Il Presidente AEROPORTO DI RIMINI

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Il Presidente AEROPORTO DI RIMINI
Il Presidente
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AEROPORTO DI RIMINI - SITUAZIONE ATTUALE E PROSPETTIVE DI SVILUPPO
Consiglio provinciale
9 febbraio 2004
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Intervento del Presidente della Provincia,
Ferdinando Fabbri
Sono diverse le motivazione che ci hanno indotto a convocare questo consiglio aperto sull’aeroporto.
E’ normale che un’azienda così importante come Aeradria, dove il pubblico ha la maggioranza della
proprietà, sia sottoposta all’attenzione generale per conoscerne i bilanci, le strategie, i piani di sviluppo. Si
potrebbe dire perciò, in prima battuta, che siamo ad un dibattito ordinario, come altri ne abbiamo fatti,
sempre sull’aeroporto, anche in quest’aula.
Invece, ripeto, le motivazioni sono più di una e non sono certamente di carattere ordinario.
Permettetemi quindi di essere franco e, spero, preciso in quello che dirò, cercando di evidenziare il perché
della riflessione odierna, della sua straordinarietà. Ho preparato per iscritto l’intervento per essere preciso,
appunto, e anche perché desidero che il testo, come dire, rimanga agli atti: nero su bianco.
Allora, come mai questa convocazione e questo dibattito?
Primo. Vi è bisogno di una corretta informazione, almeno nei luoghi della responsabilità politica e
amministrativa.
A me sembra che si sia fatta molta confusione, specialmente negli ultimi mesi. Ci sono state informazioni
esterne alquanto malevoli prodotte da fonti che hanno interessi competitivi opposti a quelli del territorio
riminese. Interessi legittimi sia chiaro. Meno legittimo la pervicacia nel fare confusione, la malafede, non
tanto di qualche organo d’informazione, ma insisto di fonti derivate da addetti ai lavori che giocano per altre
squadre.
Il tentativo di screditare l’Azienda che gestisce l’aeroporto di Rimini, non nuovo negli ultimi anni, a dir la
verità, potrebbe passare anche sotto silenzio, poco interessante nella sostanza, se non avesse trovato
qualche ingenuo sostenitore. I quali, spinti magari dal giudizio insoddisfacente che essi danno dell’opera
della Società, fanno di ogni erba un fascio, senza la voglia di conoscere e di conseguenza con risultati poco
apprezzabili. Ecco perché è importante informare, assumere conoscenza dei fatti, scegliere
consapevolmente le soluzioni migliori, sostenere con coerenza gli interessi dell’area riminese.
Spero che da questo consiglio si possa fare un passo in avanti, facendo chiarezza su alcuni punti nodali, sui
quali verrò dopo, e sulle proposte conseguenti.
Secondo. Abbiamo bisogno, tutti assieme, di aver chiaro qual è il passaggio competitivo dentro il quale
siamo collocati.
Saranno anni, questi, alquanto importati per capire la gerarchia fra i territori europei. Quelli della nuova
Europa allargata ad est e quelli della rinnovata centralità di paesi dinamici e strutturalmente forti come
Germania, Francia e la stessa Spagna, che stanno scommettendo sul potenziamento qualitativo e
infrastrutturale delle proprie aree metropolitane e dei propri bacini regionali. E’ in discussione la capacità
dell’Emilia Romagna di continuare ad essere fra le prime cinque regioni d’Europa. E’ in gioco la gerarchia
delle aree provinciali costiere nel sistema policentrico del Nord Italia e, nello specifico, del bacino Alto
Adriatico.
Non sono semplici esercizi di geopolitica. Ci sono cose concrete che danno il senso di questa sfida. Una di
esse è per esempio il rapporto fra le fiere italiane e come le due o tre che rimarranno potranno competere
nel mondo. Un’altra riguarda l’organizzazione del sapere e della ricerca superiore che chiama in causa, in
primis, l’università. Ancora, penso ai grandi collegamenti viari e intermodali e come essi determineranno il
ruolo delle città dentro le reti primarie che favoriscono lo scambio di merci e di persone nel continente (i titoli
li conosciamo: terza corsia autostrada, nuova statale 16, E 45, porti, aeroporti). Potrei continuare negli
esempi, ricordando questioni, a tutti note, come le strutture congressuali, il livello della qualità urbana, la
sostenibilità ambientale, la tutela del paesaggio come valore aggiunto della stessa economia, soprattutto se
è un’economia turistica come la nostra.
Ecco che quando parliamo di aeroporto, come quando parliamo di fiera o di palacongressi, parliamo di che
posto vuol occupare Rimini nella sfida competitiva. Se vuole assolvere al compito, che gli è proprio, di porta
e di capitale del grande bacino Adriatico. Oppure se, disimpegnandosi dalla partita, si adegua ad utilizzare
servizi offerti da altri territori e da altre città che si chiamino magari Forlì o Bologna, o Ancona, perché no?.
Terzo. E’ necessario ricordarsi il percorso di questi anni. Quello che è accaduto dal 1999 ad oggi nel nostro
aeroporto per capire se siamo sulla rotta giusta o stiamo sbagliando strada.
Chi amministra la cosa pubblica con il dovere di fare programmi, deve guardarsi bene dall’avere la memoria
corta o di svoltare ad ogni girar del vento. Posso capire qualche intervista in libertà di rappresentanti delle
associazioni, ma gli amministratori pubblici e i responsabili politici devono avere il senso degli atti, delle
scelte e delle verifiche motivate che periodicamente vanno, a ragion veduta, svolte. Le battute in libertà non
giovano a nessuno, tanto meno in una fase così impegnativa come quella che stiamo vivendo.
Stiamo ai fatti e rendiamoli maestri per capire, come dicevo, com’è oggi l’azione che l’Azienda sta portando
avanti, su indicazione dei suoi soci.
Stiamo ai fatti dunque.
Non la faccio lunga. Tutti quanti sappiamo com’è cambiato il mercato turistico negli ultimi venti anni.
Abbiamo ben presente che non siamo più la spiaggia d’Europa che dava ospitalità a centinai di migliaia di
turisti del nord Europa, con un aeroporto che viveva grazie ai charter dei tour operator inglesi, scandinavi,
tedeschi.
Lasciando stare la storia decennale, mi limiterò perciò a rifare il punto, breve, di cosa è accaduto per
l’aeroporto di Miramare negli ultimi quattro anni, dal 1999 ad oggi.
Parto da un nome: dott. Bruno Del Rio. Scommetto che pochi qua dentro sanno chi è. Il signor Del Rio è il
funzionario della SAB di Bologna che dal 5 agosto 1996 al giugno 1998 ha diretto l’aeroporto di Rimini. In
quel tempo, infatti, i soci Aeradria decisero di puntare sul rapporto con Bologna accogliendo la formula un
po’ vaga di integrazione fra gli scali regionali. Purtroppo furono anni di totale inerzia. Forse il periodo più
basso nella vita della nostra Azienda.
Rispetto a questo stato di cose, molto insoddisfacente, i soci Aeradria scelsero una strada nuova. Fecero
una scelta strategica ben diversa. Il 7 giugno del 1999 Ermanno Vichi per conto della Provincia, Giuseppe
Chicchi per il comune di Rimini, Massimo Masini per il comune di Riccione, Manlio Maggioli per la Camera di
Commercio, Lorenzo Cagnoni per la Fiera, Gianfranco Micucci per Cattolica e Tiraferri Sandro per il comune
di Misano firmarono i patti parasociali con la SEA di Milano al fine di contribuire alla creazione di un “network
degli aeroporti del Centro/Nord Italia che abbia come riferimento il futuro hub di Malpensa”.
Fu una scelta coraggiosa e corretta, vista la situazione nostra e le nostre esigenze, che purtroppo non
produsse i suoi frutti per la crisi di SEA, colpita dall’avventurosa scelta di investire in Argentina, e per il
cambio di strategia del management di Milano.
Sempre in quegli anni, esattamente agli inizi del 1998, scattò un’altra operazione importante che puntava al
rilancio del nostro aeroporto, vista la lunga stagnazione in cui si dibatteva. Iniziativa sostenuta dall’allora
assessore regionale al turismo Vasco Errani con gli amministratori locali, in primis, il sindaco di Rimini. Ci fu
l’accordo con Ryanair per attivare il volo low cost Rimini – Londra. Volo che partì nella primavera del 1998,
subito con un buon successo di traffico.
Il 2 gennaio del 1999 la direzione dell’aeroporto, in base agli accordi sottoscritti, passò in mano della SEA
che distaccò per tale funzione il dottor Alessandro Palombo, il quale rimase in carica fino al 20 luglio 2000,
quando la SEA si ritirò dall’operazione Rimini, a dire il vero, su nostra sollecitazione vista la situazione di
totale inadempienza rispetto alle prospettive di sviluppo indicate a suo tempo.
La scelta strategica di Milano, insisto, coraggiosa e giusta in quel contesto, non produsse risultati. Anzi si
dovette tornare indietro. La seconda leva per il rilancio quella di Ryanair si dimostrò di difficile gestione.
Cosa successe infatti? Successe che nonostante l’ottimo risultato del volo, che fu utilizzato nel ’99 da 66.000
passeggeri e oltre 67.000 nel 2000, gli amministratori di Aeradria non riuscirono mai a far sottoscrivere alla
Ryanair un regolare contratto di “marketing support”. Non solo ma si videro contestare eventuali condizioni di
vantaggio prodotte a favore del vettore dal Ministero dei trasporti che con lettera del 6 agosto 1998, tornando
in argomento sul rapporto Aeradria/Ryanair, precisava che “eventuali contributi per l’esercizio di servizi aerei
di linea concessi da società di gestione aeroportuale il cui capitale sia posseduto a maggioranza da enti
pubblici costituirebbero aiuti di stato non compatibili con il mercato comune”.
Nell’anno 2001 la Corte dei Conti chiedeva ad Aeradria, aprendo un’indagine amministrativa, lumi sul
rapporto con Ryanair. In data 6 febbraio 2001 il nuovo Consiglio di Amministrazione di Aeradria deliberava
di convenire in giudizio Ryanair per ottenere una pronuncia giudiziale in merito al rapporto intercorso, che
vedeva la compagnia area inadempiente per oltre due miliardi di vecchie lire nel pagamento dei servizi
aeroportuali. La sentenza di merito dovrebbe arrivare entro poche settimane.
Si poteva far meglio? Si poteva cercare di tenerci a tutti i costi il volo, giuridicamente difficile, con Ryanair,
che, ricordo, ci portava 66.000 passeggeri anche se con costi di un miliardo e mezzo all’anno a carico
dell’aeroporto? Col senno del poi, tutto è possibile. In quei giorni sotto la pressione, della Corte dei Conti, del
ministero dei Trasporti, della Guardia di Finanza, mi sembra che il C.d.A. non avesse molte alternative. Può
darsi che non saremo bravi come Bologna che ha spedito subito Raynair, a quali condizioni non sappiamo, a
Forlì con ben due voli al giorno. Di fatto insisto non mi sento di criticare, anzi approvo, le scelte del consiglio
di amministrazione.
Le due iniziative più forti, per un nuovo assetto dell’aeroporto di Rimini, quella della partnership con SEA e
quella del low cost su Londra con un gigante come Ryanair, assunte alla fine degli anni Novanta sono perciò
naufragate per motivi che vanno oggettivamente al di là della nostra sfera di intervento. Da qui bisogna
partire per fare il punto sulle scelte odierne.
Come abbiamo risposto, come soci, a questa situazione difficile che si presentava all’inizio del 2000?
Quattro mosse che voglio puntualizzare.
Innanzitutto abbiamo puntato su un consiglio completamente rinnovato facendo ricorso il più possibile alle
espressione del mondo imprenditoriale e delle professioni, con un presidente che nasceva al di là di ogni
interesse di partito.
Poi abbiamo chiesto al nuovo C.d.A di preparare un piano industriale che avesse un obiettivo semplice e
netto: quello di legare, con collegamenti giornalieri, il nostro territorio all’hub nazionale di Roma e ad altri due
e tre hub europei (Londra, Parigi, Monaco). Ciò a fianco, ovviamente, al nostro core business che si chiama
trasporto turistico.
Terza mossa, operare in una logica di aeroporto annuale che per la nostra realtà rappresenta un salto di
180 gradi. Perché, sapete, un conto è trattare con i tour operator che già hanno interesse a volare sulla
nostra spiaggia e un conto è abituare un bacino come il nostro ad utilizzare l’aereo partendo da Rimini verso
il mondo. Non è cosa che si realizzi in pochi mesi. E soprattutto non ci sono compagnie disponibili ad
assumersi il rischio di costi sicuramente non copribili nel breve periodo.
Qui cari amici sta il vero dilemma che abbiamo e che troppi si dimenticano. Passare da piazza turistica a
piazza annuale con voli giornalieri per le tre/quattro capitali europee per una provincia come quella di Rimini
che ha 275.000 abitanti, facendo concorrenza, di fatto a due capitali regionali come Bologna e Ancona che si
trovano in un raggio di 100 km e che possono offrire, almeno per Bologna, più opportunità di movimento e di
servizi, è cosa alquanto impegnativa che non la si definisce in poco tempo e con poche risorse. Se poi si
aggiunge che Bologna ha comprato Forlì facendone una propria dipendenza il quadro competitivo è
completo.
Quarta mossa assunta dopo il 2000 è stata quella, ancora aperta, della ricerca di alleanze. Debbo dire che
sia io, che il sindaco di Rimini, che il presidente Maggioli abbiamo avuto diversi incontri per dare prospettiva
a questa esigenza. Abbiamo avuto proposte di massima da parte di diversi soggetti italiani e stranieri.
Alcune di queste sono ancora aperte. Nella citata assemblea dell’11 dicembre 2003 i soci hanno approvato l’
“Avviso pubblico per la presentazione di manifestazioni di interesse alla partecipazione al procedimento di
aumento di Capitale Sociale”. L’atto comunicato dalla Gazzetta Ufficiale e dagli organi di stampa ha
generato, nelle ultime settimane, una accelerazione di interesse da parte di soggetti imprenditoriali che
operano nel settore, valuteremo prossimamente, insieme al consiglio d’amministrazione, la dimensione di
questo interesse e le condizione ad esso collegate.
Dentro questa ricerca di alleanze ci sta il nodo di Bologna. Che qui voglio chiarire una volta per tutte,
almeno per quanto riguarda la Provincia. Noi siamo disponibili anche domani mattina a sottoscrivere un
accordo forte con la SAB. Poiché riteniamo che un network dei quattro aeroporti della nostra regione
porterebbe vantaggi a tutti. Per primo a Bologna. In anni così competitivi dove il trasporto aereo sta
totalmente ristrutturandosi, puntare su reti di aeroporti minori, però legati funzionalmente al territorio, può
essere una carte vincente, tenuto conto anche della crisi dei grandi hub, rispetto alle esigenze di un mercato
sempre più flessibile. Noi siamo pronti oggi, come lo siamo stati ieri, ad offrire alla SAB carta bianca
compresa la direzione della Società.
Tuttavia vi è un però, non trascurabile. Anzi per noi decisivo. Va rispetta, garantita, sostenuta, la necessità di
Rimini di essere collegata con voli giornalieri con Roma e con altre due/tre capitali europee. Lo diciamo non
per, come dire, gonfiarci il petto e sentirci importanti. Ma perché i circa 400 milioni di euro che abbiamo
speso e stiamo spendendo fra pubblico e privato in infrastrutture, che portano i titoli di Fiera, Palacongressi
di Riccione e Rimini, Parchi tematici, abbisognano di un aeroporto a Rimini, ripeto a Rimini, aperto tutto
l’anno.
Questo, in sintesi, mi permisi di scrivere, d’accordo con gli altri soci, con lettera riservata al presidente di
SAB il 2 dicembre 2002. La risposta arrivata il 10 dicembre purtroppo non offriva nessuna garanzia ai nostri
precisi interessi, anzi, li lasciava tutti in sospeso appellandosi, il presidente Clò, a quello che avrebbe detto il
mercato a proposito dei voli giornalieri.
Penso seriamente che nelle prossime settimane, con Bologna e con la stessa Forlì si possa provare a
riprendere il filo del confronto. Alcune cose si stanno muovendo. Noi ci metteremo tutta la nostra buona
volontà. Non dimenticando però, mai, i nostri ineludibili interessi. Noi siamo una Porta di questa regione. Che
fa del suo aeroporto un servizio indispensabile per tutta l’economia dei servizi che abbiamo saputo
organizzare, da leader, in Italia. La Provincia per prima sarà coerente fino in fondo, con tutte le proprie
energie, per sostenere tale assunto.
Negli ultimi due anni abbiamo compiuto un altro passo significativo per rafforzare la compagine sociale di
Aeradria con lo scopo di legare sempre più la Società all’economia locale. Le categorie economiche sono
entrate a pieno titolo nella proprietà. E’ stato un passaggio importante che segnala come il territorio riminese
stia crescendo come Sistema. Devo ringraziare formalmente le associazioni delle imprese riminesi e del
mondo della cooperazione per la disponibilità, l’attenzione, la voglia di contribuire agli interessi della nostra
area che hanno dimostrato e che continuano a dimostrare. Come l’esempio ultimo della Fiera conferma.
C’è un patrimonio di coesione, di logica comune verso innovazione e lo sviluppo che non ha riscontro, posso
ben dirlo, in altre parti della regione, dimostrando ancora una volta se ve ne fosse bisogno, che l’area
riminese ha capacità competitive e di organizzazione sociale da prendere a riferimento.
Stesso discorso vale per la Repubblica di San Marino che entrando stabilmente nella compagine sociale,
con un consigliere nel C.d.A. , ha voluto segnare un suo totale coinvolgimento con gli interessi di questo
bacino e con il futuro dell’Aeroporto Federico Fellini.
Infine, quarta e ultima motivazione, questo consiglio provinciale si è reso necessario per capire se le scelte
contenute nel business plan aggiornato, approvato nell’assemblea dell’11 dicembre 2003, sono scelte giuste
o se qualcosa va cambiato e, nel caso, quali possono essere i problemi ancora aperti.
Nelle ultime settimane abbiano letto e sentito le cose più strampalate: gestione fallimentare dell’aeroporto,
voli perduti, Forlì ci supera, aerei che non partono e chi ne ha più ne metta. Un crescendo di veleni che
purtroppo ha finito per condizionare la lucidità di molti osservatori. Stiamo con i piedi per terra, evitiamo il
chiacchiericcio e atteniamoci ai fatti, volendo bene, se possibile, alle nostre cose. Evitando di farci del male
gratuito.
I fatti! Ancora una volta mi appello al peso dei fatti.
Abbiamo rinnovato il C.d.A. da appena 10 mesi (aprile 2003) con il nuovo presidente con il voto unanime di
tutti i soci pubblici e privati. Sei mesi fa l’assemblea su indicazione del consiglio ha approvato l’aumento di
capitale di 1.500.000 euro con un sovrapprezzo di eguale entità, per un totale di 3 milioni di euro. Nota bene:
le prime risorse che in trenta anni i soci conferiscono all’Azienda. Due mesi or sono, esattamente l’11
dicembre 2003 il consiglio di amministrazione chiedeva ai soci di approvare l’aggiornamento del piano
industriale. Business plan che veniva approvato con la sola astensione del comune di Cervia.
Vogliamo, dunque, dare fiducia ai questi nostri rappresentanti che in pochi mesi hanno dato un’accelerata al
piano di sviluppo del nostro scalo? Vogliamo lasciarli lavorare nel giusto clima?
Penso che sia necessario operare con serenità non solo per mera convenienza, tutto è più semplice quando
il clima è quello giusto. Ma anche e soprattutto perché siamo sulla strada giusta. Abbiamo cioè messo in
campo una strategia corretta, rispettosa delle domande della nostra economia, che sta dando i suoi frutti.
Ritorno così al Business Plan per capire dove stiamo andando. Sarà poi la comunicazione del presidente
Morelli ad essere più precisa. Voglio però evidenziare alcuni punti in esso contenuti, che abbiamo approvato
e che richiedono i dovuti atti conseguenti.
Gli obiettivi strategici sono chiari e sono quelli già individuati nella prima stesura del 2001. Ovvero: per i voli
di linea: “attivare e consolidare un circolo virtuoso”, aggiungo, in special modo per il volo su Roma; per i
charter: “consolidare i risultati e far crescere il traffico outgoing”; per le merci: “rendere più strutturato il loro
andamento”; per il non aviation: “realizzare il portale fisso”, che per essere precisi non c’entra nulla con la
leva immobiliare. Vuol dire invece puntare su servizi non solo legati al traffico aereo ma con un raggio più
ampio, grazie al fatto che la stazione aeroportuale va vista e pensata come una grande piazza, come un
moderno non-luogo dove chi transita può utilizzare una serie di servizi interessanti dedicati alle persone e
alle imprese.
Il piano industriale approvato, o business plan che dir si voglia, è stato elaborato secondo una logica
prudenziale, giustamente. Tuttavia le previsioni contenute sono impegnative per l’Azienda e per i soci. Ed
esse, pur prudenziali e commisurate alla nostra realtà, vanno assolutamente concretizzate a partire da
quegli investimenti, indispensabili, che sono indicati nella somma di 7,5 milioni di euro nell’arco di quattro
anni (2004-2007).
Ciò vuol dire che, come chiaramente indicato, fino al 2005 avremmo costi della produzione superiori ai ricavi,
con un margine industriale utile solo a partire dal 2006.
Se vogliamo arrivare entro l’anno 2005 ad una volume di passeggeri che superi le 500.000 unità, tutta la
fase di investimenti in infrastrutture (materiali e immateriali), in mezzi ed impianti, va assolutamente
sostenuta con quelle risorse riportate nel piano e approvate dai soci. Noi ci impegneremo fino in fondo,
come, ne sono sicuro, tutti gli altri.
Andando verso la conclusione voglio ribadire un ultimo concetto. Sono stati anni difficili non c’è dubbio. Ho
ricordato il caso SEA, la complicata vicenda Ryanair, il confronto in salita con Bologna, l’accentuarsi di una
competizione fra territori che non fa sconti a nessuno e che porta la sfida all’interno della stessa Romagna.
Così come non c’è dubbio che nel tentativo di consolidare voli di linea giornalieri ci possono essere stati limiti
ed errori dovuti all’esigenza di dare in fretta nuovi collegamenti. Come per ogni Società che opera in un
mercato “tignoso”, come quello del trasporto aereo, le probabilità di sbagliare e di non raggiungere tutti gli
obiettivi sono alte, e anche Aeradria ha dovuto scontare passi falsi. Ma ciò rientra nella routine. Come dire, è
nel conto.
Anche perché in realtà, ed è questo il concetto finale che voglio affermare, si è svolto, di converso, un buon
lavoro dal 2000 ad oggi. I numeri, i fatti, ci danno ragione.
Se vediamo il nostro traffico al netto dei movimenti generati dal volo Raynair (che è stato giuridicamente un
ibrido per due anni e mezzo) nel 1999 avevamo 180.000 passeggeri; 190.000 nel 2000; 224.000 nel 2001;
225.000 nel 2003. Con un andamento dei ricavi della produzione che è passato dai 3,977 milioni del ’99 ai
5,770 milioni del 2003. Siamo cresciuti, stiamo crescendo, stiamo perseguendo con coerenza i nostri
obiettivi.
Ora noi tutti sappiamo che anche all’indomani di questo nostro confronto avremo da mettere in previsione
voci contrarie all’azione che la Società sviluppa giorno dopo giorno. Abbiamo degli avversari di diversa
natura che cercheranno, penso in buona fede, di utilizzare ogni argomento, piccolo o grande, per trovare
punti grigi e screditare l’attività dell’aeroporto internazionale Federico Fellini. Fa parte del gioco.
Alla fine, insisto, contano i risultati. A me sembra che siamo sulla strada giusta: con un piano industriale
serio e prudente; con soci pubblici uniti; con associazioni imprenditoriali impegnate a dare il loro contributo;
con una onestà e una trasparenza di tutti i protagonisti, a partire dal Consiglio di amministrazione, che sono
la prima condizione per fare le cose per bene.