ROMANZI E RACCONTI

Transcript

ROMANZI E RACCONTI
ROMANZI E RACCONTI
Giulio Messina
Prima che sia giorno
Marsilio
PRIMA CHE SIA GIORNO
© 2009 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia
Prima edizione: novembre 2009
ISBN 978-88-317www.marsilioeditori.it
Realizzazione editoriale: Silvia Voltolina
1.
«Tua nonna sta morendo, verrai a trovarla?»
Le parole di mia madre, che fino a quel momento avevano avuto un’incrinatura metallica per via delle interferenze, adesso risuonano così chiare, così sottili e precise,
modulate con una dolce accondiscendenza. Per un istante ho la sensazione che lei sia qui, in balcone con me, che
non ci siano oltre duecento chilometri a dividerci, e stia
pronunciando quelle parole come si formano cerchietti di
fumo con la bocca, che si inanellano sospesi nell’aria.
Tengo il cellulare premuto contro l’orecchio, prendo
tempo, perché quale che sia la mia risposta servirebbe soltanto a rimandare qualcosa di ineludibile. Mentre attendo
di sentire un sospiro, una parola accennata a mezza voce,
qualsiasi cosa che possa rendere la situazione più penosa
di quanto non lo sia già, non mi stupisco che tutto quello che riesco a dire sia: «Certo, mamma. Tornerò presto.»
Rimango col cellulare in mano, sporgendomi oltre la
ringhiera, mentre dall’interno dell’appartamento mi arrivano voci confuse, ma sufficienti perché non capisca ciò
che mi sta dicendo mia madre al telefono, finché non la
sento riattaccare. È così che si consumano le nostre
telefonate. Ho la camicia sbottonata e una brezza leggera spira dal mare e resto con gli occhi chiusi, e quando li
7
riapro noto una ragazza che cammina sul marciapiede
opposto e, staccati da lei di due o tre metri, altri ragazzi
che lanciano urli e ridono e corrono in mezzo alla strada,
schivando le auto. La ragazza si tiene a una certa distanza e, anche se credo che stia insieme a loro, ha una strana tristezza sul viso e li osserva come se niente di tutto
ciò che succede la riguardasse veramente. Solleva gli
occhi nella mia direzione e non so se i nostri sguardi si
incontrino davvero. Ha un’espressione enigmatica che
non riesco a decifrare, un sentimento oscuro e doloroso
che le affiora sul volto e trova il suo fuoco negli occhi, che
da quassù mi sembrano grandi e scuri. Il ragazzo in testa
al gruppo urla qualcosa che non afferro per sovrastare le
risate e le voci degli altri. Si fa largo tra loro e si avvicina
alla ragazza e cerca di tirarla verso il resto del gruppo e
lei lo lascia fare ma non smette di guardare verso di me,
finché non li vedo svoltare l’angolo insieme e perdersi in
lontananza.
«E questa sarebbe la fine del mondo, porca puttana...
dove l’hai presa?»
«Non so... è la solita, credo... a me sembra buona.»
«Buona? Fa schifo, cazzo.»
«Fai qualche tiro e vedi di calmarti, okay?»
Alessio fa dei tiri belli lunghi e i suoi occhi si riducono a due fessure nel volto teso e irregolare.
«Però è davvero forte» sussurra, affondando nel divano.
Poi passa la canna a Carlo che si fa un paio di tiri e me
la porge e anch’io mi faccio qualche tiro e poi la passo a
Joseph che scrolla le spalle così la ripasso ad Alessio.
«Non è male» dice Carlo, indicando la bustina trasparente sul tavolo.
«Vaffanculo» sbotta Alessio con una smorfia di disgusto. «Non ho la minima idea di che cazzo ci stiamo
fumando, potrebbe essere qualsiasi cosa.»
Fuori il cielo riflette le luci della città.
Osservo il viola delle nuvole e pare una macchia che si
sposta col vento. Un cielo così basso che prima, in balcone, avevo la sensazione che stesse per schiacciarmi, per
crollarmi addosso. E quasi non mi accorgo del suono elettrico del vetro che si infrange sul pavimento quando Carlo lascia cadere un bicchiere di vino rosso.
«Cazzo!» urla Alessio, con la testa fra le mani.
«Non l’ho fatto apposta» si scusa Carlo.
«Sei proprio un coglione, lo sai?» dice Alessio.
Carlo ridacchia e rovescia la testa all’indietro. Joseph si
alza e va in cucina e torna a sedersi tenendo una bottiglia
di champagne mezzo vuota nella mano destra. Carlo mi
passa la canna e ci facciamo un altro giro. Mi sdraio sul
pavimento. Sento delle schegge di vetro sotto la gamba.
E un forte odore di vino mescolato a quello dell’erba.
Joseph mi allunga la bottiglia di champagne. Butto giù tre
o quattro sorsi e qualche goccia mi scivola da un angolo
della bocca. Mi arriva di nuovo la canna, tiro, soffio il
fumo dal naso, poi alzo il braccio verso l’alto e qualcuno
se la riprende.
«Vuoi ancora champagne?» mi chiede Joseph, allungandosi sopra di me.
«Non credo.»
«Voglio andarmene» dice, rivolto a me.
«Okay, passami lo champagne allora.»
Mi alzo a fatica.
Faccio per seguire Joseph fuori dall’appartamento
quando Alessio si tira su e bofonchia: «Dove state andando?» e io gli dico: «A prenderti altra erba» e lui si lascia
cadere di nuovo sul divano.
Prendiamo la Ford di Joseph e attraversiamo la città e
io lo guardo e tento di sorridere ma non so se sorrido
davvero o no.
«Eh?» Mi sembra che Joseph abbia detto qualcosa.
8
9
«Ti ho chiesto come va con Laura» ripete.
«Certo» rispondo e lui mi chiede: «Che vuol dire certo?» e io dico: «Volevo dire benissimo, va tutto benissimo con Laura» e lo guardo e lui resta un attimo in silenzio e poi dice qualcosa che non capisco e mi fissa e io
dico che non ho sentito e lui dice che non fa niente e io ho
la sensazione che tutto questo voglia dire qualcosa ma
non so cosa e intanto lui tamburella con le dita sul volante e si morde il labbro e fissa la strada.
Pochi minuti dopo le luci della città hanno ceduto il
passo all’oscurità, e ho la sensazione che l’auto sfrecci
oltre qualsiasi limite consentito e mi chiedo cosa succederebbe se ci trovassero in queste condizioni. Mi chiedo
fino a quando potrò rimandare il mio ritorno, ripenso a
quanto mi ha detto mia madre al telefono, alla ragazza
che ho visto dal balcone, il volto striato di ombre.
Poi Joseph ferma l’auto e mi fa segno di scendere e
camminiamo per un po’ arrancando verso una meta invisibile e di colpo mi rendo conto di muovermi sulla sabbia e sento il suono della risacca e l’aria è calda e salata.
Mi lascio cadere sulla sabbia, stremato, e intravedo sul
mare un bagliore e prendo a fissarlo e lentamente la luce
si dilata e sento il sangue che mi pulsa nelle tempie. Poi
la luce sul mare sparisce.
ca e non è che mi dispiaccia poi così tanto. E poi mi pare
che siano anche un po’ alcolizzati, però non lo danno tanto a vedere, insomma dopotutto chi se ne frega, giusto?
E stasera non so, forse andiamo sugli scogli, non so» e io
le dico: «Fantastico» mentre sorseggio un bicchiere di
succo d’ananas con una spruzzata di vino e intanto scorre sullo schermo un vecchio concerto di Jeff Beck e Laura mi chiede cos’ho fatto ieri e io ci penso un po’ e poi
le dico: «Non mi ricordo, ma niente di particolare comunque» e lei dice: «Oh» e poi silenzio e intanto il succo d’ananas mi ha impastato la bocca così vado in cucina e mi
verso della crema di whisky.
Dopo un po’ ci salutiamo e io rimango davanti allo
schermo e mi chiedo chi siano quei due gemelli e cerco
le sigarette nelle tasche dei jeans e non mi pare di averle
finite e intanto continuo a guardare lo schermo mentre
Beck si prepara a cantare Shapes of Things.
Sono nell’appartamento di Alessio al mare e sono le tre
e mezza del pomeriggio e per terra ci sono ancora pezzi
di vetro del bicchiere che è andato in frantumi ieri notte.
Sono al telefono con Laura e lei fa: «Oh sì, qui è tutto
okay anche se si crepa dal caldo ma cerco di resistere. E
alla fine ieri siamo uscite con i gemelli, ti piacerebbero
quei due, sai? E insomma non sono sicura che siano davvero gemelli, ma si assomigliano talmente tanto e adorano i Dire Straits, non è incredibile? O era Clapton?
Comunque tra un paio di giorni partiranno per la Corsi-
Più tardi io, Alessio e Joseph siamo seduti in un McDonald’s e Alessio sta fissando l’hamburger che un minuto
fa gli ha consegnato una ragazza orientale piuttosto carina e dice: «Le avevo detto di non metterci tutta questa
salsa, porca puttana, non tutta questa salsa. E invece lei
che fa? Lo riempie di salsa...» Sbuffa e poi lo addenta con
un’espressione infelicissima.
Joseph tortura le patatine e intanto fissa una coppia sulla trentina al tavolo vicino al nostro, poi si gira e dice:
«Che ne pensate di andare al cinema stasera?»
Alessio beve un sorso della sua Coca e dice: «In questo posto danno solo film che ho già visto» e quando
Joseph mi guarda io mi limito a scrollare le spalle, poi mi
alzo e vado in bagno.
Quando torno stiamo per andare via e Joseph ci fa
segno di aspettare e va dalla ragazza carina orientale e
dice qualcosa e lei ride e anche lei dice qualcosa e credo
10
11
che lui le stia chiedendo il numero di telefono ma alla fine
non mi pare che lei voglia darglielo così un minuto dopo
lui esce e dice: «Non sa cosa si è persa, quella puttanella» e andiamo tutti nel parcheggio.
Quando entriamo nella vecchia Ford rovente di Joseph
chiudo gli occhi e mi abbandono sul sedile posteriore.
Joseph mette un cd nello stereo e quando parte la musica riconosco subito The Rain Song dei Led Zeppelin e
tento di seguire le parole della canzone, senza badare al
resto.
Dopo cinque minuti Joseph ferma la macchina e Alessio dice: «Torno subito» e sparisce dietro una fila di auto
parcheggiate.
Joseph si accende una sigaretta e io mi sento tutto teso,
i muscoli contratti, così cerco di rilassarmi e mi lascio
andare ancora più giù sul sedile.
All’improvviso mi viene in mente che dovrei chiamare
mio padre, ma cerco di non pensarci e mi sento soffocare, lì sul sedile posteriore.
Joseph si gira verso di me. «Tutto bene lì dietro? Cazzo, hai una faccia stravolta» dice e mi strizza l’occhio.
«Vuoi che ce ne andiamo?» mi chiede e io scuoto la testa
e tento di sorridere.
Dopo un po’ Alessio risale in macchina e dice: «Okay,
possiamo andare. Ho fatto il pieno» e sorride eccitato.
Andiamo in spiaggia ma fa troppo caldo così torniamo
nell’appartamento di Alessio e c’è Carlo in balcone, steso su una sdraio, strafatto, e ha gli occhi socchiusi e sta
bofonchiando qualcosa ma nessuno ci fa caso.
Alessio prepara una canna e poi ce la passiamo tutti ed
è così pesante che riesce solo a farmi venire un mal di
testa atroce. Così vado a sciacquarmi il viso e guardo la
mia faccia riflessa nello specchio sopra il lavandino, per
un pezzo.
Torno di là e Joseph e Alessio sono seduti per terra con
la schiena contro il divano e Alessio mi fissa e sbotta: «Ma
che cazzo hai fatto lì dentro tutto questo tempo?» e sul
suo volto si allarga un sorriso sfasato.
Io prendo il portafoglio sul tavolo ed esco.
Roma, sei giorni prima.
Sono le undici e mezza di sera e la piscina della villa di
Laura è illuminata e l’acqua è torbida e immobile.
Luca mi si avvicina e dice: «Dovrei andare» e io lo
guardo un attimo e poi mi alzo e gli stringo la mano e gli
dico: «Ci vediamo» e lui annuisce e Laura lo accompagna nell’ingresso.
Poi torna e si tuffa in piscina, il suo corpo elastico e liscio brilla per un attimo in volo e io chiudo gli occhi e
cerco di trattenere quell’immagine e sento lo scroscio dell’acqua e qualche goccia luccicante mi colpisce la faccia.
Poi Laura esce dalla piscina, si avvolge in un asciugamano e si siede su una sedia di plastica accanto a me. Stiamo in silenzio per due minuti e poi lei dice: «Hai voglia
di bere qualcosa, tesoro?» e io scrollo le spalle e dico:
«No, non adesso» e le sorrido.
Lei mi restituisce il sorriso e mi passa una mano sul petto nudo ma io non sento niente. Dall’interno della casa
escono, fiacche, le note di Wild Horses, e io mi chiedo chi
abbia messo quel disco e intanto Laura sta guardando
l’acqua della piscina e i suoi occhi sembrano vuoti.
Poi li fissa nei miei e hanno riacquistato una certa
profondità e mi dice, con un filo di voce: «Resta qui stanotte» e io guardo la piscina e lei mi ripete di non andare ma più forte questa volta.
All’improvviso Mick Jagger attacca a cantare.
Childhood living is easy to do.
«Non posso» dico.
«Non è vero» dice lei.
The things you wanted I bought them for you.
12
13
Chiudo gli occhi per un istante.
Graceless lady you know who I am.
Li riapro. Lei mi sta ancora guardando.
Vorrei spostare la conversazione su qualsiasi altra cosa
ma stranamente non riesco a pensare a nient’altro e lei
dice: «Che ti succede?» e io la guardo e poi chiudo gli
occhi.
You know I can’t let you.
«Niente» dico. «Assolutamente niente.»
«Non è vero» dice e io vorrei che la smettesse di ripetere sempre non è vero, perché non lo so nemmeno io
cosa sia vero e cosa no.
Slide through my haaaaaaands.
Mi alzo ed entro in casa e spengo lo stereo appena in
tempo.
Esco e dico: «Ci ho ripensato, ho voglia di bere.»
Lei mi guarda e non dice niente e poi mi dice che in
frigo è rimasta un po’ di birra.
Vado in cucina e tutto quello che è rimasto nel frigo è
metà di una lattina di birra e la butto giù tutta d’un sorso ma non riesco a sentirmi meglio.
Sento le voci di Alessandra e di un suo amico che non
conosco venire dal bagno e la porta è socchiusa ma non ho
nessuna voglia di sapere cosa stiano facendo.
Esco e Laura ha spento le luci della piscina ed è in piedi sul bordo.
Io mi avvicino da dietro e mi viene in mente di stringerla tra le braccia ma poi penso al mio alito di birra e
mi limito a stare appoggiato al muro dietro di lei.
«Hai da fare domani?» le chiedo.
«Non so. Tu?»
«No, non credo.»
Restiamo un attimo in silenzio, poi lei si gira e si avvicina e mi bacia sul collo.
«Chiamami» mi dice.
Io faccio di sì e vado a prendere le scarpe nello spogliatoio.
Poi ci salutiamo e io sto per uscire e vorrei dirle che la
chiamerò di sicuro ma invece non dico niente e imbocco
la porta.
Appartamento di Alessio al mare.
Il termometro sopra il mio letto segna ventotto gradi e
accanto alla lineetta dei trenta è disegnato un omino giallo con due grosse gocce bianche che gli scendono dalla
testa.
Carlo è ancora steso sulla sdraio in balcone come l’avevo lasciato un’ora fa. Ho comprato un giallo all’edicola all’angolo e adesso sto tentando di leggerlo steso sul
letto ma non riesco a concentrarmi sulle parole e ogni volta devo ricominciare da capo.
Accendo la tv e provo a seguire uno speciale sui Nirvana ma poi lascio perdere e dopo cinque minuti entra
Alessio e si stende sul suo letto.
Sta fumando una canna, ma mi sembra ancora lucido
e di colpo si mette a parlare di una ragazza che si è fatto l’estate scorsa, proprio sul letto su cui sono steso io
adesso.
Io dico: «Fantastico» e lui comincia a dirmi quanto era
carina e che tette stupende che aveva e poi mi racconta
come se l’è sbattuta.
Mi dice che dopo che se l’è sbattuta lei ha avuto una
specie di attacco isterico.
Mi dice che non sapeva cosa fare per farla smettere.
Poi spegne la canna e si mette a sedere.
Mi dice che non riesce più a provare niente e io gli chiedo: «Intendi dopo una canna?» e lui mi dice di no, che
non riesce a provare più niente in generale.
Gli chiedo in che senso e lui dice che non sa spiegarmelo.
14
15