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FASE TERAPEUTICA MOTIVAZIONE DEL PAZIENTE La collaborazione ed il grado di igiene orale diventano sempre meno efficaci con il passare del tempo ed è proprio per questo motivo che il rinforzo delle istruzioni d’igiene orale e della motivazione del paziente devono rappresentare un momento fondamentale nel programma di mantenimento. Quello che l’igienista dentale deve ottenere è un’elevata compliance (collaborazione) del paziente; proprio per questo è necessario un contatto periodico con il paziente, non solo per rimuovere la placca, ma anche per tenere vivo il desiderio di mantenere una situazione di salute duratura. ISTRUZIONI D’IGIENE ORALE DOMICILIARE Le istruzioni d’igiene orale domiciliare per i pazienti riabilitati con implantoprotesi non si discostano molto dalle regole d’igiene orale e di controllo della placca consigliate ai pazienti con denti naturali o portatori di protesi fissa tradizionale. Il paziente portatore d’impianti deve comprendere che, nel suo caso specifico, la detersione riguarda aree e strutture diverse tra loro: la porzione transmucosa dell’impianto e la struttura protesica sovrastante (D’Angeli e coll. 2005). Sarà compito dell’igienista far capire al paziente che è necessario che l’igiene sia indirizzata ad ogni singola parte della riabilitazione protesica finale, e istruirlo sulle diverse modalità di pulizia delle singole componenti. Pertanto per la detersione delle aree vestibolari, palatali/linguali e occlusali rimane fondamentale l’uso dello spazzolino (manuale o elettrico) che dovrà avere però setole artificiali di tipo morbido e punte arrotondate per non provocare danni ai tessuti molli peri-implantari. Per perfezionare l’igiene delle superfici distali o delle zone di più difficile accesso è consigliato lo spazzolino monociuffo che grazie alle ridotte dimensioni è articolarmente indicato anche per le superfici linguali e palatali e si inserisce anche parzialmente al di sotto del manufatto protesico. Mentre, per la detersione delle superfici interprossimali e dei pilastri implantari, aree più difficili da raggiungere e quindi dove l’accumulo di placca è maggiore, verranno utilizzati gli spazzolini interprossimali (Fig. 8), forniti di una struttura centrale in metallo rivestita di materiale plastico, e i fili interdentali che sono presenti in commercio in diverse forme: spugnosi, garzati o intrecciati. Il filo interdentale andrà fatto passare intorno al collo dell’impianto come una cravatta e dopo aver incrociato le due estremità lo si fa scorrere compiendo un leggero movimento in avanti e indietro (Fig. 9). Per quanto riguarda l’uso di paste dentifricie, queste devono avere un’abrasività controllata (RDA bassa); le paste dentifricie troppo abrasive devono perciò essere sconsigliate. Fig 8 Uso dello spazzolino interprossimale intorno ad un impianto Fig 9 Uso del filo spugnoso intorno ad Un impianto IGIENE ORALE PROFESSIONALE Gli strumenti utilizzati per la profilassi professionale degli impianti dentali in titanio sono pressoché simili a quelli usati per le procedure igieniche tradizionali, fatta eccezione per il materiale che li costituisce. Gli strumenti metallici, infatti, sono stati sconsigliati da molti autori, anche se fabbricati in titanio o in acciaio inossidabile, perché capaci di determinare considerevoli alterazioni sulla superficie dei materiali implantari (Dmytryk e coll. 1990, Fox e coll. 1990, Meschenmoser e coll. 1996, Rühling e coll. 1994). Questi studi in vitro analizzati al SEM hanno permesso di evidenziare la presenza di rigature di profondità variabile in seguito alla strumentazione con curettes in acciaio, in lega aurea, in titanio o in lega di titanio. Risultati analoghi sono stati ottenuti in seguito all’utilizzo di ablatori ad ultrasuoni dotati di punte metalliche. Uno studio ha ulteriormente dimostrato che una contaminazione dello strato di ossido che riveste il titanio può alterare la biocompatibilità del materiale ed aumentare la tendenza alla corrosione, favorendo il rilascio di ioni metallici, che potrebbero avere un’azione citotossica nei confronti dei tessuti (Thomson-Neal e coll. 1989). È stato inoltre osservato in vitro un inferiore numero di fibroblasti in contatto con i pilastri implantari a livello delle zone trattate con strumenti metallici (Dmytryk e coll. 1990). Pertanto per la detersione del collo emergente degli impianti sono stati progettati degli strumenti in materiale plastico(Fig. 10). Questi non sembrano produrre alterazioni significative sulla superficie implantare, né in termini di rugosità, né in termini di abrasione. Tuttavia sulle superfici implantari sabbiate, plasma-spray e rivestite di idrossiapatite sono stati notati residui di materiale plastico, il cui significato non è stato comunque chiarito (Rühling e coll. 1994). L’efficacia nella rimozione dei depositi molli e duri accumulatisi sulle superfici implantari è stata valutata da alcuni studi che hanno dimostrato un’adeguata rimozione della placca senza provocare alterazioni delle superfici (Gantes e Nilveus 1991, Speelmann e coll. 1992). Gli strumenti in materiale plastico presentano però una scarsa capacità di taglio e una notevole fragilità; inoltre per poter resistere alle forze a cui vengono sottoposti hanno dimensioni maggiori rispetto agli analoghi metallici: questa caratteristica strutturale può rendere più difficoltosa la pulizia delle zone meno accessibili. Nonostante ciò gli strumenti in materiale plastico sono considerati come strumenti di prima scelta per la rimozione professionale dei depositi molli e duri dalla superficie implantare. Attualmente sono reperibili in commercio vari tipi di curettes che possono essere rivestite o interamente costituite da teflon, fibra di carbonio o plastica; sono autoclavabili, reperibili in varie forme e affilabili con una normale pietra Arkansas. Oltre alle curettes è possibile utilizzare anche strumenti ultrasonici o sonici che dispongono di punte metalliche rivestite da inserti monouso in plastica (Fig. 11). Per la lucidatura degli impianti vengono impiegati appositi spazzolini o coppette in gomma montati su micromotore, che permettono di entrare con facilità fra un pilastro e l’altro. È necessario, però, adoperare un manipolo a bassa velocità e avere l’accortezza di evitare paste profilattiche abrasive preferendo paste dentifricie o paste ad abrasività controllata (ridotta). Fig 10 Curette in materiale plastico ultrasonici rivestiti in gomma Fig 11 Inserti da strumenti TERAPIA ANTISETTICA Data la natura batterica delle infezioni peri-implantari, sono disponibili vari farmaci antisettici come coadiuvanti al trattamento meccanico di rimozione della placca batterica per il mantenimento degli impianti dentali. Tuttavia in letteratura sono pochi gli studi controllati randomizzati che valutano la loro efficacia. Ciancio e coll. (1995) hanno dimostrato che l’uso quotidiano (due volte al giorno) di un collutorio a base di olii essenziali, in aggiunta alle normali procedure d’igiene orale, può produrre dei benefici nel mantenimento degli impianti dentali (riduzione dell’indice di placca e di sanguinamento). Un altro studio ha comparato gli effetti di irrigazioni sottogengivali (Fig. 12) con clorexidina (tramite un irrigatore orale elettrico) a quelli di sciacqui con collutorio a base di clorexidina. Il trattamento con irrigazioni sottogengivali dimostrava indice di placca e indice di sanguinamento marginale più bassi rispetto agli sciacqui (Felo e coll. 1997). Tuttavia una recente revisione sistematica della letteratura prodotta dall’Oral Health Group del Centro Cochrane ha messo in evidenza che il collutorio era stato somministrato ad un dosaggio sub-ottimale e che quindi sono necessari ulteriori studi (Esposito e coll. 2004). Ulteriori ricerche hanno valutato l’efficacia della terapia antisettica nel trattamento di mucosite periimplantare. Uno studio clinico ha dimostrato che una singola irrigazione di clorexidina (0,12%) non ha effetti benefici maggiori all’applicazione di soluzione salina, o alla non irrigazione per il trattamento delle mucositi periimplantari (Lavigne e coll. 1994). Ciononostante, l’aggiunta della terapia antisettica (irrigazioni, gel e collutori con clorexidina) al trattamento meccanico di rimozione della placca batterica in mucositi peri-implantari non ha comunque prodotto benefici maggiori rispetto al solo trattamento meccanico (Porras e coll. 2002, Trejo e coll. 2006). Fig. 12 Irrigazioni subgengivali di clorexidina mediante l’uso d siringa ed ago smusso PROTOCOLLI Per intercettare ed arrestare lo sviluppo delle lesioni peri-implantari è stato stilato da esperti autorevoli un protocollo terapeutico noto come cumulative interceptive supportive therapy (CIST), consistente in un sistematico e continuo monitoraggio dei tessuti periimplantari (Lang e coll. 2000). Questo sistema di controllo e terapeutico è di natura cumulativa ed è dettato dalle condizioni della mucosa e dalla profondità di sondaggio. Esso consta di quattro fasi che non dovrebbero essere usate come procedura singola, ma piuttosto come sequenza terapeutica. Le quattro fasi sono (Lang NP & Lindhe J. 2003): • Protocollo CIST A: negli impianti con placca e tartaro, circondati da una mucosa positiva al sanguinamento al sondaggio (BOP), in assenza di suppurazione e con una profondità di sondaggio (PPD) ≤ 4 mm. Consiste nella rimozione di placca e tartaro. • Protocollo CIST A + B: nei siti implantari che sono BOP positivi, che mostrano un’aumentata profondità di sondaggio (4-5 mm) con o senza suppurazione. Viene aggiunta la terapia antisettica (sciacqui quotidiani con collutorio con clorexidina digluconato 0,2%, oppure applicazioni locali di gel con clorexidina digluconato 0,2% nei siti infetti). • Protocollo CIST A + B + C: in siti implantari con BOP positivo, con tasche profonde (PPD ≥ 6 mm) con o senza suppurazione, che frequentemente presentano segni di perdita ossea radiografica. Viene aggiunta la terapia antibiotica. • Protocollo CIST A + B + C + D: solo quando l’infezione peri-implantare è sotto controllo. Per cui i siti, infetti in precedenza, devono diventare BOP negativi, senza suppurazione e mostrare una riduzione della profondità di sondaggio. Aggiunta di terapia rigenerativa o resettiva. RICHIAMI Uno studio pubblicato da Orton e coll. (1989) suggerisce di controllare il paziente dopo una settimana dall’inserimento della protesi e poi a distanza di un mese, dopodiché ogni tre mesi durante il primo anno e, se il paziente dimostra di avere una compliance positiva, i controlli potranno essere dilazionati nel tempo sino a essere semestrali. Tuttavia la frequenza dei richiami non può essere standardizzata ma deve essere stabilita principalmente in base alle necessità individuali, ovvero al livello di collaborazione e d’igiene orale domiciliare del paziente, alle condizioni di salute parodontale (nei soggetti con edentulia parziale) ed alla situazione clinica e radiografica dei tessuti peri-implantari. Pertanto i richiami potranno essere anticipati o posticipati. Bibliografia 36. 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