longbow inglese - Arcieri del Veio

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longbow inglese - Arcieri del Veio
Il Longbow Medievale Inglese
di Robert E. Kaiser
A partire dal XIII secolo e fino al XVI secolo, l’arma fondamentale dell’esercito inglese era il
longbow. E’ grazie ad essa che fu conquistato il Galles prima e la Scozia poi, e che portò la
vittoria nella Guerra dei Cento Anni e che in sostanza permise, all’ Inghilterra, di prendere il
posto della Francia quale potenza militare dell’Europa medievale.
Il longbow godeva nel Medioevo la stessa considerazione della attuale mitragliatrice: preciso,
mortale, dotato di un ampio raggio d’azione e di rapidità di tiro. Conveniente e semplice, era
adatto a tutte le classi sociali dell’epoca.
Sul longbow sono disponibili molti dati anche se non tutti documentabili con precisione.
Con il termine longbow viene generalmente indicato un arco più lungo dei normali 4 piedi
degli archi comunemente usati nel Medioevo.
Geoffrey Trease, autore de “I Condottieri”, afferma che il longbow in dotazione delle truppe
mercenarie di Sir John Hawkwood (XIV secolo) “ era lungo quanto erano alti gli uomini che lo
utilizzavano ”. Quanto riportato fa presumere quindi che quest’arco fosse lungo all’incirca 5
piedi (150 cm circa), quanto ciò l’altezza media degli uomini dell’epoca che poteva appunto
variare da 5 a 5 piedi e 2 pollici.
La Royal Antiquarie Society britannica, ritiene che fosse lungo “da 5 a 6 piedi”.
Documenti in possesso dell’Archivio della Royal Artillery Institution descrivono il longbow come
“un arco di tasso, lungo 6 piedi, che utilizzava frecce da 3 piedi”.
In ultimo, Gaston Foebus, Conte di Foix, nel 1388 scriveva che un longbow fosse “di tasso o di
bosso, e che tra i due punti di ancoraggio della corda, fosse lungo all’incirca 70 pollici “ (178 cm ca.).
Queste testimonianze dimostrano due dati certi: il longbow era sicuramente più lungo degli
archi utilizzati fino ad allora e che la sua effettiva lunghezza non è per nulla precisa e
uniforme.
Un’altra caratteristica di questo arco era anche la sua potenza. Nell’inchiesta relativa alla
morte di Simon de Skeltington, è riportato che a provocarla fu una freccia tirata da un arco
lungo 5 piedi e 7 pollici, e che la ferita infertagli fosse “lunga tre pollici, larga due e profonda sei”.
Le due più note autorità nel campo del longbow concordano che quest’arma era molto più
potente degli attuali longbow. L’Archivista del British Long Bow Society, M.M. Stayner, stima che
l’arco utilizzato nel periodo medievale, possedesse un carico variabile dalle 90 alle 110 libbre
(tra i 41 e i 50 kg). Il Segretario della Society of Archer-Antiquaries, W.F. Peterson, ritiene che il
carico di questo arco non superasse le 80-90 libbre (36-41 kg).
Un arco della potenza descritta era in grado di scagliare le proprie frecce da guerra a
notevole distanza anche se, come per i dati precedenti, non vi è concordanza. Stayner ritiene
questa distanza pari a circa 180 yards (!65 metri ca.), mentre Peterson la porta intorno alle
200 yards (180 metri ca).
SI è detto come, per la sua rapidità di “fuoco”, il longbow possa essere considerato la
mitragliatrice medievale. E’ stato calcolato che un arciere del periodo della Guerra dei Cento
Anni, era in grado di scagliare da 10 a 12 frecce al minuto. A dare la misura di quanto questo
valore fosse alto, si pensi che l’arma che più da presso poteva contrastare il longbow in
potenza e raggio di tiro, la balestra, nel suo modello più evoluto detto ‘Genoese’ (composto da
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legno, corno e tendine), in un minuto poteva scagliare tra i 4 e i sei dardi. Anche dopo
l’introduzione nei campi di battaglia delle prime armi da fuoco c’era chi, come Sir John
Smythe, soldato di ventura e ambasciatore in Spagna della regina Elisabetta, faceva notare
che “un arciere è in grado di tirare quattro o cinque frecce prima che un archibugiere possa essere pronto a
sparare un solo colpo”.
La ragione per cui ancora oggi esistano confusione e controversie al riguardo del longbow è
da imputare principalmente alla scarsità di esemplari di quest’arma pervenuti fino a nostri
giorni. Quelli più antichi in nostro possesso risalgono infatti all’epoca rinascimentale.
Questi esemplari, cinque, sono molto simili tra loro. Sono tutti lunghi pressappoco sei piedi;
sono in legno, composti da nucleo e alburno; sono rastremati simmetricamente e sembrano
possedere una notevole rigidità. Si tratta, per tutti e cinque gli esemplari, di self-bows, cioè
ricavati da un unico tronchetto di legno.
Il primo di questi esemplari viene fatto risalire, anche se solo per tradizione, alla Battaglia di
Flodden (1513) e per questo è identificato come il “Flodden Bow”.
Si tratta di un self-bow di tasso, probabilmente inglese, lungo circa sei piedi (183 cm) e dalla
foggia “piuttosto rozza”. Il carico stimato è valutabile tra le 80 e le 90 libbre.
Il termine “rozzo” per definirne la fattura non deve comunque trarre in inganno: la maggior
parte del legno di tasso, anche quello che viene utilizzato per la costruzione dei migliori archi,
ha di per sé un aspetto alquanto irregolare: seguendo le linee longitudinali del tronco,
l’alburno ha infatti un andamento ondulato e presenta molti “pins”, cioè piccoli nodi neri.
Il fatto che questo arco sia per tradizione sopravvissuto alla battaglia di Flodden, ne dà un
aspetto quasi ironico: la Battaglia di Flodden è infatti considerata un punto di riferimento
dell’arceria, in quanto fu l’ultima combattuta sul suolo inglese, con l’arco come protagonista
principale
Il più interessate e anche il meno conosciuto tra i cinque esemplari, è quello proveniente
dall’armeria della chiesa del villaggio di Mendlesham, nel Suffolk. Da alcuni documenti si
evince come quest’arco sia in questo luogo fin dai tempi della regina Elisabetta e quindi
risalente all’epoca di re Enrico VIII.
Sfortunatamente il “Mendlesham Bow” è spezzato: la porzione sopravvissuta è lunga circa 53
pollici (135 cm). W.F. Peterson ritiene che “partendo dal presupposto che la metà dell’arco sia più o meno
un pollice sopra il centro dell’impugnatura, si può ritenere che la lunghezza totale possa variare tra i 68-69 pollici
(173-175 cm) se la porzione fosse il flettente superiore, e i 71 pollici (180 cm) se questa invece fosse il flettente
inferiore”.
Il flettente sopravvissuto è sagomato per poter permettere l’alloggiamento di tips in corno:
ciò porterebbe la lunghezza totale sopra i sei piedi (183 cm).
Attenti studi eseguiti su modelli fanno ritenere che il carico di quest’arco potesse aggirarsi
intorno alle 80 libbre con un allungo di 28 pollici,
Il “Mendlesham Bow” è un tipico longbow anche se per due ragioni lo facciano considerare
abbastanza “unico”. La prima è che sebbene sia modellato per utilizzare le proprietà del
nucleo e dell’alburno del tasso, la sezione trasversale è quella di un rettangolo con gli angoli
arrotondati e non quella tradizionale a “D” che è invece quella degli altri quattro esemplari.
La seconda è che la linea dei flettenti rispetto agli altri quattro archi, non è dritta, ma tende
ad assottigliarsi verso i tips, quasi a cercare una migliore distribuzione dello stress ad arco
carico.
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Come i due precedenti, anche l’ “Hedgeley Moor Bow” porta con sé qualcosa di misterioso. Si
ritiene che sia stato usato nel 1464 nella battaglia di Hedgeley Moor (da cui prende il nome),
che ebbe luogo durante la Guerra delle Rose. L?arco era esposto in una stanza di Alnwick
Castle nella cui tenuta era localizzato Hedgeley Moor.
“E’ lungo 65,5 pollici (166 cm), nel suo punto più largo ha una circonferenza di 3,5 pollici (9 cm) e una larghezza di
1,5 pollici (4 cm). IL legno è probabilmente tasso...”
Le estremità dei flettenti presentano degli intagli dove allocare la corda. Giusto alla metà
della sua lunghezza, più o meno dove è situata l’impugnatura, presenta due profondi tagli,
come si trattasse di un alloggiamento per un eventuale over-draw (!). Il carico è stimato
intorno alle 50 libbre.
I restanti due esemplari, come il Mendlesham Bow, risalgono all’epoca del regno di Enrico VIII.
Vennero recuperati nel 1836 dal relitto della Mary Rose, ammiraglia della flotta inglese
affondata il 19 luglio 1545 appena fuori il porto di Portsmouth.
Sonno attualmente visibili presso l’Armeria della Torre di Londra. Dal registro di inventario si
sa che “sono costruiti in legno di tasso, la loro sezione è rotonda e alle estremità dei flettenti presentano degli
alloggiamenti per due tips in corno, ora scomparsi”. Il più grande di questi archi è lungo 75 pollici (190
cm), mentre il più piccolo 72,75 pollici (185 cm). Ambedue, nel loro punto più largo, hanno
una circonferenza di 4,5 pollici (11,5 cm) e il loro peso è di 1 libbra e 10 once. Sono
perfettamente simmetrici e ambedue sono di sezione a “D” come il Flodden Bow.
Anche questi ultimi due hanno un aspetto “piuttosto rozzo” come se non fossero stati
totalmente completati, anche se, come detto, è la caratteristica del legno ha dare questa
apparenza. Si tratta logicamente di self-bow e il legno con cui sono costruiti non è
sicuramente di provenienza inglese.
Il loro carico è calcolato tra le 65 e le 70 libbre.
Le differenti lunghezze tra i primi tre dei cinque esemplari da una parte e quelli rinvenuti
sulla Mary Rose dall’altra, è facilmente interpretabile assumendo i primi come armi che il
singolo proprietario ha costruito “ad hoc” basandosi sulle sue caratteristiche e dimensioni al
contrario degli altri due che sicuramente facevano parte di un quantitativo di archi da
arsenale, cioè di archi standardizzati, la cui lunghezza era ottimizzata sull’altezza umana
media dell’epoca, da assegnare ad arcieri in base alle loro caratteristiche fisiche. A tal
proposito qualcosa al riguardo è ricavabile dalla lettura del “Toxophilus“di R. Ascham (1545).
Tutti e cinque gli archi sono straordinariamente simili così che è possibile classificarli come
tipici longbows. SI è visto infatti che sono tutti più o meno lunghi 6 piedi (180 cm); il loro
metodo di costruzione prevede l’utilizzo del nucleo e dell’alburno del legno di tasso; hanno un
aspetto quasi rozzo e il loro carico è compreso tra le 65 e le 90 libbre. Data questa potenza si
può stimare che utilizzando frecce da battaglia dellepoca, la loro gittata fosse di circa 200
yards (180 metri).
Il metodo costruttivo del longbow è rimasto immutato fino all’inizio del XX secolo. I migliori
continuano ad essere costruiti in legno di tasso (nucleo e alburno) e a mano, cosa che ne fa
dei pezzi unici.
Tutti gli esperti concordano con il fatto che il legno di tasso sia quello migliore per la
costruzione di un self-bow e, allo stesso modo che il migliore tra i legni di tasso è quello
proveniente dall’Italia e dalla Spagna: “è forte, dalla venatura molto fine, libero da nodi, con grandi
qualità di rigidezza e, se cresciuto in terreno montano, possiede una particolare luce granulosa”. I tronchi da
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utilizzare venivano tagliati soltanto in inverno. Una nota curiosa. Per una coincidenza, il
migliore legno di tasso continentale era di provenienza italiana e spagnola, cioè di territori
da cui gli inglesi importavano le uve e i vini per le loro tavole. Con riferimento a documenti
esistenti, Stayner riporta di come ogni importatore di vino avesse l’obbligo di trasportare
contemporaneamente oltre a questo, anche una certa quantità di tronchi di tasso.
Perché il legno di tasso è considerato il migliore per la costruzione di archi?
“Quando un arco è teso, la sua faccia anteriore (quella verso l’arciere) è sottoposta a compressione mentre quella
posteriore (quella più lontana dall’arciere) è sottoposta a trazione. Il nucleo del tronco di tasso è in grado di
resistere alle forze di compressione e l’alburno possiede di natura grandi qualità di resilienza, cioè di ritornare
alla loro forma iniziale dopo che l’azione di tensione è terminata”.
I tempi di costruzione erano molto ampi. All’operazione di taglio del tronco che avveniva in
inverno, faceva seguito un periodo di stagionatura la cui durata variava da uno a due anni.
A stagionatura avvenuta, si susseguivano varie fasi di lavorazione che portavano al lavoro
finito soltanto dopo altri tre o quattro anni.
Una volta terminata la costruzione il possessore avrebbe dovuto adempiere a una
manutenzione attenta e continua di cui l’arco necessitava. Da alcuni testi si sa che l’arciere
dell’epoca della Guerra dei Cento Anni, usava sfregare l’arco con una mistura composta da
“cera, resina e dal sego della migliore qualità” così da proteggerlo da “eccessi di caldo, di freddo, di umidità”.
R. Ascham ci dice che gli arcieri proteggevano i loro archi “non con pelle, ma con della canapa o della lana”.
Le corde erano costruite con l’utilizzo di due materiali: “della buona canapa (quella stessa
“utilizzata per la costruzione di corde da adoperare nelle impiccagioni...”), del lino o della seta”. Erano
rinforzate con delle stringhe molto fini ed erano impregnate di una colla impermeabili.
Le stesse controversie che esistono circa l’arco, si riflettono anche in riguardo alle frecce che
essi utilizzavano.
Varie stime fanno variare la lunghezza dai 27 ai 36 pollici (da 68 a 91 cm): un’analisi
comparativa tende a indicarla in 27 pollici quanto cioè, una “yarda fiamminga” anche se
questa unità di misura non era nell’Inghilterra dell’epoca standardizzata. La nascita di
questa unità di misura risale all’epoca di re Edoardo III quando giunsero in Inghilterra,
portandola con sé, dei tessitori fiamminghi: la “yarda fiamminga” era di 27 pollici e 4/10. A
dare credito alla misura delle frecce in 27 pollici aiuta anche la teoria di uno storico militare,
John E. Morris, secondo il quale vi è “impossibilità biomeccanica” a scagliare frecce lunghe 36
pollici con archi di carico intorno alle 65 libbre.
Per l’analisi conclusiva non aiuta neanche l’unico esemplare di freccia dell’epoca pervenuta
fino a noi. E’ un manufatto, attualmente nell’Abbazia di Westminster, rinvenuto nel 1878 in
una delle torrette della “Chapter House”. Non è databile esattamente, ma dall’analisi della
punta è possibile stabile che si tratti di una freccia risalente al secondo periodo della Guerra
dei Cento Anni. “Si tratta di una tipica punta di freccia da battaglia, munita di piccoli uncini atti a impedirne
l’estrazione. Sembra che il legno utilizzato sia frassino o betulla”.
Le cocche avevano vari tipi di composizione. Dipendevano dal tipo di freccia e dalla larghezza
della corda: potevano essere strette, superficiali, larghe, profonde o essere una combinazione
di tutto ciò. Per le frecce da utilizzare in battaglia, si raccomandavano cocche profonde e
lunghe così di avere la certezza che la corda non potesse scivolare via la momento dello
sgancio.
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Le punte erano di tre principali tipi: biforcute, a foglia e a punteruolo. Quelle a punteruolo
erano quelle espressamente utilizzate in battaglia: erano per lo più quadrangolari per meglio
sfruttare le doti di penetrazione contro le armature metalliche. Stayner nota che, molto
spesso, per aumentare l’effetto di penetrazione, venivano spalmate di cera insieme alle aste.
L’origine del longbow inglese si perde nelle nebbie del tempo. Una teoria, formulata da
Morris, che ebbe una certa rilevanza agli inizi del XX secolo. Questi riteneva il longbow
un’arma originaria del Galles introdotta negli arsenali inglesi soltanto agli inizi del XIV secolo
e che fosse completamente sconosciuta sia ai Sassoni che ai Normanni.
A supporto di questa sua teoria Morris riporta alcune notizie ricavate da documenti risalenti
alla fine del XII secolo redatta dal chierico Giraldus Cambrensis che, riferendosi a situazioni
da lui vissute nel sud del Galles a contatto con la tribù locale dei Venta scrive: “tra tutte le tribù, i
Venta sono quelli più abiyuati alla guerra, i più valorosi e i più esperti arcieri tra tutte le terre del Galles”. I
Venta erano un popolo testardo e dai modi piuttosto rozzi. Non conoscevano, o non
rispettavano alcuna delle regole della cavalleria: il loro modo di combattere è intuitivamente
paragonabile all’attuale guerriglia, visto il largo utilizzo della tattica dell’imboscata. E l’arco
era sicuramente l’arma migliore per questo tipo di combattimento. Cambrensis scrive che “i
loro archi di olmo selvatico, grezzi, nudi e grossolani non erano solo in grado di colpire con precisione a lunga
distanza, ma riuscivano a provocare gravi ferite anche in scontri corpo a corpo”.
Testimonianze certe danno il longbow presente in Inghilterra all’epoca di re Edoardo I e i
gallesi ne erano i principali utilizzatori. E’ però evidente l’errore compiuto da Morris
identificando l’arco utilizzato dai Venta con il longbow nell’accezione a tutt’oggi accettata. Le
caratteristiche che Cambrensis riporta sembrano più quelle di un arco continentale che
quelle di un longbow.
Morris ha però ragione nel asserire che tale arma fosse sconosciuta a Sassoni e Normanni.
Nella famosa “Tela di Bayeux” sono ben poche gli uomini armati di arco (uno tra le fila
Sassoni e nessuno tra i Normanni): la moltitudine è armata semplicemente con archi e scudi.
Con un certo grado di sicurezza si può afermare che il longbow fu introdotto in Inghilterra
dalla Scandinavia probabilmente durante una delle molte invasioni che i Danesi effettuarono
intorno alla metà dell’anno 1000. E.G. Heath nota che diversi, ben preservati longbow furono
rinvenuti in relitti di imbarcazioni funebri rinvenute a Nydam Moor in Danimarca nel 1863.
“Questi archi sono stati scientificamente datati tra il 200 e il 400 a.C....”. Questi archi, per l’esattezza sette,
hanno molte caratteristiche simili a quelle die cinque esemplari inglesi precedentemente
descritti. i Nydam Bowa sono die self-bows in legno, lunghi da 5 e 7 pollici del più piccolo ai 6
piedi del più lungo (174-183 cm), la sezione è a “D” e uno di essi presenta dei tips in corno.
Differenze non sostanziali sono la presenza su questi di alcuni intagli ornamentali e dal fatto
che da tracce rinvenute, venivano spalmati di pece.
Di recente il dr. A. Lieshf dell’Università di Oslo, ha scoperto in una tomba un longbow
vichingo. Il legno era completamente deteriorato ma una fascia metallica utilizzata come
rinforzo ne resta a testimonianza.
Il longbow medievale inglese era un’arma superba. Incredibilmente potente, rapido e
mortale. Un’arma che poteva portare un semplice armato a essere superiore a un Cavaliere...
il Regno d’Inghilterra a essere padrone dell’Europa occidentale.
[traduzione: R.Lanciotti -2002]
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