Il Bacino del Guadiamar Il fiume Guadiamar è l

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Il Bacino del Guadiamar Il fiume Guadiamar è l
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Il fiume Guadiamar è l’ultimo affluente
di destra del Guadalquivir, prima della
foce. Il bacino di questo fiume
costituiva, fino a poco tempo fa, il
principale sottosistema idrologico che
inondava
le PDULVPDV (paludi
salmastre) del grande ecosistema litorale
del Doñana e ancora oggi è uno dei
pochi complessi fluviali non regolati del
sistema idrografico andaluso.
Per la sua disposizione nord-sud e per la
sua posizione geografica, il bacino del
Guadiamar costituisce il più importante
sistema naturale di connessione tra gli ecosistemi litorali del Doñana e della Sierra Morena
Occidentale.
Il bacino del Guadiamar si inquadra in un clima mediterraneo, caratterizzato da temperature dolci e
precipitazioni irregolari durante l’anno. In accordo con l’andamento variabile delle precipitazioni, il
regime idrico del Guadiamar è di tipo torrentizio, caratterizzato da grandi variazioni tra le piene
invernali, durante le quali si raggiungono portate massime vicine ai 750 m3/sec, e le magre estive,
quando la sua portata si riduce drasticamente.
Per varie migliaia di anni le popolazioni di questo territorio hanno potuto godere dei benefici
derivanti dallo sfruttamento del bacino, dei corsi d’acqua e della pianura alluvionale del Guadiamar;
durante gli ultimi anni, però, l’intensa pressione umana esercitata ha causato la perdita di
funzionalità di molti dei suoi ecosistemi e quindi del suo valore sociale.
In conseguenza alla pressione agricola, infatti, il fiume è stato costretto a ridursi gradualmente al
solo ramo principale e gli antichi boschi che coprivano la parte medio-bassa del bacino si sono
trasformati in piccoli frammenti di formazioni arboree ed arbustive, inseriti, come piccole macchie,
nell’estesa matrice agricola. La sua vegetazione ripariale è stata ridotta a piccoli boschetti e le acque
risultano notevolmente inquinate da scarichi urbani e agroindustriali.
Infine, l’industria mineraria, concentrata nel nucleo di Aznalcóllar nella parte alta del bacino,
costituisce una grave minaccia ecologica per tutta la parte bassa del bacino e ne limita le possibilità
di sviluppo. E'da sottolineare, tra l'
altro, che si tratta di un'
attività in declino, all’interno del
panorama generale dell’industria mineraria andalusa, e con scarse prospettive per il futuro.
Come risultato di questo processo di trasformazione del territorio e dell’uso del suolo, il bacino del
Guadiamar ha perso le due funzioni ecologiche più importanti che svolgeva: quella di servire da
corridoio peri specie e processi naturali tra le montagne e il litorale e quella di agente principale nel
regime di inondazioni delle PDULVPDV del
Guadalquivir. Il progetto del Corredor Verde si
occupa fondamentalmente di recuperare la prima
di queste due funzioni.
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La rottura degli argini del bacino di raccolta dei
rifiuti tossici, prodotti dal lavaggio di minerali
nelle miniere di Aznalcóllar, all’alba del 25 aprile
1998, causò una delle maggiori catastrofi
ecologiche degli ultimi decenni in Europa.
Circa 6 milioni di metri cubi di fango e acque acide con una
elevata concentrazione di metalli, provenienti dai processi di
lavorazione della pirite, si riversarono all’ improvviso negli alvei
dei fiumi Agrio e Guadiamar, provocando una piena, che non
causò vittime tra la popolazione solo per l’ ora in cui avvenne la
rottura, le 3.30 del mattino.
Lo scarico tossico di acqua e fango sommerse le sponde del
Guadiamar e ampie aree ad esse confinanti, per una tratto di 62
Km. In totale furono coinvolti 4634 ettari di territorio, per la
maggior parte zone agricole o pascoli, appartenenti a 9 comuni
della Provincia di Siviglia: Aznalcóllar, Olivares, Sanlúcar la
Mayor, Benacazón, Huévar, Aznalcázar, Villamanrique de la
Condesa, Isla Mayor y Puebla del Río.
I fanghi sedimentarono nei primi 40 Km dell’ alveo con uno
spessore variabile, da più di 3 metri nell zona prossima al bacino
fino a pochi centimetri all’ ingresso delle paludi, mentre le acque
acide arrivarono fino alle porte del Parco Nazionale del Doñana.
Immediatamente vennero attuate le prime misure di emergenza,
finalizzate a evitare l’ entrata delle acque del fiume Guadiamar nel
Parco Nazionale del Doñana e nelle zone agricole circostanti,
rinforzando e proteggendo gli argini del fiume e dei canali di
connessione con i fondi agricoli; nello stesso tempo, venne eretta
una scogliera di contenimento nella zona fratturata dell'
argine del
bacino della miniera per trattenere i reflui.
Le acque contaminate furono raccolte al limite nord del Parco
Nazionale del Doñana, nella zona conosciuta con il nome di
Entremuros, attraverso la costruzione di quattro dighe in terra.
Parallelamente fu avviato un sistema di vigilanza e controllo
ambientale, incentrato sull’ analisi delle condizioni di
inquinamento dell’ acqua e del suolo, dell’ impatto sulla fauna e
sulla flora, e del controllo di eventuali conseguenze sulla salute
pubblica.
Fu deciso di procedere alla rimozione del fango e alla
rigenerazione dei terreni contaminati. I lavori di rimozione iniziarono 8 giorni dopo l’ incidente e
durarono sette mesi. In totale vennero estratti circa 7 milioni di metri cubi di fango e terreno
contaminato.
L’ acqua raccolta nella zona di Entremuros fu trattata con un impianto di depurazione installato allo
scopo; lo smaltimento delle acque del bacino iniziò solo dopo tre mesi dall’ incidente: la presenza
dell’ acqua per un periodo così lungo provocò la contaminazione da metalli pesanti dello strato
superficiale del terreno e delle vegetazione; quindi, oltre al trattamento dell’ acqua, venne attuata
anche la rimozione di tutta la vegetazione e dello strato superficiale di suolo.
Si procedette poi a un trattamento dei terreni per assicurare l’immobilizzazione della
contaminazione residua e la stabilizzazione del substrato.
Oltre agli interventi realizzati nell’ alveo e nella zona coinvolta dall’ incidente, furono avviate una
serie di misure finalizzate al recupero e alla salvaguardia della qualità dell’ acqua nell’ ambito di
tutto il bacino fluviale.
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La gravità degli effetti e l’ incertezza sulla durata e sull’ efficacia dei lavori di bonifica fecero sì che
l’ iniziale idea di riportare il territorio alle condizioni anteriori all’ incidente fosse rimpiazzata da
un’ idea ancora più audace, quella di acquisire la proprietà dei terreni contaminati per costituire un
corridoio ecologico privo di attività quali agricoltura e allevamento.
D’ altra parte la costruzione di un corridoio ecologico Doñana - Sierra Morena soddisfaceva una
vecchia ambizione di studiosi, naturalisti e gestori del Parco del Doñana, per eliminare l’ isolamento
di quest’ area protetta e il conseguente processo di degenerazione genetica della fauna presente.
Nacque così il progetto del “Corredor Verde del Guadiamar” (Corridoio Verde del Guadiamar).
L’ acquisizione di terreni confinanti con le sponde del Guadiamar mise a disposizione del progetto
del corridoio verde uno spazio privilegiato lungo più di
60 km e largo tra i 500 e i 1000 metri, tra la miniera e il
confine del Parco Nazionale del Doñana.
La strategia del Corredor Verde mira quindi non solo alla
bonifica del territorio, ma anche al recupero della
funzionalità ecologica del fiume Guadiamar e del suo
bacino come sistema naturale di connessione tra la Sierra
Morena e il litorale del Doñana, che si era persa molto
prima dell’ incidente alla miniera.
Il “Corredor Verde del Guadiamar” è un’ esperienza avanzata nel processo di sviluppo della Rete di
Aree Naturali Protette dell’ Andalusia (RENPA) e di diverse politiche agroambientali.
Tra le differenti tipologie di corridoi ecologici, infatti, i corridoi fluviali, ovvero associati ai corsi
d’ acqua e alle loro pianure alluvionali, sono di particolare rilievo. All’ interno di una strategia
finalizzata alla conservazione della natura, in questo come in altri casi, assume quindi sempre
maggior importanza la costituzione di corridoi ecologici basati sul recupero di ambienti fluviali.
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Le PDULVPDV (paludi salmastre) del Guadalquivir hanno vissuto, nell’ ultimo secolo, una continua
trasformazione e degradazione, come conseguenza di numerosi interventi antropici (deviazione,
rettificazione, drenaggio e canalizzazione di corsi d’ acqua, bonifica e utilizzo a coltivo delle zone
paludose, deforestazione, sfruttamento degli acquiferi e inquinamento delle acque).
Tutto questo ha causato una drastica riduzione della loro estensione
originaria (circa 150.000 ha), e costituisce una seria minaccia per il
mantenimento di quelle rimaste, sia per la riduzione degli apporti idrici
che per la perdita di qualità dell’ acqua. Attualmente si conservano circa
35.000 ha di paludi, dei quali circa 27.000 sono inclusi nel Parco
nazionale del Doñana.
La situazione risulta ancor più rilevante se si considera che la palude costituisce un ecosistema
fragile e vulnerabile, in un equilibrio sempre instabile, molto sensibile alle condizioni al contorno e
alle variazioni di queste, specialmente per quanto riguarda la quantità e qualità degli apporti idrici,
che sono la sua ragion d’ essere. Il suo valore ecologico e la sua importanza strategica, dovuta alla
posizione geografica, giustificano la necessità della sua conservazione futura.
Le Amministrazioni Pubbliche hanno più volte tentato di avviare un processo di rigenerazione della
palude, ma solo dopo l’ incidente alle miniere di Aznacóllar, il 25 aprile 1998, venne pianificato il
suo recupero globale.
Il progetto “ Doñana 2005” ambisce a frenare la progressiva degradazione cui sono soggette le
PDULVPDV assicurando la loro conservazione futura, non limitandosi alla sola bonifica delle zone
contaminate dall’ incidente minerario, ma anche al recupero degli apporti idrici, in qualità e quantità,
e alla riqualificazione dei corsi d’ acqua e dei relativi bacini idrici.
L’ obiettivo primario, infatti, è quello di recuperare e ricostituire il complesso sistema idraulico delle
PDULVPDV, consentendo un’ evoluzione dell’ ambiente il più possibile naturale e libera, nonostante
questo risulti inserito in un contesto sociale, economico, amministrativo, tecnico e culturale non
privo di condizionamenti. Si vuole ricreare una PDULVPD con meno interventi antropici, meno
isolata dal territorio circostante, che sia in grado di scambiare per osmosi acqua con le zone
confinanti, dove l’ acqua penetri lentamente attraverso i canali naturali e si diffonda pian piano, dove
l’ acqua torni ad essere prevalentemente corrente, mentre le zone stagnanti siano solo un’ eccezione.
Una PDULVPDche non presenti piene brutali, ma dove l’ acqua, dall’ inizio dell’ inverno fino alla fine
della primavera, entri in modo più lento, più dolce, avendo prima inondato altri territori paludosi.
In sintesi, il progetto si pone l’ obiettivo di recuperare, entro l’ anno 2005, il tradizionale
funzionamento idraulico che caratterizzava le paludi del Doñana.
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Il progetto “ Doñana 2005” si articola in una serie di interventi nei bacini e nei corsi d’ acqua che
fanno capo alla PDULVPD del Parco Nazionale del Doñana (i bacini del fiume Guadiamar e i bacini
dei torrenti che drenano le dune occidentali), con lo scopo di perseguire i seguenti obiettivi:
recuperare gli apporti idrici alle paludi, assicurandone qualità e quantità, al fine di
permettere la ricostituzione della dinamica idrica propria della PDULVPD del Doñana;
dinamica che non significa solo mantenere la palude “ piena” fino alla sua capacità massima
(135 hm3), ma anche recuperare la tradizionale distribuzione e circolazione dell’ acqua,
inclusi la funzionalità fluviale di tutti i corsi d’ acqua, fiumi, torrenti e canali corrispondenti.
mantenere la permeabilità tra la PDULVPD del Doñana e l’ estuario del Guadalquivir
rallentare la degradazione ambientale, favorendo il recupero ecologico e paesaggistico
stabilire un programma di controllo, valutazione e monitoraggio che permetta la valutazione
critica dell’ evoluzione del piano, oltre a potenziare un programma di ricerca specifico e una
linea di divulgazione, diffusione e presentazione dei risultati.
evitare l’ ingresso di acque inquinate o cariche di sedimenti contaminati all’ interno della
PDULVPD del Doñana. Allo stesso modo evitare che tali acque possano essere incorporate ai
sistemi acquiferi o possano essere utilizzate in qualsiasi modo.
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Per il conseguimento di questi obiettivi, il progetto prevede in primo luogo il seguente insieme di
interventi di rigenerazione idrica dei bacini e dei corsi d’ acqua:
riqualificazione dei corsi
d’ acqua che affluiscono
alla PDULVPD del Rocío
(ruscello del Soto Grande
e Soto Chico e corsi
d’ acqua della Laguna de
los
Reyes),
con
l’ inserimento di aree
filtro ed eventualmente
trappole per sedimenti e
l’ eliminazione
degli
attuali canali artificiali;
realizzazione
di
un
depuratore
per
il
trattamento delle acque di
scarico del centro abitato
de El Rocío;
ricostituzione
della
dinamica idraulica del torrente del Partido, recuperando la pianura inondabile e la
meandrizzazione oggi profondamente alterata;
eliminazione e ricostituzione del sistema di canali e torrenti che drenano la 0DULVPD
*DOOHJD nel settore situato a nord del Parco Nazionale, e la ricostituzione della naturale
comunicazione idraulica tra i due settori in cui è divisa questa area umida;
recupero della funzionalità del canale Guadiamar, incorporando gli apporti idrici derivanti
dal fiume Guadiamar in piena e del torrente della Cigüeña. Inoltre, riqualificazione e
recupero ambientale dell’ alveo e della fascia demaniale del fiume Guadiamar;
riqualificazione del canale Travieso, a partire dal recupero della funzionalità del %UD]RGHOD
7RUUH;
recupero della funzionalità fluvi-marina del %UD]RGHOD7RUUH;
ricostituzione della funzionalità tradizionale dei canali %UHQHV, &KHUU\ %XHQ 7LUR,
&DUUDMROD e )LJXHUROD, oltre alla loro connessione idraulica con l’ estuario, il fiume
Guadalquivir e il %UD]RGHOD7RUUH;
controllo e valutazione dell’ evoluzione delle attività progettuali;
ricerca;
divulgazione e diffusione del piano;
Sono state inoltre avviate una serie di azioni complementari per dare maggior forza al progetto:
istituzione di una figura direttiva del progetto al massimo livello ministeriale, il
Coordinatore Generale per gli interventi conseguenti alla catastrofe delle miniere di
Aznacóllar, come stabilisce il Regio Decreto 1036/1998, del 29 maggio. La sua funzione è
quella di promuovere e coordinare il Progetto Doñana 2005.
costituzione di un Gruppo di Supporto;
coordinazione con il progetto del &RUUHGRU 9HUGH con il quale si mantiene un evidente
interconnessione, soprattutto nella zona conosciuta con il nome di (QWUHPXURV;
esistenza di un supporto amministrativo al servizio del progetto per facilitarne l’ esecuzione.
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Degli interventi previsti, sono stati realizzati quelli identificati con i numeri 1, 2, 4 e parzialmente 8,
mentre gli altri saranno cominciati nei prossimi mesi.
Il programma di controllo e valutazione, già approvato e avviato, permette di valutare la situazione
pregressa e l’ evoluzione dei sistemi naturali man mano che si procede con l’ attuazione degli
interventi.
Relativamente all’ intervento numero 10, è stato nominato un Comitato Scientifico costituito da
professionisti di riconosciuto prestigio con l’ appoggio delle istituzioni. Vi sono rappresentanti della
Stazione Biologica di Doñana, delle Università di Madrid, Cordoba e Siviglia, e dell’ UNESCO. Il
loro compito consiste in un'
attività di consulenza e valutazione del progetto in maniera continuativa,
apportando idee e soluzioni innovative.
L’ intervento numero 11, di divulgazione e diffusione, stabilisce la realizzazione degli interventi in
maniera aperta, trasparente e partecipata, creando un sostegno critico alla sua attuazione, basato
sulla divulgazione e sul consenso sociale. Il progetto ha ricevuto l’ appoggio della UICN, della
Convenzione del Patrimonio Mondiale, e della Segreteria del Convegno di Ramsar.