Mazzolari, «Ogni uomo è un portacenere

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Mazzolari, «Ogni uomo è un portacenere
L'attualità della liturgia
nel libro curato da mons.
Braschi
con
i
testi
di
Giussani:
giovedì
presentazione a Cremona
Far emergere l’attualità e l’utilità che porta all’uomo la
Liturgia cristiana, qualunque epoca storica si attraversi. Di
questo si parlerà nell’incontro promosso dal Centro culturale
S. Omobono giovedì 16 marzo, alle ore 21, presso la Sala
Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona, che farà
luce sui contenuti del libro “Dalla liturgia vissuta. Una
testimonianza”, raccolta di conversazioni tenute da don Luigi
Giussani tra il 1965 e il 1973 proprio sul tema della
liturgia, riproposte nella riedizione San Paolo.
Ospiti della serata, mons. Francesco Braschi, dottore della
Biblioteca Ambrosiana e curatore del volume, e monsignor
Antonio Napolioni, vescovo di Cremona. Coordinerà i lavori,
Paolo Siboni, del Centro culturale S. Omobono.
Tanti i passaggi toccati da Giussani nel testo. Dalla
sottolineatura sul “mea culpa”, primo atto con cui inizia la
messa, “l’unico gesto sano come origine di ogni azione del
cristiano”, al Padre Nostro, la preghiera che “tutto quel che
facciamo entri nel disegno di Dio” e con cui si chiede
l’intervento “del segno più grande della Sua potenza: il
perdono”.
Con una serie di note che tengono conto dei cambiamenti
storici avvenuti nei decenni all’interno della Chiesa, mons.
Braschi arricchisce il testo originale costruendo un’edizione
che dà conto delle modifiche liturgiche intercorse spiegandone
le ragioni. In questo excursus, in cui si passano in rassegna
tutti i momenti salienti dell’anno, i relatori metteranno a
fuoco l’efficacia ancora attualissima dei gesti e della parole
della liturgia, grazie ai quali l’uomo riscopre se stesso e
riceve quella grazia di cui ha bisogno per vivere.
Ingresso libero e possibilità di acquistare copie del volume
(pp. 168 – 15 euro).
L’invito all’evento
Napolioni:
"Passare
dai
luoghi santi a un tempo
santo"
“L’anno prossimo a Gerusalemme” con il saluto degli ebrei
della diaspora si è concluso nella serata di domenica 12 marzo
il primo pellegrinaggio diocesano in Terra Santa presieduto
dal vescovo Napolioni. Iniziata lunedì 6 dalla Galilea la
forte esperienza di fede nei luoghi di vita di Gesù ha
coinvolto oltre 200 cremonesi e una quindicina di sacerdoti.
Ottima l’organizzazione del Segretariato diocesano
pellegrinaggi diretto da don Roberto Rota e dell’agenzia
viaggi Profilotours presente con il suo direttore Gianluigi
Gremizzi. Mons. Napolioni, durante l’ultima Messa del
pellegrinaggio – nell’austera e suggestiva chiesa crociata di
S. Anna – ha annunciato la meta del pellegrinaggio 2018: la
Turchia dell’apostolo Paolo.
La giornata di domenica 12, caratterizzata da un cielo azzurro
e un sole caldo, è iniziata sulla Spianata delle Moschee. Dopo
accuratissimi controlli dalla polizia israeliani, sempre in
tenuta antisommossa, i cremonesi hanno potuto ammirare uno dei
luoghi più sacri dell’ebraismo e dell’islam. La spianata,
detta dai musulmani Haram ash-Sharif (nobile recinto sacro)
occupa un sesto di tutta la città vecchia! Proprio nel luogo
in cui sorgeva il magnifico tempio del re Salomone oggi si
ergono importanti edifici religiosi islamici come la Cupola
della Roccia, una bellissima moschea dalla cupola d’oro, con i
muri esterni rivestiti di marzo e di maioliche arabescate:
all’interno – vietato per i non musulmani – si conserva la
roccia sacra dalla quale Maometto salì al Cielo. Vi è poi la
moschea di Al-Aqsa che è il vero centro spirituale della
spianata. Luogo di preghiera e di insegnamento, può ospitare
fino a 5.000 persone.
Numerosi sono gli altri monumenti presenti come la scala
murata, la fontana di El-Kass, la Cattedra di Burhan el-Din,
il Pinnacolo del Tempio, la Cupola dell’Ascensione, la Casa
del Tesoro e le Scuderie di Salomone.
Photogallery della visita alla Spianata delle Moschee
Un gruppo, prima di visitare il nuovo museo multimediale
francescano dedicato alla storia di Gerusalemme presso il
convento della Flagellazione, si è soffermato al Litostroto,
ovvero un luogo sotterraneo che conserva il pavimento
lastricato della fortezza Antonia. In questo luogo umido e
angusto presumibilmente Gesù fu condannato a morte e fu
torturato. Qui si trova nel pavimento anche il gioco del
Basileus: esso consisteva nell’estrarre a sorte fra i
condannati per delitti comuni, un re carnevalesco al quale si
doveva l’ubbidienza per tutti i giorni della festa, al termine
della quale veniva eseguita la sentenza di morte.
La piscina probatica è stata l’altra meta della mattinata.
Racchiuso nel complesso di Sant’Anna retto dai padri bianchi
francesi, questo luogo, conosciuto con il nome di Bethesda, ha
visto Gesù guarire un paralitico. Nel sito sono stati
ritrovati diversi livelli archeologici che vanno dal VIII
secolo A.C. fino al XII secolo D.C.
Photogallery della visita al Litostroto e alla Piscina
Probatica
In una delle chiese più belle e suggestive della città, la
chiesa di Sant’Anna, i cremonesi hanno celebrato l’Eucaristia
della seconda domenica di Quaresima. Costruita nel periodo
crociata è dedicata alla mamma di Maria, poiché nel
Protovangelo di Giacomo questo è il luogo indicato come la
casa di Gioacchino, Anna e Maria bambina: nella cripta,
infatti, è conservato il luogo in cui venne alla luce la madre
del Figlio di Dio. Durante il periodo dell’occupazione
musulmana la chiesa fu trasformata in scuola coranica e per
questo fu salvata dalla furia cieca dei musulmani.
Sotto le volte romaniche maestose ed
Napolioni
ha
presieduto
l’ultima
essenziali mons.
Eucaristia
del
pellegrinaggio.
Nell’omelia il presule ha spiegato come riuscire a proseguire
il pellegrinaggio anche a casa: “Occorre – ha esordito –
passare dai luoghi santi al tempo santo”. Per spiegare questo
concetto che non è solo un simpatico gioco di parole mons
Napolioni ha ricordato una delle massime di Papa Francesco
contenute nell’Evangelii Gaudium “il tempo è superiore allo
spazio”: “La terra – ha precisato – è sempre oggetto di
contesa, lo spazio sembra non ci basti mai. Se, invece,
ragionassimo di più in base al tempo, che pure non ci basta
mai, ci accorgeremmo che nessuno ce lo può rubare, che lo
possiamo spartire, che può davvero essere santo”.
“Mi riferisco in particolare – ha proseguito – al tempo che
stiamo vivendo: la domenica, la quaresima, la vita. Oggi qui
non celebriamo un ricordo particolare, ma la domenica, quella
che avremmo celebrato comunque con le nostre comunità. Ebbene,
la domenica è esplosiva, la domenica è un po’ inafferrabile, è
il primo e l’ottavo giorno, è un giorno che ha un piede fuori
del tempo, un piede già in Cielo, è liberante. Purché la
viviamo!”
Vivere la domenica per il vescovo Antonio non si riduce ad
assolvere un progetto: “La domenica deve essere – ha esortato
–
il ritmo della vita, il respiro della settimana, la
compagnia che Dio fa agli uomini e che gli uomini e le donne
accolgono come il dono più grande”
Per questo trascorrere la prima settimana di Quaresima come
pellegrini in Terra Santa fa di questo tempo forte qualcosa di
straordinariamente propizio: “Non solo perché quando
celebreremo i riti della Settimana Santa ci verrà in mente la
discesa dal Monte degli Ulivi, piuttosto che la Via dolorosa e
ci spiegheremo un po’ meglio i riferimenti concreti di quelle
narrazioni, ma perché la Pasqua è la cosa più reale che
esiste. Il mistero pasquale è questo Figlio di Dio fatto uomo,
venuto a condividere tutta la nostra fragilità e la morte
infame del bestemmiatore. Ci fa venire i brividi. E saperlo
risorto e presente e vivo nei gesti e nelle parole della sua
Chiesa, fondata sui quegli apostoli ancora dubitanti che lo
vedono salire al Cielo ma poi ricevono il dono dello Spirito,
ci rende protagonisti di un pellegrinaggio che non finisce
qui, ci rende consapevoli che l’essere pellegrini è la vera
condizione dell’uomo”. Da qui l’invito ad essere “Missionari,
inviati a vivere il tempo come il cammino del popolo verso il
suo Signore”.
Per spiegare il mistero della Trasfigurazione al centro del
Vangelo del giorno mons. Napolioni è partito dalla descrizione
del solo stemma: “In esso ho messo il monte. Non solo pensando
a Camerino, ma pensando che quel monte riceve luce dalla
presenza di Cristo e dei cristiani. C’è un sole – l’unico
d’oro –: è lui, il Signore. E in questi giorni il sole ci ha
accompagnato benevolmente, ma più ancora l’esperienza
dell’Eucaristia e della fede ci ha fatto percepire Cristo
vivo”.
Ascolta l’omelia di mons. Napolioni
Terminata l’Eucaristia mons. Napolioni ha annunciato: “Poichè
l’anno prossimo al centro dell’attenzione dell’intera Chiesa
diocesana sarà il discorso missionario di Gesù contenuto nel
Vangelo di Matteo abbiamo pensato di proporre il
pellegrinaggio diocesano, problemi di sicurezza permettendo,
in Turchia per ripercorrere i viaggi di San Paolo”.
Dopo la benedizione a ciascuno pellegrino è stato regalata
un’immaginetta che da una parte reca l’immagine del Santo
Sepolcro e della Cattedrale di Cremona e dall’altra una
preghiera del vescovo Antonio:
Signore,
a Nazaret risuona il tuo annuncio,
e nell’Eccomi di Maria siam tutti chiamati.
Sul monte e sul lago predicavi il Vangelo
che anche oggi ci vuole beati.
La grotta di Betlemme risplende di luce
che avvolge anche i figli da te adottati.
Il Getsemani gronda di ogni dolore,
che raccogli perché siamo tutti redenti.
Dorme la Madre sul monte Sion,
primizia sicura del Regno dei risorti.
Che bello, è domenica, restiamo con Te,
riprende il cammino, di nuovi inviati.
Grazie, Signore, per il dono di questi luoghi,
per i volti dei pellegrini e per chi ci ha accolto.
per i frutti che porteremo nella nostra Chiesa,
tra la gente, santa terra di ogni giorno.
Photogallery della S. Messa nella chiesa di Sant’Anna
Nel pomeriggio i cremonesi hanno fatto una sosta allo Yad
Vashem, il memoriale dell’Olocausto. Si tratta di un grande
complesso voluto dallo stato israeliano per «documentare e
tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah
preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di
vittime», nonché per ricordare e celebrare i non ebrei di
diverse nazioni «che rischiarono le loro vite per aiutare gli
ebrei durante la Shoah» e certificati fino al 1º gennaio 2016
in circa 26.120 persone. I cremonesi si sono soffermati in
modo particolare nel memoriale dei bambini, nella sala della
memoria dove avvengono le cerimonie ufficiali e dove sono
scritti sul pavimento i nomi spaventosi dei campi di
concentramento nazisti, la sinagoga e il monumento che rimanda
al ghetto di Varsavia oltre che il memoriale della
deportazione con un vagone di un treno su dei binari che quasi
si perdono nel cielo. In questo luogo di quiete e di ricordo,
in cui non si vuole dimenticare il “male assoluto”, i
pellegrini hanno riletto il discorso che qui fece papa
Francesco il 26 maggio 2014: una vera e propria richiesta di
perdono a Dio per le tante sofferenze che alcuni uomini hanno
inflitto ad altri uomini.
Photogallery della visita allo Yad Vashem
L’ultima tappa del pellegrinaggio è stato Ein Karem, un
tranquillo villaggio collinare che si trova a pochi chilometri
da Gerusalemme, non lontano dallo Yad Vashem. Al tempo di Gesù
il villaggio era la zona residenziale dei sacerdoti; questo è
uno dei motivi per cui è stato identificato, già dai primi
cristiani, come il villaggio di Zaccaria ed Elisabetta,
genitori di Gesù e cugini di Maria. Il gruppo diocesano ha
potuto visitare solo il santuario della Visitazione – saltando
quello di San Giovanni Battista – composto da due chiese
sovrapposto. In quella inferiore si trova un pozzo e in una
nicchia è visibile una roccia che si sarebbe aperta per
nascondere Elisabetta e il bambino dalla furia dei soldati di
Erode. In quella superiore i grandi affreschi, dedicati a
Maria, catturano l’attenzione dei visitatori. Nel cortile del
santuario si trovano numerosi pannelli di ceramica con il
testo del Magnificat in differenti lingue.
Proprio il canto di lode scaturito da cuore di Maria subito
dopo l’incontro con Elisabetta è stato intonato dai
pellegrini: un gesto di gratitudine a Dio per quanto
assaporato in queste intense giornate in Terra Santa.
Photogallery della visita al santuario della Visitazione
ARCHIVIO:
Intervista
a
don
Roberto
Rota
sul
pellegrinaggio
diocesano in Terra Santa
Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth
Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione,
visita di Nazareth e del monte Tabor
Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con
rinnovazione delle promesse matrimoniali
Quarto giorno: sosta al Giordano e a Gerico e Messa e
visita alla Basilica della Natività di Betlemme
Quinto giorno: visita al Getsemani e al Monte degli
Ulivi e incontro con mons. Pizzaballa
Sesto giorno: visita al Deserto di Giuda, al Mar Morto,
al Sion Cristiano e S. Pietro in Gallicantu
Don
Milani:
passione
educativa e amore
suoi allievi
verso
i
Un prete capace di anticipare gli insegnamenti del Concilio
Vaticano II, un maestro animato da forte passione educativa e
da un grande amore verso i suoi allievi. Sono alcuni aspetti
importanti della figura di don Lorenzo Milani, emersi dal
convegno “Faccio scuola – perché voglio bene a questi ragazzi”
svoltosi sabato 11 marzo nel Salone Bonomelli del Centro
pastorale diocesano
educatori.
di
Cremona,
gremito
di
docenti
ed
L’iniziativa, promossa dall’Ufficio diocesano di Pastorale
scolastica e dal Servizio Insegnamento della religione
cattolica, a 50 anni dalla morte del sacerdote fiorentino, si
è aperta, dopo le parole introduttive di don Claudio Anselmi,
con i saluti della vicesindaco di Cremona, Maura Ruggeri, del
dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale, Franco Gallo,
e del vicario episcopale per la Pastorale, don Gianpaolo
Maccagni.
Saluto del vicesindaco Ruggeri
Saluto del provveditore Gallo
Saluto del vicario episcopale don Maccagni
A introdurre l’incontro la moderatrice, prof.ssa Daniela
Negri, che si è soffermata in particolare sui rapporti fra don
Milani e due importanti figure della Chiesa e della scuola
cremonese: don Primo Mazzolari e il maestro Mario Lodi.
Introduzione della prof.ssa Daniela Negri
È quindi intervenuto lo scrittore e giornalista Mario Lancisi.
Attento studioso e grande estimatore di don Milani, al quale
ha dedicato varie pubblicazioni, il relatore ha sottolineato
alcune date significative della breve ma intensa vita di
questo prete: il 1943, anno della sua conversione cristiana e
della decisione di entrare in Seminario; il 1947, allorché
iniziò a San Donato di Calenzano (Firenze) la sua missione
sacerdotale, caratterizzata da quelle “Esperienze pastorali”
documentate in un libro posto fuori commercio su richiesta del
Sant’Uffizio e solo di recente rivalutato appieno dalla
Chiesa; il 1954, quando venne mandato “in esilio” nella
piccola e sperduta parrocchia di montagna di Barbiana, nel
Mugello, ove intraprese ben presto quella singolare e
innovativa esperienza didattico-educativa testimoniata dalla
“Lettera a una professoressa”, scritta assieme agli allievi
poco prima della sua prematura scomparsa, nel 1967; due anni
prima era apparso un altro suo celebre scritto, “L’obbedienza
non è più una virtù”, con il testo di una lettera ai giudici
per motivare la sua scelta favorevole all’obiezione di
coscienza al servizio militare – allora vietata in Italia -,
costatagli un processo penale, con assoluzione in primo grado
e condanna in appello, estinta in seguito alla morte.
Alla luce di queste date-eventi, Lancisi ha evidenziato alcuni
aspetti salienti della complessa personalità di don Milani: il
suo profondo anelito a una sincera e completa conversione; il
suo spirito di comunità (nella piccola realtà di Barbiana si
realizzò progressivamente un’autentica comunione di beni, di
saperi e di vita); la sua grande attenzione alle persone e
soprattutto agli ultimi, manifestata anzitutto insegnando
l’uso accorto della parola, strumento essenziale per divenire
buoni cittadini e cristiani consapevoli; la dura critica verso
la scuola tradizionale, selettiva fin dagli anni dell’obbligo
e poco attenta ai gravi fenomeni della dispersione e
dell’abbandono studentesco; il senso critico dell’obbedienza
che, in taluni casi, può anche tradursi in una sorta di
disobbedienza civile, come processo critico di assunzione di
responsabilità.
Relazione di Mario Lancisi – prima parte
Relazione di Mario Lancisi – risposte al dibattito
La prof.ssa Negri ha quindi dato voce al messaggio di uno dei
“ragazzi di Barbiana”, Agostino Burberi, che non ha potuto
prendere parte al convegno
Lettera di un “ragazzo di Barbiana”
Ha inoltre preso la parola la maestra Disma Vezzosi, con il
sentito ricordo di un “pellegrinaggio” a Barbiana, nel 2011,
degli iscritti all’Associazione italiana maestri cattolici.
Intervento della maestra Disma Vezzosi
La prof.ssa Chiara Somenzi, docente al liceo scientifico
“Aselli” di Cremona, ha invece approfondito il senso civico di
don Milani, con la sua attenzione costantemente rivolta ai
principi fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini
sanciti dalla nostra Costituzione.
Intervento della prof.ssa Chiara Somenzi
Le conclusioni di Lancisi, suscitate anche da alcuni
interventi dei presenti, hanno quindi terminato l’incontro.
Conclusioni di Mario Lancisi
Photogallery del convegno
Francesco Capodieci
Al
Muro
del
preghiera con
maggiori»
Pianto,
in
i «fratelli
Mentre buona parte di Gerusalemme si è fermata a causa dello
Shabbat, ovvero del sabato ebraico, i pellegrini cremonesi
nella giornata dell’11 marzo hanno trascorso un’intesa
mattinata nel deserto di Giuda, mentre nel pomeriggio sono
saliti sul Sion Cristiano per la visita al Cenacolo e alla
basilica della Dormizione di Maria e per celebrare
l’Eucaristia nella chiesa di San Pietro in Gallicantus. Verso
sera alcuni si sono diretti al Muro del Pianto per una
preghiera tra gli ebrei, che Giovanni Paolo II definì «nostri
fratelli maggiori» e poi si sono soffermati al Santo Sepolcro
per venerare il luogo dove Cristo è stato deposto e da dove è
risorto.
Già verso le 8.30 i pellegrini sono giunti nella località di
Qumran, poco lontano dalla sponda del Mar Morto. Qui, nella
seconda metà del XX, un ragazzino beduino che portava le sue
capre al pascolo scoprì casualmente in una delle grotte che
caratterizzano la zona, delle giarie di terracotta, alcune
delle quali rotte o rovinate altre invece ancora ben chiuse
dal coperchio. All’interno furono trovati antichissimi
manoscritti, tra cui i più antichi manoscritti biblici. La
zona fu subito meta di studiosi e archeologici che scoprirono
che a parire dal II secolo in questa zona si stabilì una
comunità ebraica – gli esseni – desiderosa di ristabilire il
giudaismo puro pervertito dalla classe sacerdotale di
Gerusalemme. Gli esseni vivevano in comunità lavorando,
studiando le Scritture e attendendo l’arrivo del Messia.
Disciplina e stile di vita che assomigliava molto a quello dei
monaci cristiani. La comunità sparì nel 70 dopo Cristo, anno
in cui i Romani sedarono la rivolta giudaica mettendo a ferro
e fuoco l’intero Paese. Certamente fu in quella occasione che
gli esseni nascosero i loro testi sacri in anfore all’interno
di grotte per non lasciarli cadere in mano pagana. In quegli
anfratti del deserto di Giuda sono stati conservati per
duemila anni. Oggi tutti i rotoli si trovano nel Museo
Nazionale d’Israele, ma i pellegrini cremonesi hanno potuto
ammirare alcune copie, oltre che il sito archeologico
comprendente una sala per la scrittura, un refettorio, un
forno, un mulino, un laboratorio e una cucina, nonchè i bagni
per i rituali di purificazione. Un posto davvero affascinante
incastonato tra le montagne del deserto e la pianura che poi
termina con il Mar Morto.
Photogallery della visita al sito di Qumran
E proprio questa singolare immensa distesa d’acqua, posta nel
depressione più profonda del nostro pianeta (-400 metri) è
stata la meta successiva della mattinata. Pochi minuti che
però hanno permesso ad alcuni di bagnarsi i piedi. L’acqua del
Mar Morto, oltre ad avere proprietà terapeutiche – in questa
zona si producono creme e saponi – ha una caratteristica
unica: la sua salinità permette di galleggiare come se si
fosse seduti in poltrone: tipiche sono le fotografie dei
turisti mentre, sdraiati nell’acqua, leggono paciosamente il
giornale. Un’altra caratteristica da non trascurare è la
qualità dell’aria, incredibilmente secca, molto ricca di
ossigeno, priva di poliini e inquinamento.
L’ultima tappa prima del pranzo è stato il monastero di San
Giorgio in Koziba nel cuore del deserto di Giuda, in un
ambiente arido e affascinante, spazzato da una vento forte che
ha mitigato il calore del sole che fin dalla prima mattina ha
fatto sentire la sua presenza. Il complesso di San Giorgio è
un vero e proprio gioiello di architettura monastica, un luogo
magico della Terra Santa e uno dei più remoti monasteri nel
mondo. Per arrivarci occorre percorrere una mulattiera
parecchio ripida, tanto che alcuni beduini del deserto offrono
un passaggio ai turisti sui loro somarelli per pochi euro.
Attorno al monastero, abitato fin dal quarto secolo, vi sono
alcune grotte che hanno ospitato nel corso dei secoli alcuni
monaci anacoreti giunti proprio in questa landa perchè la
tradizione vi situa il ritiro del profeta Elia quando il
Signore gli ordinò di nascondersi nel deserto. Oggi nel
monastero, aperto per le visite anche alle donne, vivono
cinque monaci ortodossi che proseguono nell’ideale ascetico
del fondatore San Giorgio.
Photogallery della visita al deserto di Giuda e al Mar Morto
Nel pomeriggio, subito dopo il pranzo consumato a Gerusalemme,
i pellegrini sono saliti sul Sion cristiano, una zona posta
alla Porta di Sion e a nord della valle della Geenna, appena
fuori dalla città vecchia. Qui sorge il Cenacolo, un luogo
assai caro ai cristiani poichè in questa “sala del piano
superiore” Gesù istituì l’Eucaristia e il sacerdozio
ministeriale durante l’Ultima Cena, compì la lavande dei
piedi, apparve da Risorto e donò lo Spirito a Pentecoste. Oggi
questa grande sale, che fu nel corso dei secoli anche una
moschea, è sotto il controllo degli israeliani: vano fu
l’appello che Giovanni Paolo II fece durante il Grande
Giubileo perchè essa tornasse ai cristiani. Tra le volte di
questo ambiente posto a pochi passi dalla tomba del Re Davide,
i cremonesi hanno letto il brano evangelico dell’ultima cena
con una certa emozione e trasporto spirituale.
La basilica della Dormizione che con la sua maestosa cupola
domina l’intero Monte Sion è stata l’altra meta del
pomeriggio. La tradizione cristiana pone sul Sion il luogo in
cui la Madonna passò dalla vita terrena a quella celeste. La
chiesa che custodisce questo mistero è retta dai benedettini
tedeschi ed è stata costruita nel XX secolo. Nella Cripta vi è
una statua delle Vergine Dormiente che ricorda come la Madre
di Dio non morì, ma si addormentò.
A San Pietro in Gallicantu, luogo in cui la tradizione pone
l’annuncio del tradimento di Pietro da parte di Gesù i
cremonesi hanno celebrato l’Eucaristia. Non è escluso che in
questo luogo ci fosse l’abitazione di Caifa, il sommo
sacerdote che contribuì alla condanna di Cristo. Nella cripta
della chiesa c’è un complesso di grotte e di stanze, una delle
quali fu utilizzata come prigione: potrebbe essere stato il
luogo di detenzione di Gesù la notte del giovedì santo, in
attesa del mattino per portarlo da Pilato. I pellegrini hanno
anche potuto ammirare una scala del primo secolo che corre
parallela alla chiesa: con molta probabilità il Figlio di Dio
la salì per andare da Caifa.
«Al centro di questo pelleggrinaggio c’è quella tomba vuota –
ha esordito il Vescovo nell’omelia -. Al centro di questo
pellegrinaggio c’è l’esperienza di un cuore che, invece, si
riempie, perché quella tomba è vuota e noi riceviamo vita.
Ecco perché stasera vorrei fermarmi un istante con voi qui sul
Sion, vicini al Cenacolo, a vivere davvero ciò che
l’Eucaristia ci offre ogni volta che vogliamo, ogni volta che
possiamo».
Per mons. Napolioni ha ricordato che nel Cenacolo si possono
fare memoria di tre momenti. Anzitutto la cena pasquale: «Gesù
consegna il pane e il vino attribuendo a essi il valore di
essere segno perenne, memoriale della sua imminente morte e
risurrezione. È lui il vero agnello, è lui che dona la sua
vita. E lo fa vedere anche lavando i piedi ai discepoli,
ricordando dunque che c’è un Eucaristia celebrata, ma che ci
deve essere anche un’Eucaristia vissuta e testimoniata nella
carità fratena».
Quello stesso luogo alcuni giorni dopo diventa teatro delle
sue apparizioni da Risorto: «C’era sicuramente Maria durante
la cena, ma era lì anche quando il Signore è venuto e ha
detto: “Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo”. La Pentecoste
– ed è il terzo momento – non è un episodio della vita di
Gesù: è la nuova realtà, è l’essenza della Chiesa, la
consegna, da parte del Padre e del Figlio, dello Spirito
Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, dà la vita e fa di
noi il corpo di Cristo». Mons. Napolioni ha quindi ricordato
che il vero protagonista del pellegrinaggio è
lo Spirito
Santo: «È Colui che era con noi prima ancora che partissimo da
Cremona. È Colui che ci ricondurrà a casa»
E così ha concluso guardando alla Vergine: «Nel libro
dell’Apocalisse il segno della donna vestita di sole, Maria
assunta in cielo non sono privilegi singolari, ma segnali
stradali che ci indicano la via del pellegrinaggio che
continua. Dalla terra al cielo, giorno per giorno, nei giudizi
che diamo su di noi e sugli altri, nella qualità della vita
nelle sue piccole cose. Lì si vede chi siamo!».
Ascolta l’omelia di mons. Napolioni
Il pomeriggio è proseguito al Muro del Pianto meta di numerosi
osservanti ebrei intenti a celebrare lo Shabbat, il giorno di
sabato, per loro così sacro da evitare ogni lavoro. Non è
stato possibile documentare questo intenso momento di
preghiera e di omaggio ai «fratelli maggiori» con una serie di
foto e filmati perchè proibite in quanto sabato – ne abbiamo
scattate soltanto qualcuna eludendo il
l’emozione è stata davvero palpabile.
divieto
-,
ma
Photogallery della visita al Monte Sion e al Muro del Pianto
Ancora più emozionante la visita all’interno dell’edicola del
Santo Sepolcro, impossibile il giorno precedente a causa di
una folla enorme e di una solenne celebrazione degli armeni
ortodossi. Dopo una mezz’ora di attesa i pellegrini sono
potuti entrare prima nella Cappella dell’Angelo e poi nel
piccolo antro dove si trova la lastra su cui fu poggiato il
corpo di Gesù e dalla quale è risorto. Quattro per quattro i
cremonesi sono entrati e hanno baciato la lastra che i monaci
ortodossi continuano a spalmare con profumi e unguenti. In
quei pochi istanti ciascuno ha rinnovato la sua fede nel Dio
vivo.
Domenica mattina, ultimo giorno di pellegrinaggio vero e
proprio, è prevista la sosta alla Spianata del Tempio, quindi
visita del nuovo museo francescano e della chiesa di S. Anna
dove alle ore 12 sarà celebrata la S. Messa. Nel pomeriggio
tappa allo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto e continuazione
per Ein Karem con la visita ai santuari che ricordano la
Nascita di S. Giovanni e la Visitazione di Maria ad
Elisabetta.
Lunedì 13 marzo, di primissimo mattino, l’imbarco per
l’Italia: l’arrivo a Cremona è previsto per l’ora di pranzo.
ARCHIVIO:
Intervista
a
don
Roberto
Rota
sul
pellegrinaggio
diocesano in Terra Santa
Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth
Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione,
visita di Nazareth e del monte Tabor
Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con
rinnovazione delle promesse matrimoniali
Quarto giorno: sosta al Giordano e a Gerico e Messa e
visita alla Basilica della Natività di Betlemme
Quinto giorno: visita al Getsemani e al Monte degli
Ulivi e incontro con mons. Pizzaballa
Pizzaballa:
«Non
lasciate
soli i
Santa»
cristiani
di
Terra
Dopo aver celebrato il mistero dell’incarnazione del Figlio di
Dio prima a Nazareth e poi a Betlemme, i 220 cremonesi
pellegrini in Terra Santa, nella giornata di venerdì 10 marzo,
hanno pregato e meditato sulla morte e risurrezione di Gesù.
La giornata, ancora caratterizzata dal sole, è iniziata nel
Getsemani, a piedi del Monte degli Ulivi: in questo giardino,
ben tenuto, ricco di ulivi secolari – tra essi anche quello
piantato da Paolo VI nel suo viaggio nel 1964 – , ora
circondato da una cancellata di ferro battuto, Gesù amava
ritirarsi in preghiera. Vi si trovava anche una grotta
contenente un frantoio certamente appartenente a un amico di
Gesù, che lo ospitava con i suoi discepoli nella sua
proprietà.
A fianco si trova la chiesa delle Nazioni, chiamata così
poiché diversi paesi ne hanno finanziato la costruzione negli
anni Venti del secolo scorso. La penonbra all’interno della
basilica ha subito trasmesso un senso di abbandono, di
solitudine, di dolore e angoscia provati da Cristo quando i
suoi amici non seppero vegliare con lui e quando Giuda venne
con i soldati del tempio per arrestarlo. Sotto l’altare la
roccia dell’agonia sulla quale Egli pianse e sudò sangue prima
di abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio.
Sotto le volte stellate di questo edificio sacro mons.
Napolioni ha presieduto l’Eucaristia che ha dato inizio alla
giornata. «Matteo – ha esordito nell’omelia – dice che Gesù
incominciò a provare tristezza e angoscia. Che ne sa
l’evangelista? Lui non c’era. Lui era già in confusione, più
lontano. O forse è fin troppo facile immaginare, visto come
sono andate le cose, che cosa deve aver provato Gesù quella
notte. Perché se in ogni vicenda di dolore, in ogni prova, in
ogni grave malattia, in ogni prova interiore viene da
domandarci “perché?”, l’avrà gridato anche Gesù dentro di sé».
«La domanda sui pensieri e i sentimenti di Gesù in quelle ore
– ha proseguito il presule – è una domanda che ha accompagnato
tutti i cristiani appena non superficiali. E che dovrà
accompagnare tutti i cristiani, tutti gli uomini e tutte le
donne che vorranno nel tempo misurarsi con Gesù».
«I santi – ha proseguito – sono andati un po’ più avanti.
Permettetemi di ricordare una mia concittadina: santa Camilla
Battista da Varano, monaca francescana che a Camerino, nel
1500, scrisse un trattato sui dolori mentali, sulla sofferenza
psicologica e spirituale di Gesù durante la Passione».
Per mons Napolioni la sofferenza più grande di Gesù è stata
quella di capire il senso della sua figliolanza divina: «Già
le guide ci hanno introdotto al dramma di questa espressione
della Lettera agli Ebrei: “Pur essendo figlio imparò
l’obbedienza. E per il suo pieno abbandono, soffrendo, venne
reso perfetto”».
«Qual è il figlio perfetto? – si è domandato il vescovo
Antonio -. Quello che davanti all’apparente drammatico
silenzio del Padre – la cui volontà è un calice di dolore, è
la morte del proprio figlio per adottare i peccatori di tutta
la storia – passa dal dubbio di sentirsi abbandonato
all’abbandonarsi al Padre: “Nelle tue mani consegno il mio
spirito”. Non è l’eroe vittorioso, né l’eroe sconfitto: è il
bambino fiducioso, umile, fragilissimo, l’agnello immolato che
salva il mondo. Il pastore si è fatto agnello: è il paradosso
delle nostra fede. Una fede così non poteva venire in mente
agli uomini. Non c’è nessun guadagno ad avere una fede così. A
meno che non solo lui risorga, ma a meno che Lui non sia
presente. È qui! Nel nostro impasto di farina e di acqua, di
sofferenza e di speranza, di dolore e di amore. Eccolo il
Figlio reso perfetto».
E così ha concluso: «In questa Eucaristia pensiamo a più
persone possibili, riportiamo tutti i momenti più difficili
della nostra vita, della vita delle nostre famiglie.
Contempliamo la fedeltà assoluta di Dio, che conduce la storia
nonostante le violenze, le guerre, i drammi che avrebbero
potuto già chiudere. E invece Lui si è lasciato schiacciare
perché rifiorisse la vita».
Durante la Messa, che si è conclusa con il bacio dei
pellegrini alla pietra dell’agonia, si è pregato intensamente
per tutti i sacerdoti e in modo particolare per il vescovo
emerito Lafranconi che proprio il 10 marzo compie gli anni.
Ascolta l’omelia di mons. Napolioni
Photogallery della celebrazione eucaristica
La mattinata è proseguita con la visita alla vicina tomba di
Maria: una chiesa di epoca crociata caratterizzata da una
lunga scalinata che porta fino al luogo in cui la Vergine
passò da questa vita a quella eterna. Accanto a questo
edificio sacro retto dagli ortodossi si trova la grotta del
frantoio, una cappella che all’epoca delle persecuzione dei
cristiani ricordava, in maniera molto nascosta, l’episodio del
Getsemani. Oggi è una cappella francescana molto intima e
angusta.
A seguire è stata visitata l’edicola dell’ascensione, di epoca
crociata, oggi trasformata in moschea. All’interno c’è una
pietra con una vanga impronta di piede: si dice che sia stata
l’ultima traccia lasciata da Cristo prima di salire in Cielo.
Particolarmente suggestivo anche il complesso carmelitano del
Pater Noster che racchiude la grotta nella quale il Signore
Gesù insegnò ai discepoli il Padre Nostro. Lungo le pareti del
bellissimo chiostro, immerso nel verde, sono appesi più di un
centinario di pannelli in ceramica, riportanti la preghiera in
diverse lunghe e dialetti di tutto il mondo, compreso il
milanese.
Ultima tappa è stato il Domunis Flevit: scendendo dal monte
degli Ulivi – da cui si gode una bellissima vista di
Gerusalemme e della valle di Giosafat costellata di tombe di
pii ebrei – una chiesa francescana ricorda il pianto di Cristo
sulla Città Santa. Questo luogo è particolarmente frequentato
dai pellegrini, forse anche a motivo del panorama incantevole.
La chiesa (1955), opera del già citato architetto Barluzzi, ha
un particolare cupola a forma di lacrima e una grande vetrata
proprio dietro l’altare che dà sulla città vecchia.
Photogallery della visita al Monte degli Ulivi
Nel primo pomeriggio, presso la concattedrale del Santissimo
Nome di Gesù, interna al Patriarcato Latino, c’è stato un
fraterno incontro con mons. Pierbattista Pizzaballa,
amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme. Il
presule, fino a poco tempo fa Custode di Terra Santa, ha
origini diocesane: i suoi genitori, infatti, sono di Brignano
Gera d’Adda. Con molta disponibilità e umiltà l’arcivescovo ha
raccontato le fatiche e le speranze della Chiesa di
Gerusalemme (essa comprende non solo Israele e la Palestina,
ma anche la Giordania e Cipro). Pizzaballa ha spiegato che in
Terra Santa vivono solo 180.000 cristiani (di questi il 40% è
cattolico) a fronte di oltre 6 milioni di ebrei e 4 milioni di
musulmani. Pur essendo una piccola comunità quella cattolica
ha numerose scuole e ospedali e continua ad adoperarsi per
favorire il dialogo tra ebrei e palestinesi. Eppure le
difficoltà economiche e l’ostilità di parte della popolazione
costringe i cristiani ad emigrare: solo negli ultimi mesi
oltre 120 famiglie se ne sono andate da Betlemme!
Ascolta l’intervento dell’arcivescovo Pizzaballa
L’arcivescovo non ha comunque nascosto la difficoltà di
rapporti sia con gli israeliani sia con i palestinesi,
sottolineando invece i buoni frutti in campo ecumenico: i
restauri in atto della basilica della Natività a Betlemme e
quelli del Santo Sepolcro a Gerusalemme – dopo decenni di
stasi – sono un evidente prova che il confronto tra i
cristiani delle diverse confessioni è stato avviato. Tra
l’altro questa primavera ecumenica è dovuta soprattutto ai
fedeli: non esiste famiglia, infatti, in cui i coniugi siano
della stessa confessione.
Mons. Pizzaballa ha poi ricordato il dramma dei cristiani di
Aleppo in Siria, che dista solo poche centinaia di chilometri
da Gerusalemme, e ha sottolineato che se non ci sono
attentanti o fatti gravi in Israele, comunque serpeggia una
mentalità fondamentalista in tanti palestinesi.
Nel suo breve intervento il presule ha chiesto di non lasciare
soli i cristiani di questa Terra, di pregare e di sostenerli,
anche attraverso più frequenti pellegrinaggi.
Quello di Cremona – sono parole di Pizzaballa – è il gruppo
più numeroso dopo tanti mesi: la paura di attentanti è molto
forte nella gente.
A mons. Pizzaballa è stato consegnata una offerta della Chiesa
cremonese a favore di quellla di Gerusalemme.
Photogallery dell’incontro con mons. Pizzaballa
La giornata si è quindi conclusa con la meditazione della
passione del Signore attraverso la preghiera della Via Crucis:
i pellegrini hanno iniziato insieme questa pratica devozionale
poi divisi nei cinque gruppi hanno percorso la via Dolorosa
che attraversa il quartiere musulmano e cristiano e che
termina alla basilica del Santo Sepolcro.
I cremonesi hanno potuto sperimentare quello che visse Gesù:
essi, infatti, sono passati tra le piccole vie della città
costellate di negozi di ogni genere, tra il vociare dei
commercianti, lo strillare dei bambini, il dialogare concitato
dei residenti ormai abituati a veder passare tanti gruppi di
cristiani. Così è andato a morire il Figlio di Dio, tra
l’indifferenza della gente.
L’ultima tappa è stata al Santo Sepolcro, una basilica che è
il risultato di diversi edifici costruiti e distrutti diverse
volte dove convivono diverse confessioni cristiane (cattolica,
ortodossa, copta, siriaca, armena) e dove i pellegrini sono
sempre tantissimi. L’impressione di confusione e di disordine
è sempre molto forte, ma che si dimentica dinanzi al Calvario,
il
luogo
dove
fu
Crocifisso
Cristo
con
i
due
malfattori, passando poi dalla pietra dell’unzione, che
ricorda la preparazione del corpo di Gesù per la sepoltura,
fino all’edicola del Santo Sepolcro, il luogo più santo di
tutta la Cristianità, attualmente in restauro ma visitabile da
parte dei fedeli.
Non tutti i gruppi, dato l’alto afflusso di pellegrini, sono
potuti entrate nel Sepolcro: sabato o domenica, certamente,
anche chi non ha potuto provare questa intensa esperienza
spirituale, potrà entrare nel luogo che da Duemila anni è
testimone muto della Risurrezione.
Photogallery della Via Dolorosa
Nella mattinata di sabato 11 marzo escursione nel Deserto di
Giuda: visita di Qumran, dove in alcune grotte vennero
rinvenuti i più antichi manoscritti della Bibbia. Rientrando a
Gerusalemme sosta al Wadi Qelt. Pranzo in ristorante. Nel
pomeriggio celebrazione della Santa Messa alle ore 15 nella
Chiesa di San Pietro in Gallicantu; a seguire visita del Sion
Cristiano con il Cenacolo, la Chiesa della Dormitio Mariae e
la Valle del Cedron.
ARCHIVIO:
Intervista a don Roberto Rota sul pellegrinaggio
diocesano in Terra Santa
Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth
Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione,
visita di Nazareth e del monte Tabor
Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con
rinnovazione delle promesse matrimoniali
Quarto giorno: sosta al Giordano e a Gerico e Messa e
visita alla Basilica della Natività di Betlemme
PROGRAMMA DEI PROSSIMI GIORNI
Domenica 12 marzo:
BETLEMME/Escursione a Gerusalemme
Partenza per Gerusalemme e visita della Spianata del Tempio e
al Muro occidentale della preghiera. Visita del nuovo museo
francescano e della chiesa di S. Anna dove alle ore 12 sarà
celebrata la S. Messa. Nel pomeriggio visita dello Yad Vashem,
il Museo dell’Olocausto e continuazione per Ein Karem con la
visita ai santuari che ricordano la Nascita di S. Giovanni e
la Visitazione di Maria ad Elisabetta.
Lunedì 13 marzo:
BETLEMME/TEL AVIV/ITALIA
Nella notte
trasferimento in aeroporto a Tel Aviv per il
rientro a Cremona previsto per le ore 13.
Napolioni a Betlemme: «Il
vero amore è quello adottivo»
Giornata particolarmente intensa quella di giovedì 9 marzo per
i 220 cremonesi che da lunedì scorso stanno partecipando al
pellegrinaggio diocesano in Terra Santa presieduto dal vescovo
Napolioni e promosso dall’agenzia viaggia diocesana
Profilotours. Di buon mattino i cinque pullman hanno lasciato
la città di Nazareth e dopo aver attraverso la ridente pianura
di Esdrelon hanno costeggiato il fiume Giordano che fa da
confine naturale con il Regno di Giordania. Prima di giungere
a Gerico c’è stato una sosta a Qars Al-Yahud, luogo in cui la
tradizione cristiana colloca la predicazione di Giovanni il
Battista e dove Gesù Cristo ricevette il battesimo. Qui,
grazie a delle rampe di legno costruite dall’autorità
israeliana i cremonesi hanno potuto avvicinarsi all’acqua e
segnarsi a ricordo del proprio battesimo.
Un posto davvero incantevole costellato da una natura
lussureggiante e da graziosi monasteri, soprattutto di
tradizione greco-ortodossa, che donano un tocco davvero
suggestivo all’ambiente. Tutti e cinque i gruppi, dopo un
rapida spiegazione storico-biblica, si sono raccolti
brevemente in preghiera rinnovando le promesse battesimali.
Tra i tanti di pellegrini presenti al Giordano, alcuni,
soprattutto provenienti dall’est Europa, hanno rinnovato la
memoria del proprio battesimo immergendosi totalmente nel
fiume che in questa zona è poco più che un canale.
Photogallery della sosta al Giordano
Meta di metà giornata è stata poi Gerico, oasi della valle del
Giordano, una delle più antiche città del mondo, se non
addirittura la più antica. I primi insediamenti ritrovati
negli scavi archeologici risalgono a circa novemila anni prima
di Cristo! C’è, però, un altro primato che le appartiene:
quello di essere la città più bassa della terra, poiché si
trova a circa 260 metri sotto il livello del mare. Fin
dall’antichità Gerico veniva chiamata la città delle palme: i
pellegrini, giungendo da una zona prettamente desertica, hanno
capito subito il perché: il paesaggio, infatti, è di colpo
cambiato grazie a questi alberi imponenti che hanno dato un
senso di refrigerio, data anche la mattinata molto calda.
A Gerico i pellegrini si sono soffermati brevemente dinanzi ad
un maestoso sicomoro che ha permesso di ricordare l’episodio
di Zaccheo, il capo dei pubblicani della città chiamato da
Gesù a cambiare vita. Suggestivo anche il monte delle
tentazioni dove Gesù si ritirò per quaranta giorni insidiato
dal demonio. Arroccato su uno sperone di roccia di trova un
monastero greco-ortodosso del XIX secolo, anche se esperienze
monastiche erano già presenti nel IV secolo.
Dopo il pranzo e un congruo tempo per lo shopping (buonissimi
in questa zona i datteri e la frutta) il viaggio è proseguito
per Betlemme. Dallo Stato di Israele i cremonesi sono dunque
entrati nei territori dell’Autorità Palestinese attraversando
uno dei famosi check-point presidiato da militari israeliani
armati. Prima di entrare in città c’è stato tempo per una
veloce visita al Campo dei Pastori che si trova a Beit Sahur,
un piccolo villaggio distante poco più di 3 chilometri da
Betlemme.
Questo luogo, custodito dai frati francescani e assai ben
tenuto, è identificato come la zona in cui i pastori portavano
le greggi al pascolo e quindi dove l’angelo apparve loro
annunciando la nascita del Figlio di Dio. Fin dall’inizio
dell’esperienza cristiana questo sito è sempre stato
frequentato da credenti che hanno trasformato le grotte in
luoghi di culto. Un santuario della metà del secolo scorso, la
cui forma richiama una tenda, domina l’intero giardino.
Photogallery della visita al Campo dei Pastori
Ma il momento più emozionante della giornata è stata
certamente la visita alla Basilica della Natività che in
questi mesi è sottoposta a massici restauri che hanno permesso
di ritrovare meravigliosi mosaici di epoca
pellegrini hanno potuto gustare attraverso le
nota di orgoglio: la ditta che sta lavorando
santo è italiana, si tratta della Piacenti Spa
bizantina che i
impalcature. Una
in questo luogo
di Prato.
Prima di scendere nella grotta dove nacque il Figlio di Dio i
cremonesi hanno celebrato la Messa nella vicina chiesa di
Santa Caterina passando per il pittoresco chiostro mediovale
di San Girolamo, la cui statua si erge nel mezzo del giardino
vicino ad una natività opera dei maestri artigiani di Tesero
(Trentino).
In questa chiesa parrocchiale, retta dai francescani,
costruita nella seconda metà del XIX secolo, è stata celebrata
l’Eucaristia ricordando in modo particolare il mistero
dell’incarnazione del Figlio di Dio.
Non per nulla tra canti tipici del Natale il Vescovo, durante
la processione introitale, ha portato solennemente la statua
di Gesù Bambino che poi è stata posta ai piedi della mensa.
«Il segno che ci viene offerto qui a Betlemme, come in ogni
Natale, è il Bambino, il Figlio – ha esordito nell’omelia
mons. Napolioni -. “Un bambino è nato per noi”, “Ci è stato
dato un figlio” dice Isaia. Lo possiamo dire tutti, lo
dobbiamo dire tutti. Lo può dire anche un prete che figli non
ne ha, lo può dire la sterile, lo può dire l’anziano, lo può
dire il bambino».
E così ha proseguito: «È un mistero grande: è stato dato a
ciascuno di noi e a tutti noi, ad ogni uomo della terra, quel
figlio lì, il Figlio di Dio venuto nel mondo…. Il Padre l’ha
lasciato, Lui ha lasciato il Padre (anche se il Padre è sempre
con Lui) e ci ha preso con sé. Questi due verbi – lasciare e
prendere – a noi non piacciono. Invece dicono il lavoro che
noi dobbiamo compiere».
«Lasciare che qualcosa avvenga in noi, che anche noi veniamo
presi – ha puntualizzato il vescovo Antonio -. Prima dobbiamo
dire “sì” a questo Figlio. Lo prendiamo in casa con noi? Non
basta fare il presepio o venire in Terra Santa: occorre
scegliere, soffrire, gioire per il Vangelo, ogni giorno. E
guardare con gli occhi di Gesù la vita nostra e degli altri.
Guardarci negli occhi riconoscendoci tutti presi, coinvolti
dallo stesso fatto».
Per mons. Napolioni Gesù è un figlio che scotta: «Dare un
bacetto a quel Bambinello è più facile che fare la Comunione.
Fare la Comunione è più facile che baciare il lebbroso. Ma non
c’è differenza tra questi gesti. C’è la chiamata ad accorgerci
che siamo tutti figli adottati dal Padre. Eravamo dispersi,
eravamo nelle tenebre: abbiamo visto la Luce. Non più da
lontano: ci è entrata dentro. È dentro gli occhi, la vita e il
cuore di chi ci circonda. È nascosta, magari, dietro ai muri
che continuiamo a costruire; dietro alle sofferenze e le
paure. Ma c’è! Perché Cristo è vivo!».
Ma Gesù non è vivo solo in cielo o nei monumenti, ma nella sua
Chiesa: «Una Chiesa senza confini, che qui si raduna e da qui
riparte per andare incontro al mondo per dirgli quando questo
Dio, folle d’amore, lo ama, lo perdona, lo custodisce, lo
porta a compimento».
«E allora il vero amore è l’amore adottivo – ha continuato il
celebrante -. Dice un proverbio africano: “Per mettere al
mondo un figlio basta una madre, ma per farlo
vuole un villaggio”. Le nostre comunità devono
madri di tutti i loro figli, sentendo che tutti i
loro figli. Questo senso di corresponsabilità io
seminaristi e ai miei preti».
crescere ci
ridiventare
bambini sono
lo chiedo ai
E senza peli sulla lingua ha continuato: «Ho detto ai
seminaristi che li ordinerò sacerdoti solo se sapranno
prendersi cura dei figli degli altri. Altro che preti
pedofili! Abbiamo bisogno di preti, di educatori, di nonni, di
baristi, di genitori, di allenatori, di passanti che si
accorgano che ci è stato dato un figlio».
E ancora: «La grande malattia del nostro Paese, del nostro
tempo è questa sterilità crescente, questa paure del futuro.
Ma avete visto che nel mondo i bambini ci sono: saranno questi
i nostri figli, se non ci sbrighiamo a farli a immagine e
somiglianza dell’italianità. Saranno i figli di Dio che non
mancheranno mai a sfidare il cuore dei credenti, perché
testimonino che davvero quel Bambino fa la differenza».
Concludendo la sua omelia mons. Napolioni ha indicato
l’esempio di Eusebio di Cremona che visse a Betlemme,
discepolo di San Girolamo: «Un santo che si perde quasi nella
notte dei tempi ma che ha un punto di riferimento: Girolamo e
le Scritture. Saranno le Scritture, la Bibbia, a educarci il
cuore, a renderci di nuovo fecondi, capaci di vincere le paure
e le resistenze, a plasmare il nostro modo di pensare, di
sentire e di fare. Che questo pellegrinaggio in Terra Santa ci
faccia tornare a casa non solo un po’ più istruiti e
acculturati, ma innamorati del Vangelo e delle Scritture
Sante, che possano accompagnarci non solo come consolazione
personale nei momenti difficili, ma come criterio di giudizio
e di discernimento delle nostre responsabilità: chiamata
quotidiana a dire “sì” a Colui che è nato e che ci vuole con
sé, come sacramento di salvezza per il mondo».
Ascolta l’omelia di mons. Napolioni
Al termine dell’Eucaristia, durante la quale si è pregato per
tutti i bambini del mondo e per i cristiani di Terra Santa,
ogni pellegrini ha potuto baciare la statua di Gesù bambino.
Prima di lasciare la basilica i pellegrini hanno visitato le
grotte di Santa Caterina dove è conservata la memoria di San
Girolamo e del suo discepolo Eusebio da Cremona. Poi
nonostante la lunga fila sono scesi anche nella grotta della
Natività, sotto la grande e antica basilica a cinque navate
voluta da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino:
nonostante tante vicissitudini, del primitivo edificio sacro
si conservano ancora alcune vestigia, come il prezioso
pavimento a mosaico.
Nell’angusta grotta, lunga e stretta, i pellegrini si sono
inginocchiati per baciare la stella di argento posta su una
lastra di marmo: proprio qui Cristo emise il suo primo vagito
e iniziò la sua avventura di uomo. Il luogo santo è sormontato
da una iconostasi greco-ortodossa. Accanto c’è l’altare dei
magi che ricorda la venuta dei re d’Orienti per adorare Gesù.
L’altare è di proprietà cattolica e di fronte c’è il luogo
della mangiatoria.
Dopo questo emozionante atto di devozione, i cremonesi sono
partiti alla volta dell’albergo Jacir Palace Hotel posto a
pochi metri dal muro fatto costruire dagli israeliani a
partire dalla primavera del 2002 per separare nettamente lo
stato d’Israele e dai luoghi
dell’autorità Palestinese.
sotto
l’amministrazione
Nel luogo in cui nacque il Principe della Pace, gli uomini
continuano a costruire barriere tra di loro. La strada è
ancora lunga.
Photogallery della Messa e visita alla Basilica della Natività
Venerdì 10 il pellegrinaggio farà tappa a Gerusalemme. Alle
ore 9 è prevista la celebrazione della S. Messa nella Basilica
dell’Agonia; a seguire salita al Monte degli Ulivi e visita
dell’edicola dell’Ascensione, della Chiesa del Pater Noster,
della Chiesa del Dominus Flevit, terminando con la Tomba delle
Vergine. Nel pomeriggio alle ore 15 incontro con Mons.
Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme;
a
seguire
percorso della Via Dolorosa nella città vecchia
partendo dal Convento della Flagellazione ed arrivando alla
Basilica del Santo Sepolcro. Visita e tempo a disposizione.
ARCHIVIO:
Intervista
a
don
Roberto
Rota
sul
pellegrinaggio
diocesano in Terra Santa
Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth
Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione,
visita di Nazareth e del monte Tabor
Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con
rinnovazione delle promesse matrimoniali
PROGRAMMA DEI PROSSIMI GIORNI
Sabato 11 marzo:
BETLEMME/Escursione nel Deserto di Giuda
e a Gerusalemme
Mezza pensione in hotel. In mattinata escursione nel Deserto
di Giuda: visita di Qumran, dove in alcune grotte vennero
rinvenuti i più antichi manoscritti della Bibbia. Rientrando a
Gerusalemme sosta al Wadi Qelt. Pranzo in ristorante. Nel
pomeriggio celebrazione della Santa Messa alle ore 15 nella
Chiesa di San Pietro in Gallicantu; a seguire visita del Sion
Cristiano con il Cenacolo, la Chiesa della Dormitio Mariae e
la Valle del Cedron.
Domenica 12 marzo:
BETLEMME/Escursione a Gerusalemme
Mezza pensione in hotel. Partenza per Gerusalemme e visita
della Spianata del Tempio e al Muro occidentale della
preghiera. Visita del nuovo museo francescano e della chiesa
di S. Anna dove alle ore 12 sarà celebrata la S. Messa. Nel
pomeriggio visita dello Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto e
continuazione per Ein Karem con la visita ai santuari che
ricordano la Nascita di S. Giovanni e la Visitazione di Maria
ad Elisabetta.
Lunedì 13 marzo:
BETLEMME/GERUSALEMME/TEL AVIV/ITALIA
Dopo la prima colazione eventuale tempo a disposizione sino
al trasferimento in aeroporto a Tel Aviv per il rientro in
Italia.
Auguri al vescovo Dante che
festeggia il 77° compleanno
Venerdì 10 marzo il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi,
compie 77 anni: il presule è nato, infatti, a Mandello del
Lario (provincia di Lecco, ma diocesi di Como) nel 1940 da
Albino e Giulia Bassini. Ha tre fratelli: Giancarlo, Ermes e
June, quest’ultima lo ha seguito sia a Savona sia a Cremona.
Dopo aver compiuto gli studi ginnasiali e teologici nel
seminario diocesano di Como, è stato ordinato sacerdote il 28
giugno 1964. Per completare il percorso teologico è stato
inviato a Roma, dove ha conseguito la licenza in Storia
ecclesiastica presso la Pontificia Università Gregoriana e il
diploma di Teologia morale presso la Pontificia Accademia
Alfonsiana.
Il 7 dicembre 1991 è stato eletto vescovo di Savona-Noli,
mentre il 25 gennaio 1992 è stato ordinato vescovo nella
Cattedrale di Como. L’8 settembre 2001 Giovanni Paolo II l’ha
destinato alla Chiesa di Cremona nella quale ha fatto il suo
ingresso il 4 novembre dello stesso anno.
Il 16 novembre 2015 il Papa lo ha nominato amministratore
apostolico della diocesi di Cremona fino al 30 gennaio scorso,
giorno in cui ha ordinato vescovo il suo successore, mons.
Antonio Napolioni.
Il Vescovo emerito, che continua a prestare il suo servizio
pastorale in diocesi di Cremona in stretta collaborazione con
il vescovo Antonio, lo scorso 25 gennaio ha festeggiato i 25
anni di episcopato.
A mons. Lafraconi gli auguri più fervidi di tutta la Chiesa
che è in Cremona con l’assicurazione di un costante ricordo
nella preghiera.
Biografia completa di mons. Lafranconi
Dal 16 marzo al CineChaplin
il film sul card. Martini
Dal 16 marzo anche a Cremona il film di Ermanno Olmi sul card.
Martini “vedete, sono uno di voi”, in programmazione al
CineChaplin di via Antiche Fornaci 58. Il film, che ha avuto
una preparazione di oltre quattro anni, ha soggetto e
sceneggiatura di Olmi insieme a Marco Garzonio, giornalista
del Corriere della Sera che per decenni ha seguito l’uomo
destinato a diventare arcivescovo di Milano.
Prodotto da Istituto Luce Cinecittà insieme a Rai Cinema, è un
documentario che si avvale di immagini di repertorio scovate
in importanti archivi ed è accompagnato dalla voce fuoricampo
dello stesso Olmi, che facendo parlare in prima persona l’ex
arcivescovo di Milano ne mette subito in evidenza il lato
umano.
Tutto inizia con la morte del card. Carlo Maria Martini,
avvenuta il 31 agosto 2012 all’Alosianum di Gallarate. Quella
stanza, prima sequenza del film, torna, quasi come un monito,
più volte nel film-documentario che racconta la storia di
quest’uomo buono, figlio dell’alta borghesia torinese, che già
a dieci anni aveva scelto di dedicare tutta la sua vita a Dio.
Si segue poi la sua iniziazione alla religione tra i Gesuiti
fino all’elezione di Martini ad arcivescovo di Milano nel
1979.
Olmi ripercorre la vita di Martini, segnando gli snodi
principali e le città che lo hanno accolto: Torino, Roma,
Milano e Gerusalemme. Una vera poesia per immagini, quella del
regista bergamasco, che ha saputo entrare nella storia di
Martini con rispetto e attenzione, tenendosi cautamente
lontano da un ritratto agiografico, piano, scegliendo di
raccontare l’uomo, il sacerdote, la sua missione per la Parola
e per la prossimità.
In “vedete, sono uno di voi” si attraversano così gli eventi
drammatici degli anni milanesi tra terrorismo, anni di piombo,
tangentopoli, conflitti, corruzione, crisi del lavoro e
solitudini. In poco meno di ottanta minuti, tra immagini di
repertorio, suggestiva musica classica e la voce fuori campo
di Olmi, si racconta una carrellata di accadimenti che
attraversano l’Italia del Novecento.
Olmi mantiene il suo stile, il suo modo di investigare la fede
e la Chiesa stessa, richiamando soprattutto quella sua
riflessione sulla carità e inclusione che è “Il villaggio di
cartone” (2011). Racconto lucido, serio, puntale ma anche
profondamente emozionante. Olmi trasmette allo spettatore una
spiritualità autentica e convincente, restituendoci
un’immagine del cardinale ancora oggi vivida e in grado di
parlare al mondo contemporaneo.
Il documentario di Olmi è stato presentato in anteprima al
Duomo di Milano lo scorso 10 febbraio, a pochi giorni dal
compleanno del card. Martini che, nato a Torino il 15 febbraio
1927, avrebbe compiuto 90 anni quest’anno.
Giorni e orari dele proiezioni al CineChaplin
giovedì 16 marzo: ore 21.00
venerdì 17 marzo: ore 16.00 – 21.00
sabato 18 marzo: ore 17.45 – 19.15 – 21.00
domenica 19 marzo: ore 16.00 – 17.45 – 19.15 – 21.00
martedì 21 marzo: ore 21.00
Contrasto
alla
povertà:
risposte adeguate? Venerdì
incontro alle ACLI
L’Alleanza contro la Povertà di Cremona continua nel suo
impegno di informazione e condivisione rispetto al tema della
povertà, ancora purtroppo estremamente attuale anche nel
nostro territorio. Dopo la presentazione, lo scorso novembre,
dei rapporti Caritas e Banco Alimentare, che hanno acceso un
focus anche sulla realtà cremonese, venerdì 10 marzo alle ore
17 a Cremona presso l’Auditorium ACLI di piazzale Luzzara 1
(retro sede ACLI) si terrà il seminario di informazione
“Contrasto alla povertà: risposte adeguate? Cosa accade nel
nostro territorio e a livello nazionale”.
Sarà presente Roberto Rossini (in foto), presidente nazionale
ACLI e portavoce nazionale dell’Alleanza Contro la Povertà,
che offrirà un quadro molto aggiornato sulle scelte
governative rispetto al tema.
Katia Avanzini, direttrice della Azienda Sociale Cremonese e
del CONCASS, e Angelo Stanghellini, coordinatore dell’Ufficio
di Piano del Distretto Cremasco, illustreranno le iniziative
in atto nel nostro territorio.
Interverranno amministratori
soggetti del III Settore.
locali,
forze
sindacali
e
L’incontro è aperto a tutti.
Locandina
Nelle
statistiche
la
fotografia
della
Chiesa
cremonese
Alla fine del 1991 la Chiesa cremonese contava 401 sacerdoti
diocesani; venticinque anni dopo il loro numero si è ridotto a
313. Ancor più notevole, dal 1991 al 2016, il calo dei
religiosi e delle religiose, passati complessivamente da 1.101
a 343. Questi dati, piuttosto sconfortanti, emergono dalla
Guida ufficiale 2017 della Diocesi di Cremona, disponibile da
alcuni giorni presso la Curia Vescovile.
Dalla pubblicazione si apprende che l’attuale presbiterio
cremonese annovera, oltre al vescovo mons. Antonio Napolioni e
all’emerito mons. Dante Lafranconi,
115 parroci e
amministratori parrocchiali, 82 vicari e collaboratori
parrocchiali, 84 preti con altri incarichi in diocesi o fuori
e 32 residenti, senza specifici impegni pastorali; 11 i
sacerdoti extradiocesani residenti in diocesi (4 di loro in
servizio attivo), 22 i sacerdoti appartenenti a vari ordini
religiosi, 13 i diaconi permanenti accanto a un diacono
prossimo all’ordinazione presbiterale.
Il calo dei preti diocesani costituisce ormai un fenomeno
generalizzato. Nell’ultimo quarto di secolo essi sono
diminuiti in Lombardia di quasi mille unità, passando da 5.975
a 4.989 (- 16,5%). In diocesi di Cremona la loro presenza si è
ridotta – dal 1991 al 2016 –
del 21,9%; nondimeno, il
rapporto sacerdoti diocesani – popolazione (uno ogni 1.157
abitanti) risulta da noi assai migliore che nell’intera
regione (uno ogni 1.855).
Il sensibile calo dei seminaristi (53 nell’anno scolastico
1991/92, 16 nel 2016/17 – quattro in più del 2015/16 – ,
compresi due studenti della diocesi di Fidenza e due religiosi
del Togo) e il progressivo invecchiamento dei sacerdoti sono
alla base della forte riduzione numerica del nostro clero.
Basti pensare che, dal 2014 al 2016, sono deceduti ventuno
preti e si sono avute soltanto tre nuove ordinazioni, una
all’anno.
Nessuna significativa inversione di tendenza si profila a
breve scadenza. Anche quest’anno, dunque, il Vescovo
consacrerà in giugno un solo prete novello (il diacono don
Nicola Premoli, 40 anni, originario di Covo).
Il 34,2% dei sacerdoti diocesani (107 su 313) ha almeno 70
anni e soltanto 27 (l’8,6%) non hanno ancora raggiunto la
soglia dei 40. Il decano del clero cremonese è mons. Mario
Cavalleri, 101 anni di età e quasi 77 di sacerdozio, canonico
del Capitolo della Cattedrale e residente presso la Casa di
riposo “La Pace”; il più giovane è il ventottenne don
Francesco Gandioli, vicario della parrocchia cittadina di S.
Abbondio.
Mentre negli ultimi venticinque anni il clero diocesano si è
ridotto di quasi un quarto, un autentico crollo si è
registrato fra i religiosi (scesi da 88 a 31, di cui 22
sacerdoti, con un calo del 64,7%) e le religiose (da 1.013 a
312, – 69,2%). Dal 1991 al 2016 gli istituti religiosi
maschili e femminili della nostra diocesi sono passati
complessivamente da 41 a 30; accanto a essi operano 9 istituti
secolari e 2 monasteri claustrali femminili.
Fra gli altri dati contenuti nella Guida diocesana spiccano
quelli sulle parrocchie: complessivamente 222, distribuite fra
undici zone pastorali, di cui 173 in provincia di Cremona, 28,
17 e 4 nelle rispettive province di Mantova, Bergamo e Milano.
La metà delle parrocchie non supera i 1.000 abitanti. Soltanto
otto ne contano più di 6.000, con una punta massima di 14.136
in quella di Caravaggio dedicata ai santi Fermo e Rustico;
seguono, a debita distanza, quelle di Castelleone (9.523
abitanti), Soresina (8.949) e Rivolta d’Adda (8.131).
In città la comunità parrocchiale più popolosa è quella di
Cristo Re, con 7.029 battezzati (quasi 1.500 in meno rispetto
a venticinque anni fa). Il minor numero di parrocchiani (60)
si registra nella comunità di Quistro (frazione di Persico
Dosimo), laddove si escluda quella cittadina di S. Maria della
Pietà all’Ospedale Maggiore, che annovera un solo residente
stabile, ma un’utenza potenziale di oltre tremila persone, fra
degenti e dipendenti ospedalieri. Un migliaio sono invece i
soldati e gli ufficiali della caserma “Col di Lana”, che fa
capo alla parrocchia militare di S. Barbara.
La Guida menziona anche, in città, la Rettoria di S. Rita
(intitolata alle sante Margherita e Pelagia) e la Cappella
della Beata Vergine Addolorata al Cimitero.
Degni di nota, nel territorio diocesano, i santuari mariani di
Caravaggio, Casalmaggiore e Castelleone, oltre ai Centri di
spiritualità presso il santuario di Caravaggio e “Piccola
Betania alla Badia” di Bozzolo.
Francesco Capodieci