianto ed una
eventuale disperazione (Weiss, 1982).
Inoltre, il persistere del lutto nell’attaccamento adulto è affine al dolore persistente del bambino
per la perdita della figura d’attaccamento.
2. GENERALIZZAZIONE DELL’ESPERIENZA
E’ fattibile che gli elementi emotivi che sono stati associati all’attaccamento infantile trovino
espressione negli attaccamenti adulti.
In particolare, ricerche (Wallerstein e Blakeslee, 1989) dimostrano che, nei bambini che hanno
perduto la fiducia nei genitori come figure d’attaccamento (ad esempio a causa di un divorzio dei
genitori) si manifesteranno in seguito nei legami di coppia con evidenti difficoltà, determinate
proprio dalla mancanza di fiducia nei genitori.
3. LEGAME TEMPORALE
I legami d’attaccamento adulti nella forma di legame di coppia e di attaccamento genitoriale
compaiono solo dopo che i genitori sono diventati delle sbiadite figure d’attaccamento; il che è
coerente con l’ipotesi che l’attaccamento adulto sia uno stadio successivo del sistema
d’attaccamento infantile (Weiss, 1982).
Vi sono anche altri argomenti a favore dell’idea che il sistema d’attaccamento negli adulti sia uno
sviluppo di quello infantile.
Sembra probabile, pertanto, che un sistema adulto, rappresenti realmente un’evoluzione del
precedente sistema.
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Comportamento e funzione dell’attaccamento nell’età adulta
Mary Ainsworth (1991) evidenzia la funzione del sistema di comportamento d’attaccamento
nell’età adulta, suggerendo che un rapporto affettivo d’attaccamento sicuro facilita il funzionamento
e la competenza al di fuori della relazione stessa.
Ella osserva che esiste : “ …una ricerca per ottenere un’esperienza di sicurezza e conforto nel
rapporto con il partner. Se e quando sono disponibili una sicurezza ed un conforto di questo tipo,
l’individuo è capace di spostarsi dalla base sicura fornita dal partner, con la sicurezza di dedicarsi
ad altre attività” (Ainsworth, 1991).
Weiss (1982) suggerisce che le figure d’attaccamento nell’età adulta non necessitano di essere
figure protettive, ma piuttosto possono essere viste come : “ incoraggianti la capacità propria
dell’individuo di dominare la sfida. Le relazioni d’attaccamento si distinguono come quelle che
producono sentimenti di sicurezza, e sono inoltre considerate come il posto senza il quale regna
solitudine e irrequietezza, e vengono di solito opposte alle relazioni che producono consiglio e
compagnia, alleanza ed assistenza (Ainsworth, 1985; Weiss, 1974).
Le risposte alle domande sui cambiamenti dello sviluppo nell’attaccamento e sul ruolo del
sistema dell’attaccamento comportamentale richiedono un esame del ruolo della base sicura e di
altri comportamenti legati all’attaccamento nei rapporti affettivi nell’età adulta e le loro connessioni
con le manifestazioni d’attaccamento. Gli elementi comportamentali dell’attaccamento nell’età
adulti dovrebbero essere simile a quelli osservati nell’infanzia, ed infatti, gli adulti mostrano un
desiderio di prossimità alle figure d’attaccamento quando sono stressati, un aumento del conforto
in presenza della figura d’attaccamento, e dimostrano inoltre ansia quando la figura d’attaccamento
è inaccessibile (Weiss, 1982).
Hazan e Shaver (1994) suggeriscono una progressione dello sviluppo nell’acquisizione di questi
elementi nel corso dell’adolescenza.
Così, specialmente nella prima adolescenza, le relazioni intime sono marcate da una ricerca di
prossimità o da un desiderio di vicinanza fisica(Fisher, 1992). Cercare il partner in un momento di
bisogno od emergenza è il successivo passo di sviluppo, ossia l’utilizzo del partner come oasi
sicura. Infine, il partner è utilizzato come base sicura nella tarda adolescenza, forse perché è
relativamente difficile sostenere e supportare una relazione senza tregua (Crowell e Waters, 1994).
Una maggiore differenza fra l’attaccamento negli adulti e le relazioni fra genitore e figlio, è che il
sistema comportamentale d’attaccamento nell’età adulta è reciproco; in altre parole, i partners
adulti non sono destinati ad avere o a stabilire il ruolo di “figura d’attaccamento/badante”
(attachment figure/caregiver) o di “individuo attaccato/ ricevente assistenza), sebbene ciò possa
essere vero in ogni relazione.
Sia il comportamento d’attaccamento che quello dell’assistenza come figura d’attaccamento
dovrebbero essere osservabili negli individui, ed i due ruoli possono cambiare rapidamente fra i
partners.
Altre differenze possono essere date dal fatto che le relazioni d’attaccamento fra gli adulti spesso
forniscono un’ampia varietà di altre funzioni, includendo i legami sessuali, compagnia, senso di
competenza, e condivisione di propositi o esperienza (Ainsworth, 1985; Weiss, 1974).
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Hazan e Shaver, in una loro ricerca (Hazan e Shaver, 1990), inoltre, verificarono l’idea di Bowlby
e Ainsworth secondo la quale il sistema comportamentale di esplorazione è strettamente collegato al
sistema di attaccamento.
L’amore e il lavoro venivano considerati concettualmente come le forme adulte rispettivamente
dell’attaccamento e dell’esplorazione.
I risultati indicarono che le differenze individuali nel modo in cui i soggetti si rapportavano al
lavoro (se amavano il proprio lavoro, se avevano successo nell’attività, se facevano vacanze
piacevoli, se si impegnavano nel lavoro per evitare l’interazione sociale o gli scambi affettivi)
potevano esser ricondotte alla qualità delle loro relazioni di attaccamento.
I dati mostrano che l’equilibrio tra attaccamento ed esplorazione, associato ad un funzionamento
adeguato dell’individuo nel corso dell’infanzia, è simile all’equilibrio tra l’amore e il lavoro,
considerato un elemento caratteristico dell’adattamento ottimale nell’età adulta.
Dal legame genitoriale al legame di coppia
Come previsto dalla teoria dell’attaccamento, ampliata da Weiss (1982) e dalla Ainsworth (1989),
i genitori possono eventualmente essere sostituiti da altri individui nel ruolo di figure primarie
d’attaccamento.
Sembra opportuno, comunque, sottolineare che quando l’attaccamento si sposta dai genitori ai
pari, il processo non avviene repentinamente, infatti, si può assumere che, abbandonare una
relazione che assolve funzioni importanti, in modo che queste vengano assolte da altri individui è
un tentativo che comporta dei rischi (Carli, 1995).
Qualora venga intrapresa un’azione rischiosa, come l’instaurare un nuovo legame d’attaccamento,
può essere d’aiuto poter partire dalla base sicura fornita dalla relazione d’attaccamento corrente.
Ciò conduce a pensare che l’attaccamento non venga trasferito in blocco da una figura all’altra,
ma piuttosto che le figure d’attaccamento vengano spostate gradualmente e che la funzione di “base
sicura” sia l’ultima ad essere trasferita (Carli, 1995).
Per verificare l’ipotesi che le funzioni d’attaccamento vengano trasferite ad una ad una, Hazan e
Hutt (1991) hanno messo appunto uno strumento in grado di misurare separatamente le tre
componenti: mantenimento della vicinanza, rifugio sicuro e base sicura.
Lo strumento venne somministrato sotto forma di intervista a un gruppo di fanciulli e adolescenti
di età compresa tra i cinque e i diciassette anni, e sotto forma di questionario a un campione di
adulti dall’età media di quarantadue anni (Hazan et al., 1991).
Tale impostazione è coerente con quanto teorizzato da Weiss (1982) e con i risultati dei lavori di
Steinberg.
In una ricerca, Steinberg e Silverberg (1986) scoprirono che, la maggior parte degli adolescenti,
invece di diventare più autonomi, passava dalla dipendenza dai genitori alla dipendenza dai
coetanei.
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Sulla base delle ricerche condotte fino ad ora è possibile stabilire, in modo approssimativo, il
periodo di sviluppo in cui è più probabile che avvenga lo spostamento del legame d’attaccamento.
L’interesse e l’attrazione verso i pari si manifestano nel corso dell’infanzia; a partire dall’età di
tre anni, infatti, i bambini sono capaci di sostenere lunghe interazioni con i coetanei e sembrano
interessati ad esse (Gottman, 1983; G.Levinger, A.C. Levinger, 1986; Rubin, 1980).
La ricerca del contatto con i pari continua a manifestarsi fino a metà della fanciullezza, momento
in cui i bambini diventano capaci di confortarsi reciprocamente e di instaurare relazioni intime
(Furman, Buhmester, 1985; Hartup, 1983; Lewis, 1982).
Sulla base degli studi condotti sulle relazioni sociali degli adolescenti (Grotevant, Cooper, 1983;
Steinberg, Silverberg, 1986; Youniss, Smollar, 1985), si può ritenere che la componente di “base
sicura “ alle relazioni d’attaccamento in via di sviluppo avvenga tra i dieci e i sedici anni.
A partire da questa età, dunque, si comincia a notare l’emergere di quella modalità
d’attaccamento ai coetanei che caratterizza l’età adulta.
Pertanto, si può ipotizzare che la funzione di “base sicura” dell’attaccamento non venga spostata
fino a quando non viene stabilita una relazione stabile e duratura con un pari, e cioè, all’inizio
dell’età adulta.
Non sono state condotte ricerche sulla formazione del legame d’attaccamento nell’età adulta.
Tuttavia la notevole mole di dati sulla formazione e sullo sviluppo delle relazioni di coppia,
fornisce informazioni sufficienti a formulare alcune ipotesi.
L’attrazione interpersonale, ad esempio, è stata argomento di interesse di numerose indagini
psicosociali.
Sulla base di questi lavori sono stati identificati alcuni fattori legati all’attrazione; tra questi
ricordiamo che le persone si sentono attratte da chi è loro simile, da chi si dimostra sensibile,
fisicamente attraente e da chi possiede doti materiali e personali rilevanti (Aronson, 1988,
Berscheid, 1984; Rubin 1973; Aron et al., 1989).
Affermare che siamo attratti da qualcuno vuol dire che vorremmo essere fisicamente e/o
psicologicamente vicini a lui, e che vorremmo che questo individuo si interessasse a noi e si
dimostrasse sensibile nei nostri confronti.
La costruzione di un legame che può diventare un legame d’attaccamento inizia con un forte
desiderio di vicinanza; mentre da piccoli la ricerca della vicinanza è dettata principalmente dalla
paura, in età adulta, tale ricerca, può essere dovuta a ragioni diverse.
Nella formazione di una relazione tra adulti, la motivazione principale alla ricerca di vicinanza è
probabilmente l’interesse sessuale (Berscheid, 1988).
Il sistema che guida il comportamento sessuale può fornire la motivazione per la ricerca di
vicinanza, che può essere considerata il primo passo verso la formazione di un legame
d’attaccamento adulto.
Tale motivazione, inoltre potrebbe derivare dalla sensazione di solitudine che è legata dal sistema
d’attaccamento e dal desiderio di affetto e intimità (Hazan, Shaver, 1992; Reis, Shaver, 1988;
Shaver, Hazan, 1984).
In base a tali considerazioni, la componente di rifugio sicuro della relazione, si stabilisce una
volta stabilita la vicinanza.
In accordo con tale previsione, i ricercatori che si sono occupati dei cambiamenti che avvengono
col tempo nella relazione, hanno appurato che agli inizi, l’attrazione reciproca e la passione sessuale
sono requisiti fondamentali della soddisfazione, mentre alcuni anni più tardi diviene più importante
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la capacità del partner di offrire conforto e di prendersi cura dell’altro (Reedy, Birren, Schaie, 1981;
Sternberg, 1986).
L’attrazione reciproca e l’interesse sessuale possono dar luogo alla formazione delle coppie, ma
se i partner non riescono a soddisfare reciprocamente il bisogno di conforto e di sicurezza
subentrerà in loro un senso di insoddisfazione.
Infatti, benché l’attrazione sessuale possa essere, in molte culture, l’elemento essenziale delle
relazioni, i rapporti che dipendono completamente dalla componente sessuale tendono ad essere di
breve durata.
Quando il rapporto continua, è probabile che le componenti di cura e di attaccamento divengano
anche essi importanti e sostengano il legame anche nei casi in cui l’interesse sessuale è diminuito
(Ainsworth, in Parkes, Stevenson-Hinde, 1995).
Ricerche, hanno stimato che la fase di attrazione di una relazione, dura all’incirca dai due ai tre
anni (Fisher, 1987; Tennov, 1979 ), più o meno lo stesso tempo che occorre perché si instauri tra
genitore e figlio una relazione regolata da scopi.
Solo dopo un lungo periodo e dopo un impegno esplicito, la relazione tra pari può fungere da
fonte di sicurezza, avvicinandosi così alla solidità della base sicura fornita dai genitori.
Gran parte delle ricerche sui legami di coppia negli uomini ha preso in considerazione la rottura
del rapporto e la separazione e il successivo aggiustamento.
Questi studi dimostrano chiaramente che la componente d’attaccamento è di lunga durata e che
tende a persistere a lungo dopo che la coppia si è divisa, anche nei casi in cui la separazione era
fortemente desiderata.
In genere si avverte la mancanza del partner e ci si sente soli (Weiss, 1979).
In conclusione, pertanto, si può affermare che l’attaccamento della coppia, indipendentemente
dall’età dei partner, si sviluppi in modo simile all’attaccamento alla madre.
Hazan e Shaver (1987) hanno formulato l’ipotesi che l’amore in età adulta fosse simile al
sentimento provato dal bambino per la madre e, in particolare per quanto riguarda la ricerca della
vicinanza fisica, la fiducia nella disponibilità continua del partner, il disagio provato a causa di
separazioni o minacce alla stabilità della coppia.
Essi inoltre hanno ipotizzato che i tre pattern di attaccamento infantile potevano essere ritrovati
anche nell’analisi dei comportamenti, dei sentimenti, che gli adulti manifestano nelle relazioni
intime.
Infine hanno supposto che le differenze individuali nell’attaccamento adulto erano legate alle
diverse modalità con cui i soggetti ricordano le relazioni di attaccamento stabilite durante l’infanzia
con i genitori (Hazan, Shaver, 1987).
Per verificare tali ipotesi Hazan e Shaver hanno esaminato centinaia di adulti di diverse etnie e
condizioni sociali e di età variabili tra i quattordici e gli ottantadue anni, costruendo un questionario
di auto-valutazione; in esso sono tradotti i tre pattern di attaccamento infantile per descrivere
l’attaccamento di coppia negli adulti.
Agli intervistati veniva chiesto di leggere le tre descrizioni degli stili di attaccamento e di
scegliere quella che meglio riproduceva i sentimenti che provavano nelle loro relazioni di coppia.
La descrizione dello stile sicuro, poneva l’accento sulla fiducia e sul trovarsi a proprio agio l’uno
vicino all’altro; mentre la descrizione dello stile evitante si soffermava sulla riluttanza ad avere
fiducia nel partner e sulla preferenza a mantenere un distacco emotivo.
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La descrizione dello stile ansioso ambivalente, definito dalla Main (1988; 1991), come stile
preoccupato, descrive la sfiducia verso la disponibilità del partner e un intenso, pur insoddisfatto,
desiderio di coinvolgimento emotivo.
Nonostante vi fosse un processo generale di attaccamento condiviso dagli individui di tutte e tre
le tipologie di attaccamento, esistevano alcune differenze tra le diverse categorie di soggetti
relativamente al modo in cui i comportamenti si combinavano insieme.
Ad esempio, l’attaccamento evitante era associato alla paura dell’intimità e ad una più bassa
incidenza di esperienze positive nella relazione.
L’attaccamento ansioso/ambivalente, era invece caratterizzato da alti e bassi emotivi, da un
atteggiamento ossessivo nei confronti del partner e da un’estrema gelosia.
L’ attaccamento sicuro era associato a fiducia e intimità e ad una relativa assenza di gelosia e di
paura dell’intimità.
I racconti retrospettivi della relazione con i genitori confermarono le ipotesi teoriche.
Ad esempio, rispetto agli ansiosi e agli evitanti, gli adulti sicuri affermavano che i propri genitori
erano stati più rispettosi e accettanti.
In seguito, tali ipotesi furono approfondite da altri autori: Collin e Read (1990), hanno desunto
che ” le dimensioni di attaccamento erano correlate all’autostima, alla capacità espressiva, alla
disponibilità ad aiutare, alla fiducia negli altri, alle credenze a proposito della natura umana e agli
stili di relazione di coppia”.
Feeney e Noller (1990 ) hanno sottoposto ad analisi fattoriale, un vasto numerosi misure riferite al
Sé e allo stile di relazione di coppia, esaminando le differenze nei punteggi fattoriali riferiti ai
diversi tipi di attaccamento.
I soggetti ansiosi/ambivalenti erano caratterizzati da ciò che gli autori chiamarono “amore
nevrotico” (preoccupazione, manie, idealizzazione e tendenza a cercare l’appoggio del partner); i
soggetti sicuri erano invece caratterizzati da modelli positivi di se, degli altri e della famiglia; i
soggetti evitanti, infine, mostravano numerosi indici di rifiuto dell’intimità.
Botens, Shaver e Levy (1991), in seguito, hanno rilevato le rappresentazioni che gli individui
hanno dei genitori attraverso la somministrazione di uno strumento di misura clinico elaborato da
Blatt (Blatt et al.,1988).
Essi appurarono, in linea con le previsioni teoriche, che i soggetti sicuri descrivevano i loro
genitori come più affettuosi e pronti a fornire aiuto rispetto ai soggetti evitanti che li descrivevano
come più riluttanti.
La rappresentazione della madre, inoltre, risultava più predittiva dello stile di attaccamento dei
soggetti rispetto a quella del padre.
Ciò porta a pensare che la madre abbia una maggiore influenza sullo sviluppo dello stile di
attaccamento dei figli, ipotesi in accordo con i risultati delle ricerche longitudinali condotte da Main
e collaboratori (Main, Kaplan, Cassidy, 1985), su bambini da uno a sei anni.
Fiala e Pietromonaco (1991), in un loro studio sperimentale, chiesero a uomini e donne di leggere
le descrizioni riferite al partner sicuro, evitante o ansioso/ambivalente e di immaginare di avere una
relazione con lui.
Tutti i soggetti immaginarono di sentirsi meglio con un partner sicuro ed i soggetti sicuri si
mostrarono più ottimisti nella relazione immaginata.
Al contrario, i soggetti “preoccupati” provavano nella relazione immaginata una quantità
maggiore di ansia e di gelosia (Carli 1995).
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I maschi evitanti si sentivano più ottimisti nei confronti di un partner preoccupato che verso uno
evitante e giudicavano più positivamente un matrimonio con quel tipo di partner; le risposte date
dalle donne evitanti non corrispondevano a quelle date dai maschi evitanti.
Questa asimmetria tra maschi e femmine si rispecchia nei comportamenti reali di corteggiamento
(Kirkpatrick, Davis, 1994; Collins, 1991).
Questioni simili su rappresentazioni affettive sono state affrontate da Mikulincer ed Erev (1991).
Sfortunatamente nessuno di questi dati è idoneo a determinare a quale punto nel processo di
sviluppo della relazione gli stili di attaccamento esercitano la loro influenza.
Gli stili di attaccamento possono influenzare sia l’attrazione iniziale sia la stabilità a medio
termine di coppie particolari.
In ogni caso comunque l’evidenza di “accoppiamenti” non casuali negli stili di attaccamento è
coerente alla logica dei modelli interni che sta alla base della teoria dell’attaccamento.
L’approccio all’amore nella teoria dell’attaccamento
Hazan e Shaver (Hazan, Shaver, 1987; Shaver, Hazan, 1988; Shaver, Hazan, Bradshaw, 1988)
hanno portato dimostrazioni teoriche e prove empiriche a sostegno dell’importanza dello stile di
attaccamento nelle relazioni amorose, contribuendo così allo sviluppo di un nuovo approccio allo
studio delle relazioni di coppia negli adulti, basato sulla teoria dell’attaccamento.
La discussione di Hazan e Shaver sui vari tipi di amore si focalizza sulla teoria degli stili di amore
sviluppata da C. Hendrick e S.S. Hendrick (1986, Hendrick et al ., 1984) che si basa sulla tipologia
proposta da Lee (1973).
La tipologia di Lee ha identificato tre stili primari di amore: “eros”, amore romantico e
passionale; “ludus”, amore giocoso ; “storge”, amore fraterno, e tre stili secondari ( visti come
combinazione di quelli primari ): “mania”, amore possessivo e dipendente”, “pragma”, amore
razionale e “agape”, amore altruistico).
Sulla base delle caratteristiche di questi stili, Shaver e Hazan (1988) hanno sostenuto che le
tipologie possono essere ricondotte a una forma che corrisponde ai tre stili proposti dalla teoria
dell’attaccamento.
Più precisamente, l’attaccamento sicuro potrebbe corrispondere alle tipologie “eros” e alle forme
meno estreme di “agape”; l’attaccamento evitante corrisponderebbe alla forma “ludus”, e l’
ansioso/ambivalente alla “mania”.
Gli approcci all’amore di coppia basati sulla teoria dell’attaccamento e sulla teoria degli stili
d’amore sono stati messi a confronto in una ricerca che misurava anche la qualità della relazione
(Levy, Davis, 1988).
Inoltre, gli stessi autori hanno riportato alcuni risultati a sostegno delle differenze insite nei tre
diversi stili di attaccamento: l’attaccamento sicuro tendeva a presentarsi associato a caratteristiche
delle relazioni positive; l’attaccamento evitante tendeva a essere associato a relazioni poco
soddisfacenti; infine, l’attaccamento ansioso/ambivalente era correlato negativamente con le
caratteristiche positive della relazione, fatta eccezione per la variabile “passione”.
Sono comunque necessari ulteriori approfondimenti sui legami che esistono fra stili di
attaccamento da un lato e altre formulazioni teoriche sul rapporto d’amore dall’altro (Carli, 1995).
11
Ad esempio, occorre chiarire il ruolo del tipo “storge” all’interno di un modello che si interessa
dell’ amore di coppia.
Levy e Davis hanno trovato pochi dati empirici a sostegno dell’ipotesi che lo stile “storge “ sia
una caratteristica dell’ attaccamento sicuro.
Shaver e Hazan (1988), sostengono inoltre che lo “storge” non possa essere considerato uno stile
di relazione d’amore.
Studiare le relazioni fra la teoria dell’attaccamento e le altre teorizzazioni sull’amore offre
l’opportunità di integrare fra loro alcuni approcci relativi a questa ricerca .
Tale integrazione può essere ulteriormente arricchita chiarendo il ruolo che l’autostima gioca
nelle varie forme di amore.
L’autostima sarebbe in relazione con gli atteggiamenti verso l’amore (K.K Dion, K.L Dion, 1895,
1988; C. Hendrick, S.S. Hendrick, 1986), alcune teorizzazioni hanno ipotizzato infatti che vi sia una
relazione negativa tra l’autostima e le forme più estreme di amore (per esempio dipendenza
dall’amore e invischiamento), ma tale ipotesi rimane ancora da verificare empiricamente (Tennov,
1979).
Alcuni autori (C.Hendrick, S.S. Hendrick, 1986; Hendrick et al., 1984) hanno creato una scala per
misurare gli stili di amore proposti da Lee (1973).
Sebbene lo strumento goda di sufficiente attendibilità, i dati empirici i dati empirici fanno pensare
che ci siano problemi riguardanti sia la scala nel suo complesso, sia la teoria sottostante.
L’amore di coppia inteso come processo d’attaccamento
La teoria dell’attaccamento, costruita originariamente per spiegare lo sviluppo dei bambini,
secondo molti autori, può offrire una prospettiva interessante per lo studio delle relazioni di coppia
negli adulti.
Hazan e Shaver (1987; 1992) sostengono l’idea che l’innamoramento è un processo
d’attaccamento che viene vissuto dagli individui in maniera diversa, a causa delle loro differenti
storie d’attaccamento.
Rispetto al loro obiettivo di ricerca, e vale a dire, quello di creare un quadro teorico per studiare
l’amore, la solitudine e il lutto in momenti diversi del ciclo di vita, la teoria dell’ attaccamento
presenta numerosi vantaggi in confronto agli approcci all’amore già esistenti (Shaver, Hazan,
Bradshaw, 1988).
Infatti, sebbene molti ricercatori abbiano tentato di misurare l’amore servendosi di scale
unidimensionali (Rubin, 1973; Hartfield, Sprecher, 1985), l’amore sembra assumere forme diverse
(K.K. Dion, K.L. Dion, 1985; C. Hendrick, S. Hendrick, 1986, Lee, 1973, Steck et al., 1982;
Sternberg, 1986; Tennov, 1979).
La teoria dell’attaccamento spiega le modalità di sviluppo di alcune di queste forme di amore e il
modo in cui le dinamiche sottostanti, comuni a tutti gli esseri umani, vengono modellate
dall’esperienza sociale fino a produrre stili di relazione diversi.
Il concetto d’amore che ci viene presentato dalla teoria dell’ attaccamento include emozioni sia
negative che positive: per esempio la paura dell’intimità (Hatfield, 1984), la gelosia (Hindy,
Schwarz, 1985 ), gli sbalzi d’umore (Tennov, 1979), ma anche la preoccupazione per l’altro (Rubin,
1973), la fiducia (K.K. Dion, K.L. Dion, 1985), l’intimità (Sternberg, 1986).
12
La teoria dell’attaccamento, inoltre, affronta i temi della separazione e della perdita contribuendo
a spiegare in che modo l’amore e la sensazione di solitudine sono legati tra di loro (Shaver,
Rubenstein, 1980; Parkes, Weiss, 1983; Weiss, 1973).
Infine, la teoria dell’attaccamento mette in relazione l’amore tra adulti con i processi di natura
socio-emotiva che possono essere osservati sia nei bambini che nei primati non umani; pone inoltre
l’amore in un contesto evoluzionistico (Wilson, 1981; Sternberg, Barnes, 1990).
L’approccio all’amore di coppia, basato sulla teoria dell’attaccamento, tuttavia, deve trovare una
risposta ad alcuni essenziali problemi di ordine concettuale (Shaver, Hazan, 1992):
Anzitutto, bisogna considerare che la relazione madre-bambino e il rapporto di coppia si
differenziano per alcune ragioni: in primo luogo, nelle relazioni d’amore, entrambi i partner
possono in alcune occasioni divenire ansiosi e cercare di essere rassicuranti, oppure prendersi cura
dell’altro e cercare di farlo sentire sicuro.
Un secondo punto di distinzione è l’attrazione: l’amore di coppia è sempre accompagnato
dall’attrazione sessuale (Tennov, 1979).
Bowlby (1979) e la Ainsworth (Ainsworth et al., 1978), hanno presupposto l’esistenza di sistemi
comportamentali distinti che comprendono il sistema di attaccamento il sistema che regola la
prestazione di cure e quello che regola l’accoppiamento e la riproduzione.
L’amore adulto comporterebbe l’integrazione di questi tre sistemi attraverso modalità legate alla
storia di attaccamento degli individui (Shaver, Hazan, Bradshaw, 1988).
Un’ulteriore importante questione riguarda la continuità tra lo stile di attaccamento stabilito
nell’infanzia e quello presente in età adulta.
Le correlazioni tra le variabili riferite ai genitori e lo stile corrente di attaccamento sono
statisticamente significative ma non particolarmente forti.
Ricerche, hanno ipotizzato, che la continuità tra l’infanzia e l’età adulta, diminuisse con
l’avanzare degli anni (Skolnick, 1986).
Main, Kaplan e Cassidy (1985) hanno rilevato che, nonostante l’esistenza di un’intensa
associazione tra la storia di attaccamento degli individui adulti e lo stile di attaccamento dei loro
figli, alcuni genitori si erano liberati da un aspetto “transgenerazionale”.
Infatti, alcuni genitori che avevano avuto un attaccamento insicuro con i propri genitori, erano
riusciti a gestire bene la relazione con i figli tanto che, i loro bambini, potevano essere considerati
come sicuri.
Dopo un’attenta valutazione di questi casi, Main Kaplan e Cassidy hanno affermato che questi
genitori erano riusciti a rielaborare le esperienze avute con le proprie figure genitoriali, arrivando a
costruire modelli mentali di relazione più vicini a quelli dei soggetti sicuri (Carli, 1995).
Per concludere, Hazan e Shaver (1987) affermano che definire l’amore come processo di
attaccamento, non implica che fin dalle prime fasi di una relazione viene stabilito un legame
d’attaccamento.
Secondo la loro opinione, l’amore di coppia è un processo biologico, disegnato dall’evoluzione
per facilitare l’attaccamento tra pattern sessuali i quali, man mano che il rapporto d’amore si evolve
hanno una crescente probabilità di diventare padre e madre di un bambino che potrà contare sul
loro aiuto (Carli, 1995).
L’evidente calo di fascino che insorge quando gli innamorati passano da una fase romantica, in
cui si stabilisce il legame di attaccamento, a quello che può diventare un periodo di attaccamento
sicuro, si manifesta anche durante l’infanzia quando la maggior parte dei bambini sicuri inizia a
dare per scontato l’aiuto dei genitori.
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Tuttavia, poco si sa ancora riguardo ai fattori che predispongono l’adulto ad instaurare una
relazione conflittuale o armoniosa con il proprio partner.
Sia l’approccio psicoanalitico (Freud, 1940), sia la psicologia del ciclo di vita (Baltes, Reese,
1984), lasciano intendere che un fattore rilevante possa essere la storia dello sviluppo di ogni
singolo individuo.
In accordo con questa affermazione, i risultati delle ricerche che indagano sulle relazioni familiari
nell’arco di diverse generazioni, hanno evidenziato il legame esistente tra le relazioni stabilite nel
corso dell’infanzia con i genitori e le relazioni intime instaurate in età adulta (Belsky, Pensky,
1988).
Ad esempio, Caspi ed Elder (1988) osservarono che le ragazze che avevano ricevuto cure
genitoriali non adeguate durante l’infanzia avevano una più alta probabilità di incorrere in problemi
matrimoniali.
Rutter e collaboratori, inoltre, hanno dimostrato che le ragazze cresciute in contesti istituzionali
avevano una maggiore probabilità di andare incontro a relazioni instabili e a problemi matrimoniali
rispetto alle ragazze cresciute in famiglia (Quinton, Rutter, Liddle, 1984).
Questi risultati, nel complesso, sottolineano come la qualità delle relazioni stabilite con genitori
durante l’infanzia sia collegata alla qualità delle relazioni di coppia in età adulta.
La teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali ha sostenuto a lungo che la relazione tra figlio e
genitore costituisce il prototipo delle relazioni affettive che verranno stabilite nelle fasi successive
(Chodorow, 1978; Dinnerstein, 1976; Freud, 1940).
La teoria dell’attaccamento prevede che, dalla fine del primo anno di vita, il bambino costruisca
modelli operativi di sé e degli altri sulla base delle interazioni stabilite con le figure di attaccamento
più importanti (Bowlby, 1988; Bretherton, 1987).
Questi modelli, pertanto, dovrebbero guidare la condotta dell’individuo in quelle situazioni che
elicitano i comportamenti di attaccamento (Bowlby, 1988; Bretherton, 1987; Main, Kaplan,
Cassidy, 1985); pertanto, negli adulti, i modelli operativi delle relazioni di attaccamento infantile
dovrebbero risultare strettamente correlati alla qualità delle relazioni stabilite con i propri figli.
Diverse prove confermano l’associazione tra i modelli operativi delle relazioni di attaccamento
stabilite nell’infanzia e le relazioni che si instaurano con i propri figli; tuttavia, non è ancora chiaro
se una simile associazione riguardi anche le relazioni di attaccamento tra adulti.
Per la maggior parte delle persone adulte il coniuge rappresenta un’importante figura di
attaccamento (Long, Mancini, 1989; Shaver, Hazan, Bradshaw, 1988).
Sebbene le relazioni di attaccamento tra adulti differiscano per alcuni aspetti da quelle tra genitori
e figli, esiste un tratto fondamentale che li accomuna: in condizioni di stress, infatti, gli individui
cercano la vicinanza della figura di attaccamento per ricevere conforto e rassicurazione (Ainsworth,
1985; Weiss, 1986).
I dati di alcune ricerche suggeriscono che i pattern di attaccamento infantile sicuro,
insicuro/evitante e insicuro/resistente possono essere tradotti in termini appropriati a descrivere le
relazioni di attaccamento tra adulti (Hazan e Shaver, 1987).
Gli studi di Hazan e Shaver (1987, 1990), Feeney e Noller (1990), Levy e Davis (1988), e
Simpson (1990) hanno evidenziato che gli individui valutano le relazioni in modo coerente con il
proprio stile di attaccamento.
Ad esempio, gli individui con un attaccamento sicuro riferiscono di vivere, nella loro relazione,
livelli più alti di soddisfazione, intimità, dedizione e fiducia, mentre gli individui con uno stile di
attaccamento evitante riportano livelli più bassi di queste stesse caratteristiche .
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I partner ansiosi riportano livelli minori di soddisfazione e livelli più alti di conflitto e
ambivalenza delle relazioni.
I risultati di Collins e Read (1990) suggeriscono, però che la variabile “genere sessuale” può
attenuare la forza di alcune di queste associazioni.
Per gli uomini è la sicurezza, cioè il sentirsi a proprio agio nell’intimità , a essere più predittiva di
una relazione soddisfacente di quanto lo sia il loro livello di attaccamento ansioso (cioè la
preoccupazione per l’ abbandono ), mentre per le donne vale l’opposto: più sono ansiose, meno si
sentono soddisfatte e fiduciose.
Collins e Read (1990), poi, hanno trovato che entrambi i partner si dichiarano meno soddisfatti
della relazione quando l’uomo è evitante o distaccato e quando la donna è ansiosa o preoccupata.
L’effetto del genere sessuale su questo pattern di risultati si può notare anche nello studio di
Simpson (1990), nel quale l’ansia delle donne risultava un predittore particolarmente influente dei
punteggi negativi attribuiti dai loro partner a tutte le caratteristiche della relazione rilevate.
Questi risultati, pertanto, indicano la necessità di considerare il ruolo del genere sessuale, per una
migliore comprensione di come le differenze nello stile di attaccamento influenzano il
funzionamento della relazione.
Da ulteriori studi, inoltre, emerse che le coppie non si formano in modo casuale rispetto lo stile di
attaccamento (Carli, 1995).
Le ricerche condotte su coppie sia sposate che fidanzate, infatti, dimostrano non solo che i
partner con un attaccamento sicuro si attraggono di più, ma tendono anche unirsi fra di loro
(Collins, Read, 1990; Senchak, Leonard, 1992).
Tuttavia, le dinamiche dei modelli interni di sè e dell’altro nei due stili di attaccamento insicuro
suggeriscono diverse motivazioni per cui i due diversi stili di attaccamento insicuro, dovrebbero
essere attratti reciprocamente (i soggetti evitanti dovrebbero essere attratti da partner
ansiosi/ambivalenti e viceversa).
Per i soggetti ansiosi/ambivalenti, le questioni centrali della relazione sono la dipendenza,
l’affidabilità e il coinvolgimento mostrato dal proprio partner.
Un partner evitante è incapace di dedicarsi all’altro e manifesta un orientamento relazionale in
linea con le aspettative della persona ansiosa.
Per la persona evitante, la mancanza di fiducia e le richieste di intimità trasmesse dal partner
ansioso confermano queste predizioni (Carli, 1995).
Negli studi di Collins e Read (1990 ) e di Simpson (1990), le donne ansiose tendevano ad unirsi a
uomini evitanti, mentre gli uomini ansiosi erano più predisposti a unirsi a donne meno sicure.
Pietromonaco e Carnelley (1994) hanno chiesto ai soggetti di immaginare come si sarebbero
sentiti in una relazione con partner le cui caratteristiche esemplificavano uno dei tre stili di
attaccamento.
Tutti i soggetti riferivano di sentirsi maggiormente a proprio agio quando si immaginavano con
un partner sicuro piuttosto che con uno insicuro, tuttavia, i soggetti evitanti preferivano un partner
ansioso/ambivalente piuttosto che uno anch’esso evitante.
I dati citati, permettono di affermare che gli stili di attaccamento esercitano una funzione
essenziale nelle relazioni di coppia.
In ogni caso, la prova che l’unione fra individui con stili di attaccamento diverso non avviene in
modo casuale, sarebbe coerente con la logica dei modelli operativi interni che costituisce il nucleo
portante della teoria dell’attaccamento.
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Per quanto concerne il grado di soddisfazione della relazione di coppia, Hazan e Shaver (1987)
trovarono che i soggetti che non avevano difficoltà a relazionarsi con gli altri (attaccamento sicuro)
si sentivano meno frustrati dal rapporto con il loro partner precedente e giudicavano il loro partner
attuale come degno di fiducia, a differenza di coloro che avevano difficoltà a instaurare relazioni
intime o che erano troppo “invischiati” nella relazione con il partner.
Altri ricercatori hanno utilizzato lo strumento di autovalutazione messo a punto da Hazan e
Shaver per studiare come l’attaccamento fosse legato al grado di soddisfazione della relazione
(Collins, Read, 1990), alla stabilità della relazione in coppie di fidanzati (Kirkpatrick, Davis, 1994).
L’insieme dei risultati descritti indica che l’autovalutazione degli stili di attaccamento tra adulti
può essere rilevata in modo affidabile e può essere connessa sia ai comportamenti sia alle
aspettative riguardanti le relazioni di coppia.
Stabilità e appagamento nella relazione di coppia
I classici studi longitudinali sulle coppie in fase prematrimoniale (Burgess e Wallin, 1953; Hill,
Rubin e Peplau, 1976; Levinger, Senn e Jorgensen, 1970) hanno stabilito che : (a) quanto più una
coppia sta insieme tanto più probabile è che resterà insieme, (b) quanto più alto è il livello di
impegno o appagamento, tanto più alta la possibilità di stabilità futura.
Lavori longitudinali più recenti avallano anche l’importanza di questi aspetti.
Lloyd, Cate e Henton (1984) hanno mostrato che tassi di stabilità di 3 mesi e di 7 mesi erano
positivamente associati ad un impegno antecedente (specificatamente misurato come
coinvolgimento e previsione di matrimonio) e all’appagamento.
Simpson (1987) ha mostrato che l’esclusività alla relazione,
l’appagamento, contribuiscono
significativamente ad una analisi regressiva di stabilità dopo i tre mesi.
Queste correlazioni empiriche sono state integrate in una struttura coerente con la teoria
dell’investimento.
Il modello dell’investimento pone che l’impegno nella relazione ha due aspetti strettamente
correlati, una decisione cosciente di stare insieme ed un sentimento di attaccamento verso il partner,
inoltre “quel grado di impegno” è determinato dal livello di intervento di tre variabili: appagamento,
disponibilità di alternative ed investimento.
Quando i partner sono soddisfatti della relazione, ed hanno investito nella relazione, saranno
altamente impegnati e restii alla sua rottura.
Il contributo del modello di investimento è importante per comprendere la ragione per cui
esistono casi in cui l’individuo può essere relativamente insoddisfatto della relazione e, nonostante
ciò, ancora altamente impegnato in essa.
Infatti, sia la mancanza di alternative appropriate che l’alto livello di investimento, (tempo
insieme e attività condivise) contribuiscono a mantenere relativamente alto l’impegno.
La capacità del modello di investimento di propendere per decisioni che vanno dal “restare” al
“lasciare” è stato dimostrato sia per le relazioni romantiche che per gli impegni di lavoro (Rusbult
& Farrell, 1983).
Un’altra fonte della stabilità delle relazioni infelici, comunque, può derivare dai bisogni emotivi
che rendono impensabile l’ interruzione di una relazione primaria.
Nella letteratura clinica ed in quella popolare, sono state applicate varie etichette a persone che
rimangono in ciò che appare essere una relazione insoddisfacente, ad esempio “dipendenza
amorosa” (Peele e Brodsky, 1975), “dipendenza nevrotica” (Ackerman, 1958), “limerence”
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(Tennov, 1979). Tutti questi costrutti sono interpretabili in termini di stili di attaccamento ansiosoambivalente (Shaver e Hazan, 1988).
Ciò crea l’interessante possibilità che gli stili di attaccamento possono aiutarci a capire perché
alcune coppie relativamente insoddisfatte preferiscono restare insieme.
Per esempio, la preoccupazione della reciprocità dell’affetto e l’idea dell’abbandono che
caratterizzano gli individui ansiosi-ambivalenti può giocare un ruolo nel motivare gli sforzi per
mantenere la relazione, anche quando la relazione non è ciò che si era sperato.
In quel caso, individui ansiosi-ambivalenti possono avere relazioni stabili quanto quelle di
individui sicuri, ma non sono soddisfatti come loro. Un’altra possibilità è che partner scostanti
romperebbero il rapporto anche se soddisfatti per timore di diventare troppo dipendenti da un’altra
persona.
Ricerche relative all’attaccamento di coppia
Gli studi sull’amore non sono nuovi (Berscheid e Walster, 1974; Rubin, 1970), ma tentativi di
ricerca programmatici sull’amore sono poco frequenti.
Partendo dalla tipologia di Lee, attraverso l’elaborazione di tabelle fino agli studi esplorativi,
divenne chiaro che l’attenzione della ricerca doveva essere diretta verso l’esplorazione della
rilevanza degli stili d’amore in coppie in fase di innamoramento.
Per il presente studio, diversi approcci relazionali sono stati di grande utilità.
Rusbult (1983) ha scoperto che a gratifiche e investimenti maggiori nella relazione ed a minori
alternative alla relazione corrisponde un impegno maggiore.
Le conclusioni di Berg e McQuinn si collegano allo scambio di punto focale di Rusbult; secondo
tali conclusioni, sebbene le misure di scambio sociale rappresentassero un ottimo metodo per
predire lo status finale di una coppia (insieme/non insieme), le misure d’amore e il mantenimento
della relazione rappresentavano un metodo di gran lunga più efficace.
Il contributo di Sternberg alla ricerca sull’amore è stato notevole (Sternberg 1986; Sternberg &
Barnes 1985; Sternberg & Grayek 1984), e, la sua teoria triangolare dell’amore (considerando la
passione, l’intimità e l’impegno quali componenti essenziali di tutte le relazioni amorose), collima
con la convinzione che l’Eros (passione con intimità e impegno) rappresenti uno stile d’amore
potente.
Inoltre, gli sforzi di Lund (1985) di razionalizzare i costrutti dell’impegno e dell’investimento (in
una relazione) e di dimostrare la singolare importanza dell’impegno per la durata di un rapporto,
sono stati particolarmente rilevanti.
L’impegno non è paragonabile all’amore o all’appagamento e merita un’attenzione tutta sua
(Lund, 1985; Rosenblatt, 1977).
Pertanto, impegno, investimento e amore passionale sono le strutture che appaiono portanti per il
lavoro di diversi ricercatori.
L’auto-rivelazione è un’altra variabile il cui legame con l’appagamento relazionale è stato
dimostrato (S. S. Hendricks, 1981).
La rivelazione può essere percepita come un fenomeno sia intrapersonale sia interpersonale.
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Come l’amore, l’impegno e l’investimento, essa è esercitata da un individuo in relazione ad un
altro individuo, eppure a differenza delle altre variabili, di solito viene esplicitata unicamente in
presenza di un’altra persona.
Le caratteristiche dell’auto-rivelazione rendono particolarmente interessanti le ricerche sulle
coppie.
Un altro fattore che influenza tale ricerca è la vasta letteratura di pertinenza sulla soddisfazione
relazionale (soprattutto matrimoniale).
Essa, è stata solitamente considerata come un risultato o una variabile dipendente, con numerose
variabili-processo (come l’amore o l’investimento) utilizzata per prevedere l’appagamento
relazionale. Tuttavia processo e risultato in una relazione personale stretta, sono parte integrante
dello stesso feedback loop (ciclo di riscontro), dove l’appagamento influenza ora il livello d’amore,
ora l’investimento, che inizialmente prediceva l’appagamento (Kelley et al., 1983).
Sebbene una valutazione dell’appagamento matrimoniale o relazionale abbia preso varie forme
(Howard & Dawes 1976; Rollins & Cannon 1974), i questionari di Spanier (Dyadic Adjustment
Scale, 1976), sono stati utilizzati più di frequente come misuratori della soddisfazione relativa al
rapporto di coppia.
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