Mazzolari, «Ogni uomo è un portacenere
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Mazzolari, «Ogni uomo è un portacenere
L'attualità della liturgia nel libro curato da mons. Braschi con i testi di Giussani: giovedì presentazione a Cremona Far emergere l’attualità e l’utilità che porta all’uomo la Liturgia cristiana, qualunque epoca storica si attraversi. Di questo si parlerà nell’incontro promosso dal Centro culturale S. Omobono giovedì 16 marzo, alle ore 21, presso la Sala Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona, che farà luce sui contenuti del libro “Dalla liturgia vissuta. Una testimonianza”, raccolta di conversazioni tenute da don Luigi Giussani tra il 1965 e il 1973 proprio sul tema della liturgia, riproposte nella riedizione San Paolo. Ospiti della serata, mons. Francesco Braschi, dottore della Biblioteca Ambrosiana e curatore del volume, e monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona. Coordinerà i lavori, Paolo Siboni, del Centro culturale S. Omobono. Tanti i passaggi toccati da Giussani nel testo. Dalla sottolineatura sul “mea culpa”, primo atto con cui inizia la messa, “l’unico gesto sano come origine di ogni azione del cristiano”, al Padre Nostro, la preghiera che “tutto quel che facciamo entri nel disegno di Dio” e con cui si chiede l’intervento “del segno più grande della Sua potenza: il perdono”. Con una serie di note che tengono conto dei cambiamenti storici avvenuti nei decenni all’interno della Chiesa, mons. Braschi arricchisce il testo originale costruendo un’edizione che dà conto delle modifiche liturgiche intercorse spiegandone le ragioni. In questo excursus, in cui si passano in rassegna tutti i momenti salienti dell’anno, i relatori metteranno a fuoco l’efficacia ancora attualissima dei gesti e della parole della liturgia, grazie ai quali l’uomo riscopre se stesso e riceve quella grazia di cui ha bisogno per vivere. Ingresso libero e possibilità di acquistare copie del volume (pp. 168 – 15 euro). L’invito all’evento Napolioni: "Passare dai luoghi santi a un tempo santo" “L’anno prossimo a Gerusalemme” con il saluto degli ebrei della diaspora si è concluso nella serata di domenica 12 marzo il primo pellegrinaggio diocesano in Terra Santa presieduto dal vescovo Napolioni. Iniziata lunedì 6 dalla Galilea la forte esperienza di fede nei luoghi di vita di Gesù ha coinvolto oltre 200 cremonesi e una quindicina di sacerdoti. Ottima l’organizzazione del Segretariato diocesano pellegrinaggi diretto da don Roberto Rota e dell’agenzia viaggi Profilotours presente con il suo direttore Gianluigi Gremizzi. Mons. Napolioni, durante l’ultima Messa del pellegrinaggio – nell’austera e suggestiva chiesa crociata di S. Anna – ha annunciato la meta del pellegrinaggio 2018: la Turchia dell’apostolo Paolo. La giornata di domenica 12, caratterizzata da un cielo azzurro e un sole caldo, è iniziata sulla Spianata delle Moschee. Dopo accuratissimi controlli dalla polizia israeliani, sempre in tenuta antisommossa, i cremonesi hanno potuto ammirare uno dei luoghi più sacri dell’ebraismo e dell’islam. La spianata, detta dai musulmani Haram ash-Sharif (nobile recinto sacro) occupa un sesto di tutta la città vecchia! Proprio nel luogo in cui sorgeva il magnifico tempio del re Salomone oggi si ergono importanti edifici religiosi islamici come la Cupola della Roccia, una bellissima moschea dalla cupola d’oro, con i muri esterni rivestiti di marzo e di maioliche arabescate: all’interno – vietato per i non musulmani – si conserva la roccia sacra dalla quale Maometto salì al Cielo. Vi è poi la moschea di Al-Aqsa che è il vero centro spirituale della spianata. Luogo di preghiera e di insegnamento, può ospitare fino a 5.000 persone. Numerosi sono gli altri monumenti presenti come la scala murata, la fontana di El-Kass, la Cattedra di Burhan el-Din, il Pinnacolo del Tempio, la Cupola dell’Ascensione, la Casa del Tesoro e le Scuderie di Salomone. Photogallery della visita alla Spianata delle Moschee Un gruppo, prima di visitare il nuovo museo multimediale francescano dedicato alla storia di Gerusalemme presso il convento della Flagellazione, si è soffermato al Litostroto, ovvero un luogo sotterraneo che conserva il pavimento lastricato della fortezza Antonia. In questo luogo umido e angusto presumibilmente Gesù fu condannato a morte e fu torturato. Qui si trova nel pavimento anche il gioco del Basileus: esso consisteva nell’estrarre a sorte fra i condannati per delitti comuni, un re carnevalesco al quale si doveva l’ubbidienza per tutti i giorni della festa, al termine della quale veniva eseguita la sentenza di morte. La piscina probatica è stata l’altra meta della mattinata. Racchiuso nel complesso di Sant’Anna retto dai padri bianchi francesi, questo luogo, conosciuto con il nome di Bethesda, ha visto Gesù guarire un paralitico. Nel sito sono stati ritrovati diversi livelli archeologici che vanno dal VIII secolo A.C. fino al XII secolo D.C. Photogallery della visita al Litostroto e alla Piscina Probatica In una delle chiese più belle e suggestive della città, la chiesa di Sant’Anna, i cremonesi hanno celebrato l’Eucaristia della seconda domenica di Quaresima. Costruita nel periodo crociata è dedicata alla mamma di Maria, poiché nel Protovangelo di Giacomo questo è il luogo indicato come la casa di Gioacchino, Anna e Maria bambina: nella cripta, infatti, è conservato il luogo in cui venne alla luce la madre del Figlio di Dio. Durante il periodo dell’occupazione musulmana la chiesa fu trasformata in scuola coranica e per questo fu salvata dalla furia cieca dei musulmani. Sotto le volte romaniche maestose ed Napolioni ha presieduto l’ultima essenziali mons. Eucaristia del pellegrinaggio. Nell’omelia il presule ha spiegato come riuscire a proseguire il pellegrinaggio anche a casa: “Occorre – ha esordito – passare dai luoghi santi al tempo santo”. Per spiegare questo concetto che non è solo un simpatico gioco di parole mons Napolioni ha ricordato una delle massime di Papa Francesco contenute nell’Evangelii Gaudium “il tempo è superiore allo spazio”: “La terra – ha precisato – è sempre oggetto di contesa, lo spazio sembra non ci basti mai. Se, invece, ragionassimo di più in base al tempo, che pure non ci basta mai, ci accorgeremmo che nessuno ce lo può rubare, che lo possiamo spartire, che può davvero essere santo”. “Mi riferisco in particolare – ha proseguito – al tempo che stiamo vivendo: la domenica, la quaresima, la vita. Oggi qui non celebriamo un ricordo particolare, ma la domenica, quella che avremmo celebrato comunque con le nostre comunità. Ebbene, la domenica è esplosiva, la domenica è un po’ inafferrabile, è il primo e l’ottavo giorno, è un giorno che ha un piede fuori del tempo, un piede già in Cielo, è liberante. Purché la viviamo!” Vivere la domenica per il vescovo Antonio non si riduce ad assolvere un progetto: “La domenica deve essere – ha esortato – il ritmo della vita, il respiro della settimana, la compagnia che Dio fa agli uomini e che gli uomini e le donne accolgono come il dono più grande” Per questo trascorrere la prima settimana di Quaresima come pellegrini in Terra Santa fa di questo tempo forte qualcosa di straordinariamente propizio: “Non solo perché quando celebreremo i riti della Settimana Santa ci verrà in mente la discesa dal Monte degli Ulivi, piuttosto che la Via dolorosa e ci spiegheremo un po’ meglio i riferimenti concreti di quelle narrazioni, ma perché la Pasqua è la cosa più reale che esiste. Il mistero pasquale è questo Figlio di Dio fatto uomo, venuto a condividere tutta la nostra fragilità e la morte infame del bestemmiatore. Ci fa venire i brividi. E saperlo risorto e presente e vivo nei gesti e nelle parole della sua Chiesa, fondata sui quegli apostoli ancora dubitanti che lo vedono salire al Cielo ma poi ricevono il dono dello Spirito, ci rende protagonisti di un pellegrinaggio che non finisce qui, ci rende consapevoli che l’essere pellegrini è la vera condizione dell’uomo”. Da qui l’invito ad essere “Missionari, inviati a vivere il tempo come il cammino del popolo verso il suo Signore”. Per spiegare il mistero della Trasfigurazione al centro del Vangelo del giorno mons. Napolioni è partito dalla descrizione del solo stemma: “In esso ho messo il monte. Non solo pensando a Camerino, ma pensando che quel monte riceve luce dalla presenza di Cristo e dei cristiani. C’è un sole – l’unico d’oro –: è lui, il Signore. E in questi giorni il sole ci ha accompagnato benevolmente, ma più ancora l’esperienza dell’Eucaristia e della fede ci ha fatto percepire Cristo vivo”. Ascolta l’omelia di mons. Napolioni Terminata l’Eucaristia mons. Napolioni ha annunciato: “Poichè l’anno prossimo al centro dell’attenzione dell’intera Chiesa diocesana sarà il discorso missionario di Gesù contenuto nel Vangelo di Matteo abbiamo pensato di proporre il pellegrinaggio diocesano, problemi di sicurezza permettendo, in Turchia per ripercorrere i viaggi di San Paolo”. Dopo la benedizione a ciascuno pellegrino è stato regalata un’immaginetta che da una parte reca l’immagine del Santo Sepolcro e della Cattedrale di Cremona e dall’altra una preghiera del vescovo Antonio: Signore, a Nazaret risuona il tuo annuncio, e nell’Eccomi di Maria siam tutti chiamati. Sul monte e sul lago predicavi il Vangelo che anche oggi ci vuole beati. La grotta di Betlemme risplende di luce che avvolge anche i figli da te adottati. Il Getsemani gronda di ogni dolore, che raccogli perché siamo tutti redenti. Dorme la Madre sul monte Sion, primizia sicura del Regno dei risorti. Che bello, è domenica, restiamo con Te, riprende il cammino, di nuovi inviati. Grazie, Signore, per il dono di questi luoghi, per i volti dei pellegrini e per chi ci ha accolto. per i frutti che porteremo nella nostra Chiesa, tra la gente, santa terra di ogni giorno. Photogallery della S. Messa nella chiesa di Sant’Anna Nel pomeriggio i cremonesi hanno fatto una sosta allo Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto. Si tratta di un grande complesso voluto dallo stato israeliano per «documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime», nonché per ricordare e celebrare i non ebrei di diverse nazioni «che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah» e certificati fino al 1º gennaio 2016 in circa 26.120 persone. I cremonesi si sono soffermati in modo particolare nel memoriale dei bambini, nella sala della memoria dove avvengono le cerimonie ufficiali e dove sono scritti sul pavimento i nomi spaventosi dei campi di concentramento nazisti, la sinagoga e il monumento che rimanda al ghetto di Varsavia oltre che il memoriale della deportazione con un vagone di un treno su dei binari che quasi si perdono nel cielo. In questo luogo di quiete e di ricordo, in cui non si vuole dimenticare il “male assoluto”, i pellegrini hanno riletto il discorso che qui fece papa Francesco il 26 maggio 2014: una vera e propria richiesta di perdono a Dio per le tante sofferenze che alcuni uomini hanno inflitto ad altri uomini. Photogallery della visita allo Yad Vashem L’ultima tappa del pellegrinaggio è stato Ein Karem, un tranquillo villaggio collinare che si trova a pochi chilometri da Gerusalemme, non lontano dallo Yad Vashem. Al tempo di Gesù il villaggio era la zona residenziale dei sacerdoti; questo è uno dei motivi per cui è stato identificato, già dai primi cristiani, come il villaggio di Zaccaria ed Elisabetta, genitori di Gesù e cugini di Maria. Il gruppo diocesano ha potuto visitare solo il santuario della Visitazione – saltando quello di San Giovanni Battista – composto da due chiese sovrapposto. In quella inferiore si trova un pozzo e in una nicchia è visibile una roccia che si sarebbe aperta per nascondere Elisabetta e il bambino dalla furia dei soldati di Erode. In quella superiore i grandi affreschi, dedicati a Maria, catturano l’attenzione dei visitatori. Nel cortile del santuario si trovano numerosi pannelli di ceramica con il testo del Magnificat in differenti lingue. Proprio il canto di lode scaturito da cuore di Maria subito dopo l’incontro con Elisabetta è stato intonato dai pellegrini: un gesto di gratitudine a Dio per quanto assaporato in queste intense giornate in Terra Santa. Photogallery della visita al santuario della Visitazione ARCHIVIO: Intervista a don Roberto Rota sul pellegrinaggio diocesano in Terra Santa Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione, visita di Nazareth e del monte Tabor Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con rinnovazione delle promesse matrimoniali Quarto giorno: sosta al Giordano e a Gerico e Messa e visita alla Basilica della Natività di Betlemme Quinto giorno: visita al Getsemani e al Monte degli Ulivi e incontro con mons. Pizzaballa Sesto giorno: visita al Deserto di Giuda, al Mar Morto, al Sion Cristiano e S. Pietro in Gallicantu Don Milani: passione educativa e amore suoi allievi verso i Un prete capace di anticipare gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, un maestro animato da forte passione educativa e da un grande amore verso i suoi allievi. Sono alcuni aspetti importanti della figura di don Lorenzo Milani, emersi dal convegno “Faccio scuola – perché voglio bene a questi ragazzi” svoltosi sabato 11 marzo nel Salone Bonomelli del Centro pastorale diocesano educatori. di Cremona, gremito di docenti ed L’iniziativa, promossa dall’Ufficio diocesano di Pastorale scolastica e dal Servizio Insegnamento della religione cattolica, a 50 anni dalla morte del sacerdote fiorentino, si è aperta, dopo le parole introduttive di don Claudio Anselmi, con i saluti della vicesindaco di Cremona, Maura Ruggeri, del dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale, Franco Gallo, e del vicario episcopale per la Pastorale, don Gianpaolo Maccagni. Saluto del vicesindaco Ruggeri Saluto del provveditore Gallo Saluto del vicario episcopale don Maccagni A introdurre l’incontro la moderatrice, prof.ssa Daniela Negri, che si è soffermata in particolare sui rapporti fra don Milani e due importanti figure della Chiesa e della scuola cremonese: don Primo Mazzolari e il maestro Mario Lodi. Introduzione della prof.ssa Daniela Negri È quindi intervenuto lo scrittore e giornalista Mario Lancisi. Attento studioso e grande estimatore di don Milani, al quale ha dedicato varie pubblicazioni, il relatore ha sottolineato alcune date significative della breve ma intensa vita di questo prete: il 1943, anno della sua conversione cristiana e della decisione di entrare in Seminario; il 1947, allorché iniziò a San Donato di Calenzano (Firenze) la sua missione sacerdotale, caratterizzata da quelle “Esperienze pastorali” documentate in un libro posto fuori commercio su richiesta del Sant’Uffizio e solo di recente rivalutato appieno dalla Chiesa; il 1954, quando venne mandato “in esilio” nella piccola e sperduta parrocchia di montagna di Barbiana, nel Mugello, ove intraprese ben presto quella singolare e innovativa esperienza didattico-educativa testimoniata dalla “Lettera a una professoressa”, scritta assieme agli allievi poco prima della sua prematura scomparsa, nel 1967; due anni prima era apparso un altro suo celebre scritto, “L’obbedienza non è più una virtù”, con il testo di una lettera ai giudici per motivare la sua scelta favorevole all’obiezione di coscienza al servizio militare – allora vietata in Italia -, costatagli un processo penale, con assoluzione in primo grado e condanna in appello, estinta in seguito alla morte. Alla luce di queste date-eventi, Lancisi ha evidenziato alcuni aspetti salienti della complessa personalità di don Milani: il suo profondo anelito a una sincera e completa conversione; il suo spirito di comunità (nella piccola realtà di Barbiana si realizzò progressivamente un’autentica comunione di beni, di saperi e di vita); la sua grande attenzione alle persone e soprattutto agli ultimi, manifestata anzitutto insegnando l’uso accorto della parola, strumento essenziale per divenire buoni cittadini e cristiani consapevoli; la dura critica verso la scuola tradizionale, selettiva fin dagli anni dell’obbligo e poco attenta ai gravi fenomeni della dispersione e dell’abbandono studentesco; il senso critico dell’obbedienza che, in taluni casi, può anche tradursi in una sorta di disobbedienza civile, come processo critico di assunzione di responsabilità. Relazione di Mario Lancisi – prima parte Relazione di Mario Lancisi – risposte al dibattito La prof.ssa Negri ha quindi dato voce al messaggio di uno dei “ragazzi di Barbiana”, Agostino Burberi, che non ha potuto prendere parte al convegno Lettera di un “ragazzo di Barbiana” Ha inoltre preso la parola la maestra Disma Vezzosi, con il sentito ricordo di un “pellegrinaggio” a Barbiana, nel 2011, degli iscritti all’Associazione italiana maestri cattolici. Intervento della maestra Disma Vezzosi La prof.ssa Chiara Somenzi, docente al liceo scientifico “Aselli” di Cremona, ha invece approfondito il senso civico di don Milani, con la sua attenzione costantemente rivolta ai principi fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini sanciti dalla nostra Costituzione. Intervento della prof.ssa Chiara Somenzi Le conclusioni di Lancisi, suscitate anche da alcuni interventi dei presenti, hanno quindi terminato l’incontro. Conclusioni di Mario Lancisi Photogallery del convegno Francesco Capodieci Al Muro del preghiera con maggiori» Pianto, in i «fratelli Mentre buona parte di Gerusalemme si è fermata a causa dello Shabbat, ovvero del sabato ebraico, i pellegrini cremonesi nella giornata dell’11 marzo hanno trascorso un’intesa mattinata nel deserto di Giuda, mentre nel pomeriggio sono saliti sul Sion Cristiano per la visita al Cenacolo e alla basilica della Dormizione di Maria e per celebrare l’Eucaristia nella chiesa di San Pietro in Gallicantus. Verso sera alcuni si sono diretti al Muro del Pianto per una preghiera tra gli ebrei, che Giovanni Paolo II definì «nostri fratelli maggiori» e poi si sono soffermati al Santo Sepolcro per venerare il luogo dove Cristo è stato deposto e da dove è risorto. Già verso le 8.30 i pellegrini sono giunti nella località di Qumran, poco lontano dalla sponda del Mar Morto. Qui, nella seconda metà del XX, un ragazzino beduino che portava le sue capre al pascolo scoprì casualmente in una delle grotte che caratterizzano la zona, delle giarie di terracotta, alcune delle quali rotte o rovinate altre invece ancora ben chiuse dal coperchio. All’interno furono trovati antichissimi manoscritti, tra cui i più antichi manoscritti biblici. La zona fu subito meta di studiosi e archeologici che scoprirono che a parire dal II secolo in questa zona si stabilì una comunità ebraica – gli esseni – desiderosa di ristabilire il giudaismo puro pervertito dalla classe sacerdotale di Gerusalemme. Gli esseni vivevano in comunità lavorando, studiando le Scritture e attendendo l’arrivo del Messia. Disciplina e stile di vita che assomigliava molto a quello dei monaci cristiani. La comunità sparì nel 70 dopo Cristo, anno in cui i Romani sedarono la rivolta giudaica mettendo a ferro e fuoco l’intero Paese. Certamente fu in quella occasione che gli esseni nascosero i loro testi sacri in anfore all’interno di grotte per non lasciarli cadere in mano pagana. In quegli anfratti del deserto di Giuda sono stati conservati per duemila anni. Oggi tutti i rotoli si trovano nel Museo Nazionale d’Israele, ma i pellegrini cremonesi hanno potuto ammirare alcune copie, oltre che il sito archeologico comprendente una sala per la scrittura, un refettorio, un forno, un mulino, un laboratorio e una cucina, nonchè i bagni per i rituali di purificazione. Un posto davvero affascinante incastonato tra le montagne del deserto e la pianura che poi termina con il Mar Morto. Photogallery della visita al sito di Qumran E proprio questa singolare immensa distesa d’acqua, posta nel depressione più profonda del nostro pianeta (-400 metri) è stata la meta successiva della mattinata. Pochi minuti che però hanno permesso ad alcuni di bagnarsi i piedi. L’acqua del Mar Morto, oltre ad avere proprietà terapeutiche – in questa zona si producono creme e saponi – ha una caratteristica unica: la sua salinità permette di galleggiare come se si fosse seduti in poltrone: tipiche sono le fotografie dei turisti mentre, sdraiati nell’acqua, leggono paciosamente il giornale. Un’altra caratteristica da non trascurare è la qualità dell’aria, incredibilmente secca, molto ricca di ossigeno, priva di poliini e inquinamento. L’ultima tappa prima del pranzo è stato il monastero di San Giorgio in Koziba nel cuore del deserto di Giuda, in un ambiente arido e affascinante, spazzato da una vento forte che ha mitigato il calore del sole che fin dalla prima mattina ha fatto sentire la sua presenza. Il complesso di San Giorgio è un vero e proprio gioiello di architettura monastica, un luogo magico della Terra Santa e uno dei più remoti monasteri nel mondo. Per arrivarci occorre percorrere una mulattiera parecchio ripida, tanto che alcuni beduini del deserto offrono un passaggio ai turisti sui loro somarelli per pochi euro. Attorno al monastero, abitato fin dal quarto secolo, vi sono alcune grotte che hanno ospitato nel corso dei secoli alcuni monaci anacoreti giunti proprio in questa landa perchè la tradizione vi situa il ritiro del profeta Elia quando il Signore gli ordinò di nascondersi nel deserto. Oggi nel monastero, aperto per le visite anche alle donne, vivono cinque monaci ortodossi che proseguono nell’ideale ascetico del fondatore San Giorgio. Photogallery della visita al deserto di Giuda e al Mar Morto Nel pomeriggio, subito dopo il pranzo consumato a Gerusalemme, i pellegrini sono saliti sul Sion cristiano, una zona posta alla Porta di Sion e a nord della valle della Geenna, appena fuori dalla città vecchia. Qui sorge il Cenacolo, un luogo assai caro ai cristiani poichè in questa “sala del piano superiore” Gesù istituì l’Eucaristia e il sacerdozio ministeriale durante l’Ultima Cena, compì la lavande dei piedi, apparve da Risorto e donò lo Spirito a Pentecoste. Oggi questa grande sale, che fu nel corso dei secoli anche una moschea, è sotto il controllo degli israeliani: vano fu l’appello che Giovanni Paolo II fece durante il Grande Giubileo perchè essa tornasse ai cristiani. Tra le volte di questo ambiente posto a pochi passi dalla tomba del Re Davide, i cremonesi hanno letto il brano evangelico dell’ultima cena con una certa emozione e trasporto spirituale. La basilica della Dormizione che con la sua maestosa cupola domina l’intero Monte Sion è stata l’altra meta del pomeriggio. La tradizione cristiana pone sul Sion il luogo in cui la Madonna passò dalla vita terrena a quella celeste. La chiesa che custodisce questo mistero è retta dai benedettini tedeschi ed è stata costruita nel XX secolo. Nella Cripta vi è una statua delle Vergine Dormiente che ricorda come la Madre di Dio non morì, ma si addormentò. A San Pietro in Gallicantu, luogo in cui la tradizione pone l’annuncio del tradimento di Pietro da parte di Gesù i cremonesi hanno celebrato l’Eucaristia. Non è escluso che in questo luogo ci fosse l’abitazione di Caifa, il sommo sacerdote che contribuì alla condanna di Cristo. Nella cripta della chiesa c’è un complesso di grotte e di stanze, una delle quali fu utilizzata come prigione: potrebbe essere stato il luogo di detenzione di Gesù la notte del giovedì santo, in attesa del mattino per portarlo da Pilato. I pellegrini hanno anche potuto ammirare una scala del primo secolo che corre parallela alla chiesa: con molta probabilità il Figlio di Dio la salì per andare da Caifa. «Al centro di questo pelleggrinaggio c’è quella tomba vuota – ha esordito il Vescovo nell’omelia -. Al centro di questo pellegrinaggio c’è l’esperienza di un cuore che, invece, si riempie, perché quella tomba è vuota e noi riceviamo vita. Ecco perché stasera vorrei fermarmi un istante con voi qui sul Sion, vicini al Cenacolo, a vivere davvero ciò che l’Eucaristia ci offre ogni volta che vogliamo, ogni volta che possiamo». Per mons. Napolioni ha ricordato che nel Cenacolo si possono fare memoria di tre momenti. Anzitutto la cena pasquale: «Gesù consegna il pane e il vino attribuendo a essi il valore di essere segno perenne, memoriale della sua imminente morte e risurrezione. È lui il vero agnello, è lui che dona la sua vita. E lo fa vedere anche lavando i piedi ai discepoli, ricordando dunque che c’è un Eucaristia celebrata, ma che ci deve essere anche un’Eucaristia vissuta e testimoniata nella carità fratena». Quello stesso luogo alcuni giorni dopo diventa teatro delle sue apparizioni da Risorto: «C’era sicuramente Maria durante la cena, ma era lì anche quando il Signore è venuto e ha detto: “Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo”. La Pentecoste – ed è il terzo momento – non è un episodio della vita di Gesù: è la nuova realtà, è l’essenza della Chiesa, la consegna, da parte del Padre e del Figlio, dello Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, dà la vita e fa di noi il corpo di Cristo». Mons. Napolioni ha quindi ricordato che il vero protagonista del pellegrinaggio è lo Spirito Santo: «È Colui che era con noi prima ancora che partissimo da Cremona. È Colui che ci ricondurrà a casa» E così ha concluso guardando alla Vergine: «Nel libro dell’Apocalisse il segno della donna vestita di sole, Maria assunta in cielo non sono privilegi singolari, ma segnali stradali che ci indicano la via del pellegrinaggio che continua. Dalla terra al cielo, giorno per giorno, nei giudizi che diamo su di noi e sugli altri, nella qualità della vita nelle sue piccole cose. Lì si vede chi siamo!». Ascolta l’omelia di mons. Napolioni Il pomeriggio è proseguito al Muro del Pianto meta di numerosi osservanti ebrei intenti a celebrare lo Shabbat, il giorno di sabato, per loro così sacro da evitare ogni lavoro. Non è stato possibile documentare questo intenso momento di preghiera e di omaggio ai «fratelli maggiori» con una serie di foto e filmati perchè proibite in quanto sabato – ne abbiamo scattate soltanto qualcuna eludendo il l’emozione è stata davvero palpabile. divieto -, ma Photogallery della visita al Monte Sion e al Muro del Pianto Ancora più emozionante la visita all’interno dell’edicola del Santo Sepolcro, impossibile il giorno precedente a causa di una folla enorme e di una solenne celebrazione degli armeni ortodossi. Dopo una mezz’ora di attesa i pellegrini sono potuti entrare prima nella Cappella dell’Angelo e poi nel piccolo antro dove si trova la lastra su cui fu poggiato il corpo di Gesù e dalla quale è risorto. Quattro per quattro i cremonesi sono entrati e hanno baciato la lastra che i monaci ortodossi continuano a spalmare con profumi e unguenti. In quei pochi istanti ciascuno ha rinnovato la sua fede nel Dio vivo. Domenica mattina, ultimo giorno di pellegrinaggio vero e proprio, è prevista la sosta alla Spianata del Tempio, quindi visita del nuovo museo francescano e della chiesa di S. Anna dove alle ore 12 sarà celebrata la S. Messa. Nel pomeriggio tappa allo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto e continuazione per Ein Karem con la visita ai santuari che ricordano la Nascita di S. Giovanni e la Visitazione di Maria ad Elisabetta. Lunedì 13 marzo, di primissimo mattino, l’imbarco per l’Italia: l’arrivo a Cremona è previsto per l’ora di pranzo. ARCHIVIO: Intervista a don Roberto Rota sul pellegrinaggio diocesano in Terra Santa Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione, visita di Nazareth e del monte Tabor Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con rinnovazione delle promesse matrimoniali Quarto giorno: sosta al Giordano e a Gerico e Messa e visita alla Basilica della Natività di Betlemme Quinto giorno: visita al Getsemani e al Monte degli Ulivi e incontro con mons. Pizzaballa Pizzaballa: «Non lasciate soli i Santa» cristiani di Terra Dopo aver celebrato il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio prima a Nazareth e poi a Betlemme, i 220 cremonesi pellegrini in Terra Santa, nella giornata di venerdì 10 marzo, hanno pregato e meditato sulla morte e risurrezione di Gesù. La giornata, ancora caratterizzata dal sole, è iniziata nel Getsemani, a piedi del Monte degli Ulivi: in questo giardino, ben tenuto, ricco di ulivi secolari – tra essi anche quello piantato da Paolo VI nel suo viaggio nel 1964 – , ora circondato da una cancellata di ferro battuto, Gesù amava ritirarsi in preghiera. Vi si trovava anche una grotta contenente un frantoio certamente appartenente a un amico di Gesù, che lo ospitava con i suoi discepoli nella sua proprietà. A fianco si trova la chiesa delle Nazioni, chiamata così poiché diversi paesi ne hanno finanziato la costruzione negli anni Venti del secolo scorso. La penonbra all’interno della basilica ha subito trasmesso un senso di abbandono, di solitudine, di dolore e angoscia provati da Cristo quando i suoi amici non seppero vegliare con lui e quando Giuda venne con i soldati del tempio per arrestarlo. Sotto l’altare la roccia dell’agonia sulla quale Egli pianse e sudò sangue prima di abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio. Sotto le volte stellate di questo edificio sacro mons. Napolioni ha presieduto l’Eucaristia che ha dato inizio alla giornata. «Matteo – ha esordito nell’omelia – dice che Gesù incominciò a provare tristezza e angoscia. Che ne sa l’evangelista? Lui non c’era. Lui era già in confusione, più lontano. O forse è fin troppo facile immaginare, visto come sono andate le cose, che cosa deve aver provato Gesù quella notte. Perché se in ogni vicenda di dolore, in ogni prova, in ogni grave malattia, in ogni prova interiore viene da domandarci “perché?”, l’avrà gridato anche Gesù dentro di sé». «La domanda sui pensieri e i sentimenti di Gesù in quelle ore – ha proseguito il presule – è una domanda che ha accompagnato tutti i cristiani appena non superficiali. E che dovrà accompagnare tutti i cristiani, tutti gli uomini e tutte le donne che vorranno nel tempo misurarsi con Gesù». «I santi – ha proseguito – sono andati un po’ più avanti. Permettetemi di ricordare una mia concittadina: santa Camilla Battista da Varano, monaca francescana che a Camerino, nel 1500, scrisse un trattato sui dolori mentali, sulla sofferenza psicologica e spirituale di Gesù durante la Passione». Per mons Napolioni la sofferenza più grande di Gesù è stata quella di capire il senso della sua figliolanza divina: «Già le guide ci hanno introdotto al dramma di questa espressione della Lettera agli Ebrei: “Pur essendo figlio imparò l’obbedienza. E per il suo pieno abbandono, soffrendo, venne reso perfetto”». «Qual è il figlio perfetto? – si è domandato il vescovo Antonio -. Quello che davanti all’apparente drammatico silenzio del Padre – la cui volontà è un calice di dolore, è la morte del proprio figlio per adottare i peccatori di tutta la storia – passa dal dubbio di sentirsi abbandonato all’abbandonarsi al Padre: “Nelle tue mani consegno il mio spirito”. Non è l’eroe vittorioso, né l’eroe sconfitto: è il bambino fiducioso, umile, fragilissimo, l’agnello immolato che salva il mondo. Il pastore si è fatto agnello: è il paradosso delle nostra fede. Una fede così non poteva venire in mente agli uomini. Non c’è nessun guadagno ad avere una fede così. A meno che non solo lui risorga, ma a meno che Lui non sia presente. È qui! Nel nostro impasto di farina e di acqua, di sofferenza e di speranza, di dolore e di amore. Eccolo il Figlio reso perfetto». E così ha concluso: «In questa Eucaristia pensiamo a più persone possibili, riportiamo tutti i momenti più difficili della nostra vita, della vita delle nostre famiglie. Contempliamo la fedeltà assoluta di Dio, che conduce la storia nonostante le violenze, le guerre, i drammi che avrebbero potuto già chiudere. E invece Lui si è lasciato schiacciare perché rifiorisse la vita». Durante la Messa, che si è conclusa con il bacio dei pellegrini alla pietra dell’agonia, si è pregato intensamente per tutti i sacerdoti e in modo particolare per il vescovo emerito Lafranconi che proprio il 10 marzo compie gli anni. Ascolta l’omelia di mons. Napolioni Photogallery della celebrazione eucaristica La mattinata è proseguita con la visita alla vicina tomba di Maria: una chiesa di epoca crociata caratterizzata da una lunga scalinata che porta fino al luogo in cui la Vergine passò da questa vita a quella eterna. Accanto a questo edificio sacro retto dagli ortodossi si trova la grotta del frantoio, una cappella che all’epoca delle persecuzione dei cristiani ricordava, in maniera molto nascosta, l’episodio del Getsemani. Oggi è una cappella francescana molto intima e angusta. A seguire è stata visitata l’edicola dell’ascensione, di epoca crociata, oggi trasformata in moschea. All’interno c’è una pietra con una vanga impronta di piede: si dice che sia stata l’ultima traccia lasciata da Cristo prima di salire in Cielo. Particolarmente suggestivo anche il complesso carmelitano del Pater Noster che racchiude la grotta nella quale il Signore Gesù insegnò ai discepoli il Padre Nostro. Lungo le pareti del bellissimo chiostro, immerso nel verde, sono appesi più di un centinario di pannelli in ceramica, riportanti la preghiera in diverse lunghe e dialetti di tutto il mondo, compreso il milanese. Ultima tappa è stato il Domunis Flevit: scendendo dal monte degli Ulivi – da cui si gode una bellissima vista di Gerusalemme e della valle di Giosafat costellata di tombe di pii ebrei – una chiesa francescana ricorda il pianto di Cristo sulla Città Santa. Questo luogo è particolarmente frequentato dai pellegrini, forse anche a motivo del panorama incantevole. La chiesa (1955), opera del già citato architetto Barluzzi, ha un particolare cupola a forma di lacrima e una grande vetrata proprio dietro l’altare che dà sulla città vecchia. Photogallery della visita al Monte degli Ulivi Nel primo pomeriggio, presso la concattedrale del Santissimo Nome di Gesù, interna al Patriarcato Latino, c’è stato un fraterno incontro con mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme. Il presule, fino a poco tempo fa Custode di Terra Santa, ha origini diocesane: i suoi genitori, infatti, sono di Brignano Gera d’Adda. Con molta disponibilità e umiltà l’arcivescovo ha raccontato le fatiche e le speranze della Chiesa di Gerusalemme (essa comprende non solo Israele e la Palestina, ma anche la Giordania e Cipro). Pizzaballa ha spiegato che in Terra Santa vivono solo 180.000 cristiani (di questi il 40% è cattolico) a fronte di oltre 6 milioni di ebrei e 4 milioni di musulmani. Pur essendo una piccola comunità quella cattolica ha numerose scuole e ospedali e continua ad adoperarsi per favorire il dialogo tra ebrei e palestinesi. Eppure le difficoltà economiche e l’ostilità di parte della popolazione costringe i cristiani ad emigrare: solo negli ultimi mesi oltre 120 famiglie se ne sono andate da Betlemme! Ascolta l’intervento dell’arcivescovo Pizzaballa L’arcivescovo non ha comunque nascosto la difficoltà di rapporti sia con gli israeliani sia con i palestinesi, sottolineando invece i buoni frutti in campo ecumenico: i restauri in atto della basilica della Natività a Betlemme e quelli del Santo Sepolcro a Gerusalemme – dopo decenni di stasi – sono un evidente prova che il confronto tra i cristiani delle diverse confessioni è stato avviato. Tra l’altro questa primavera ecumenica è dovuta soprattutto ai fedeli: non esiste famiglia, infatti, in cui i coniugi siano della stessa confessione. Mons. Pizzaballa ha poi ricordato il dramma dei cristiani di Aleppo in Siria, che dista solo poche centinaia di chilometri da Gerusalemme, e ha sottolineato che se non ci sono attentanti o fatti gravi in Israele, comunque serpeggia una mentalità fondamentalista in tanti palestinesi. Nel suo breve intervento il presule ha chiesto di non lasciare soli i cristiani di questa Terra, di pregare e di sostenerli, anche attraverso più frequenti pellegrinaggi. Quello di Cremona – sono parole di Pizzaballa – è il gruppo più numeroso dopo tanti mesi: la paura di attentanti è molto forte nella gente. A mons. Pizzaballa è stato consegnata una offerta della Chiesa cremonese a favore di quellla di Gerusalemme. Photogallery dell’incontro con mons. Pizzaballa La giornata si è quindi conclusa con la meditazione della passione del Signore attraverso la preghiera della Via Crucis: i pellegrini hanno iniziato insieme questa pratica devozionale poi divisi nei cinque gruppi hanno percorso la via Dolorosa che attraversa il quartiere musulmano e cristiano e che termina alla basilica del Santo Sepolcro. I cremonesi hanno potuto sperimentare quello che visse Gesù: essi, infatti, sono passati tra le piccole vie della città costellate di negozi di ogni genere, tra il vociare dei commercianti, lo strillare dei bambini, il dialogare concitato dei residenti ormai abituati a veder passare tanti gruppi di cristiani. Così è andato a morire il Figlio di Dio, tra l’indifferenza della gente. L’ultima tappa è stata al Santo Sepolcro, una basilica che è il risultato di diversi edifici costruiti e distrutti diverse volte dove convivono diverse confessioni cristiane (cattolica, ortodossa, copta, siriaca, armena) e dove i pellegrini sono sempre tantissimi. L’impressione di confusione e di disordine è sempre molto forte, ma che si dimentica dinanzi al Calvario, il luogo dove fu Crocifisso Cristo con i due malfattori, passando poi dalla pietra dell’unzione, che ricorda la preparazione del corpo di Gesù per la sepoltura, fino all’edicola del Santo Sepolcro, il luogo più santo di tutta la Cristianità, attualmente in restauro ma visitabile da parte dei fedeli. Non tutti i gruppi, dato l’alto afflusso di pellegrini, sono potuti entrate nel Sepolcro: sabato o domenica, certamente, anche chi non ha potuto provare questa intensa esperienza spirituale, potrà entrare nel luogo che da Duemila anni è testimone muto della Risurrezione. Photogallery della Via Dolorosa Nella mattinata di sabato 11 marzo escursione nel Deserto di Giuda: visita di Qumran, dove in alcune grotte vennero rinvenuti i più antichi manoscritti della Bibbia. Rientrando a Gerusalemme sosta al Wadi Qelt. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio celebrazione della Santa Messa alle ore 15 nella Chiesa di San Pietro in Gallicantu; a seguire visita del Sion Cristiano con il Cenacolo, la Chiesa della Dormitio Mariae e la Valle del Cedron. ARCHIVIO: Intervista a don Roberto Rota sul pellegrinaggio diocesano in Terra Santa Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione, visita di Nazareth e del monte Tabor Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con rinnovazione delle promesse matrimoniali Quarto giorno: sosta al Giordano e a Gerico e Messa e visita alla Basilica della Natività di Betlemme PROGRAMMA DEI PROSSIMI GIORNI Domenica 12 marzo: BETLEMME/Escursione a Gerusalemme Partenza per Gerusalemme e visita della Spianata del Tempio e al Muro occidentale della preghiera. Visita del nuovo museo francescano e della chiesa di S. Anna dove alle ore 12 sarà celebrata la S. Messa. Nel pomeriggio visita dello Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto e continuazione per Ein Karem con la visita ai santuari che ricordano la Nascita di S. Giovanni e la Visitazione di Maria ad Elisabetta. Lunedì 13 marzo: BETLEMME/TEL AVIV/ITALIA Nella notte trasferimento in aeroporto a Tel Aviv per il rientro a Cremona previsto per le ore 13. Napolioni a Betlemme: «Il vero amore è quello adottivo» Giornata particolarmente intensa quella di giovedì 9 marzo per i 220 cremonesi che da lunedì scorso stanno partecipando al pellegrinaggio diocesano in Terra Santa presieduto dal vescovo Napolioni e promosso dall’agenzia viaggia diocesana Profilotours. Di buon mattino i cinque pullman hanno lasciato la città di Nazareth e dopo aver attraverso la ridente pianura di Esdrelon hanno costeggiato il fiume Giordano che fa da confine naturale con il Regno di Giordania. Prima di giungere a Gerico c’è stato una sosta a Qars Al-Yahud, luogo in cui la tradizione cristiana colloca la predicazione di Giovanni il Battista e dove Gesù Cristo ricevette il battesimo. Qui, grazie a delle rampe di legno costruite dall’autorità israeliana i cremonesi hanno potuto avvicinarsi all’acqua e segnarsi a ricordo del proprio battesimo. Un posto davvero incantevole costellato da una natura lussureggiante e da graziosi monasteri, soprattutto di tradizione greco-ortodossa, che donano un tocco davvero suggestivo all’ambiente. Tutti e cinque i gruppi, dopo un rapida spiegazione storico-biblica, si sono raccolti brevemente in preghiera rinnovando le promesse battesimali. Tra i tanti di pellegrini presenti al Giordano, alcuni, soprattutto provenienti dall’est Europa, hanno rinnovato la memoria del proprio battesimo immergendosi totalmente nel fiume che in questa zona è poco più che un canale. Photogallery della sosta al Giordano Meta di metà giornata è stata poi Gerico, oasi della valle del Giordano, una delle più antiche città del mondo, se non addirittura la più antica. I primi insediamenti ritrovati negli scavi archeologici risalgono a circa novemila anni prima di Cristo! C’è, però, un altro primato che le appartiene: quello di essere la città più bassa della terra, poiché si trova a circa 260 metri sotto il livello del mare. Fin dall’antichità Gerico veniva chiamata la città delle palme: i pellegrini, giungendo da una zona prettamente desertica, hanno capito subito il perché: il paesaggio, infatti, è di colpo cambiato grazie a questi alberi imponenti che hanno dato un senso di refrigerio, data anche la mattinata molto calda. A Gerico i pellegrini si sono soffermati brevemente dinanzi ad un maestoso sicomoro che ha permesso di ricordare l’episodio di Zaccheo, il capo dei pubblicani della città chiamato da Gesù a cambiare vita. Suggestivo anche il monte delle tentazioni dove Gesù si ritirò per quaranta giorni insidiato dal demonio. Arroccato su uno sperone di roccia di trova un monastero greco-ortodosso del XIX secolo, anche se esperienze monastiche erano già presenti nel IV secolo. Dopo il pranzo e un congruo tempo per lo shopping (buonissimi in questa zona i datteri e la frutta) il viaggio è proseguito per Betlemme. Dallo Stato di Israele i cremonesi sono dunque entrati nei territori dell’Autorità Palestinese attraversando uno dei famosi check-point presidiato da militari israeliani armati. Prima di entrare in città c’è stato tempo per una veloce visita al Campo dei Pastori che si trova a Beit Sahur, un piccolo villaggio distante poco più di 3 chilometri da Betlemme. Questo luogo, custodito dai frati francescani e assai ben tenuto, è identificato come la zona in cui i pastori portavano le greggi al pascolo e quindi dove l’angelo apparve loro annunciando la nascita del Figlio di Dio. Fin dall’inizio dell’esperienza cristiana questo sito è sempre stato frequentato da credenti che hanno trasformato le grotte in luoghi di culto. Un santuario della metà del secolo scorso, la cui forma richiama una tenda, domina l’intero giardino. Photogallery della visita al Campo dei Pastori Ma il momento più emozionante della giornata è stata certamente la visita alla Basilica della Natività che in questi mesi è sottoposta a massici restauri che hanno permesso di ritrovare meravigliosi mosaici di epoca pellegrini hanno potuto gustare attraverso le nota di orgoglio: la ditta che sta lavorando santo è italiana, si tratta della Piacenti Spa bizantina che i impalcature. Una in questo luogo di Prato. Prima di scendere nella grotta dove nacque il Figlio di Dio i cremonesi hanno celebrato la Messa nella vicina chiesa di Santa Caterina passando per il pittoresco chiostro mediovale di San Girolamo, la cui statua si erge nel mezzo del giardino vicino ad una natività opera dei maestri artigiani di Tesero (Trentino). In questa chiesa parrocchiale, retta dai francescani, costruita nella seconda metà del XIX secolo, è stata celebrata l’Eucaristia ricordando in modo particolare il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Non per nulla tra canti tipici del Natale il Vescovo, durante la processione introitale, ha portato solennemente la statua di Gesù Bambino che poi è stata posta ai piedi della mensa. «Il segno che ci viene offerto qui a Betlemme, come in ogni Natale, è il Bambino, il Figlio – ha esordito nell’omelia mons. Napolioni -. “Un bambino è nato per noi”, “Ci è stato dato un figlio” dice Isaia. Lo possiamo dire tutti, lo dobbiamo dire tutti. Lo può dire anche un prete che figli non ne ha, lo può dire la sterile, lo può dire l’anziano, lo può dire il bambino». E così ha proseguito: «È un mistero grande: è stato dato a ciascuno di noi e a tutti noi, ad ogni uomo della terra, quel figlio lì, il Figlio di Dio venuto nel mondo…. Il Padre l’ha lasciato, Lui ha lasciato il Padre (anche se il Padre è sempre con Lui) e ci ha preso con sé. Questi due verbi – lasciare e prendere – a noi non piacciono. Invece dicono il lavoro che noi dobbiamo compiere». «Lasciare che qualcosa avvenga in noi, che anche noi veniamo presi – ha puntualizzato il vescovo Antonio -. Prima dobbiamo dire “sì” a questo Figlio. Lo prendiamo in casa con noi? Non basta fare il presepio o venire in Terra Santa: occorre scegliere, soffrire, gioire per il Vangelo, ogni giorno. E guardare con gli occhi di Gesù la vita nostra e degli altri. Guardarci negli occhi riconoscendoci tutti presi, coinvolti dallo stesso fatto». Per mons. Napolioni Gesù è un figlio che scotta: «Dare un bacetto a quel Bambinello è più facile che fare la Comunione. Fare la Comunione è più facile che baciare il lebbroso. Ma non c’è differenza tra questi gesti. C’è la chiamata ad accorgerci che siamo tutti figli adottati dal Padre. Eravamo dispersi, eravamo nelle tenebre: abbiamo visto la Luce. Non più da lontano: ci è entrata dentro. È dentro gli occhi, la vita e il cuore di chi ci circonda. È nascosta, magari, dietro ai muri che continuiamo a costruire; dietro alle sofferenze e le paure. Ma c’è! Perché Cristo è vivo!». Ma Gesù non è vivo solo in cielo o nei monumenti, ma nella sua Chiesa: «Una Chiesa senza confini, che qui si raduna e da qui riparte per andare incontro al mondo per dirgli quando questo Dio, folle d’amore, lo ama, lo perdona, lo custodisce, lo porta a compimento». «E allora il vero amore è l’amore adottivo – ha continuato il celebrante -. Dice un proverbio africano: “Per mettere al mondo un figlio basta una madre, ma per farlo vuole un villaggio”. Le nostre comunità devono madri di tutti i loro figli, sentendo che tutti i loro figli. Questo senso di corresponsabilità io seminaristi e ai miei preti». crescere ci ridiventare bambini sono lo chiedo ai E senza peli sulla lingua ha continuato: «Ho detto ai seminaristi che li ordinerò sacerdoti solo se sapranno prendersi cura dei figli degli altri. Altro che preti pedofili! Abbiamo bisogno di preti, di educatori, di nonni, di baristi, di genitori, di allenatori, di passanti che si accorgano che ci è stato dato un figlio». E ancora: «La grande malattia del nostro Paese, del nostro tempo è questa sterilità crescente, questa paure del futuro. Ma avete visto che nel mondo i bambini ci sono: saranno questi i nostri figli, se non ci sbrighiamo a farli a immagine e somiglianza dell’italianità. Saranno i figli di Dio che non mancheranno mai a sfidare il cuore dei credenti, perché testimonino che davvero quel Bambino fa la differenza». Concludendo la sua omelia mons. Napolioni ha indicato l’esempio di Eusebio di Cremona che visse a Betlemme, discepolo di San Girolamo: «Un santo che si perde quasi nella notte dei tempi ma che ha un punto di riferimento: Girolamo e le Scritture. Saranno le Scritture, la Bibbia, a educarci il cuore, a renderci di nuovo fecondi, capaci di vincere le paure e le resistenze, a plasmare il nostro modo di pensare, di sentire e di fare. Che questo pellegrinaggio in Terra Santa ci faccia tornare a casa non solo un po’ più istruiti e acculturati, ma innamorati del Vangelo e delle Scritture Sante, che possano accompagnarci non solo come consolazione personale nei momenti difficili, ma come criterio di giudizio e di discernimento delle nostre responsabilità: chiamata quotidiana a dire “sì” a Colui che è nato e che ci vuole con sé, come sacramento di salvezza per il mondo». Ascolta l’omelia di mons. Napolioni Al termine dell’Eucaristia, durante la quale si è pregato per tutti i bambini del mondo e per i cristiani di Terra Santa, ogni pellegrini ha potuto baciare la statua di Gesù bambino. Prima di lasciare la basilica i pellegrini hanno visitato le grotte di Santa Caterina dove è conservata la memoria di San Girolamo e del suo discepolo Eusebio da Cremona. Poi nonostante la lunga fila sono scesi anche nella grotta della Natività, sotto la grande e antica basilica a cinque navate voluta da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino: nonostante tante vicissitudini, del primitivo edificio sacro si conservano ancora alcune vestigia, come il prezioso pavimento a mosaico. Nell’angusta grotta, lunga e stretta, i pellegrini si sono inginocchiati per baciare la stella di argento posta su una lastra di marmo: proprio qui Cristo emise il suo primo vagito e iniziò la sua avventura di uomo. Il luogo santo è sormontato da una iconostasi greco-ortodossa. Accanto c’è l’altare dei magi che ricorda la venuta dei re d’Orienti per adorare Gesù. L’altare è di proprietà cattolica e di fronte c’è il luogo della mangiatoria. Dopo questo emozionante atto di devozione, i cremonesi sono partiti alla volta dell’albergo Jacir Palace Hotel posto a pochi metri dal muro fatto costruire dagli israeliani a partire dalla primavera del 2002 per separare nettamente lo stato d’Israele e dai luoghi dell’autorità Palestinese. sotto l’amministrazione Nel luogo in cui nacque il Principe della Pace, gli uomini continuano a costruire barriere tra di loro. La strada è ancora lunga. Photogallery della Messa e visita alla Basilica della Natività Venerdì 10 il pellegrinaggio farà tappa a Gerusalemme. Alle ore 9 è prevista la celebrazione della S. Messa nella Basilica dell’Agonia; a seguire salita al Monte degli Ulivi e visita dell’edicola dell’Ascensione, della Chiesa del Pater Noster, della Chiesa del Dominus Flevit, terminando con la Tomba delle Vergine. Nel pomeriggio alle ore 15 incontro con Mons. Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme; a seguire percorso della Via Dolorosa nella città vecchia partendo dal Convento della Flagellazione ed arrivando alla Basilica del Santo Sepolcro. Visita e tempo a disposizione. ARCHIVIO: Intervista a don Roberto Rota sul pellegrinaggio diocesano in Terra Santa Primo giorno: partenza dall’Italia e arrivo a Nazareth Secondo giorno: Messa alla Basilica dell’Annunciazione, visita di Nazareth e del monte Tabor Terzo giorno: Lago di Tiberiade e Cana di Galilea con rinnovazione delle promesse matrimoniali PROGRAMMA DEI PROSSIMI GIORNI Sabato 11 marzo: BETLEMME/Escursione nel Deserto di Giuda e a Gerusalemme Mezza pensione in hotel. In mattinata escursione nel Deserto di Giuda: visita di Qumran, dove in alcune grotte vennero rinvenuti i più antichi manoscritti della Bibbia. Rientrando a Gerusalemme sosta al Wadi Qelt. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio celebrazione della Santa Messa alle ore 15 nella Chiesa di San Pietro in Gallicantu; a seguire visita del Sion Cristiano con il Cenacolo, la Chiesa della Dormitio Mariae e la Valle del Cedron. Domenica 12 marzo: BETLEMME/Escursione a Gerusalemme Mezza pensione in hotel. Partenza per Gerusalemme e visita della Spianata del Tempio e al Muro occidentale della preghiera. Visita del nuovo museo francescano e della chiesa di S. Anna dove alle ore 12 sarà celebrata la S. Messa. Nel pomeriggio visita dello Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto e continuazione per Ein Karem con la visita ai santuari che ricordano la Nascita di S. Giovanni e la Visitazione di Maria ad Elisabetta. Lunedì 13 marzo: BETLEMME/GERUSALEMME/TEL AVIV/ITALIA Dopo la prima colazione eventuale tempo a disposizione sino al trasferimento in aeroporto a Tel Aviv per il rientro in Italia. Auguri al vescovo Dante che festeggia il 77° compleanno Venerdì 10 marzo il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi, compie 77 anni: il presule è nato, infatti, a Mandello del Lario (provincia di Lecco, ma diocesi di Como) nel 1940 da Albino e Giulia Bassini. Ha tre fratelli: Giancarlo, Ermes e June, quest’ultima lo ha seguito sia a Savona sia a Cremona. Dopo aver compiuto gli studi ginnasiali e teologici nel seminario diocesano di Como, è stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1964. Per completare il percorso teologico è stato inviato a Roma, dove ha conseguito la licenza in Storia ecclesiastica presso la Pontificia Università Gregoriana e il diploma di Teologia morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana. Il 7 dicembre 1991 è stato eletto vescovo di Savona-Noli, mentre il 25 gennaio 1992 è stato ordinato vescovo nella Cattedrale di Como. L’8 settembre 2001 Giovanni Paolo II l’ha destinato alla Chiesa di Cremona nella quale ha fatto il suo ingresso il 4 novembre dello stesso anno. Il 16 novembre 2015 il Papa lo ha nominato amministratore apostolico della diocesi di Cremona fino al 30 gennaio scorso, giorno in cui ha ordinato vescovo il suo successore, mons. Antonio Napolioni. Il Vescovo emerito, che continua a prestare il suo servizio pastorale in diocesi di Cremona in stretta collaborazione con il vescovo Antonio, lo scorso 25 gennaio ha festeggiato i 25 anni di episcopato. A mons. Lafraconi gli auguri più fervidi di tutta la Chiesa che è in Cremona con l’assicurazione di un costante ricordo nella preghiera. Biografia completa di mons. Lafranconi Dal 16 marzo al CineChaplin il film sul card. Martini Dal 16 marzo anche a Cremona il film di Ermanno Olmi sul card. Martini “vedete, sono uno di voi”, in programmazione al CineChaplin di via Antiche Fornaci 58. Il film, che ha avuto una preparazione di oltre quattro anni, ha soggetto e sceneggiatura di Olmi insieme a Marco Garzonio, giornalista del Corriere della Sera che per decenni ha seguito l’uomo destinato a diventare arcivescovo di Milano. Prodotto da Istituto Luce Cinecittà insieme a Rai Cinema, è un documentario che si avvale di immagini di repertorio scovate in importanti archivi ed è accompagnato dalla voce fuoricampo dello stesso Olmi, che facendo parlare in prima persona l’ex arcivescovo di Milano ne mette subito in evidenza il lato umano. Tutto inizia con la morte del card. Carlo Maria Martini, avvenuta il 31 agosto 2012 all’Alosianum di Gallarate. Quella stanza, prima sequenza del film, torna, quasi come un monito, più volte nel film-documentario che racconta la storia di quest’uomo buono, figlio dell’alta borghesia torinese, che già a dieci anni aveva scelto di dedicare tutta la sua vita a Dio. Si segue poi la sua iniziazione alla religione tra i Gesuiti fino all’elezione di Martini ad arcivescovo di Milano nel 1979. Olmi ripercorre la vita di Martini, segnando gli snodi principali e le città che lo hanno accolto: Torino, Roma, Milano e Gerusalemme. Una vera poesia per immagini, quella del regista bergamasco, che ha saputo entrare nella storia di Martini con rispetto e attenzione, tenendosi cautamente lontano da un ritratto agiografico, piano, scegliendo di raccontare l’uomo, il sacerdote, la sua missione per la Parola e per la prossimità. In “vedete, sono uno di voi” si attraversano così gli eventi drammatici degli anni milanesi tra terrorismo, anni di piombo, tangentopoli, conflitti, corruzione, crisi del lavoro e solitudini. In poco meno di ottanta minuti, tra immagini di repertorio, suggestiva musica classica e la voce fuori campo di Olmi, si racconta una carrellata di accadimenti che attraversano l’Italia del Novecento. Olmi mantiene il suo stile, il suo modo di investigare la fede e la Chiesa stessa, richiamando soprattutto quella sua riflessione sulla carità e inclusione che è “Il villaggio di cartone” (2011). Racconto lucido, serio, puntale ma anche profondamente emozionante. Olmi trasmette allo spettatore una spiritualità autentica e convincente, restituendoci un’immagine del cardinale ancora oggi vivida e in grado di parlare al mondo contemporaneo. Il documentario di Olmi è stato presentato in anteprima al Duomo di Milano lo scorso 10 febbraio, a pochi giorni dal compleanno del card. Martini che, nato a Torino il 15 febbraio 1927, avrebbe compiuto 90 anni quest’anno. Giorni e orari dele proiezioni al CineChaplin giovedì 16 marzo: ore 21.00 venerdì 17 marzo: ore 16.00 – 21.00 sabato 18 marzo: ore 17.45 – 19.15 – 21.00 domenica 19 marzo: ore 16.00 – 17.45 – 19.15 – 21.00 martedì 21 marzo: ore 21.00 Contrasto alla povertà: risposte adeguate? Venerdì incontro alle ACLI L’Alleanza contro la Povertà di Cremona continua nel suo impegno di informazione e condivisione rispetto al tema della povertà, ancora purtroppo estremamente attuale anche nel nostro territorio. Dopo la presentazione, lo scorso novembre, dei rapporti Caritas e Banco Alimentare, che hanno acceso un focus anche sulla realtà cremonese, venerdì 10 marzo alle ore 17 a Cremona presso l’Auditorium ACLI di piazzale Luzzara 1 (retro sede ACLI) si terrà il seminario di informazione “Contrasto alla povertà: risposte adeguate? Cosa accade nel nostro territorio e a livello nazionale”. Sarà presente Roberto Rossini (in foto), presidente nazionale ACLI e portavoce nazionale dell’Alleanza Contro la Povertà, che offrirà un quadro molto aggiornato sulle scelte governative rispetto al tema. Katia Avanzini, direttrice della Azienda Sociale Cremonese e del CONCASS, e Angelo Stanghellini, coordinatore dell’Ufficio di Piano del Distretto Cremasco, illustreranno le iniziative in atto nel nostro territorio. Interverranno amministratori soggetti del III Settore. locali, forze sindacali e L’incontro è aperto a tutti. Locandina Nelle statistiche la fotografia della Chiesa cremonese Alla fine del 1991 la Chiesa cremonese contava 401 sacerdoti diocesani; venticinque anni dopo il loro numero si è ridotto a 313. Ancor più notevole, dal 1991 al 2016, il calo dei religiosi e delle religiose, passati complessivamente da 1.101 a 343. Questi dati, piuttosto sconfortanti, emergono dalla Guida ufficiale 2017 della Diocesi di Cremona, disponibile da alcuni giorni presso la Curia Vescovile. Dalla pubblicazione si apprende che l’attuale presbiterio cremonese annovera, oltre al vescovo mons. Antonio Napolioni e all’emerito mons. Dante Lafranconi, 115 parroci e amministratori parrocchiali, 82 vicari e collaboratori parrocchiali, 84 preti con altri incarichi in diocesi o fuori e 32 residenti, senza specifici impegni pastorali; 11 i sacerdoti extradiocesani residenti in diocesi (4 di loro in servizio attivo), 22 i sacerdoti appartenenti a vari ordini religiosi, 13 i diaconi permanenti accanto a un diacono prossimo all’ordinazione presbiterale. Il calo dei preti diocesani costituisce ormai un fenomeno generalizzato. Nell’ultimo quarto di secolo essi sono diminuiti in Lombardia di quasi mille unità, passando da 5.975 a 4.989 (- 16,5%). In diocesi di Cremona la loro presenza si è ridotta – dal 1991 al 2016 – del 21,9%; nondimeno, il rapporto sacerdoti diocesani – popolazione (uno ogni 1.157 abitanti) risulta da noi assai migliore che nell’intera regione (uno ogni 1.855). Il sensibile calo dei seminaristi (53 nell’anno scolastico 1991/92, 16 nel 2016/17 – quattro in più del 2015/16 – , compresi due studenti della diocesi di Fidenza e due religiosi del Togo) e il progressivo invecchiamento dei sacerdoti sono alla base della forte riduzione numerica del nostro clero. Basti pensare che, dal 2014 al 2016, sono deceduti ventuno preti e si sono avute soltanto tre nuove ordinazioni, una all’anno. Nessuna significativa inversione di tendenza si profila a breve scadenza. Anche quest’anno, dunque, il Vescovo consacrerà in giugno un solo prete novello (il diacono don Nicola Premoli, 40 anni, originario di Covo). Il 34,2% dei sacerdoti diocesani (107 su 313) ha almeno 70 anni e soltanto 27 (l’8,6%) non hanno ancora raggiunto la soglia dei 40. Il decano del clero cremonese è mons. Mario Cavalleri, 101 anni di età e quasi 77 di sacerdozio, canonico del Capitolo della Cattedrale e residente presso la Casa di riposo “La Pace”; il più giovane è il ventottenne don Francesco Gandioli, vicario della parrocchia cittadina di S. Abbondio. Mentre negli ultimi venticinque anni il clero diocesano si è ridotto di quasi un quarto, un autentico crollo si è registrato fra i religiosi (scesi da 88 a 31, di cui 22 sacerdoti, con un calo del 64,7%) e le religiose (da 1.013 a 312, – 69,2%). Dal 1991 al 2016 gli istituti religiosi maschili e femminili della nostra diocesi sono passati complessivamente da 41 a 30; accanto a essi operano 9 istituti secolari e 2 monasteri claustrali femminili. Fra gli altri dati contenuti nella Guida diocesana spiccano quelli sulle parrocchie: complessivamente 222, distribuite fra undici zone pastorali, di cui 173 in provincia di Cremona, 28, 17 e 4 nelle rispettive province di Mantova, Bergamo e Milano. La metà delle parrocchie non supera i 1.000 abitanti. Soltanto otto ne contano più di 6.000, con una punta massima di 14.136 in quella di Caravaggio dedicata ai santi Fermo e Rustico; seguono, a debita distanza, quelle di Castelleone (9.523 abitanti), Soresina (8.949) e Rivolta d’Adda (8.131). In città la comunità parrocchiale più popolosa è quella di Cristo Re, con 7.029 battezzati (quasi 1.500 in meno rispetto a venticinque anni fa). Il minor numero di parrocchiani (60) si registra nella comunità di Quistro (frazione di Persico Dosimo), laddove si escluda quella cittadina di S. Maria della Pietà all’Ospedale Maggiore, che annovera un solo residente stabile, ma un’utenza potenziale di oltre tremila persone, fra degenti e dipendenti ospedalieri. Un migliaio sono invece i soldati e gli ufficiali della caserma “Col di Lana”, che fa capo alla parrocchia militare di S. Barbara. La Guida menziona anche, in città, la Rettoria di S. Rita (intitolata alle sante Margherita e Pelagia) e la Cappella della Beata Vergine Addolorata al Cimitero. Degni di nota, nel territorio diocesano, i santuari mariani di Caravaggio, Casalmaggiore e Castelleone, oltre ai Centri di spiritualità presso il santuario di Caravaggio e “Piccola Betania alla Badia” di Bozzolo. Francesco Capodieci