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Introduzione allargomento; complicanze Vs. fallimenti in implantoprotesi: aspetti biologici e biomeccanici Apre i lavori del venerdì pomeriggio il Dr. A. Fonzar in sostituzione del Prof. M. Tonetti impossibilitato a prendere parte al congresso per motivi di salute. Il Dr Fonzar fa un’analisi critica della sua esperienza professionale esaminando il cambiamento del la terapia parodontale negli anni ed il proprio approccio terapeutico soprattutto in relazione all’avvento dell’implantologia, partendo dall’origine, quando la malattia parodontale si riteneva dipendente dal quantitativo di placca, per poi comprendere che ne erano responsabili alcuni ceppi parodonto patogeni ed arrivare infine a considerarla una malattia multifattoriale in cui oltre all’ospite, ai batteri ed al fattore tempo, influivano anche genetica e stile di vita. Quindi si era passati da una teoria deterministica ad una teoria probabilistica della malattia. Le opzioni terapeutiche sono sostanzialmente tre: 1. approccio ispettivo consistente nell’eliminazione dell’infezione residua (scaling e rootplaning), 2. approccio demolitivo consistente nell’eliminazione delle pareti del difetto, 3. approccio conservativo consistente nella chirurgia rigenerativa (Nyman 1981 JCP1982) A queste opzioni si è andata poi ad aggiungere la tecnica implantare che ha rivoluzionato l’approccio terapeutico tanto che N.P. Lang nel XIII Congresso Internazionale SiDP di Firenze (Marzo 2007) parlò di “euforia degli impianti”. Euforia che portò i clinici a credere che gli impianti avessero migliore prognosi dei denti, che la terapia implantare risolvesse tutti i problemi, che il mantenimento non era così importante per la prevalenza di batteri “buoni”(Gram+) attorno agli impianti e che ogni dente andasse sostituito con un impianto. In realtà con il tempo si è visto che gli impianti non hanno migliore prognosi dei denti, che esistono pochi lavori a lungo termine sugli impianti, molti di più sui denti, che le complicanze biomeccaniche implantari sono molto frequenti (Lang et al. 2004, Tan et al. 2004, Pjetursson et al. 2004, Jung et al. 2007), che mucositi e periimplantiti sono anch’esse molto frequenti (0.5-3% per anno), che gli impianti richiedono molto controllo di placca in quanto i batteri che si accumulano attorno agli impianti sono gli stessi che troviamo attorno ai denti ed addirittura nell’edentulo. Inoltre da questa analisi emerge che la tecnica implantare a volte può avere un miglior rapporto costo/beneficio, in condizioni ideali può essere un approccio più semplice e più conservativo rispetto ad una terapia protesico-parodontale, ma sicuramente non nei casi che richiedono grosse rigenerazioni Copyright® 2013 | Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica ossee. Il Dr Fonzar fa vedere una serie di casi protesico-parodontali gravi risolti brillantemente mantenendo tutti i denti e che a distanza di oltre 10 anni sono ancora funzionanti. Fa vedere anche alcune problematiche che hanno portato alla perdita di alcuni denti rizotomizzati con supporto parodontale molto ridotto che probabilmente oggi non tratterebbe più allo stesso modo. Mostra infine come alcune problematiche che si hanno su casi trattati con impianti sono più difficili da gestire rispetto alle problematiche che si hanno nella protesi su denti. Quindi dalla sua esperienza personale emerge che ci vuole equilibrio nell’interpretazione dei dati di letteratura e con gli anni è cambiata anche la sua visione del successo. Prima era convinto che il successo dipendesse dalla bravura dell’operatore e trattava tutti nello stesso modo, curando la malattia e non il malato, con il passare del tempo ha messo al centro dell’attenzione il malato facendo un accurato esame del rischio di malattia in fase di programmazione del trattamento protesico, in particolare nel momento in cui si decide di far uso di impianti, cercando di evitare chirurgie complesse, non disdegnando l’uso di impianti inclinati o corti in quanto non si hanno ancora dati certi su cosa accada nell’osso rigenerato. 1. Lo%u0451 H. et al. Experimental gengivitis in man. J.Periodontol 1965; 36:177-187 2. Newman MG. et al. Studies on the microbiology of periodontitis. J. Periodontol 1976; 47:373-379 3. Socransky SS. et al. Microbial complexes in subgingival plaque. J Clin Peiodontol. 1998; 25:134-144 4. Lang NP,Tonetti MS. Periodontal diagnosis in treated periodontitis. Why ,when and how to use clinical parameters. J Clin Periodontol. 1996 Mar;23(3 Pt 2):240-50 5. Zitzmann NU,Berglundh T. Definition and prevalence of peri implant diseases. J Clin Periodontol 2008; 35 (suppl.8): 286-291 6. Querynen et al.2006 7. Renvert et al. 2007 8. Karoussis IK, Kotosovilis S, Fourmousis I. Comprehensive and critical rewiew of dental implant prognosis in periodontally compromised partially edentulous patients. COIR 2007 Sep 14 9. Chiapasco M, Zaniboni M, Boisco M. Augmentation procedures for the rehabilitation of deficient edentulous ridges with oral implants. COIR 17 (suppl.2) 2006; 136-159 10. Aparicio C et al. Tilted implants as an alternative to maxillary sinus grafting: a clinical, radiologic and periotest study. Clin Implant Dent Relat Res 2001; 3(1): 39-49 Copyright® 2013 | Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica 11. Sachdeo A, Haffajee AD, Socransky SS Biofilms in the edentulous oral cavity. J Prosthodont.2008 Jul; 17(5): 348-56 12. Koutouzis T, Wennstrom JL. 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Hard tissue alterations following immediate implant placement in extraction sites. J Clin Periodont 2004;31:820-828 19. Araujo MG et al Tissue modeling following implant placement in fresh extraction sockets COIR 2006;17:615. Fa seguito alla relazione del Dr Fonzar quella del Dr Jan Hajt%u03CC e dell’Odt. Uwe Gehringer, dal titolo “Le Complicanze prevenzione e trattamento clinico ed odontotecnico”. Il Dr Hajt%u03CC esordisce dicendo di non amare la definizione di successo inteso come un lavoro protesico che non viene sostituito e che rimane privo di ogni complicanza per l’intero periodo di osservazione e viceversa di insuccesso quando interviene qualche cambiamento o qualche complicanza. Preferisce parlare di una scala crescente di complicanzei che è possibile riscontrare nel tempo che vanno da quelle lievi e reversibili, alcune delle quali non necessitano neppure di un intervento, a quelle via via più gravi fino ad arrivare a complicanze irreversibili che comportano non solo la perdita di impianti e dell’intera riabilitazione protesica ma anche un danno ai tessuti duri e molli. Per minimizzare le complicanze in protesi bisogna essere il più possibile sistematici nel pianificare le fasi di lavoro ed attuarle con scrupolo, senza improvvisazioni, usando sistematiche collaudate senza sperimentare nuovi materiali così da rimanere nel ”corridoio di sicurezza”. Copyright® 2013 | Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica I relatori mostrano una carrellata di casi clinici contenenti una serie di errori sia clinici che tecnici dovuti sicuramente ad inesperienza, imperizia, superficialità che inevitabilmente portano a complicanze di vario genere e grado di gravità. Dividono le complicanze in meccaniche, biologiche, estetiche e funzionali. Tra le complicanze meccaniche annoverano chipping o frattura del rivestimento, frattura o de cementazione del frame work, allentamento e frattura dell’abutment e/o della vite e frattura dell’impianto. Le complicanze biologiche, sostanzialmente perimplantiti, possono causare la perdita dell’ osteointegrazione e possono avere anche cause protesiche quali imprecisioni di connessione impianto-abutment, residui di cemento, scelta del materiale del pilastro; i relatori, per esempio, riportano un‘incidenza di mucositi e perimplantiti con pilastri aurei superiore rispetto a pilastri in titanio o in zirconia. L’ossido di zirconio risulta essere il materiale di prima scelta per la realizzazione di pilastri individuali implantari per biocompatibilità, (in accordo con gli studi di Scarano e Piattelli in cui si osserva una riduzione del 40% nell’adesione batterica su superfici in zirconia rispetto a superfici di analoga rugosità in titanio) e anche per l’elevata stabilità e resistenza alla fatica meccanica. Le cause funzionali possono essere preesistenti al trattamento o subentrare in un secondo momento. Il bruxismo è certamente l’evenienza che comporta una elevata percentuale di complicanze. Per minimizzare i rischi di complicanze funzionali si richiede al clinico un controllo frequente dell’occlusione e al tecnico di realizzare contatti precisi che garantiscano stabilità occlusale. Infine ma non per importanza ci sono le complicanze estetiche anche esse possono essere preesistenti o secondarie al trattamento protesico e possono essere la naturale conseguenza delle complicanze sopramenzionate. 1. Pjetrusson BV et al. Comparison of survival and complications rates of tooth-supported fixed dental prostheses (PDPs) and implant-supported FDPs and single crown (SCs). Clin Oral Implant Res 2007, 18(suppl 3): 97-113 2. Salvi GE et al. Mechanical and technical risk in implant therapy. In J Oral Maxillofac Impl 2009, suppl 24: 69-85 3. Blancs RJ To what catcut does the crown-implant ratio affect the survival and complications of implant supported reconstructions? A systematic review. Clin Oral Impl Res 2009, Sep 20 suppl 4: 67-72 4. Rokni S et al. An assessment of crown-to-root ratios with short sintered porous-surfaced implants supporting prostheses in partially edentulous patients. Int J oral Maxillofac Implants 2005, Jan-Feb; 20 (1): 69-76 5. Sailer I et al. Randomized controlled clinical trial of zirconia ceramic and metal ceramic posterior fixed dental prostheses: a 3 year follow-up. Int J Prosthodont 2009, Nov-Dec; 22(6): 553-60 6. Molin MK et al. Five-year clinical prospective evaluation of zirconia-based Denzir 3 unit FPDs. Int J Prosthodont, 2008 May-Jun; 21(3): 223-7 Copyright® 2013 | Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica 7. Edelhoff D et al. HIP zirconia fixed partial dentures- clinical results after 3 years of clinical service. Quintessence Int 2008 Jun; 39(6): 459-71 8. Tinschert J et al. Clinical behavior of zirconia-based fixed partial dentures made of DCZirkon: 3-year results. Int J Prosthodont, 2008 May-Jun; 21(3): 217-22 9. Vult von Steyern P et al. All-ceramic fixed partial dentures designed according to the DCZirkon technique. A 2-year clinical study. J Oral Rehabil 2005 Mar; 32(3): 180-7 L’ultima relazione della giornata dal titolo:” fallimenti,prevenzione e trattamenti”vede impegnati ancora una volta clinico ed odontotecnico nella persona rispettivamente del dr.Heiko W.Jakob e dell’odt.Karl Plecity. Il messaggio che i relatori hanno voluto lanciare alla platea è tutto racchiuso nella frase di Peter Thomas che dà l’avvio alla loro presentazione: “SPEND MORE TIME PLANNING AND LESS TIME DOING”.La pianificazione del trattamento implanto-protesico è un momento di fondamentale importanza e non può essere fatta in maniera superficiale e frettolosa ma richiede il massimo impegno del clinico che deve mettere in campo tutta la sua esperienza, il bagaglio di conoscenze teoriche e tecniche per individuare il miglior trattamento per quello specifico paziente. Non tutti i pazienti, infatti ,sono uguali bisogna cercare di capire anche la psicologia del paziente che si ha di fronte e le sue aspettative; sta al clinico, poi spiegare in dettaglio quello che si può fare per ripristinare una condizione di salute orale. Il monito che emerge da questa presentazione è di comprendere che l’implantologia non è una disciplina come la protesi, la parodontologia, la conservativa, ma una tecnica per rimpiazzare denti mancanti, sta al clinico comprendere qual è la tecnica più appropriata nell’ambito di un corretto piano di trattamento, altrimenti si incorre in tutta una serie di errori, danni iatrogeni, overtreatment che abbiamo visto nel corso della presentazione per trattare i quali è poi necessario mettere in atto tutta una serie di procedure cliniche molto complesse che non sempre esitano in un risultato soddisfacente ma si traducono in soluzioni di compromesso con insoddisfazione del clinico e del paziente. 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