La fiaba nera di Neil Gaiman -fumettista (suoi gli

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La fiaba nera di Neil Gaiman -fumettista (suoi gli
Il consiglio di
Elisabetta Randaccio
La fiaba nera di Neil Gaiman -fumettista (suoi gli episodi più belli di
Sandman), sceneggiatore, romanziere – pubblicata con notevole successo anche in Italia da
Mondadori, ovvero “Coraline”, diventa ora un film, che sui nostri schermi, forse per attenuarne
il lato oscuro, ha una inutile coda nel titolo: “La porta magica”, ammiccante ai fantasy melensi e
insopportabili di gran moda in questo periodo.
In realtà, “la porta magica” varcata dalla curiosa e solitaria Coraline ricorda lo specchio di Alice
e fa entrare la piccola in un mondo doppio, ovviamente ricco di riferimenti all'inconscio infantile,
dove l'apparenza serena è una trappola. L'universo in cui gli adulti replicanti hanno i bottoni
invece degli occhi è, in fondo, una casetta di zucchero e marzapane, strisciantemente
pericolosa come quella di Hansel e Gretel e la mamma ideale è una super matriarca,
probabilmente cannibale. L'idea del male visto come un enorme ragno immerso nel candido
accecante ricorda pure il finale di “It”, il capolavoro di Stephen King, che proviene dallo stesso
immaginario frequentato da Gaiman, ambedue ex bambini dalla fantasia scatenata i quali,
attraverso la paura, hanno conquistato un supposto equilibrio psichico adulto.
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Il regista Henry Selick riesce in un
piccolo miracolo: utilizzando la tecnica stop motion e inquadrando i pupazzi come se fossero
attori in carne e ossa, ci restituisce personaggi indimenticabili, approfondendo il testo di
Gaiman, arricchendolo di citazioni cinematografiche, di notazioni raffinate, rivolgendosi a un
pubblico intergenerazionale, quello stesso che aveva apprezzato e regalato il successo a
“Nightmare before Christmas”(1993) realizzato con l'amico Tim Burton. “Coraline” è agli
antipodi dei vecchi classici Disney: la famiglia non è un approdo felice, i bambini vivono una
dolorosa solitudine, l'animale non si antropomofizza e riesce ad avere una voce (calda e
paterna, più da babbo saggio che da grillo parlante) esclusivamente nella esistenza altra ed è
un gatto spelacchiato.
L'incipit, in questo senso, è esemplare:
quelle mani che vuotano e svuotano le bamboline, cuciono gli occhi e la bocca evocano, seppur
senza splatter, una angoscia degna di una pellicola horror. Sembra che Selick abbia compreso
adeguatamente ciò che affermava Bettelheim sul “mondo incantato”: “le storie anodine non
accennano mai alla morte o all'invecchiamento o ai limiti della nostra esistenza o all'aspirazione
alla vita eterna. Le fiabe, al contrario, pongono il bambino onoestamente di fronte ai principali
problemi umani”.
Il regista, insomma, riesce, ancora una volta, a comporre una favola melanconica, realizzata
tecnicamente in modo impeccabile, divertente e toccante. Il film è stato concepito per essere
visto in 3D, ma le sale isolane non sembrano essere attrezzate per questo.
Accontentiamoci:“Coraline”, sorta di Pinocchio al contrario, bambina che non avrebbe avuto
bisogno di affrontare “le prove” per essere consapevole dello squallore degli adulti, è
convincente anche a due dimensioni e conferma le infinite possibilità estetiche e narrative
dell'arte dell'animazione.
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