Il litorale italiano ed il mercato europeo: la sentenza della Corte di

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Il litorale italiano ed il mercato europeo: la sentenza della Corte di
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Il litorale italiano ed il mercato europeo: la sentenza della Corte di Giustizia, Sezione Quinta,
14 luglio 2016, in cause riunite c-458/14 e c-67/15
Di CARMELINA ADDESSO
E
ROBERTO D’ALESSANDRO
1. Le spiagge italiane nell’estate della Brexit. Il quadro normativo di riferimento ed il
tentativo di bilanciamento tra tutela dell’affidamento ed apertura al mercato.
A qualche lettore sarà capitato, frequentando le spiagge del litorale nostrano durante l‟estate ormai
trascorsa, di vedere sventolare negli stabilimenti balneari, accanto alla bandiera italiana, anche
quella anglosassone.
Si tratta di una forma di protesta messa in atto dai titolari degli stabilimenti balneari all‟indomani
della pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia, quinta Sezione, del 14 luglio 2016, in
cause riunite c-458/14 e c-67/15, che ha dichiarato incompatibili con il diritto comunitario le
proroghe automatiche delle concessioni demaniali (marittime e lacuali) per attività turisticoricreative, disposte dall‟art 1, comma 18, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009 n. 194, convertito
dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali
candidati.
La bandiera anglosassone, all‟indomani dell‟esito del referendum del 23 giugno 2016 che ha sancito
l‟uscita della Gran Bretagna dall‟Unione, è assurta a simbolo della reazione contro una decisione
che, agli occhi degli interessati, sacrifica sull‟altare del mercato unico il legittimo affidamento dei
concessionari che hanno effettuato investimenti in una prospettiva di ammortamento a medio-lungo
termine.
La vicenda potrebbe apparire un riflesso involontario della crisi che sta attraversando l‟Unione e
che ha portato all‟emersione di pulsioni disgregatrici, di cui il referendum del 23 giugno costituisce
il precipitato a livello politico-istituzionale1: al contrario, essa rappresenta un‟ipotesi di perfetta
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Per una lucida analisi della crisi in atto, cfr. Jan Zielonka, “Disintegrazione. Come salvare l’Europa dall’Unione
Europea”, Laterza Editore, 2015. L‟Autore osserva come, nello scenario attuale, “Pare che il vento dell’interdipendenza
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integrazione tra ordinamento europeo e nazionale, in cui il motore di coesione deve identificarsi
nell‟incessante attività di interpretazione orientata in senso eurounitario, svolta dalla giurisprudenza
interna.
Come
sarà
evidenziato
più
avanti,
infatti,
la
sentenza
in
commento,
nel
sancire
l‟anticoncorrenzialità della prassi legislativa di proroga reiterata delle concessioni, non costituisce
un elemento di frattura rispetto al panorama giurisprudenziale italiano che ha, a più riprese,
sollecitato il legislatore al rispetto dei principi eurounitari di libertà di stabilimento e di libera
circolazione.
All‟omogeneità della visione sul piano giurisprudenziale, tuttavia, fanno da contraltare le difficoltà
riscontrate sul piano del diritto positivo nella ricerca del giusto contemperamento tra apertura al
mercato e tutela dell‟affidamento in un settore connotato da forte policentrismo normativo, a
seguito dell‟attuazione del c.d. federalismo demaniale.2
E‟ stato osservato3 che, muovendo dal presupposto che il demanio marittimo sia una risorsa naturale
limitata, ma produttiva, non si è tenuto conto del fatto che ad essere produttivi non sono i beni
demaniali in sé, ma le aziende private incidenti su di essi. Il bene demaniale, in altre parole, diviene
parte dell‟azienda del concessionario e, anche dopo l‟incorporamento, il primo continua a restare
sia girato: l’interdipendenza non genera più integrazione, anzi provoca disintegrazione. Si osserva un processo di
progressiva involuzione, più che di ricaduta positiva, nel senso che la disintegrazione in un settore provoca la
disintegrazione in un altro”.
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L‟art 6.1. d.l. 5 ottobre 1993 n. 400 conv. dalla l. 4 dicembre 1993 n. 494 prevede “Ove, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo non abbia provveduto agli adempimenti
necessari a rendere effettiva la delega delle funzioni amministrative alle regioni, ai sensi dell'articolo 59 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , queste sono comunque delegate alle regioni. Da tale termine le
regioni provvedono al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime, nei limiti e per le finalità di cui al
citato articolo 59, applicando i canoni determinati ai sensi dell'articolo 04 del presente decreto”. Successivamente il
quadro normativo è mutato con la legge delega 15 marzo 1997 n. 59, il d lgs 31 marzo 1998 n. 112 e con la riforma del
titolo V Costituzione. Sul punto cfr. M. Olivi, Il demanio marittimo tra Stato e autonomie territoriali e titolarità del
bene e titolarità della funzione, in Foro Amm. C.d.S, 2006,9, 2423 ss; M. D‟Orsogna, Le concessioni demaniali
marittime nel prisma della concorrenza: un nodo ancora irrisolto, in Urbanistica e appalti, 2001, 5, 599 ss..
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R. Righi ed E. Nesi, ““Riflessioni sull’applicazione della Direttiva servizi alle concessioni di beni demaniali marittimi
con finalità turistico-ricreative”, Nel Diritto, 8/2014 , pag 1521 ss. Gli autori sottolineano come “Per una sorta di
eterogenesi dei fini, l’applicazione alle concessioni demaniali marittime della Direttiva servizi, anziché favorire la
libertà di stabilimento dei prestatori, determinerà, all’esito del periodo transitorio, la circolazione forzosa di aziende e
di diritti reali superficiari dal patrimonio dei concessionari uscenti al patrimonio di quelli subentranti. Unitamente ai
beni immobili circoleranno inoltre anche beni immateriali, quali l’avviamento commerciale” Per tali ragioni-secondo
gli A.A.- è necessaria un‟interpretazione della Direttiva che sia compatibile con i diritti fondamentali riconosciuti dalla
c.d. Carta di Nizza, nonché dalle Costituzioni degli Stati membri, primo tra tutti il diritto di proprietà; di qui la necessità
di indennizzare concessionario uscente delle perdite, che conseguirebbe al subentro di terzi nella titolarità del
compendio aziendale.
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area di sedime; è l‟azienda del concessionario, e non la zona demaniale su cui tale azienda insiste, a
produrre servizi.
La ricerca del giusto bilanciamento tra tutela degli investimenti del concessionario uscente ed
eliminazione delle barriere di accesso ha costituito il leitmotiv dell‟incessante evoluzione del quadro
normativo in materia.
I magmatici mutamenti di disciplina testimoniano come, per effetto combinato di pulsioni esogene
provenienti dalle istituzioni comunitarie e dalla giurisprudenza, si sia passati da un assetto
caratterizzato dalla netta prevalenza dell‟interesse del privato concessionario su quello del mercato,
ad un quadro attuale in cui l‟ammortamento dell‟investimento regredisce rispetto all‟esigenza di
apertura concorrenziale. Per effetto dell‟influenza europea, infatti, si è assistito ad un progressivo
spostamento del baricentro di attenzione dalla singola attività in essere al contesto in cui la predetta
attività si inserisce.
Una rapida ricognizione del quadro normativo di riferimento rende evidente il progressivo
mutamento di prospettiva.
L‟originaria disciplina, dettata all‟art 01, comma 2 del d.l. 400/1993, conv. dalla l. 494/1993, allo
scopo di assicurare una stabilità sufficiente all‟ammortamento dell‟investimento, sanciva che le
concessioni dei beni demaniali marittimi, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti
previsti per lo svolgimento delle attività, avessero durata di sei anni, con rinnovo automatico alla
scadenza per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, salva la possibilità di revoca
della concessione in presenza di specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per altre ragioni
di pubblico interesse a giudizio discrezionale dell‟amministrazione marittima.4
Solo successivamente, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 introduceva un limite massimo al rinnovo,
prevedendo che le concessioni potessero avere durata superiore a sei anni e comunque non
4
L‟art 01 comma 2 del d.l. 400/1993 è stato prima sostituito dall'art. 10, L. 16 marzo 2001, n. 88, poi così modificato
dall'art. 13, L. 8 luglio 2003, n. 172 ed infine abrogato dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 11, L. 15 dicembre 2011, n.
217 - Legge comunitaria 2010. Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 02/02/2012, n. 585, in Foro amm. CDS 2012, 2, 381 ,
secondo cui il comma 2 dell'art. 1 del d.l.400 del 1993, nella formulazione risultante dall'art. 10 della l. 88 del 2001,
che ha sancito la durata sessennale di talune concessioni demaniali, risulta in radice inapplicabile alle concessioni con
finalità produttive ed industriali, mentre il campo di applicazione è limitato alle concessioni demaniali marittime per
finalità turistico-ricreative.
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superiore a venti, in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla
base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni. 5
Dalle disposizioni sopra richiamate emerge con chiarezza come, nelle originarie intenzioni del
legislatore, la durata della concessione costituisse un elemento fortemente influenzato dalla natura
dell‟investimento effettuato dal concessionario, in considerazione del fatto che il bene demaniale si
inserisce nell‟ambito dell‟azienda privata e ne costituisce una componente essenziale.
Alla medesima ratio si ispirava anche l‟art. 37, comma 2, del codice della navigazione, il quale
enunciava il “diritto di insistenza” dei concessionari uscenti, stabilendo che, in sede di rinnovo,
dovesse essere data preferenza al precedente concessionario.
Tale assetto normativo, tuttavia, non teneva conto del contesto in cui il concessionario uscente si
trova ad operare, contesto che integra un segmento di mercato rilevante, in presenza di interesse
transfrontaliero certo, per il diritto eurounitario: di qui la necessità di evitare il consolidarsi di
posizioni monopolistiche in contrasto con gli artt. 43 e 81 del Trattato CE (ora artt. 49 e 101 TFUE).
Proprio tale lacuna ha determinato il primo intervento dell‟Unione (all‟epoca, Comunità europea),
con l‟avvio, ad opera della Commissione, della procedura di infrazione n. 2008/4908 del 29
gennaio 2009.
La necessità di garantire l‟assetto concorrenziale del mercato di riferimento balzava, quindi,
all‟attenzione del legislatore italiano, che con l'art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009 sanciva, da
un lato, l‟abrogazione del diritto di insistenza di cui all‟art 37 cod nav. ed introduceva, dall‟altro
lato, un regime transitorio, con proroga al 31 dicembre 2015 delle concessioni per finalità turisticoricreative, in scadenza prima di tale data e in essere al 31 dicembre 2009.
Tuttavia, la partita con l‟Europa non poteva considerarsi ancora chiusa perché con lettera di messa
in mora complementare del 5 maggio 2010 (2734/2010) la Commissione evidenziava come la legge
26 febbraio 2010 n. 25 di conversione del d.l. 194/2009 avesse inserito nel testo dell‟art 1 co 18 del
medesimo decreto un rinvio all‟art 01 co 2 d.l. 400/1993, con conseguente rinnovo automatico delle
concessioni in essere di sei anni in sei anni.6
5
Art 3 comma 4 bis d.l. 400/1993. Comma aggiunto dal comma 253 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 e poi
modificato dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 11, L. 15 dicembre 2011, n. 217 - Legge comunitaria 2010.
6
La Commissione europea, ha ritenuto che tale rinvio, che stabiliva il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, delle
concessioni in scadenza, privasse, nella sostanza, di ogni effetto l‟adeguamento ai principi comunitari effettuato con il
decreto-legge n. 194 del 2009 e fosse contrario, non solo all‟articolo 49 del TFUE, che vieta le restrizioni alla libertà di
stabilimento, ma anche all‟articolo 12 della direttiva 2006/123/CE.
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In seguito all‟abrogazione dell‟art. 01, comma 2, del decreto-legge n. n. 400/1993, ad opera
dell‟articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217, la Commissione disponeva la chiusura della
procedura di infrazione comunitaria (in data 27 febbraio 2012).
L‟individuazione del punto di equilibrio tra tutela del concessionario ed apertura al mercato, in un
prospettiva profondamente mutata a seguito dell‟intervento della Commissione, veniva affidata alla
nuova formulazione dell‟art 1, comma 18, d.l. 194/2009 che, lungi dall‟attuare un equo
bilanciamento degli interessi coinvolti, si limitava a prevedere una proroga transitoria fino al 31
dicembre 2015 delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turisticoricreative, e quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da
diporto. La disciplina transitoria veniva successivamente prorogata per ulteriori 5 anni7.
La reiterazione delle proroghe non solo si limitava semplicemente a differire nel tempo la soluzione
del problema, ma rendeva precario l‟assetto di disciplina in quanto non in linea con il quadro
eurounitario di riferimento. Nel frattempo, infatti, era stata recepita, con d .lgs 26 marzo 2010 n. 59,
la direttiva 123/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai
servizi nel mercato interno che, all‟art 16, prevede la necessità di una procedura di selezione per il
rilascio di titoli autorizzatori il cui numero sia limitato in ragione della scarsità delle risorse
naturali.8
Questo è il contesto in cui la Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi.
2.Le questioni oggetto di rinvio pregiudiziale.
La pronuncia in commento trae origine da due rinvii pregiudiziali, rispettivamente, del Tribunale
Amministrativo Regionale della Lombardia- Milano (ordinanza 26 settembre 2014 n. 2401) e del
Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna (ordinanza 5 novembre 2014 n. 224).
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L‟articolo 34-duodecies, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n. 221 (di conversione del decreto-legge 18 ottobre
2012, n. 179) ha ulteriormente modificato l‟art. 1, comma 18, del decreto-legge n. 194/2009, più volte citato,
concedendo un‟ulteriore proroga (fino al 31 dicembre 2020) della durata delle concessioni demaniali marittime in
scadenza entro il 31 dicembre 2015.
8
Consiglio di Stato, sez. VI, 27/12/2012, n. 6682, in Rivista Giuridica dell'Edilizia 2013, 1, I, 104, secondo cui, prima
del recepimento della direttiva Bolkestein, “La disciplina introdotta dall'art. 1 comma 18 d.l. 30 dicembre 2009 n. 194
non viola le disposizioni della direttiva 123/06/Ce in materia di procedure da seguire per il rilascio di autorizzazioni in
ipotesi di scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili e di durata delle autorizzazioni stesse. Tale
direttiva, infatti, non si configura quale provvedimento "self-executing" e, pertanto, la specifica quantificazione della
durata dell'autorizzazione spetta al legislatore nazionale”.
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Il primo giudizio verteva sulla legittimità del diniego di rinnovo di una concessione per
l‟occupazione di area demaniale per finalità turistico -ricreative compresa nel demanio del lago di
Garda e sita nel territorio del Comune di San Felice del Benaco.
L „originaria concessione prevedeva l‟occupazione dell‟area demaniale ad uso chiosco, bar,
veranda, bagni, banchina e pontile e limitava la durata del rapporto concessorio al 31 dicembre
2010, prevedendo la cessazione di diritto alla scadenza del termine.
In data 14 aprile 2010, in prossimità della scadenza, il concessionario, la Promoimpresa S.r.l.,
presentava un‟istanza di rinnovo della concessione che veniva respinta dall‟Amministrazione
concedente.
Il provvedimento di diniego veniva impugnato dalla Promoimpresa S.r.l. che lamentava, tra l‟altro,
la violazione dell‟art 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009 n. 194, convertito dalla legge 26
febbraio 2010 n. 25, nella parte in cui dispone la proroga del termine di durata delle concessioni
demaniali marittime sino al 31 dicembre 2020, in quanto la norma, che deve essere intesa come
riferita anche alle concessioni lacuali, è diretta a tutelare gli investimenti del concessionario in
termini di ammortamento dei costi di gestione, in diretta applicazione del principio comunitario di
proporzionalità che esige che la concorrenza si concili con l‟equilibrio finanziario del
concessionario.
Il Tribunale adito, dopo aver qualificato il rapporto tra il ricorrente e l‟Amministrazione come
concessione di bene demaniale e dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento 9, ha
manifestato perplessità in merito alla compatibilità dell‟art 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009
n. 194 nella parte in cui dispone la proroga del termine di scadenza delle concessioni sino al 31
dicembre 2020, con i principi comunitari di tutela della concorrenza e parità di trattamento tra gli
operatori economici.
Il Giudice lombardo, quindi, rimette alla Corte la seguente questione pregiudiziale: “i principi della
libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49,
56, e 106 del TFUE, nonché il canone di ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa
nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata proroga del
termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale di rilevanza
economica, la cui durata viene incrementata per legge per almeno undici anni, così conservando in
9
L‟art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009,n. 194, originariamente non si riferiva espressamente alle concessioni
lacuali, cui è stata successivamente estesa dall‟art. 1, comma 547, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).
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via esclusiva il diritto allo sfruttamento a fini economici del bene in capo al medesimo
concessionario, nonostante l’intervenuta scadenza del termine di efficacia previsto dalla
concessione già rilasciatagli, con conseguente preclusione per gli operatori economici interessati
di ogni possibilità di ottenere l’assegnazione del bene all’esito di procedure ad evidenza
pubblica?”.
Sostanzialmente analoga è la questione sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale della
Sardegna che, tuttavia, si connota per uno spostamento del baricentro di valutazione della
compatibilità eurounitaria dal diritto primario al diritto derivato.
La fattispecie concreta verteva sul diniego di rinnovo di una concessione balneare marittima per
finalità turistico-ricreative sul litorale del comune di Loiri Porto San Paolo.
L‟originaria concessione, rilasciata nel 2004 per un periodo di sei anni, era stata successivamente
prorogata per un anno fino al 2011. In previsione della stagione balneare 2012, i concessionari
presentavano un formale provvedimento di proroga a cui seguiva il silenzio dell‟Amministrazione
comunale.
A questo punto, i concessionari avviavano le attività, in data 1 maggio 2012, ritenendo di essere
legittimati ex lege all‟esercizio delle stesse, in virtù della disposizione di cui all‟art. 1, comma 18,
del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla legge 22 febbraio 2010, n. 25, come
modificato dall‟art. 34-duodecies della legge 17 dicembre 2012, n. 221 (di conversione del decretolegge 18 ottobre 2012, n. 179), che ha previsto la proroga automatica della durata delle concessioni
demaniali marittime per attività turistico-ricreative, dapprima, fino al 31 dicembre 2012 e, poi, fino
al 31 dicembre 2020.10
Tuttavia, in data 11 maggio 2012, il Comune di Loiri San Paolo dopo l‟approvazione del piano di
utilizzo dei litorali (P.U.L.), pubblicava un avviso per l‟assegnazione di sette nuove concessioni,
alcune delle quali erano site in aree già oggetto dell‟attività degli originari concessionari.
Questi ultimi, pertanto, impugnavano il sopra richiamato provvedimento e, successivamente, con
motivi aggiunti, i provvedimenti di assegnazione delle nuove concessioni e quelli con cui la polizia
municipale aveva ordinato la rimozione delle attrezzature dall‟area demaniale.
10
Sull‟impossibilità di applicare lo schema dell‟art 19 l. 241/1990 in www.lexitalia.it alle concessioni demaniali
marittime cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 8 luglio 2015 n. 3397, secondo cui “la disposizione non è espressamente
applicabile ai casi in cui-come nella specie-è necessaria la valutazione di interessi sensibili (quali l’ambiente, il
paesaggio o la sicurezza pubblica) in ordine ai quali è richiesto un particolare schema procedimentale”.
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Il TAR, inquadrato il rapporto da cui è scaturita la controversia quale concessione di bene
demaniale, sottolinea come la direttiva 2006/123/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio,
relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. direttiva Bolkestein) abbia sancito che, nel caso in cui il
numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità
delle risorse naturali o delle capacità tecniche, si deve prevedere una procedura di selezione tra
diversi candidati potenziali, al fine di sviluppare, tramite la libera concorrenza, la qualità e le
condizioni di offerta di servizi a disposizione degli utenti.
Alla luce delle considerazioni sopra riportate, il TAR sottopone alla Corte di Giustizia ai sensi
dell‟art 267 TFUE le seguenti questioni: “Se i principi della libertà di stabilimento, di non
discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 del TFUE, ostano ad
una normativa nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata
proroga del termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, di rilevanza
economica”; “Se l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE osti ad una disposizione nazionale, quale
l’art. 1, comma 18 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla legge 26 febbraio
2010, n. 25, e successive modifiche ed integrazioni, che consente la proroga automatica delle
concessioni demaniali marittime in essere per attività turistico-ricreative, fino al 31 dicembre 2015;
ovvero fino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012,
n. 179, inserito dall'articolo 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n. 221, di conversione del
predetto decreto-legge”.11
3. Lo spostamento del baricentro di disciplina dal singolo operatore al contesto di
mercato: la pronuncia della Corte di Giustizia.
La Corte di Giustizia procede all‟esame delle questioni, invertendone l‟ordine cronologico di
ricezione e vagliando primariamente la compatibilità della disciplina nazionale con l‟art 12 della
direttiva 2006/123/CE, secondo la prospettazione del TAR Sardegna.
11
Con ordinanza del 14 agosto 2015 n. 3936 la VI Sezione del Consiglio di Stato, richiamando la pronuncia del TAR
Lombardia n. 2401 del 26 settembre 2014 ha sollevato analoga questione pregiudiziale in un giudizio avente ad oggetto
la delibera di Giunta della Regione Sardegna n. 25/2016 del 26 maggio 2009 in materia di rinnovo delle concessioni
demaniali marittime scadute o in scadenza al 31 dicembre 2009. Il Consiglio di Stato ha sottolineato come l‟art 1
comma 18 d.l. 194/2009 non si applichi solo alle concessioni con finalità turistico ricreative, ma anche a tutte quelle
destinate a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati a nautica da di porto. Infatti-sostiene il Collegio- l‟art 1
comma 547 l. 228/2012 che ha aggiunto all‟art 1 co 18 dopo le parole “turistico-ricreative” le parole “e sportive, nonché
quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto” ha natura meramente
esplicativa o interpretativa, sicché, anche prima della richiamata modifica, le citate attività rientravano senza dubbio
dell‟ambito di applicazione del d.l. 194.
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Siffatta metodologia di analisi è conforme, come ricordato dall‟Avvocato Generale nelle sue
conclusioni, alla giurisprudenza costante della Corte. In un settore completamente armonizzato,
come quello disciplinato dalla direttiva servizi, infatti, il vaglio di compatibilità assume a parametro
di riferimento le disposizioni di armonizzazione e non quelle del diritto primario dei trattati.12
L‟art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva prevede che qualora il numero di autorizzazioni disponibili
sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche, le autorizzazioni
debbano essere rilasciate mediante una procedura di selezione imparziale e trasparente per una
durata limitata e non possano prevedere il rinnovo automatico.
La prima questione affrontata dal Giudice europeo attiene, quindi, alla riconducibilità delle
concessioni demaniali marittime e lacuali nell‟alveo applicativo della direttiva Bolkestein, ambito
applicativo che viene, per così dire, perimetrato in senso positivo verso l‟interno e negativo verso
l‟esterno.
In senso positivo, infatti, le concessioni in esame devono essere qualificate, secondo la Corte, come
autorizzazioni ai sensi della citata direttiva, in quanto costituiscono atti formali che i prestatori
devono ottenere dalle autorità nazionali al fine di poter esercitare la loro attività economica. 13
In senso negativo, i provvedimenti oggetto di giudizio non integrano ipotesi di concessioni di
servizi pubblici, sottratti alla direttiva 2006/123 (considerando 57) e soggetti alla direttiva 2014/23
(ora recepita con d. lgs 50/2016), in quanto non vertono su prestazioni di servizi determinate
dall‟ente aggiudicatore, bensì sull‟autorizzazione a esercitare un‟attività in un‟area demaniale. 14
Così delimitato l‟ambito applicativo della Direttiva servizi, il ragionamento della Corte si sviluppa
su un crinale sillogistico che conduce inevitabilmente alla pronuncia di incompatibilità tra la legge
nazionale ed il diritto derivato. Ciò in quanto:
12
Punto 40 delle conclusioni dell‟Avvocato Generale Maciej Szpunar presentate il 25 febbraio 2016
13
L‟assimilazione delle concessioni alle autorizzazioni, oltre ad essere in linea con il considerando 39 della direttiva,
secondo cui il regime di autorizzazione comprende tutte le procedure amministrative per il rilascio di autorizzazioni,
licenze, approvazioni o concessioni, è espressione dell‟approccio sostanzialista che caratterizza il diritto eurounitario,
per cui ciò che rileva è la necessità di un atto formale dell‟autorità, a prescindere dal nomen, per l‟accesso ad un‟attività.
14
Punto 46 della decisione “A tale riguardo occorre ricordare che una concessione di servizi è caratterizzata, in
particolare, da una situazione in cui un diritto di gestire un servizio determinato viene trasferito da un’autorità
aggiudicatrice ad un concessionario e che questi dispone, nell’ambito del contratto concluso, di una certa libertà
economica per determinare le condizioni di gestione di tale diritto, restando parallelamente in larga misura esposto ai
rischi connessi a detta gestione (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2009, Hans & Christophorus Oymanns,
C-300/07, EU:C:2009:358, punto 71)”
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a) le concessioni demaniali marittime costituiscono autorizzazioni ai sensi dell‟art 4 punto 6
della direttiva, essendo atti formali necessari per l‟accesso all‟attività;
b) l‟art 12 della direttiva sancisce che, qualora il rilascio di autorizzazione sia limitato per via
della scarsità delle risorse naturali, è necessaria una procedura selettiva che deve presentare
tutte le garanzie di imparzialità e trasparenza ed un‟adeguata pubblicità;
c) l‟art 1, comma 18, d.l. 194/2009 conv. dalla l. 25/2010, nel prevedere la proroga automatica
delle concessioni in essere, non consente di organizzare la prescritta procedura selettiva e si
pone in contrasto con l‟art 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva.
Una volta valutata la compatibilità con il diritto derivato, il Giudice prosegue l‟esame della
disciplina nazionale alla luce dei principi contenuti nel Trattato, segnatamente il diritto di
stabilimento di cui all‟art 49 TFUE.
Il mutamento del parametro di riferimento non muta, tuttavia, l‟esito del giudizio.
Qualora le concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo 15, infatti, la loro assegnazione
ad una impresa che abbia sede nello Stato membro dell‟amministrazione aggiudicatrice in assenza
di una trasparente procedura selettiva determina una disparità di trattamento vietata dall‟art 49
TFUE.
La proroga automatica delle concessioni, infatti, ritarda l‟attivazione delle procedure selettive e
rischia di favorire il consolidarsi di posizioni di monopolio nel settore di riferimento.
La sentenza affronta anche il profilo della tutela del concessionario uscente, fornendo utili
indicazioni al legislatore nella costante ed affannosa ricerca di un punto di equilibrio tra protezione
degli investimenti effettuati ed apertura al mercato.
Sotto tale profilo la posizione della Corte è chiara e netta: la proroga automatica non può costituire
uno strumento per l‟attuazione dei principi, parimenti di matrice europea, della certezza del diritto
e della tutela del legittimo affidamento dei concessionari uscenti 16, in quanto non si verte in tema di
cessazione anticipata dell‟autorizzazione rispetto all‟originaria scadenza, bensì di un successivo
15
L‟esistenza di un interesse transfrontaliero è desumibile dalla sussistenza congiunta di una serie di circostanze tra le
quali l‟importanza economica dell‟appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche: cfr. Corte di
Giustizia, Seconda Sezione, 17 luglio 2008, in causa C-347/06, ASM Brescia, punto 62; Corte di Giustizia, Decima
Sezione, 14 novembre 2013, in causa C-221/12, Belgacom, punto 29
16
Sul legittimo affidamento Corte giustizia UE, sez. II, 15/12/2005, in causa 148/04, Foro it. 2006, 4, IV, 185, Corte
giustizia UE, sez. V, 11/12/2014, in causa 440/13, Rassegna di diritto farmaceutico 2014, 6, 1429
10
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prolungamento, indifferenziato e generalizzato in quanto disposto con legge. Nel contesto di
disciplina esaminato, pertanto, non sussiste alcun affidamento da tutelare.17
Il Giudice eurounitario sottolinea la diversità tra la fattispecie in esame e quella oggetto della
decisione ASM Brescia del 17 luglio 2008, C-347/0618. In quella sede, infatti, si trattava di una
concessione per la distribuzione del gas naturale rilasciata nel 1984, quando non era stato ancora
precisato che i contratti aventi interesse transfrontaliero certo avrebbero dovuto essere assoggettati
agli obblighi di trasparenza, sicché l‟originario concessionario poteva fare ragionevole affidamento
sull‟originario termine di scadenza della concessione. Proprio per tutelare tale affidamento e a
garanzia della certezza del diritto, la Corte ha ritenuto necessario che la risoluzione della
concessione fosse corredata da un periodo transitorio atto a consentire alle parti del contratto di
sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle
esigenze del servizio pubblico sia dal punto di vista economico.
Nel caso delle concessioni balneari marittime, invece, l‟ordinamento europeo si è già espresso in
termini di necessità di una selezione trasparente: in questo senso vengono in rilievo sia la procedura
di infrazione comunitaria n. 2008/4908 del 29 gennaio 2009, con la quale la Commissione europea
aveva denunciato il contrasto dell‟assetto normativo italiano con gli artt. 43 e 81 del Trattato CE
(ora artt. 49 e 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE),oltre che con quanto
stabilito dall'articolo 12, comma 2, della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE, sia il
provvedimento di messa in mora complementare 2010/2734, del 5 maggio 2010, con cui
la
Commissione prendeva atto delle modifiche normative apportate, rilevando, peraltro, ulteriori
profili di illegittimità delle disposizioni censurate.
Nei punti della pronuncia sopra richiamati19 il Giudice europeo, nell‟esaminare le ragioni dei
ricorrenti e del governo italiano, affronta il tema del contemperamento tra tutela della concorrenza e
17
La Corte osserva che l‟art 12, par 3, della direttiva 2006/123 prevede espressamente che gli Stati membri possano
tener conto, nello stabilire le regole di selezione, di motivi imperativi di interesse generale, ricorda, tuttavia, che si deve
tenere conto di tali considerazioni al momento di stabilire le regole di procedura e sempre fatto salvo quanto previsto
dall‟art 12, par 1, in tema di parità di trattamento e trasparenza della procedura selettiva: punti 53,54,55 della sentenza.
18
Si trattava di una concessione di distribuzione di gas naturale rilasciata nel 1984 dal comune di Rodengo Saiano alla
ASM Brescia S.pa., la cui scadenza era stata inizialmente stabilita al 31 dicembre 2014 e successivamente, con
protocollo aggiuntivo, differita al 31 dicembre 2029. Il Comune fissava la scadenza anticipata della concessione
rilasciata all‟ASM Brescia al 31 dicembre 2005, onde poter indire una gara d‟appalto e designare un nuovo gestore del
servizio. All‟ASM Brescia è stato peraltro riconosciuto il diritto ad un rimborso pari al valore residuo degli
ammortamenti, stimato in EUR 926 000sulla base di una perizia. Successivamente è entrato in vigore il d.l. 273/2005,
che prevede, all‟art. 23, il prolungamento automatico del termine del periodo transitorio di vigenza delle originarie
concessioni già fissato dall‟art.. 15, comma 5, del d.lgs. 164/2000 dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2007, nonché, a
determinate condizioni, la proroga automatica di tale periodo dal 31 dicembre 2007 al 31 dicembre 2009.
19
Punti da 52 a 57 , in cui la Corte riprende e fa proprie le conclusioni dell‟Avvocato Generale (punti da 84 a 100).
11
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tutela dell‟investimento del concessionario uscente, escludendo a chiare lettere che il secondo
consenta una deroga generalizzata alla piena operatività del primo, in quanto l‟ammortamento
dell‟investimento e l‟equilibrio economico finanziario devono già essere valutati in sede di
determinazione della durata originaria della concessione.
Ma è proprio questa predeterminazione della durata originaria della concessione in considerazione
sia dell‟attività svolta dal concessionario (che, in quanto attività di impresa, deve tendere quanto
meno all‟economicità e ad all‟equilibrio economico finanziario) sia dell‟assetto concorrenziale del
mercato di riferimento che appare pretermessa dal legislatore italiano, il quale ha preferito la
proroga reiterata e generalizzata all‟equo bilanciamento degli interessi.
Ai sensi dell‟art 1, comma 18, d.l. 194/2009, infatti, la revisione del quadro normativo, nel rispetto,
oltre che dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, anche “di garanzia dell'esercizio,
dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti” è
rinviata ad una successiva intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni, mentre, nelle
more, è stata adottata la soluzione “tampone” di prorogare reiteratamente le concessioni, creando
una disarmonia nel sistema di libera circolazione con riferimento al mercato delle attività turisticoricreative svolte su area demaniale.
Soluzione-questa- che collide inevitabilmente con le conclusioni cui è da tempo giunta la
giurisprudenza europea, unitamente a quella nazionale.
La stessa Corte di Giustizia già in precedenza aveva precisato che motivi di natura economica,
come la volontà di evitare un deprezzamento di un‟attività economica, non costituiscono ragioni
imperative di interesse generale atte a giustificare l‟attribuzione diretta di una concessione di servizi
vertente su tale attività o di un diritto esclusivo di svolgere la suddetta attività che presenti un
interesse transfrontaliero certo, derogando ai principi di parità di trattamento e non
discriminazione.20
Quanto sopra non esclude, tuttavia, che, nel caso concreto, un affidamento da tutelare sussista, ma si
tratta di una valutazione da effettuare caso per caso, in quanto unicamente il contesto concreto di
riferimento può contribuire ad imprimere all‟affidamento del privato il connotato della legittimità
con conseguente tutela dell‟investimento effettuato.
20
Corte di Giustizia, 14 novembre 2013, Belgacom.
12
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Tra le circostanze da prendere in considerazione ai fini della legittimità dell‟affidamento, oltre
all‟incertezza del quadro normativo di riferimento, vi è sicuramente il comportamento tenuto dalla
pubblica amministrazione21 .
Il legittimo affidamento del privato, pertanto, non è in grado di depurare la proroga automatica e
generalizzata delle concessioni dai profili di incompatibilità con il diritto eurounitario, ma può
costituire il presupposto per una pretesa indennitaria (al pari di quanto accade in tema di revoca ex
art 21 quinquies l. 241/1990) o risarcitoria, quest‟ultima configurabile-secondo le regole generaliove l‟affidamento del privato sia determinato da un comportamento illecito ex art 2043 c.c. della
parte pubblica.22
4. Il Giudice come motore di integrazione degli ordinamenti: la linea di continuità della
giurisprudenza e l’intervento emergenziale della legislazione.
Dall‟analisi delle argomentazioni della Corte emerge come l‟ordinamento europeo muova da una
prospettiva diversa da quella del legislatore nazionale, in quanto la tutela dell‟equilibrio economico
finanziario dell‟azienda del concessionario uscente non può giustificare una deroga astratta e
generalizzata alla concorrenzialità, favorendo la creazione di assetti monopolistici nel settore di
riferimento.
Si tratta di una prospettiva che, pur non esente da critiche in dottrina23, si colloca in sostanziale
continuità con le coordinate tracciate sul punto dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale.
21
Cfr in questo senso possono richiamarsi i principi espressi in tema di responsabilità della pubblica amministrazione
per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede: cfr. C.d.S. sez. VI, 16/01/2014, n. 154, sez. V, 15/05/2013, n.
2620, sez. IV, 22/06/2016, n. 2753
22
Cfr. M. D‟Orsogna, Le concessioni demaniali marittime ne prisma della concorrenza: un nodo ancora irrisolto, ove
si individua la soluzione nella predeterminazione, a regime, della durata delle concessioni in maniera proporzionata
all‟entità degli investimenti previsti e dei progetti e realizzazioni proposte dall‟aspirante concessionario, in modo da
riequilibrare le posizioni delle parti, pubblica e privata, a premio di una visione sistemica di razionalità economica.
23
RIGHI -NESI, “Riflessioni sull’applicazione della Direttiva servizi alle concessioni di beni demaniali marittimi con
finalità turistico-ricreative”, cit., ove si sottolinea che la proroga delle concessioni fino al 31 dicembre 2020 disposta,
da ultimo, dall‟ art. 34-duodecies D.L. n. 179/2012, è da considerarsi legittima “tenuto conto che il ciclo di vita di uno
stabilimento balneare ha una durata indefinibile e che gli investimenti compiuti dai concessionari sono ingentissimi. È
infatti noto che gli investimenti riguardino, oltre che l’offerta di servizi alla clientela, la manutenzione ordinaria e
straordinaria delle fabbriche, se non anche il loro acquisto. È del tutto evidente che anche quest’ultima proroga
sarebbe inadeguata nel caso di un imprenditore che fosse ad esempio subentrato nella titolarità di una concessione nel
2009, acquistando la fabbrica incidente sul demanio al prezzo di centinaia di migliaia d’euro, ricorrendo a mutui
fondiari di durata ultradecennale.” Gli Autori osservano che, muovendo dal presupposto che il demanio marittimo sia
una risorsa naturale limitata, ma produttiva, non si tiene conto del fatto che ad essere produttivi non sono i beni
demaniali, ma le aziende private incidenti su di esso. “Trattasi di una distinzione di non poco conto, visto che nessuna
13
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L‟Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, infatti, ben prima dell‟intervento della Corte di
Giustizia, aveva sottolineato come la procedura di evidenzia pubblica costituisca lo strumento
principe di selezione in tutti i casi di mercato contingentato24. In tali circostanze, il modello di
riferimento deve essere la concessione a seguito di gara, in quanto venendo in rilievo un‟occasione
di guadagno, occorre garantire la massima partecipazione degli operatori economici del settore.
Ancora più chiaramente, in altra pronuncia, il Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa
25
ha
evidenziato come la mancanza di una procedura competitiva per l‟assegnazione di un bene pubblico
suscettibile di sfruttamento economico introduca una barriera all‟ingresso del mercato, alterandone
l‟assetto concorrenziale, con violazione dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione
e trasparenza tra gli operatori economici.
Quanto alla tutela dell‟affidamento, si osserva che “non vi sono margini di tutela dell’affidamento
dei precedenti concessionari, attraverso proroghe legali o amministrative, salvo casi eccezionali in
cui si debba rispristinare la durata di un rapporto concessorio illegittimamente abbreviato rispetto
alla sua scadenza naturale, ovvero per il tempo strettamente necessario alla definizione delle
procedure per la stipula dei nuovi contratti (anche tale circostanza è rimasta indimostrata nel caso
di specie)”. Si tratta di principi perfettamente sovrapponibili con quelli espressi dalla Corte di
Giustizia nella citata sentenza ASM Brescia.
Tale orientamento è rimasto costante nella giurisprudenza amministrativa, che ha- a più ripresesottolineato come, in tutti i casi in cui si fornisce un‟occasione di guadagno a soggetti operanti sul
mercato, sia necessaria una procedura competitiva ispirata ai principi di trasparenza e non
discriminazione.26
Con specifico riferimento alle concessioni demaniali marittime, degni di nota sono gli sforzi
compiuti nella ricerca di un‟interpretazione comunitariamente conforme del previgente assetto di
procedura di infrazione risulta essere stata aperta per contrarietà all’art. 49 TFUE dell’art. 28 (“Rinnovazione del
contratto”) legge 27 luglio 1978, n. 392, il quale si applica anche ai beni pubblici locati a privati, quando detti beni
appartengano, anziché al demanio o al patrimonio indisponibile, al patrimonio disponibile.”
24
Consiglio di Stato, Ad. Plen. 25 febbraio 2013 n. 5, in Foro it., III, p 250 ss,; nel caso di specie si trattava di uso di
spazi pubblici per la collocazione degli impianti pubblicitari commerciali.
25
Consiglio di Stato, sez. V, 31 maggio 2011 n. 3250, in Foro it., III, p. 637 ss.
26
Consiglio di Stato, sez. VI, 6 novembre 2015 n. 5063, in www.giustizia-amminitrativa.it ove si legge “Anche le
concessioni di beni pubblici e, segnatamente, quelle relative ai beni demaniali marittimi, sono assoggettate
all’applicabilità dei principi desumibili dal diritto europeo primario e, segnatamente, ai generali principi di non
discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità; principi questi che
rinvengono nell’obbligo di indizione di procedure trasparenti e competitive il loro primo corollari”.
14
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disciplina. Viene in rilievo, in particolare, il c.d. diritto di insistenza del concessionario uscente,
previsto dal codice della navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327) all‟art 37 comma 2 27 e
successivamente abrogato a seguito della citata procedura di infrazione n. 2008/4908.
L‟operatività del citato diritto di insistenza del concessionario uscente, infatti, è stato subordinato ad
una serie di condizioni, tra cui l‟idonea pubblicizzazione della procedura relativa al rinnovo,
l‟effettiva equipollenza delle condizioni offerte dal concessionario uscente e dagli altri candidati,
nonché la necessità di depurare la procedura dai fattori di vantaggio derivanti in capo al precedente
concessionario dalla pregressa titolarità della concessione o di altro rapporto concessorio
funzionalmente collegato al primo.28
Costante è l‟affermazione per cui la preferenza accordata al precedente concessionario nei
procedimenti di concessione di aree demaniali marittime (c.d. diritto di insistenza) è apprezzabile
dall'amministrazione soltanto gradatamente e subordinatamente alla verifica della pari capacità
economico-gestionale di due o più concorrenti ed ha carattere sussidiario rispetto al criterio
principale e generale della più proficua utilizzazione della concessione e del migliore uso della
stessa nel pubblico interesse. 29
Come già ricordato, i tentativi di interpretazione comunitariamente conforme non hanno salvato la
disposizione in esame dalle censure della Commissione che ne ha rilevato il contrasto con il
principio di libertà di stabilimento nel mercato interno, sancito dall‟art 43 TCE (ora 49 TFUE), con
conseguente abrogazione ad opera del citato d.l. 194/2009.30
27
L‟art 37 cod nav. rubricato “Concorso di più domande di concessione” prevedeva, al comma secondo, secondo
periodo che “E' altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove
istanze”. Il periodo è stato abrogato dall'art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 convertito con l. 26
febbraio 2010, n. 25
28
Consiglio di Stato, sez. VI, 01/07/2008, n. 3326, Foro amm. CDS 2008, 7-8, 2105.
29
Consiglio di Stato, sez. VI, 24/04/1995, n. 354, in Foro Amm. 1995, 986; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd.,
22/04/2008, n. 329, Riv. giur. edilizia 2008, 4-5, I, 1100, Consiglio di Stato, sez. VI, 08/10/2008, n. 4920, Foro amm.
CDS 2008, 10, 2775, Consiglio di Stato sez. VI, 25/09/2009 n. 5765, in Foro amm. CDS 2009, 9, 2129, T.A.R. Latina
sez. I, 02/02/2012 n. 66, Foro amm. TAR 2012, 2, 507.
30
Con riferimento al quadro successivo all‟entrata in vigore dell‟art 1, comma 18, d.l. 194/2009, si ricorda TAR
Calabria, sentenza 24 settembre 2014 n. 505, in ww.lexitalia.it: “E’ illegittima la concessione di un bene demaniale
marittimo senza che l’autorità procedente abbia svolto la valutazione comparativa tra le varie istanze presentate dagli
aspiranti concessionari, come imposto dalla vigente normativa (artt. 36 e 37 cod. nav.), nonostante che le domande di
concessione fossero sostanzialmente coeve. Invero, il rilascio di una concessione di natura demaniale non può mai dare
luogo ad una procedura lesiva dei principi di imparzialità, trasparenza, non discriminazione e par condicio, atteso che
con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato
tale da imporre una procedura competitiva (1). Il principio affermato è corroborato ed influenzato dai dettami
comunitari, espressi in via generale dalla cd. direttiva Bolkestein 2006/123/CE, la quale ha previsto che “nel caso in
cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse
15
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Da ultimo, sempre in tema di lettura orientata in senso eurounitario delle disposizioni vigenti,
occorre ricordare la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 16/05/2013, n. 2663, che -con
riferimento alla proroga delle concessioni sino al 31 dicembre 2015 disposta dall‟art 1, comma 18,
d.l. 194/2009, nella versione antecedente alla modifica dall'articolo 34-duodecies, comma 1, del
D.L. 18 ottobre 2012, n. 179- ne ha affermato la compatibilità con i principi del Trattato, facendo
leva sulla natura transitoria della disciplina ed affermando che “non è manifestamente irragionevole
un regime transitorio che, nel regolare l'esaurimento delle situazioni preesistenti, formatesi in base
a un regime all'epoca valido, indichi un termine di sei anni per l'adeguamento ai principi
comunitari”.31
La linea di continuità con l‟ordinamento sovranazionale è confermata dagli orientamenti espressi
dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado che è giunta fino alla disapplicazione dell‟art 1,
comma 18, d.l. 194/2009 perché in contrasto con i principi comunitari in tema di trasparenza, non
discriminazione, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi.32
Anche l‟analisi delle sentenze della Corte Costituzionale conferma il livello di coesione raggiunta
dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale sul punto.
Significativa, sotto tale profilo, è la sentenza del 20 maggio 2010 n. 18033 in cui la Corte ha
esaminato la legittimità costituzionale dell‟art 1 legge regionale Emilia Romagna del 23 luglio 2009
n. 8 nella parte in cui ha inserito nella legge regionale 9/2002 l‟art 8 bis, comma 2, che consentiva ai
titolari di concessioni demaniali marittime di chiedere la proroga della durata della concessione fino
ad un massimo di venti anni.
naturali o delle capacità tecniche, è opportuno prevedere una procedura di selezione tra i diversi candidati potenziali”.
In senso parzialmente difforme, con riferimento alla possibilità di prescindere dalla procedura di evidenzia pubblica in
caso concorrenza tra una istanza di subingresso e domanda di rilascio di una nuova concessione da parte di un terzo,
T.A.R. Roma sez. II bis 20/07/2015, n. 9840 in Rivista Giuridica dell'Edilizia 2015, 5, I, 1193.
31
Consiglio di Stato, sez. VI, 16/05/2013, n. 2663, in Foro amm. CDS 2013, 5, 1400. Nella pronuncia, in particolare, il
Collegio afferma che “Nel caso in esame, il termine di sei anni è stato stabilito per consentire l'introduzione di una
nuova disciplina della materia conforme ai principi comunitari e, a parere del Collegio, non esorbita dalla sfera della
discrezionalità legislativa. Infatti, il termine di sei anni coincide con la durata minima delle concessioni, e sotto questo
profilo costituisce un'ultima proroga, la cui ragione può essere individuata nella necessità di far rientrare dagli
investimenti gli operatori che avevano comunque fatto affidamento sulla precedente legislazione in materia di diritto di
insistenza, dando loro il tempo necessario all'ammortamento delle spese sostenute. In sostanza, il legislatore ha
effettuato un contemperamento degli interessi coinvolti, operando un adeguamento ai principi comunitari senza
pregiudicare gli interessi degli operatori del settore.”
32
Tar Sardegna, sez. I, ord. 27 ottobre 2010 n. 4763, in Urbanistica e appalti, 2011, 5, p 599; nello stesso senso Tar
Liguria, sez. I, 26 gennaio 2006 n. 225, in Urbanistica e appalti, 2006, 7, p 851 ss., con nota di G. Balocco, Concessione
di beni pubblici tra affidamento diretto e obbligo di gara.
33
Corte Cost. 20 maggio 2010 n. 180, Foro it. 2010, I, 1977.
16
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La Corte, infatti, ha dichiarato l‟illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate per
contrasto con l‟art 117 co 1 Cost che impone al legislatore statale e regionale di rispettare i vincoli
derivanti dall‟ordinamento comunitario, in quanto la proroga automatica della concessione contrasta
con i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento ai sensi degli artt. 43 e 81 TCE (ora artt. 49
e 101 TFUE).
L‟incompatibilità con i principi del Trattato viene ravvisata proprio nell‟automaticità del
meccanismo di proroga introdotto dalla legge regionale, in quanto subordinata alla mera richiesta
del concessionario uscente ed alla presenza di un valido programma di investimenti. Siffatto
meccanismo, infatti, si traduce in una sostanziale chiusura del mercato, in quanto coloro che in
precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilità, alla scadenza della
concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questo non chieda la
proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti.
Si realizza in questo modo una barriera all‟ingresso, con la conseguenza che “la previsione della
proroga dei rapporti concessori in corso, in luogo di una procedura di rinnovo che “apra” il
mercato, è del tutto contraddittoria rispetto al fine di tutela della concorrenza e di adeguamento ai
principi comunitari”.
E‟ evidente l‟affinità di ragionamento tra Giudice costituzionale e Giudice eurounitario.
Tale affinità si coglie anche con riferimento ad un altro aspetto: la tutela dell‟affidamento del
concessionario uscente34.
Abbiamo visto che per la Corte di Giustizia la tutela dell‟affidamento non assurge a fattore
scriminate della violazione, né può giustificare una deroga generalizzata ed automatica all‟obbligo
di gara, ma può, al più, costituire elemento di valutazione in sede di esame della singola fattispecie
concreta.
Ancora più rigorosa è, sul punto, la linea di pensiero del Giudice delle Leggi che esclude in toto la
sussistenza di un affidamento da tutelare in caso di proroga di una concessione già scaduta con
riguardo all‟esigenza di disporre del tempo necessario all‟ammortamento delle spese sostenute per
34
Sul punto, cfr. Giustino Lo Conte, Rinnovo di una concessione di beni demaniali e tutela della concorrenza: un
matrimonio impossibile, in Gazzetta Amministrativa, Numero 2 – 2011, pag 32 ss. L‟autore ricorda come già nel
lontano 1998 l‟Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell‟osservare come le concessioni vengano sovente
utilizzate come strumenti di regolazione che limitano l‟accesso al mercato, avesse sottolineato l‟indispensabilità che la
durata della concessione sia proporzionata al periodo di recupero degli investimenti necessari per lo svolgimento
dell'attività, in quanto il valore degli investimenti già effettuati dal concessionario può essere posto a base d'asta.
17
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ottenere la concessione, in quanto al momento del rilascio il concessionario conosceva già l‟arco
temporale sul quale poteva contare per ammortizzare gli investimenti e su di esso ha potuto fare
affidamento.
La giurisprudenza costituzionale successiva, nel ribadire i principi affermati nella pronuncia n.
180/2010, ha precisato che la proroga delle concessioni si pone in contrasto con i principi
comunitari non solo quando è automatica e generalizzata, ma anche allorché sia subordinata ad una
valutazione caso per caso in ragione degli investimenti effettuati35. Nella sentenza n. 213 del 18
luglio 2013 la Corte costituzionale, inoltre, ha evidenziato come il rilascio delle concessioni
demaniali marittime e, quindi, le regole che disciplinano l'accesso ai relativi beni da parte dei
potenziali concessionari siano aspetti che rientrano nella tutela della concorrenza, con conseguente
illegittimità costituzionale delle leggi regionali impugnate in relazione all‟art. 117 commi 1 e 2 lett.
a) ed e) Cost36.
L‟orientamento è stato confermato anche con riferimento alle proroghe delle concessioni in settori
diversi dal demanio marittimo, sicché nel panorama giurisprudenziale italiano è principio
consolidato quello per cui solo con l‟affidamento mediante procedure concorsuali che si viene ad
operare una effettiva apertura del settore e a garantire il superamento di assetti monopolistici. In
particolare, si è più volte sottolineato che «la disciplina delle procedure di gara, la
regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e
dei criteri di aggiudicazione mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle
regole concorrenziali e dei principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera
prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento, nonché dei principi costituzionali di
trasparenza e parità di trattamento. La gara pubblica, dunque, costituisce uno strumento
indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza”37.
35
La Corte ha precisato che l‟art 1, comma 18, d.l. 194/2009, nel confermare le concessioni rilasciate ex art 3, comma
4 bis, d.l. 400/1993 e, dunque, aventi durata da sei a venti anni, rilasciate per tale periodo di tempo in ragione
dell‟entità e della rilevanza economica delle opere realizzate dal concessionario, ha attribuito a tale disciplina carattere
transitorio in attesa della revisione della legislazione in materia . La norma citata avrebbe, pertanto, la finalità di
rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di consentire ai titolari degli stabilimenti balneari di
completare l‟ammortamento degli investimenti nelle more di riordino della materia (Corte cost.n. 213/2011)
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L‟illegittimità costituzionale ha investito l'art. 4, comma 1, della legge della Regione Marche 11
febbraio 2010, n.7, l'art. 5 della legge della Regione Veneto 16 febbraio 2010, n. 13, artt. 1 e 2 della legge della Regione
Abruzzo 18 febbraio2010, n. 3
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Corte Cost. n. 2 del 13 gennaio 2014 in materia di concessione del servizio di trasporto pubblico; Corte Cost. n. 171
del 4 luglio 2013 con cui è stata dichiarata l‟illegittimità costituzionale dell‟art. 1 della legge della Regione Liguria 30
luglio 2012, n. 24 nella parte in cui prevede che, al verificarsi di determinati presupposti, le concessioni in essere
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Dal quadro sopra delineato emerge come i vari tentativi delle leggi regionali di contemperare
principio di concorrenza e tutela dell‟investimento non hanno superato il vaglio di legittimità
costituzionale. Per contro, la disciplina introdotta dal legislatore statale a seguito della procedura di
infrazione comunitaria viene considerata dalla giurisprudenza nazionale compatibile con i principi
comunitari esclusivamente in considerazione della natura transitoria della medesima, in quanto
volta soltanto a disciplinare il passaggio ad un assetto normativo che, a regime, assicuri il pieno
accesso al mercato attraverso procedure selettive trasparenti.
E‟ proprio il carattere transitorio della disciplina che, tuttavia, è stato contraddetto dall‟evoluzione
successiva, atteso che il legislatore, insensibile agli impulsi provenienti dalla giurisprudenza, ne ha
prorogato ulteriormente la vigenza fino al 31 dicembre 2020.
La decisione della Corte di Giustizia in commento, nel ribadire - a livello sovranazionale - le stesse
conclusioni cui erano già giunti Consiglio di Stato e Corte Costituzionale, ha fornito finalmente
l‟occasione per ricondurre la materia entro la cornice tracciata dalla Direttiva servizi e dagli stessi
principi del Trattato.
Allo stato, tuttavia, il legislatore è intervenuto con l‟ennesima soluzione “tampone”, rinviando
l‟apertura del mercato alla conclusione della già preannunciata riforma nel settore.
L‟art 24 co 3 septies del d.l. 113 del 24 giugno 2016, introdotto in sede di conversione dalla legge 7
agosto 2016, n. 160 ha sancito, infatti, che “Nelle more della revisione e del riordino della materia
in conformità ai princìpi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in
atto e assicurare l'interesse pubblico all'ordinata gestione del demanio senza soluzione di
continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all'articolo 1, comma 18,
del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio
2010, n. 25.”
La disposizione, nel dare rilievo ancora una volta (accanto all‟ordinata gestione del demanio)
all‟esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, pretermette qualunque considerazione del
contesto di riferimento: di quel contesto che, per contro, balza in primo piano nell‟analisi della
giurisprudenza nazionale e sovranazionale ed il cui assetto concorrenziale deve essere garantito.
La previsione, inoltre, nel prevedere che conservano validità le concessioni già pendenti ai sensi del
d.l. 194/2009 non ne àncora la durata ad un dato temporale certo, ma al (già da lungo tempo atteso)
saranno prorogate, tenuto conto dell‟investimento effettuato, secondo un regolamento attuativo che sarà predisposto
dalla Regione Liguria entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge
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riordino del settore, con il rischio che la situazione di incompatibilità denunciata dalla Corte si
protragga ancora a lungo.
Ancora una volta, è mancato l‟allineamento del diritto positivo alla prospettiva da cui muovono i
giudici, europei e nazionali, in una visione sincronica orientata al contesto anziché al singolo
operatore del mercato.
La vicenda delle concessioni balneari marittime dimostra che se, come è stato osservato38, la crisi
di coesione dell‟UE di cui Brexit ha costituito la punta di emersione è da ricondursi alle resistenze
degli Stati membri, principalmente volti alla tutela dei propri interessi di parte -nazionali o
istituzionali che siano-, i giudici possono giocare un importante ruolo per la tenuta dell‟Unione
attraverso l‟armonizzazione delle discipline e l‟adeguamento ai Trattati, reagendo, attraverso gli
strumenti a loro disposizione ( la disapplicazione, il rinvio pregiudiziale, l‟interpretazione
comunitariamente orientata) alle soluzioni disarmoniche, rispetto alla disciplina eurounitaria,
introdotte sul piano del diritto positivo dal legislatore nazionale.
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Zielonka, cit.
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