Capitolo 2 Coordinate degli astri e moto diurno 2

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Capitolo 2 Coordinate degli astri e moto diurno 2
MARIO VULTAGGIO
Capitolo 2
Coordinate degli astri e moto diurno
2 - Sfera celeste - Generalità sugli astri - Coordinate
2.1 - Sfera celeste delle direzioni
In una notte serena i corpi celesti, gli astri, appaiono ad un osservatore tutti
alla medesima distanza, disposti su una sfera di raggio grandissimo, nel cui
centro trovasi il suo occhio. Di questa sfera egli vede soltanto una metà,
detta volta celeste.
Questa visione è del tutto illusoria, dovuta ad una limitazione della nostra
vista che non consente la valutazione delle distanze di oggetti lontani. Infatti,
calcoli rigorosi permettono di determinare le distanze degli astri dalla Terra,
mettendo bene in evidenza le enormi differenze fra queste.
Per avviare qualsiasi calcolo di posizione, il nostro interesse è rivo lto alle
direzioni degli astri; la sfera celeste immaginaria, così come appare ai nostri
occhi, ben si presta alla rappresentazione di queste direzioni. Basta, infatti,
considerare le intersezioni delle direzioni orientate ai vari astri con la
superficie di una sfera di raggio unitario (una distanza arbitraria), chiamata
sfera rappresentativa celeste o più comunemente sfera celeste.
Una direzione dicesi orientata quando è definita anche dal senso; nel
nostro caso le direzioni orientate hanno il senso occhio osservatore-astri.
L'osservatore può essere considerato sulla superficie della Terra, nel centro
di questa o del Sole, o in un altro punto dell'universo. Nel primo caso la sfera
celeste dicesi locale, nel secondo geocentrica, nel terzo eliocentrica e così
via.
Si confondono la sfera locale e quella geocentrica per l'esigua distanza
tra un punto della superficie terrestre ed il suo centro rispetto alla distanza
osservatore - astro.
La figura 2.1 mostra la sfera celeste avente per centro il punto O. Gli astri
A, B, C sono rappresentati sulla sfera celeste rispettivamente dai punti
A',B',C'; i due astri D ed E, situati sulla stessa direzione, sono rappresentati
dal punto D'.
2.2 - Gli astri
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Gli astri più familiari sono le stelle, il Sole, i pianeti e la Luna. Le stelle
sono altrettanti soli a grandissima distanza dalla Terra, tanto da apparire
puntiformi anche se osservate con potenti telescopi. Esse brillano di luce
propria al contrario dei pianeti e dei loro rispettivi satelliti, che sono invece
dei corpi oscuri riflettenti la luce ricevuta.
Figura 2.1 – Sfera celeste delle direzioni
Il Sole è la stella più vicina a noi, intorno alla quale orbitano nove pianeti
tra i quali la Terra ( sistema solare); per la quasi totalità delle stelle si hanno
altrettanti sistemi solari.
I pianeti del nostro sistema solare, in ordine di distanza dal Sole, sono:
Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone;
ad eccezione di Mercurio e Venere, intorno agli altri pianeti orbitano dei
satelliti (uno intorno alla Terra: la Luna).
Tra l'orbita di Marte e quella di Giove si trovano oltre 1500 pianetini (o
asteroidi), che ruotano lo stesso intorno al Sole; i più grandi hanno un
diametro che raggiunge alcune centinaia di chilometri. Completano il nostro
sistema solare le comete, corpi formati da materia interstellare e di gas, che
seguono traiettorie molto irregolari, disegnando talvolta nel cielo, quando
passano più vicino al Sole, una lunga traccia luminosa ben visibile nelle ore
del mattino e della sera.
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Tabella 2.1 - Elementi orbitali dei pianeti del sistema solare
Astro
diametro
volume
distanza
Sole
109
1.3 106
Mercurio
Venere
Terra
Marte
Giove
Saturno
Urano
Nettuno
Plutone
Luna
0.4
0.98
1
0.5
11
9.5
0.06
0.95
1
0.16
1280
780
0.27
0.02
149598023
km
0.387
0.723
1
1.524
5.202
9.555
19.218
30.110
39.544
385 000 km
Tempo di
rivoluzione
--0.240
0.615
1
1.881
11.857
29.423
83.747
163
248.021
27.3
numero
satelliti
1
2
16
18
15
8
1
Inclinazione
dell’orbita
Ecc.ta’
7
3.4
Eclittica
1.9
1.3
2.5
0.8
1.8
17.1
5
0.20
0.006
0.016
0.093
0.048
0.056
0.046
0.009
0.249
1/18
Oltre ai citati astri una menzione particolare meritano le nebulose e gli
ammassi stellari. Le prime sono masse gassose occupanti immensi spazi
siderali, i secondi sono invece formati da numerossissime stelle che in
prospettiva vengono osservate tanto vicine tra loro da caratterizzare in cielo
zone lattiginose simili alle nebulose.
Un insieme di stelle (miliardi) e di nebulose formano una galassia,
colosso cosmico di enormi dimensioni; una galassia è la Via Lattea alla
quale appartiene il nostro Sole. Essa ha forma ellissoidica molto schiacciata,
col diametro equatoriale di oltre un centinaio di anni luce, essendo un anno
luce la distanza percorsa dalla luce in un anno, pari a 9465 miliardi di Km. Se
con la fantasia si riduce detto diametro in modo da assumere la dimensione
di quello terrestre (meno di 13.000 Km), le stelle della Via Lattea
appariranno ad una distanza media tra loro dell'ordine dei metri, le più
grandi aventi un diametro pressappoco di un centimetro, le più piccole
saranno visibili soltanto al microscopio. Scrutando attentamente , si troverà a
grande distanza dal centro della Galassia il nostro Sole, granellino di
pulviscolo del diametro di appena un cinquantesimo di millimetro: stella
niente affatto eccezionale tra le sue consorelle.
Esistono miliardi di galassie, distribuite a distanze di miliardi di anni-luce,
ciascuna contiene miliardi di stelle.
I pianeti orbitano intorno alle loro rispettive stelle, queste, a loro volta,
intorno ai centri delle galassie alle quali appartengono (il periodo di rivolu
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
zione del Sole si aggira intorno a 250 milioni di anni) e forse le galassie
intorno ai centri delle supergalassie.
2.3 - Le stelle
Le stelle, che così silenziose appaiano all'osservatore, sono al contrario sedi
di fenomeni giganteschi.
Secondo una recente teoria, una stella ha origine dalla condensazione di
materia interstellare, formata prevalentemente da idrogeno (in generale da
una nebulosa). Condensandosi per attrazione gravitazionale, la materia si
riscalda fino a raggiungere nella sua parte centrale temperature molto
elevate (15 milioni di gradi) alle quali gli atomi di idrogeno si scontrano tra
loro con tale violenza da modificare la loro struttura, trasformandosi in
atomi di elio. Con l'elio al centro, la stella si espande con conseguente
diminuzione di temperatura, diventando una gigante rossa.
Il periodo relativo alla completa trasformazione dell'idrogeno in elio può
valutarsi in milioni d'anni. Con la scomparsa dell'idrogeno si ha, sempre per
attrazione gravitazionale, una seconda contrazione, con conseguente aumento
di temperatura (100 milioni di gradi) ed inizio della trasformazione dell'elio
in carbonio. Scomparso l'elio, ad una successiva contrazione della stella si
raggiungono temperature elevatissime (1000 milioni di gradi) alle quali il
carbonio si trasforma in elementi più pesanti quali il magnesio ed il silicio.
Questo processo continua, passo dopo passo, ad un ritmo sempre più
veloce fino a che non si siano formati tutti gli elementi pesanti. La stella, per
la rapidità dell'evoluzione, diventa alla fine instabile ed esplode (stella
supernova), proiettando il materiale negli spazi interstellari, in cui è sempre
presente l'idrogeno.
Le stelle della prima generazione sono quelle ad alto contenuto di
idrogeno e d'elio, quelle della seconda generazione contengono elementi più
pesanti quali il carbonio, il magnesio, il silicio, ecc.. Le prime hanno colore
bianco, poi giallo-biancastro; le seconde colore giallo tendente al rosso e poi
rosso (sparizione completa dell'idrogeno). Il Sole è una stella avanzata della
prima generazione: su di esso si ha una continua trasformazione
dell'idrogeno in elio.
Le stelle, oltre che per il colore, si differenziano per l'illuminamento che
determinano sulla retina dell'occhio, dipendente principalmente dalla
distanza oltre che dallo loro attività fisica. Facendo astrazione della distanza,
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la loro intensità luminosa, spesso impropriamente detta luminosità o
splendore apparente, viene espressa in una scala i cui valori sono detti
grandezze visuali apparenti. Al tempo di Ipparco e di Tolomeo le grandezze
erano solo sei: le stelle di prima grandezza erano le più brillanti,quelle di
sesta appena visibili dall'occhio umano. Alla parola grandezza gli astronomi,
per evitare confusione, sostituiscono la parola magnitudo (simbolo m).
Il Pogson, verso la metà del secolo scorso, propose che la scala delle
grandezze si riferisse ad una progressione geometrica delle rispettive
intensità luminose, considerando l'intensità luminosa di una stella di prima
grandezza 100 volte quella di una stella di sesta grandezza (in cinque gradi
della scala una variazione di 100).
Secondo Fechner e Weber, la sensazione luminosa, cioè la grandezza o
magnitudo m, è proporzionale al logaritmo in base 10 dello stimolo, cioè
dell'intensità luminosa I:
m = K log 10 I
Per una stella di riferimento la detta relazione diventa:
m 0 = K log 10 I 0
e pertanto:
m − m 0 = K log 10
I
I0
Ponendo, per quanto convenuto da Pogson, m − m 0 = 5 e I / I 0 = 100 , si
ottiene K = 2.5 , per cui la relazione :
m − m 0 = −2.5 log 10
I
I0
(2.1)
permette di trasformare un rapporto di intensità luminosa, misurata mediante
fotometri, nella corrispondente differenza di grandezze.
Il segno meno è giustificato dal fatto che la grandezza visuale apparente
decresce coll'aumentare dell'intensità luminosa.
La ragione della progressione geometrica delle intensità luminose è di
2.512, di qui una stella di prima grandezza è 2.512 volte più brillante di una di
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seconda grandezza, questa, a sua volta, 2.512 più brillante di una di terza
grandezza e così via.
La scala del Pogson va oltre la sesta grandezza per le stelle telescopiche e
al di qua della prima grandezza per le stelle più brillanti di quelle di prima
grandezza (in questo caso la grandezza viene espressa da un numero inferiore
all'unità e qualche volta da un numero negativo).
Le stelle visibili ad occhio nudo sono circa 5000, cosi suddivise: 20 di
prima grandezza, 65 di seconda, 190 di terza, 425 di quarta, 1000 di quinta e
3200 di sesta. In navigazione vengono considerate circa 150 stelle, tutte
comprese fra le grandezze visuali apparenti 0 e 3, ad eccezione di Canopo e
Sirio, rispettivamente di grandezza visuale apparente -0.9 e -1.6.
Considerando le stelle tutte alla medesima distanza dalla Terra di 10
parsec si ha la grandezza visuale assoluta (o magnitudo assoluta, M).
Si definisce parsec (contrazione di parallasse-secondo) la distanza alla
quale dovrebbe trovarsi un punto dell'universo affinchè la congiungente
Terra-Sole venga vista, perpendicolarmente dal punto, sotto un angolo di un
secondo d'arco, pari a 206.265 volte la distanza Terra-Sole e pari ancora a
3,27 anni luce.
Note di una stella la grandezza visuale apparente (m) e la distanza dalla
Terra in parsec (p), riesce semplice calcolare la sua grandezza visuale
assoluta. Basta, infatti, tener conto della (2.1):
M − m = −2.5 log 10
I 10
Ip
con I 10 e I p le intensità luminose rispettivamente alle distanze di 10 e p
parsec dalla Terra.
Essendo le intensità luminose inversamente proporzionali ai quadrati delle
distanze, la relazione scritta diventa:
p2
M − m = −2.5 log 10
100
(2.2)
Per il Sole, essendo m = −26 .7 e p = 1 / 206265 , risulta M = 4.85 .
Diconsi nane le stelle più piccole del Sole, giganti quelle più grandi . Le
stelle vengono classificate anche per il loro colore, cioè secondo la loro
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composizione chimica che esprime, come già detto, il loro stato di
evoluzione e quindi la loro età.
Un cenno ora alle stelle variabili e a quelle multiple. Le prime sono
caratterizzate da una variazione periodica o non del loro splendore (con
conseguente variazione della loro grandezza visuale apparente) dovuta
all'attività e allo stato di evoluzione della materia di cui sono costituite.
Le variabili regolari a breve periodo sono dette cefeidi, dal nome della
costellazione in cui per prima furono notate. Il loro periodo di variazione T,
espresso in giorni, è legato alla grandezza visuale assoluta dalla relazione di
H. Leavitt:
M = a + b log 10 T
dove a = 0.4 e b = −3.5 .
Conoscendo T si calcola M e, nota m, mediante la (2.2) si ottiene p. E' questo
un metodo per il calcolo delle distanze stellari, detto appunto metodo delle
cefeidi.
Tra le variabili a periodo irregolare sono caratteristiche le novae o
temporanee, il cui splendore aumenta rapidamente per tornare lentamente al
primitivo; questa variazione si aggira intorno alle dodici grandezze. Per
alcune stelle la variazione di splendore (periodica) è dovuta ad eclissi
prodotte da un satellite (pianeta) forse che ruota intorno ad esse.
Le stelle multiple, infine, sono quelle che al cannocchiale vengono risolte
in due o più stelle. Alcune sono rappresentate da un'unica stella per
prospettiva; altre, invece, sono unite da legami fisici. Queste ultime, in
genere, sono doppie (per questo, dette binarie), gravitando l'una intorno
all'altra secondo le leggi di Newton e di Kepler.
Caratteristici gruppi di stelle formano le costellazioni, le cui
denominazioni sono quelle ad esse date nei tempi remoti. Anche le stelle più
luminose hanno un loro nome, lo stesso attribuito loro dagli antichi.
Un'usanza astronomica per distinguere le stelle di una costellazione è
quella di attribuire a ciascuna stella una lettera dell'alfabeto greco, dal nome
latino della costellazione, al genitivo. Se non bastano le lettere dell'alfabeto
greco, essendo molte le stelle di una costellazione, si ricorre ai numeri arabi.
Vari sono i metodi adoperati per il riconoscimento delle stelle sulla volta
celeste. Uno è detto a vista o degli allineamenti. Consiste nell'individuare
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
una stella mediante allineamenti idealmente tracciati sulla volta celeste,
utilizzando come riferimento due stelle di una nota costellazione.
Per la loro elevata distanza dalla Terra (la più vicina è la Proxima Centauri,
distante circa 4 anni-luce) le stelle conservano per lungo tempo la stessa
posizione sulla sfera celeste, cioè non va riano le loro distanze angolari.
Pertanto, note dette distanze, è possibile costruire una tabella simile a quelle
che comunemente vengono compilate per fornire le distanze tra varie località
della superficie terrestre. Volendo riconoscere una stella, nota un'altra, basta
misurare col sestante l'angolo tra le due, con l'approssimazione al decimo di
grado. Nella colonna corrispondente alla stella nota si cerca il valore
dell'angolo misurato; in corrispondenza di questo, seguendo il tratto
orizzontale si legge il nome della stella incognita
Il riconoscimento delle stelle può essere fatto anche con l'ausilio di globi
e carte celesti o mediante adatti apparecchi detti sferoscopi.
2.4 - Misure radio astronomiche
Nel 1931 l'ingegnere americano Karl Jansky, incaricato dalla società Bell
Telephone di studiare l'effetto delle scariche elettriche dell'atmosfera sugli
apparecchi radiotelegrafici, notò la presenza di un segnale radio debole ma
chiaro che, proveniente dal centro della nostra Galassia, si riproduceva ad
intervalli di un giorno sidereo.
Ancora, nel 1942 tecnici militari inglesi di guardia al radar di
Southampton captarono un segnale radio ben distinto proveniente dal Sole,
allora nel periodo della sua massima attività fisica, segnale constatato
successivamente anche da altre stazioni.
A seguito di queste ricezioni nacque la Radioastronomia, scienza in
continuo sviluppo per i suoi tangibili contributi alla conoscenza
dell'universo.
Fino ad oggi sono state individuate molte radiosorgenti, alcune
provenienti dalla nostra Galassia, altre di origine extragalattica. Queste
ultime vengono attribuite a speciali oggetti situati a distanze di circa 7
miliardi di parsec, per cui le radiazioni oggi ricevute sono partite da questi
22 miliardi di anni fa. Simili oggetti vengono chiamati quasi stellar objects
o quasi stars, cui l'abbreviazione di quasar; a questi è stata attribuita la sigla
QSS, quasi stellar radio-source per distinguerli da altri oggetti senza
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emissione di onde radioelettriche, indicati con la sigla QSG, quasi stellar
galaxies.
E' del 1967 la scoperta di speciali radiostelle che emettono segnali ad
intervalli regolari di circa un secondo, denominate pulsar (pulsating radiosource); trattasi con molta probabilità di stelle nane bianche in particolari
condizioni di instabilità , oppure di supernove all'epoca del loro stadio
estremo, quando avviene il collasso della materia nel nucleo con
conseguente esplosione.
Se la massa della supernova supera un certo limite (due volte e mezzo
quella del Sole), il collasso genera un corpo dal quale non può uscire alcuna
radiazione, denominato black hole (buco nero).
Perchè non attribuire alcuni dei segnali radio che provengono dallo universo
all'emissione comandata da esseri intelligenti viventi in qualche punto dello
spazio cosmico, dato che è statisticamente molto probabile che esistano ?
2.5 - Circonferenze fondamentali sulla sfera celeste legate alla verticale
e all'asse terrestre
In figura 2.2 è rappresentata la sfera celeste geocentrica. Nel punto O della
Terra è situato l'osservatore, la cui verticale incontra la sfera celeste nei
punti zenit (Z) e nadir (Z').
L'asse celeste, prolungamento di quello terrestre, localizza sulla sfera
celeste il polo celeste nord ed il polo celeste sud ( Pcn , Pcs ).
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Figura 2.2 - Sfera celeste e piani fondamentali
Alla verticale sono legate sulla sfera celeste le seguenti circonferenze:
l'orizzonte astronomico o vero, gli almicantarat e i verticali,
rispettivamente intersezioni con la sfera del piano dell'orizzonte
astronomico o vero, di altri piani orizzontali e di quelli verticali.
All'asse celeste sono legate le seguenti circonferenze: l'equatore celeste,
i pararalleli di declinazione e gli orari, intersezioni rispettivamente con la
sfera del piano dell'equatore terrestre, di piani paralleli a questo e di piani
contenenti l'asse celeste.
Il piano del foglio rappresenta il piano del meridiano dell'osservatore, inteso
geometricamente come circonferenza intera, la cui intersezione con la sfera
celeste determina il meridiano celeste dell'osservatore e col piano
dell'orizzonte vero la linea meridiana. Agli estremi di questa ultima si hanno
i punti cardinali N e S, il primo più vicino al Pcn , il secondo al Pcs .
A 90° da questi due punti, nei punti d'intersezione dell'equatore celeste con
l'orizzonte vero, si trovano gli altri due punti cardinali, l'E e l'W. Il meridiano
celeste dell'osservatore si divide in meridiano celeste superiore ( Pcn ZˆPcs ) e
meridiano celeste inferiore Pcn Zˆ ′Pcs rispettivamente proiezioni del
meridiano e dell'antimeridiano dell'osservatore. I punti d'intersezione di
queste due semicirconferenze con l'equatore celeste vengono chiamati
mezzocielo superiore ( M s ) e mezzocielo inferiore ( M i ).
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La sfera celeste è divisa dal piano dell'equatore celeste in due emisferi:
emisfero celeste nord ed emisfero celeste sud, aventi rispettivamente per
poli il Pcn e il Pcs ; dal piano dell'orizzonte vero in: emisfero celeste visibile
ed emisfero celeste invisibile, aventi rispettivamente per poli lo zenit e il
nadir; da quello del meridiano dell'osservatore in emisfero celeste orientale
ed emisfero celeste occidentale, aventi rispettivamente per poli i punti
cardinali E ed W.
Sulla Terra (v. figura 2.2) è segnato il meridiano di Greenwich (arco
∩
∩
Pn G 1 Ps ), la cui proiezione sulla sfera celeste è l'arco Pcn M sG Pcs ( M sG =
mezzocielo superiore del meridiano di Greenwich; Z G = zenit della cittadina
di Greenwich).
Le coordinate geografiche dell'osservatore sono:
∧
∧
latitudine (φ ) = QTˆO = M s TˆZ = QO = M s Z
∧
∧
longitudin e (λ ) = G1TˆQ = M sGTˆM s = G1Q = M sG M s
La latitudine è nord, la longitudine est.
Il polo celeste che trovasi sopra l'orizzonte è chiamato polo celeste
elevato; di conseguenza l'altro, che capita sotto l'orizzonte, viene chiamato
polo celeste depresso. Nel caso della figura (osservatore situato
nell'emisfero terrestre nord) il Pcn il polo celeste elevato ed il Pcs quello
depresso. Per un osservatore nell'emisfero terrestre sud il Pcs è polo celeste
elevato ed il Pcn quello depresso. Dalla figura risulta:
∧
∧
M s Z = NPcn
cioè: l'altezza del polo celeste elevato sull'orizzonte vero è uguale alla
latitudine dell'osservatore.
Gli orari e i verticali vanno intesi quali mezze circonferenze, come i
meridiani sulla Terra.
L'orario che passa per i punti cardinali E e W chiamasi primo orario; si
divide in primo orario orientale (quello che passa per E) e primo orario
occidentale (quello che passa per W). Il verticale che passa per i punti
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
cardinali E e W chiamasi primo verticale; lo stesso si divide in primo
verticale orientale (quello che passa per E) e primo verticale orientale
(quello che passa per W). La freccia f indica il senso di rotazione della Terra
intorno al suo asse.
Volendo disegnare la sfera celeste come appare all'osservatore, si
consiglia quanto segue: fissato il suo raggio, si tracci il meridiano celeste
dell'osservatore e la sua verticale , rappresentata dal diametro verticale (in
tratteggio), lo zenit (Z) in alto e il nadir (Z') in basso; il diametro orizzontale,
anch'esso in tratteggio, indicherà la linea meridiana; col punto cardinale nord
(N) alla sua destra, si avrà davanti l'emisfero celeste orientale.
L'asse celeste verrà rappresentato con tratteggio dal diametro inclinato sulla
linea meridiana di un angolo uguale alla latitudine dell'osservatore, in modo
da far risultare nell'emisfero visibile il polo celeste dello stesso nome della
latitudine, elevato sul corrispondente punto cardinale. Il diametro, sempre in
tratteggio, normale all'asse celeste, indicherà l'intersezione del piano
dell'equatore con quello del meridiano dell'osservatore; gli estremi di questo
diametro individueranno il mezzocielo superiore (Ms) e quello inferiore
(Mi), il primo nell'emisfero visibile, il secondo nell'emisfero invisibile.
Tracciate le due circonferenze massime rappresentanti rispettivamente
l'orizzonte astronomico e l'equatore celeste, verranno individuati anche gli
altri due punti cardinali est (E) e ovest (W). A questo punto risulta semplice
il tracciamento degli orari, dei paralleli di declinazione, dei verticali e degli
almicantarat.
In figura 2.3 sono rappresentate le sfere celesti di un osservatore situato
in un punto della Terra di latitudine φ = 30° N ed uno osservatore in φ = 30°S .
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MARIO VULTAGGIO
Figura 2.3 - Sfera celeste - Osservatore emisfero nord: vista emisfero
orientale ed occidentale; Osservatore emisfero sud: vista emisfero orientale
ed occidentale
2.6 - L'eclittica
Il moto di rivoluzione dei pianeti intorno al Sole (come quello dei satelliti
intorno ai pianeti) è regolato dalle seguenti tre leggi enunciate da Johannes
Kepler (latinizzato Keplero), le prime due nel 1609 e la terza nel 1618:
1) I pianeti descrivono intorno al Sole orbite ellittiche di cui il Sole occupa
uno dei fuochi;
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
2) Le aree descritte dal raggio vettore (congiungente il centro del Sole col
centro del pianeta) sono proporzianali ai tempi impiegati a descriverle.
Ovvero: il raggio vettore descrive aree uguali in tempi uguali;
3) I quadrati dei tempi di rivoluzione dei pianeti sono proporzionali ai cubi
dei semiassi maggiori delle loro rispettive orbite.
Figura 2.4 - Eclittica
La figura 2.4 mostra l'ellisse descritta da un pianeta intorno al Sole, situato
nel fuoco F1. Gli estremi dell'asse maggiore rappresentano i punti di minima
e massima distanza del pianeta dal Sole durante la sua rivoluzione,
denominati rispettivamente perielio (P) e afelio (A).
Per la II legge, dovendo il raggio vettore descrivere aree uguali in tempi
uguali, non è costante la velocità di rivoluzione del pianeta: massima al
perielio, minima all'afelio. Infatti, se S1 e S2 (fig. 2.4) rappresentano due
aree uguali, descritte nello stesso intervallo di tempo, rispettivamente dalla
parte del perielio e dell'afelio, il tratto dell'orbita s1, corrispondente all'area
S1, risulterà più lungo del tratto d'orbita S2, corrispondente all'area S2, per cui
s1 verrà percorso con velocità maggiore.
Dalla terza legge segue, come si vedrà più avanti, che le velocità medie di
rivoluzione dei pianeti diminuiscono al crescere delle loro distanze dal Sole.
L'ellisse descritta dalla Terra intorno al Sole è caratterizzata dai seguenti
parametri: semiasse maggiore a = 149.600.000 Km, eccentricità e = 0.017,
periodo di rivoluzione (anno sidereo) T = 365,2564 giorni medi (il giorno
medio ha la durata di 24 ore segnate dai nostri comuni orologi).
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MARIO VULTAGGIO
Figura. 2.5 – Equatore celeste ed ecclittica
Il piano dell'orbita, inclinato di circa 23° 26'.4 (JD 2000) su quello
equatoriale, interseca la sfera celeste secondo una circonferenza detta
eclittica, indicata con c in fig.2.5. Questa può considerarsi il luogo dei punti
della sfera celeste nei quali viene proiettato il Sole dalla Terra, giorno dopo
giorno, per un anno intero.
I due punti d'incontro dell'eclittica con l'equatore celeste sono detti nodi,
indicati coi simboli γ e Ω. L'asse p passante per il centro della Terra e
normale al piano dell'eclittica è detto asse dell'eclittica; esso interseca la
sfera celeste in due punti detti poli dell'eclittica: polo d'eclittica nord ( π n )
quello più vicino al polo celeste nord e polo d'eclittica sud ( π s ) quello più
vicino al polo celeste sud.
Il 21 marzo il Sole viene proiettato dalla Terra nel punto γ e nei giorni
successivi nei punti dell'arco d'eclittica che si sviluppa nell'emisfero celeste
nord; il 21 giugno viene proiettato nel punto E, il 23 settembre nel punto Ω,
il 21 dicembre nel punto E'.
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Il senso del moto apparente del Sole sull'eclittica è indicato in figura 2.5
dalla freccia f; identico senso ha il moto di rivoluzione della Terra intorno al
Sole.
Il punto γ è detto nodo ascendente per il fatto che il Sole il 21 marzo
passa dell'emisfero celeste sud a quello nord; di conseguenza il punto Ω è
detto nodo discendente. I due nodi γ e Ω sono detti punti equinoziali, punti
E ed E' punti solstiziali; il Sole, proiettato nei primi due punti, si trova
sull'equatore celeste; proiettato, invece, negli altri due punti, si trova alla
massima distanza da questo.
Dagli astronomi dell'antichità fu notato che in una fascia molto ristretta
della sfera eleste lungo l'eclittica si trovavano 12 costellazioni spaziate di
circa 30° l'una d'altra, che, a partire dal punto γ verso il punto E, erano:
Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione,
Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci. Questo insieme di costellazioni fu
chiamato zodiaco. Il Sole, mese dopo mese, viene dalla Terra proiettato in
una di queste costellazioni.
L'asse dei nodi t per il fenomeno di precessione compie una rotazione
completa nel piano dell'eclittica in circa 26.000 anni nel senso della freccia
f1, per cui attualmente il punto γ viene proiettato nella costellazione dei
Pesci.
2.7 - Circonferenze fondamentali sulla sfera celeste legate alla eclittica
L'asse dell'eclittica p (v figura 2.6) rappresenta un'altra direzione
fondamentale, dopo quelle già trattate (l'asse terrestre e quindi celeste e la
verticale dell'osservatore). I piani paralleli a quello dell'eclittica intersecano
la sfera celeste secondo delle circonferenze minori detti paralleli
d'eclittica; quelli contenenti l'asse dell'eclittica intersecano la sfera celeste
secondo delle circonferenze massime dette meridiani d'eclittica.
51
MARIO VULTAGGIO
Figura 2.6 – Sfera celeste e fascia delle costellazioni
In figura 2.6 la circonferenza minore c rappresenta un parallelo d'eclittica,
la circonferenza massima m un meridiano d'eclittica.
Il piano dell'eclittica divide la sfera celeste in due emisferi: emisfero
d'eclittica nord, avente per polo il polo d'eclittica nord , ed emisfero
d'eclittica sud, avente per polo il polo d'eclittica sud.
L'orario passante per i punti γ e Ω viene denominato coluro degli
equinozi, quello passante per i punti E ed E' coluro dei solstizi.
2.8 - Sistemi di coordinate sulla sfera celeste
2.8.1 - Generalità
Verranno qui di seguito trattati cinque sistemi di coordinate sferiche polari.
Per due di questi gli elementi di riferimento dipendono completamente o in
parte dalla posizione dell'osservatore sulla Terra, per cui i si stemi vegono
detti locali; per gli altri tre non c'è dipendenza dall'osservatore, donde la
denominazione di sistemi uranografici.
2.8.2 - Sistema di coordinate altazimutali
52
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Questo sistema ha per elementi di riferimento la verticale dell'osservatore,
l'orizzonte astronomico o vero ed il verticale nord (v.figura 2.7). Le
coordinate di un astro,punto A sulla sfera celeste della citata figura, sono:
∧
azimut ( a) = NA1 = NTˆA1
∧
altezza ( h) = AA1 = A1TˆA
L'azimut è l'arco di orizzonte astronomico o vero compreso tra il punto
cardinale nord N ed il piede del verticale passante l'astro (punto A1), contato
da 0° a 360° a partire dal punto cardinale N verso E, S, W.
Figura. 2.7 - Sistema di coordinate altazimutali
L'altezza è l'arco di verticale passante per l'astro, compreso tra l'orizzonte e
l'astro, contato da 0° a 90° dall'orizzonte verso l'astro; quest'arco è positivo
se l'astro si trova nell'emisfero visibile, negativo se in quello invisibile.
L'azimut può essere definito quale angolo diedro tra il semi piano relativo
al verticale nord e quello relativo al verticale dell'astro, contato da 0° a 360°
53
MARIO VULTAGGIO
dal semipiano nord nel senso indiretto od orario guardando dallo zenit.
L'altezza, invece, può essere definita quale angolo d'inclinazione della
congiungnete centro Terra-astro sul piano dell'orizzonte vero, angolo contato
nel semipiano del verticale dell'astro da 0° a 90°, positivo verso lo zenit,
negativo verso il nadir.
L'azimut definisce un verticale, l'altezza un almicantarat; note di un astro
queste coordinate, esso è individuato sulla sfera celeste dall'intersezione di
queste circonferenze; il verticale è il luogo dei punti aventi lo stesso azimut,
l'almicantarat il luogo dei punti aventi la stessa altezza.
Coordinate sostitutive dell'azimut e dell'altezza sono l'angolo azimutale
(Z) e la distanza zenitale (z). L'angolo azimutale è l'arco di orizzonte
astronomico o vero compreso tra il punto cardinale N o S, a seconda del
segno della latitudine, ed il piede del verticale passante per l'astro, contato da
0° a 180°. L'ampiezza dell' arco è preceduta dal cardine N o S e seguita da E
o W; quella dell'azimut non è preceduta o seguita da alcuna lettera. Si
riportano le seguenti relazioni per il passaggio dall'azimut all'angolo
azimutale:
a < 180°
φ nord 
a > 180°
a < 180°
φ sud 
a > 180°
Z = NaE
Z = N (360° − a )
Z = S (180° − a ) E
Z = S (a − 180° )W
Per queste relazioni e le per rispettive inverse è utile considerare la sfera
celeste proiettata dall'infinito sul piano dell'orizzonte vero: gli almicantarat
vengono rappresentati da circonferenze concentriche aventi lo zenit come
centro (il raggio dell'orizzonte vero risulta uguale a quello della sfera celeste
rappresentativa); i verticali vengono rappresentati da raggi.
La distanza zenitale è l'arco di verticale passante per l'astro compreso tra
lo zenit ed l'astro, contato da 0° a 180° a partire dallo zenit. Molto semplice
il passaggio dall'altezza alla distanza zenitale:
z = 90° ± h
con (-) se h è positiva, (+) se h è negativa.
54
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Non sfugge al lettore che questo sistema di coordinate va classificato fra
quelli locali, essendo legato alla verticale dell'osservatore.
2.8.3 - Sistema di coordinate orarie
Gli elementi di riferimento del sistema sono l'asse celeste, l'equatore
celeste ed il meridiano celeste superiore (v. figura. 2.8).
Le coordinate di un astro (punto A in figura) sono:
∧
angolo orario locale ( t ) o ( AOL ) = M s A1 = M sTˆA1
∧
declinazio ne (δ ) = A1 A = A1TˆA
L'angolo orario locale è l'arco di equatore celeste compreso tra il
mezzocielo superiore (Ms) ed il piede dell'orario passante per l'astro (punto
A1), contato da 0° a 360° a partire dal Ms, nel senso indiretto od orario
guardando dal polo celeste nord.
La declinazione è l'arco di orario passante per l'astro compreso tra
l'equatore celeste e l'astro, contato da 0° a 90° dall'equatore verso l'astro; è
positiva (o N) se l'astro si trova nell'emisfero celeste nord, negativa ( o S) se
nell'emisfero sud.
L'angolo orario può essere definito quale angolo diedro tra il semipiano
relativo al meridiano celeste superiore ed il semipiano dell'orario dell'astro,
contato dal primo semipiano verso il secondo nel senso orario guardando dal
polo celeste nord, da 0° a 360°.
La declinazione rappresenta invece l'angolo d'inclinazione del la
congiungente centro Terra-astro sul piano dell'equatore celeste, contato nel
semipiano dell'orario dell'astro, da 0° a 90° verso uno dei due poli.
L'angolo orario definisce un orario, la declinazione un parallelo di
declinazione; note di un astro queste due coordinate esso è individuato sulla
sfera celeste dall'intersezione delle relative circonferenze; l' orario è il
luogo dei punti aventi lo stesso angolo orario ed il parallelo di declinazione
il luogo dei punti aventi la stessa declinazione.
55
MARIO VULTAGGIO
Figura 2.8 - Sistema di coordinate orarie
Coordinate sostitutive dell'angolo orario e della declinazione sono:
l'angolo al polo (P) e la distanza polare (p)
L'angolo al polo di un astro è l'arco di equatore compreso tra il
mezzocielo superiore ed il piede dell'orario dell'astro, contato da 0° a 180°
verso E o verso W.
Se t è minore di 180° l'astro si trova nell'emisfero celeste occidentale per
cui PW = t; se, invece, t è maggiore di 180°, l'astro si trova nell'emisfero
celeste orientale onde PE = 360° - t.
La distanza polare è l'arco di orario passante per l'astro compreso tra il
polo celeste elavato ed l'astro, contato da 0° a 180° a partire dal polo celeste
elevato; ne discende che se φ e δ sono omonime la distanza polare risulta p =
90° - δ; se eteronime, p = 90° + δ.
Delle due coordinate t e δ testè definite la prima dipende dalla posizione
dell'osservatore, essendo contata a partire dalla proiezione del suo meridiano
sulla sfera celeste; da qui il sistema in argomento è classificato fra quelli
locali.
56
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
2.8.4 - Sistema di coordinate uranografiche equatoriali
Gli elementi di riferimento del sistema sono l'asse celeste, l'equatore
celeste ed il coluro del punto γ (orario passante per il punto γ). Le coordinate
di un astro (punto A in figura.2.9) sono:
∧
ascensione retta (α ) = γA1 = γTˆA1
∧
declinazio ne (δ ) = A1 A = A1TˆA
L'ascensione retta è l'arco di equatore celeste compreso tra il punto γ ed il
piede dell'orario passante per l'astro, contato da 0° a 360° a partire dal detto
punto nel senso antiorario (senso diretto) per un osservatore situato nel polo
celeste nord.
Figura 2.9 - Sistema di coordinate uranografiche equatoriali
La declinazione è stata già definita nel paragrafo precedente. Al posto
dell'ascensione retta, in molte applicazioni, viene considerata la
coascensione retta (coα) o ascensione versa (AV), data da:
coα (AV ) = 360° − α
57
MARIO VULTAGGIO
per cui questa rappresenta l'arco di equatore celeste compreso tra il punto γ
ed il piede dell'orario passante per l'astro, contato da 0° a 360° a partire dal
punto γ nel senso orario (senso indiretto) guardando sempre dal polo celeste
nord. Entrambe le coordinate, come ben si nota, sono indipendenti dalla
posizione dell'osservatore. Questo sistema di riferimento è noto come
Sistema Inerziale di Riferimento (Earth Centered Inertial – ECI).
2.8.5 - Sistema di coordinate uranografiche eclittiche
Gli elementi di riferimento del sistema sono l'asse dell'eclittica, l'eclittica
ed il meridiano d'eclittica passante per il punto γ.
Le coordinate di un astro (punto A in figura 2.10) sono:
∧
(λ ) = γA1 = γTˆA1
∧
( β ) = A1 A = A1TˆA
longitudin e d' eclittica
latitudine d ' eclittica
Figura 2.10 - Sistema di coordinate uranografiche eclittiche
58
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
La longitudine d'eclittica è l'arco di eclittica compreso tra il punto γ ed il
piede del meridiano d'eclittica passante per l'astro, contato da 0° a 360° a
partire dal punto γ nel senso antiorario (senso diretto) guardando dal polo
d'eclittica nord.
La latitudine d'eclittica è l'arco di meridiano d'eclittica passante per l'astro
compreso tra l'eclittica e l'astro, contato da 0° a 90° dall'eclittica verso
l'astro. La latitudine d'eclittica è positiva o N se l'astro trova si nell'emisfero
d'eclittica nord, negativa o S se trovasi nell'emisfero d'eclittica sud.
Anche queste due coordinate sono indipendenti dalla posizione
dell'osservatore.
Questo sistema di coordinate può essere considerato con l'asse della
eclittica passante per il centro del Sole; in tal caso si hanno le coordinate
uranografiche eliocentriche d'eclittica:
longitudine (L)
e
latitudine (B)
In un dato istante s'intende elongazione in longitudine (o elongazione
eclittica) di un astro rispetto ad un altro la differenza di longitudine tra i due
astri.
Con elongazione 0°,180°, o 90° e 270° i due astri si dicono
rispettivamente in congiunzione, in opposizione, o in quadratura in
longitudine, oppure in congiunzione, in opposizione, o in quadratura
d'eclittica.
Nell'istante della congiunzione i due astri sono sullo stesso meridiano
d'eclittica, su meridiani opposti nell'istante dell'opposizione, su meridiani i
cui piani sono normali tra loro nell'istante della quadratura.
Può essere considerata anche l'elongazione in ascensione retta (detta
anche elongazione equatoriale).
2.8.6 - Sistema di coordinate uranografiche galattiche
Il piano di simmetria della distribuzione delle stelle, inclinato di ≅ 62° su
quello equatoriale, interseca la sfera celeste secondo una circonferenza
massima che rappresenta la linea media della Via Lattea, la nostra Galassia. I
punti d'intersezione di questa circonferenza, detta equatore galattico, con
l'equatore celeste sono detti nodi; l'asse dell'equatore galattico determina
59
MARIO VULTAGGIO
sulla sfera i poli della Galassia; il polo nord ha per coordinate equatoriali: α≅
12h40m, δ= ≅ 28°N.
Considerando un moto diretto sull'equatore galattico guardando dal polo
nord galattico, il passaggio dall'emisfero sud a quello nord celeste viene a
definire il nodo ascendente galattico.
Di qui un nuovo sistema di coordinate uranografiche, quello i cui
elementi sono: l'asse della Galassia, l'equatore galattico ed il meridiano
galattico passante per il nodo ascendente galattico. Similmente alle
coordinate uranografiche eclittiche si hanno le coordinate uranografiche
galattiche:
longitudine galattica (G)
e
latitudine galattica (g)
2.9 - Moto apparente diurno della sfera celeste. Triangolo di posizione e
sua risoluzione
2.9.1 - Considerazioni generali
Alle nostre latitudini, un osservatore posto in alto mare o al centro di una
grande pianura, col viso rivolto verso sud, vede sorgere gli astri alla sua
sinistra, dal lato dell'est, salire obliquamente sull'orizzonte fino a
raggiungere il meridiano, scendere e tramontare alla sua destra, dal lato
dell'ovest. Ponendo bene attenzione, l'osservatore nota che tutti gli astri
descrivono in un giorno sidereo (durata di una rotazione della Terra intorno
al proprio asse, pari 23h 56m 04.09 s a di tempo medio) delle traiettorie
circolari parallele tra loro, coincidenti coi paralleli di declinazione e che, ad
eccezione del Sole, della Luna e dei pianeti, le distanze sferiche tra le stelle
restano inalterate nel tempo.
Che tutti gli astri in un giorno descrivano sulla volta celeste dei paralleli di
declinazione è una conseguenza della rotazione della Terra intorno al proprio
asse; la costanza nel tempo delle distanze sferiche tra le stelle è dovuta,
invece, alle loro enormi distanze, tanto da essere considerate punti fissi sulla
sfera celeste. Per la Luna ed i pianeti bisogna considerare principalmente i
loro moti propri; per il Sole è da tenere presente il moto di rivoluzione della
Terra intorno ad esso, per cui viene proiettato in un anno in punti differenti
della sfera celeste.
60
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Rappresenti la figura 2.11 la sfera celeste geocentrica per un osservatore
situato in un punto della Terra di latitudine φ = 30 o N .Poiché la Terra ruota
intorno al proprio asse nel senso della freccia f, senso antiorario per un
osservatore situato sul polo nord, apparentemente dalla Terra si vede la sfera
celeste ruotare nel senso della freccia f, senso orario per un osservatore
situato sul polo celeste nord.
Per supporre l'osservatore immobile, occorre sdoppiare la sfera celeste in
due sfere concentriche di uguale raggio: una fissa, quella relativa alle
coordinate locali e l'altra mobile, quella relativa alle coordinate
uranografiche.
Si consideri un astro di declinazione positiva, fisso sulla sfera celeste nel
punto A, per esempio una stella. Per la rotazione apparente della sfera l'astro
descrive il parallelo di declinazione passante per esso secondo il senso della
freccia f; sorge all'orizzonte vero o astronomico nel punto s, passando
dall'emisfero invisibile a quello visibile. Sale sull'orizzonte vero fino a
raggiungere il meridiano superiore nel punto c, passando dall'emisfero
celeste orientale a quello occidentale.
Incomincia, quindi, a scendere fino a tramontare nel punto t, passando
dall'emisfero visibile a quello invisibile. Continua poi a scendere sotto
l'orizzonte e passa al meridiano inferiore nel punto i. In questo istante si ha
per l'astro il passaggio dall'emisfero celeste occidentale a quello orientale e
l'inizio della sua salita, sorgendo di nuovo nel punto s.
Per l'astro di declinazione negativa fisso nel punto B, una stella, (sempre
fig. 2.11), il parallelo di declinazione descritto in un giorno sidereo è quello
passante per detto punto, con s',c',t ed ì i punti del sorgere, passaggio al
meridiano superiore, tramonto, passaggio al meridiano inferiore.
Essendo i due astri in esame fissi sulla sfera celeste nei punti A e B, col
passare del tempo la distanza sferica tra questi sarà sempre la stessa: sarà
costante l'angolo fra le loro direzioni.
Si consideri ora, figura 2.12, la sfera celeste geocentrica relativa ad un
osservatore situato in un punto della Terra di latitudine φ = 30 o S . Sono qui
tracciati i paralleli di declinazione relativi ai percorsi apparenti diurni di due
stelle fisse nei punti C e D (le freccie f ed f’ indicano ristettivamente i moti
di rotazione della Terra e della sfera celeste).
61
MARIO VULTAGGIO
Figura 2.11 - Sfera celeste geocentrica - Osservatore φ = 30°N
Il Sole, la Luna ed i pianeti, non essendo punti fissi della sfera celeste, in
un giorno sidereo non descrivono esattamente un parallelo di declinazione,
ma una lieve spirale, variando la loro declinazione nel tempo. Questa, però,
per il Sole ed i pianeti può essere considerata costante in un giorno, data la
sua piccola variazione oraria (al massimo le declinazione del Sole varia di un
primo all'ora nelle epoche in cui si trova nelle vicinanze dei punti equinoziali
γ e Ω
62
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Figura. 2.12 - Sfera celeste geocentrica - Osservatore φ = 30°S
2.10 - Astri sorgenti e tramontanti, circumpolare ed anticircumpolari
Per un osservatore situato in un punto della Terra di data latitudine gli astri
non sono tutti sorgenti e tramontanti, descrivendo alcuni di essi, in un giorno
sidereo, paralleli di declinazione situati interamente sopra l'orizzonte vero
astri circumpolari) o sotto l'orizzonte vero (astri anticircumpolari).
La sfera celeste geocentrica di figura 2.13 è relativa ad un osservatore
situato in un punto dell'emisfero terrestre nord, quella di figura 2.14 si
riferisce invece ad un osservatore situato nell'emisfero terrestre sud.
Su entrambe sono segnati i due paralleli di declinazione tangenti
all'orizzonte vero, che dividono la sfera celeste in tre parti: calotta degli astri
circumpolari, calotta degli astri anticircumpolari e parte di sfera degli astri
sorgenti e tramontanti. Il parallelo di declinazione che limita la calotta degli
astri circumpolari viene chiamato massimo degli apparenti, quello che
limita la calotta degli astri anticircumpolari massimo degli occulti; la loro
63
MARIO VULTAGGIO
declinazione, come può notarsi dalle due citate figure, è uguale a 90 o − φ ;
inoltre, quella del massimo degli apparenti ha lo stesso segno della
latitudine, quella del massimo degli occulti ha segno opposto.
Figura 2.13 - Sfera celeste con osservatore nell’emisfero nord – Astri
sorgenti e tramontanti
Facile notare che un astro è sorgente e tramontante per un dato osservatore
se la sua declinazione è minore di quella dei due citati paralleli limiti, cioè:
δ p 90o − φ ossia
δ + φ p 90 o
Nelle due figure gli astri A e B sono sorgenti e tramontanti; l'astro A ha
declinazione dello stesso segno della latitudine, l'astro B di segno opposto.
64
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Figura 2.14- Sfera celeste con osservatore nell’emisfero sud – Astri
sorgenti e tramontanti
La condizione testè scritta è valida per entrambi gli astri, per cui va così
sintetizzata:
δ + φ p 90o
La somma dei valori assoluti della latitudine e della declinazione
dev'essere minore di 90o .
Dalle due figure si nota ancora che per essere un astro circumpolare deve
verificarsi:
65
MARIO VULTAGGIO
δ + φ f 90o e dello stesso segno
e per un astro anticircumpolare:
δ + φ f 90 e di segno opposto. L'astro C è circumpolare, l'astro D
anticircumpolare.
Se δ + φ = 90 o e dello stesso segno, l'astro percorre in un giorno sidereo
il massimo degli apparenti; se di segno opposto il massimo degli occulti.
Le condizioni ricavate dipendono eclusivamente, come ben si nota, dalla
declinazione dell'astro e dalla latitudine dell'osservatore. Il parallelo di
declinazione di un astro sorgente e tramontante viene suddiviso dall'orizzonte
astronomico in due parti: arco visibile ed arco invisibile. L'arco visibile è
quello che si trova sopra l'orizzonte astronomico, cioè nell'emisfero celeste
visibile; esso è maggiore di quello invi sibile se latitudine e declinazione
sono dello stesso segno.
Si può ancora notare che un astro di declinazione nord sorge in un punto
dell'orizzonte astronomico situato tra l'est ed il nord e tramonta in un punto
situato tra l'ovest ed il nord; se la declinazione dell'astro è sud, il punto in cui
sorge l'astro è situato tra l'est ed il sud e quello in cui tramonta tra l'ovest ed
il sud. L'arco di orizzonte vero compreso tra il punto cardinale est ed il punto
in cui sorge dicesi amplitudine ortiva; l'arco di orizzonte vero compreso tra
il punto cardinale ovest ed il punto in cui tramonta dicesi amplitudine
occasa. Pertanto, se la declinazione dell'astro è nord l'amplitudine ortiva va
contata dall'est verso il nord e l'occasa dall'ovest verso il nord; se la
declinazione è sud le due amplitudini vanno contate dall'est e dall'ovest verso
il sud. In un giorno sidereo le due amplitudini (ortiva ed occasa) sono uguali
se φ e δ rimangono costanti, come può notarsi dalle citate figure 2.13 e
2.14.
o
2.11 - Sfera celeste retta e parallela
La sfera celeste orientata per un osservatore la cui latitudine è differente da
0o o 90o dicesi obliqua ed è facile comprendere la ragione di questo
aggettivo.
Si consideri ora un osservatore sull'equatore φ = 0 . L'asse celeste (v.
figura 2.15) coincide con la linea meridiana, il Pcn col punto cardinale nord, il
Pcs con quello sud; inoltre, i punti di mezzocielo superiore ed inferiore
M s , M i coincidono rispettivamente con lo zenit ed il nadir. La sfera celeste
66
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
dicesi retta ed è ovvia questa denominazione. Gli astri sono tutti sorgenti e
tramontanti ed i loro archi visibili sono uguali a quelli invisibili.
Figura - 2.15 - Sfera celeste retta
Si consideri ora la sfera celeste orientata per un osservatore situato su uno
dei poli terrestri; la figura. 2.16 si riferisce ad un osservatore situato sul polo
nord φ = 90o N .
L'asse celeste coincide con la verticale, i poli celesti con lo zenit ed il
nadir, l'equatore celeste con l'orizzonte vero, i paralleli di declinazione con
gli almicantarat e gli orari con i verticali; la sfera celeste dicesi parallela.
Non è possibile l'orientamento in quanto non è definito il meridiano
dell'osservatore; gli astri risultano esclusivamente circumpolari o
anticircumpolari ed il massimo degli apparenti e quello degli occulti
coincidono con l'equatore celeste che a sua volta, come già detto, coincide
con l'orizzonte astronomico. Nella citata figura 2.16 risultano circumpolari
gli astri di declinazione nord, anticircumpolari quelli di declinazione sud. I
percorsi apparenti diurni degli astri fissi sono caratterizzati da un'altezza
costante, pari al valore della declinazione.
67
MARIO VULTAGGIO
Figura 2.16 - Sfera celeste parallela
2.12 - Triangolo di posizione
Molte considerazioni possono essere fatte sul moto apparente diurno della
sfera celeste col semplice ausilio di una figura, per esempio le figure. 2.11 e
2.12, e fra queste le seguenti:
68
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
• tutti gli astri passano al primo orario, sopra l'orizzonte se la latitudine e la
declinazione sono omonime, sotto se eteronime;
• passano al primo verticale soltanto gli astri la cui declinazione è minore
della latitudine, sopra l'orizzonte se queste due coordinate sono
omonime, sotto se eteronime; l'astro avente declinazione uguale in segno
ed in valore assoluto alla latitudine passa al meridiano celeste superiore
allo zenit, se soltanto in valore assoluto passa al meridiano celeste
inferiore al nadir;
• per gli astri la cui declinazione è maggiore della latitudine sono importanti
i due punti del loro percorso apparente diurno più vicini al primo
verticale, situati simmetricamente rispetto al meridiano celeste. Questi
punti vengono denominati punti di massima digressione, orientale e
occidentale; essi sono situati sopra l'orizzonte se la latitudine e
declinazione sono omonime, sotto se eteronime.
Rappresenti la figura 2.17 la sfera celeste orientata per un dato osservatore e
sia, in un dato istante, A la posizione di un astro. Tracciati per A il verticale e
l'orario, il triangolo sferico avente per vertici lo zenit Z, il polo celeste
elevato (in questo caso il Pcn ) e la posizione dell'astro A, dicesi triangolo di
posizione (triangolo sferico Pcn ZA).
Questa denominazione è giustificata dal fatto che il triangolo dipende per un
dato osservatore dalla posizione dell'astro sulla sfera celeste.
Si noti che gli angoli azimutale (Z) ed al polo (P) dell'astro rappresentano
due angoli di questo triangolo; il terzo angolo viene chiamato angolo
parallattico o angolo all'astro (A).
I lati sono dati dalle distanze zenitale e polare dell'astro e dalla colatitudine
dell'osservatore. A tal proposito è bene ricordare le relazioni:
a) tra l'angolo azimutale e l'azimut:
 a p 180o
φ nord 
o
a f 180
a p 180o
φ sud 
o
a f 180
69
Z= NaE
Z = N (360 - a ) E
Z = S (180o − a ) E
Z = S ( a − 180o ) E
MARIO VULTAGGIO
Figura 2.17 - Sfera celeste e triangolo di posizione
b) tra l'angolo al polo e l'angolo orario:
t p 180o (12 h ) PW = t
t f 180o (12 h ) PE = 360 − t o ( 24h − t )
c) tra la distanza polare e declinazione:
p = 90o − δ
se φ e δ omomimi
p = 90o + δ
se φ e δ eteronimi
d) tra la distanza zenitale e l'altezza:
z = 90o − h
per h positiva
z = 90 − h
per h negativa
o
e) la colatitudine è sempre data da:
70
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
c = 90o − φ
Il triangolo di posizione lega i due sistemi di coordinate locali, altazimutali
ed orarie.
La figura 2.18 mostra il triangolo di posizione di un astro che in un dato
istante si trova nel punto B della sfera celeste, orientata per un osservatore
situato in una località dell'emisfero terrestre sud.
Se sono costanti la latitudine dell'osservatore e la declinazione dell’astro,
descrivendo questo in un giorno sidereo un parallelo di declinazione sulla
volta celeste, del triangolo di posizione resteranno invariati due lati: lato
polo elevato-zenit (c) e lato polo elevato-astro (p), e varieranno tutti gli altri
elementi. Il triangolo di posizione degenera in un arco di circonferenza
massima quando l'astro si trova al suo passaggio al meridiano superiore ed
inferiore.
Figura 2.18 - Sfera celeste e triangolo di posizione
71
MARIO VULTAGGIO
Risulta rettangolo nell'istante del passaggio dell'astro al primo orario o al
primo verticale o alla massima digressione, assumendo un'ampiezza di 90o in
queste circostanze rispettivamente l'angolo al polo, l'angolo azimutale e
l'angolo parallattico.
Infine, il triangolo di posizione risulta rettilatero nell'istante del sorgere e
del tramonto vero dell'astro e quando la sua declinazione o la latitudine
dell'osservatore sono uguali a 0.
Figura 2.19 – Triangolo sferico di posizione e triangolo ortodromico
Non sfugge l'analogia tra il triangolo di posizione e quello ortodromico,
relativo alla navigazione per circonferenza massima tra due punti della
superficie terrestre. Agli elementi del triangolo di posizione: Z, P, A, c, p, z
corrispondono i seguenti elementi del triangolo ortodromico:
Ri , ∆λ , β , c, c ' , d (v. figura. 2.19).
Generalizzando, per triangolo di posizione va inteso quel triangolo
sferico avente per vertici l'astro ed i poli di due tra i cinque sistemi di
coordinate trattate; compito principale di questo triangolo è quello di passare
dalle coordinate di uno dei sistemi a quelle dell'altro.
In navigazione astronomica si ricorre spesso al triangolo di posizione trattato
in questo paragrafo che, come già detto, lega i due sistemi di coordinate
locali; oltre alla trasformazione di coordinate che sarà oggetto del prossimo
paragrafo, questo triangolo permette di risolvere tanti altri problemi che si
presentano nella pratica della navigazione.
2.13 - Risoluzione del triangolo di posizione
72
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Con la conoscenza di almeno tre elementi del triangolo di posizione è
possibile, com'è noto, ricavare gli altri. Occorre stabilire i segni alle funzioni
trigonometriche che compaiono nelle formule che saranno utilizzate, per cui
è importante ricordare quanto segue: la latitudine dell'osservatore deve
essere considerata angolo positivo (primo quadrante) in quanto il suo segno
definisce il polo del triangolo (polo elevato); di conseguenza la declinazione
va considerata angolo positivo (primo quadrante) se ha lo stesso segno della
latitudine, altrimenti angolo negativo (quarto quadrante); gli angoli Z , P ed A
variano da 0 a 180°(primo o secondo quadrante).
Spesso è richiesto il calcolo, per un dato istante e per una data località,
delle coordinate locali altazimutali (h, a) di un astro, conoscendo le sue
simultanee orarie (δ , t); di rado si presenta il caso inverso. Nel primo caso
del triangolo di posizione (v. figura 2.20),considerato per l'istante dato,sono
noti:
Figura 2.20 – triangolo sferico di posizione
lato Pel Z = c
, lato Pel A = p
da calcolare : lato ZA = z
e
,
)
angolo ZPel A = P
)
angolo Pel ZA = Z
per ottenere, poi, l'altezza h e l'azimut a.
Applicando la relazione fondamentale di trigonometria sferica (o del
coseno) e quella di Vieta (o delle cotangenti), si ha:
73
MARIO VULTAGGIO
cos z = cos c cos p + sincsinp cos P
(2.3)
cot psinc = cos c cos p + sinp cot Z
(2.4)
sinh = sin φsin δ + cos φ cos δ cos P
(2.5)
cot Z = cos ϕ (tan δ cos ecP − tan φ cot P)
(2.6)
da cui:
Casi particolari di questa trasformazione di coordinate si hanno per φ= 0, δ =
0, P = 90°, P = 0 e 180°.
Quando φ = 0, conviene assumere per polo del triangolo di posizione
quello relativo all'emisfero celeste dell'astro (definito dal segno della sua
declinazione); di qui la declinazione va considerata angolo positivo (primo
quadrante) nello stabilire i segni delle funzioni trigonometriche. Le (2.11) e
(2.12) si semplificano in:
sinh = cos δ cos P
cot Z = tan δcscP
Con δ = 0 si ottiene:
sinh = cos φ cos P
cot Z = − sin φ cot P
Se P̂ = 90° si ha:
sinh = sin φsinδ
cot Z = cos φ tan δ
Quando P̂ = 0 , astro al passaggio al meridiano celeste superiore, la (2.3)
diventa, dopo aver sostituito all'altezza h la distanza zenitale z:
74
CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
cos z = sin φ sin δ + cos φ cos δ = cos(φ − δ ) = cos(δ − φ )
da cui:
z = φ −δ,
z = δ −φ
e la (2.6) porta alla indeterminazione:
cot Z=infinito - infinito
Si conviene di ricavare z dalla differenza algebrica:
z = φ −δ
(2.7)
considerando positive le latitudine e declinazioni nord, negative quelle sud.
Così operando, il segno della (2.7), cioé il segno di z, definisce l'importo
dell'azimut: se z è positiva l'azimut è uguale a 180°, se negativa l'azimut è
uguale a 0; ciò può essere verificato con semplici grafici; in questo modo si
viene a superare l'inconveniente della indeterminazione di Z data dalla
formula (2.6).
Per ottenere l'altezza h dell'astro, la distanza zenitale ricavata dalla (2.7)
dovrà essere considerata sempre angolo positivo, in accordo con la sua
definizione: arco di verticale passante per l'astro compreso fra lo zenit e
l'astro.
Se P = 180°, l'astro è al suo passaggio al meridiano celeste inferiore. La
(2.3) in questo caso diventa:
cos z = sin φ sin δ − cos φ cos δ
ed ancora:
75
MARIO VULTAGGIO
cos z = −(cos φ cos δ − sin φsin δ ) = − cos(φ + δ )
cos z = cos[180 − (φ + δ ) ]
da cui
(2.8)
z = 180 − (φ + δ )
La (2.4) porta allo stesso risultato di indeterminazione. Limitandosi soltanto
ai casi di astri osservabili (astri circumpolari, φ e δ dello stesso segno), la
(2.8) va considerata aritmetica: la somma della latitudine e della declinazione
va sottratta a 180°; i segni di φ e δ definiscono l'azimut: se positivi l'azimut è
uguale a 0, se negativi a 180°.
Non sfugge la possibilità di poter determinare la latitudine della località
mediante la (2.7) e la (2.8), conoscendo l'altezza e la declinazione dell'astro
nell'istante del suo passaggio al meridiano superiore ed inferiore. Dalla (2.7)
si ricava:
φ =δ +z
(2.9)
relazione sempre algebrica, con z positiva se l'azimut dell'astro è 180 (astro
osservato al suo passaggio al meridiano superiore con la faccia rivolta a sud),
negativa se l'azimut è 0 (astro osservato con la faccia rivolta al nord). Se la
declinazione è omonima e maggiore della latitudine, il passaggio al
meridiano superiore è visto in direzione del punto cardinale omonimo alle
due coordinate, negli altri casi in direzione del punto cardinale opposto.
Dalla (2.9) si ricava:
φ = 180 − (δ + z )
(2.10)
Occorre qui ricordare che solamente gli astri circumpolari sono visibili al
loro passaggio al meridiano inferiore; per questi astri la (2.10) dev'essere
considerata aritmetica, assumendo per la latitudine lo stesso segno della
declinazione.
Si fa di nuovo rilevare che tutto quanto qui trattato circa il passaggio di un
astro al meridiano, superiore ed inferiore, può essere facilmente giustificato
mediante un semplice disegno della sfera celeste locale.
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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO
Le coordinate altalzimutali (h, Az) si possono anche ricavare per mezzo
della matrice di rotazione introducendo due sistemi di coordinate
rettangolari e la matrice di rotazione.
Figura 2.21 - Triangolo di posizione e matrice di rotazione
Sia A un astro di coordinate locale-orarie(t, δ) e definito dalle seguenti
coordinate rettangolari rispetto alla terna di assi Oxyz: l'asse Oz passante per
il Pel ,l'asse Ox passante per il Ms e l'asse Oy ruotato di 90 nel senso orario (
e coincidente con la direzione W); la terna di riferimento OXYZ per le
coordinate altazimutali avrà l'asse OZ coincidente con lo zenit, l'asse OX
coincidente con la linea N-S e rivolto verso Sud e l'asse OY coincidente con
Oy. La figura 2.21 schematizza le due terne di riferimento associate ai due
sistemi di coordinate.
L'astro A nei due sistemi è rappresentato dal vettore:
 x   sinp cos t 
  

A − O =  y  =  sinps int 
 z   cos p 
  
 Oxyz
,
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'
 X   sinz cos Az 

  
A − O =  Y  =  sinzsinA z' 
 Z   cos z 
  
 OXYZ
MARIO VULTAGGIO
con l'azimut contato da Sud nel senso orario (v. figura 2.21) e le coordinate
dell'astro espresse in coordinate polari.
Ruotando il primo sistema Oxyz attorno all'asse Oy in modo da
trasportare l'asse Oz sull'asse OZ si ha:
X 
 x  cos c 0 − sin c  sin p cos t 
 Y  = A (c )  y  =  0
1
0   sin p sin t 
y
 
  
 Z 
 z   sin c 0 cos c   cos p 
Lo sviluppo del prodotto matriciale da:
sin z cos Az' = cos c sin p cos t − sin c cos p
sin z sin Az' = sin p sin t
cos z = sin c sin p cos t + cos c cos p
dalle quali si ricavano le seguenti relazioni:
sinh = sin φsin δ + cos φ cos δ cos t
sinp s int
tan Az' = −
sinc cos p − cos csinp cos t
(2.5bis,2.6bis)
E' facile ricavare la stretta corrispondenza delle relazioni ricavate con quelle
precedentemente presentate per la risoluzione del triangolo di posizione.
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