STORIA DI FOGLIANO di SPOLETO (Pg)

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STORIA DI FOGLIANO di SPOLETO (Pg)
STORIA DI FOGLIANO di SPOLETO (Pg)
Fogliano, piccola frazione a pochi chilometri da Spoleto, rappresenta nell’ambito degli insediamenti periferici
dello spoletano, un esempio di conservazione della civiltà e delle tradizioni popolari, unico e sorprendentemente
intatto. Vive una felice situazione non di svuotamento, ma al contrario è diventata un crogiuolo di culture
sassoni, famiglie inglesi, tedesche, insieme ad altre provenienti dalla vicina Roma, dalle Venezie e dalle
Calabrie.
Il suo territorio, che s’incunea nella provincia di Terni per un breve tratto, si presenta agli occhi del visitatore
con ricca vegetazione arborea ad alto fusto, flora e fauna tipicamente pede-appennina dei Monti Martani e del
Serano, che si espandono a Nord verso la valle del folignate; una grande veduta, che ci fa scorgere la famosa
terra del Sagrantino, il fianco di Trevi e nelle giornate limpide d’inverno, persino la Santa Assisi di San
Francesco. Immediatamente, ci si immerge in un ricco contesto naturale, dove si possono indovinare i passi di
intere famiglie di cinghiali, volpi, lepri e istrici: l’habitat non ha subìto violenze dagli insediamenti rurali e
popolani; d’altro canto, esso è sempre stato tutelato, curato e preservato dagli abitanti del piccolo e tranquillo
centro.
Fogliano possiede una ricca storia: un susseguirsi di eventi, in parte documentati, attraverso i quali si è trovata
protagonista; da qui la nascita di tradizioni popolari, ricorrenze religiose e credenze popolari. La fiera di San
Giuseppe, sul sacrato dell’antichissima chiesa di San Michele, ove vengono benedetti dal religioso tutti gli
animali, e in particolare cavalli, montati da cavalieri di tutte le età; l’attività ippica è una passione di molti
foglianesi.
Fogliano si insedia in un’area geografica nota come “Le Terre Arnolfe”, situata nell’ Alta Marroggia, il cui
omonimo corso d’acqua alimenta il bacino artificiale del lago di Firenzuola (Tr), ove viene praticata pesca
sportiva. Le Terre Arnolfe, dunque: sebbene non vi siano documenti per stabilire chi fosse quest'Arnolfo, ne' gli
esatti confini di tale Castaldato, si presume che siano due le versioni più attendibili:
a) Tali terre, secondo una tradizione orale del secolo XIV, sarebbero state assegnate dal Duca di Spoleto al figlio
cadetto Arnolfo;
b) Secondo invece altre fonti, più attendibili, l'imperatore Ottone I, nell'anno 962, concesse tutto il Castaldato di
San Gemini ad un certo Arnolfo, uno dei suoi consiglieri, con il titolo di conte e di Vicario Imperiale. Tutte le
vicende storiche insediative anteriori all'anno 1000 non possono essere documentate per la scomparsa di molti
preziosi reperti, tra cui il diploma di infeudazione rilasciato dall'imperatore Ottone I.
Nel 1093 le Terre Arnolfe passarono alla Chiesa e molti furono gli avvenimenti in tali terre, per i continui
contrasti tra Papato e Impero. Nel secolo XIV furono raggruppate in castellati: Cesi, Portaria, Macerino,
Castiglione, Firenzuola, Fogliano, Lo Scoppio. Il 23 settembre del 1591, dato che il Pontefice Giulio III mostrava
di essere favorevole, i Comuni Generali proposero l'acquisto da parte di Terni delle Terre Arnolfe, in seguito alle
continue premure e raccomandazioni di Michele Angelo Spada, cittadino ternano, cameriere segreto di Sua
Santità.
Fu dato ampio e solenne mandato allo Spada e a Galeno Mazzancolli per trattare l'acquisto di quelle Terre, nelle
quali erano compresi i Castelli e le Ville di Macerino, a Porzano, Firenzuola, Scoppio, Colleciterna, Appecano,
Acquapalombo, Poggio e altri luoghi circostanti, tra i cui l’avamposto di Fogliano. Esso, per la sua posizione
strategica, era diventato già in epoca romana, un insediamento militare, protetto da porte di accesso e torri di
avvistamento, dominanti sia il versante nord verso le valli spoletane, che quello posto a sud. Da qui, le
guarnigioni potevano facilmente presidiare le vie d’ accesso alle valli strette di Val Serra a nord-est e alle vallette
poste sud-ovest, verso Macerino e Carsulae: insediamento militare, le truppe si rinfrancavano: (otium). Ecco, da
qui prende vita la realtà di Fogliano. Alcune di queste terre, oggi fanno parte della circoscrizione di Val di Serra.
Nel Libero Memorie Historiche della terra di Cesi, l'autore Monsignor Felice Conterori, sostenne che Cesi era al
centro delle Terre Arnolfe. Le Terre Arnolfe rappresentavano un insieme di ville, castelli e terre poste tra il fiume
e la città di Spoleto. Sempre secondo il Contelori, i confini delle Terre Arnolfe, patrimonio della Chiesa Romana,
furono riconosciuti da Bernardo Provenzan, Castellano della Rocca, per ordine di Gregorio XI, il 26 Agosto
dell'anno 1373, come risulta “… dall'istrumento
rogato da Marc' Antonio Martano, figlio di
Ottaviano da Fogliano, Notaro et Giudice”.
(foto: scene rievocative del Torneo storico dei vocaboli)

L’area geografica foglianese, suggestiva sotto l'aspetto storico, geografico e naturalistico, è costituita da un alto
piano, da cui degrada sia a nord che a sud, in vallette che man mano, tracciano l’innalzarsi di colline amene, da
monti mecerinesi, accessibili e coperti da una folta flora mediterranea. Ricca di storia, in posizione geografica
importante, ha orizzonti mutevoli, angoli sconosciuti e sorgenti di ottime acque. Oggi collegata comodamente
sia verso le valli spoletane che verso Terni da una comoda carrozzabile; è meta di escursioni in MBIKE, con
percorsi diversificati per escursioni: si pratica TREKKIN, CANYOING ed ALPINISMO, ben descritti sul sito della
Comunità dei Monti Martani e del Serano.
La flora collinare è costituita da vigneti ed oliveti; quella montana da boschi di pini che crescono in simbiosi con
querce, ginepri, lecci, ornelli e corbezzoli; i pini sono di una specie particolare che vive e cresce solo in questa
zona; castagneti, numerosi sul versante macerinese, ricchi di un sottobosco lussureggiante. Abbondano
pregiati Tartufi Neri (lo scorzone), asparagi e funghi (sanguinosi), oltre ad una ricca varietà di erbe aromatiche:
mentuccia, serpollo, spigo, timo, salvia, peperino, maggiorana, menta romana, origano, finocchio selvatico,
pimpinella, saprusella, rosmarino, erba di San Paolo (chiamata erba della Madonna).
La catena dei monti che si estende da Rocca San Zenone (Tr), Toano, Piedimonte, sino a Cesi, protegge tutta la
zona dai venti freddi del Nord. Perciò, da Toano a Cesi e da Firenzuola, passando per San Gregorio, all’ Alta
Marroggia e la cresta montana che circonda in parte l’invaso del lago di Firenzuola, genera mitezza climatica:
d’inverno poche sono le giornate di freddo intenso, per cui vi nascono bene piante originarie dei paesi caldi,
come il nespolo giapponese, il melograno, il limone in vaso o anche in terra, se esposti a sud-ovest.
Poco lontano dal paese di Fogliano, si può visitare una costruzione muraria, posta a sud-ovest, sul fianco del
lago di Firenzuola, vestigia di un insediamento signorile, risalente al basso medioevo. Sempre nelle vicinanze di
Fogliano, si può visitare la Chiesa della Madonna di Panico, meta di pellegrinaggio religioso, ogni anno
festeggiata nel giorno santo di Pasquetta; bisognosa di interventi, visitata dal nostro Arcivescovo anche quest’
anno.
I piccoli paesi nell’area di Giuncano (Tr), collegati da carrozzabile, naturalmente invitano il visitatore a
promenade rilassanti o semplicemente a cavallo: essa è ricca di boschi, è molto attivo l'allevamento di bestiame
allo stato brado.
Le cime montane più alte sono:
Torre Maggiore (m 1.120), Pizzo di Appecano (m 1.056), Monte Torricella (m1.054), Pizzo d'Aiano (m 1.032), Monte
la Croce (m 927).
Le fonti di acqua sorgive conosciute da secoli sono:
- La Fontana della Amandola (oggi chiamata della Mandorla), che nel 1777 il Marchese Sacripanti invano pretese
che fosse riconosciuta di sua assoluta proprietà;
- La Fontana di San Sebastiano, in località Toano, da cui sgorga acqua diuretica, efficace contro la calcolosi;
- La Fontana dei Baci, meta di giovani coppie, che si trova all'inizio della strada di Acquapalombo;
- La Fonte della Cargara, tra Colle Cipollaro e Monte Acetella.
Le acque di dette fonti sono a temperatura costante, quindi calde d'inverno e fresche d'estate; bevute a digiuno
per lungo periodo facilitano l'espulsione dei calcoli.
LUOGHI AMENI – DINTORNI DI FOGLIANO
PORZANO
Il bellissimo castello del Paese di Porzano di Terni, splendido borgo nella Valserra, appartenente all'arcidiocesi di
Spoleto-Norcia, si trova solo a 3 Km da Fogliano. (tempo di avvicinamento 15 minuti)
Meta religiosa, lo splendido borgo nella Valserra, nel castello appartenete all'arcidiocesi di SpoletoNorcia, si è insediata una nuova comunità religiosa: la Congregazione dei Vocazionisti, che rientra nella seconda
forania della diocesi spoletina (Baiano, Fogliano, S. Martino in Trignano, S. Nicolò, S. Angelo in Mercole,
Montemartano, Cesi di Terni e Portaria di Acquasparta).
La comunità vive e fa accoglienza nello splendido castello di Porzano, appena restaurato e messo a
disposizione dall'arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Riccardo Fontana.
La casa è aperta a tutti quei giovani e meno giovani che desiderano trascorrere momenti di deserto e preghiera e
che si sentono chiamati dal Signore a vivere nella gioia fraterna con Lui. Il ministero d'accoglienza è svolto
gratuitamente per tutti coloro che desiderano condividere la vita di preghiera, di amicizia e di lavoro della
Fraternità. Alla casa è annessa la parrocchia di S. Fortunato, di cui padre Mauro è il vicario, che raccoglie 5
frazioni della Valle.
CARSULAE
Se lo si visita in una giornata limpida si capisce subito perchè. Tacito, descrivendo questo luogo lo definiva 'late
prospectans'.
Il panorama ampio, aperto, che si può godere dall'area archeologica è sicuramente uno dei
motivi del grande fascino che Carsulae continua ad esercitare su migliaia e migliaia di visitatori. L'hanno
definita la Pompei dell'Umbria e come la città sepolta dall'eruzione del Vesuvio, anche Carsulae cela dei
misteri. Quello del suo abbandono, prima di tutto.
L'antica città, posta sulla via Flaminia fu lasciata dai suoi abitanti forse a causa di eventi naturali, un
bradisismo, come si può intuire dallo sprofondamento di alcune parti di lastricato, visibile ancora oggi. Ma
l'enigma principale resta quello di svelare quale fosse la funzione di questa città, quasi ignorata dagli storici
romani, ma che pure doveva avere una certa importanza, visto il quartiere degli spettacoli che ancora oggi è
in parte visibile con l'anfiteatro e il teatro, venuti alla luce durante gli ultimi scavi, il foro, i templi, le terme e
la basilica.
In realtà le ipotesi sono diverse. La più suggestiva vuole che Carsulae fosse una città del divertimento e del
relax per le legioni che tornavano a Roma dopo le campagne vittoriose nel Nord Europa. I soldati dovevano scontare una
sorta di quarantena prima di entrare nell'Urbe, per evitare il rischio di contagio con malattie 'd'importazione', per la
popolazione della capitale dell'impero. Carsulae, grazie alle sue acque medicamentose e al suo clima salubre, era il
posto giusto dove fare attendere gli impazienti legionari che nel frattempo potevano divertirsi al teatro e all'anfiteatro.
Oggi l'atmosfera magica delle pietre di calcare e travertino bianco sull'erba verde dei prati resta intatta. La
visita può iniziare dalla Provinciale Carsulana, dove è stato allestito un grande parcheggio per le auto e per i
bus. Di qui si scende per un sottovia in un sentiero (illuminato di notte) che conduce al Centro Visita dove è
stato realizzato un piccolo museo (da vedere la statua di Dioniso, la gigantesca testa dell'imperatore Claudio
e il corredo funerario d'oro di una bambina sepolta in una cassa di piombo), un bookshop e un punto
informazioni. Dal terrazzo del bar si gode una meravigliosa vista sulle rovine. Poco distante i resti del teatro,
con i Monti Martani a fare da sfondo, e quelli del grande anfiteatro ricavato in una dolina. Attraversata una
strada sterrata che taglia l'area archeologia, ecco i resti della basilica, la chiesa dei Santi Cosma e Damiano
del XI secolo costruita sui resti di edifici romani.
Oltre il lastricato della via Flaminia, rimasto quasi intero c'è il foro, con, in evidenza, i due templi gemelli preceduti da una
scalinata, dedicati a Castore e Polluce. Seguendo il tracciato della Flaminia si arriva all'arco di San Damiano, un arco
trionfale (Carsulae non aveva mura) le cui pietre si reggono le una le altre a contrasto senza malta, da 2000 anni.
CASCATA DELLE MARMORE
La Cascata delle Marmore è un'opera artificiale di sistemazione idraulica dovuta ai Romani; il fiume
Velino, infatti, si allargava negli anni precedenti il 290 a.C. in una vasta zona di acque stagnanti, paludose e malsane.
Allo scopo di far defluire queste acque, il console Curio Dentato fece scavare un canale che le convogliasse verso la
rupe di Marmore, e da lì le facesse precipitare, con un balzo complessivo di 165 metri, nel sottostante alveo del fiume
Nera. Lo spettacolare salto della Cascata delle Marmore ha ispirato poeti ed artisti di ogni periodo storico:
Virgilio nell' "Eneide", Cicerone e George Byron nel "Childe Harolds Pilgrimage". Da circa 50 anni le acque della cascata
sono utilizzate per alimentare la centrale idroelettrica di Galleto. Di conseguenza la cascata si può ammirare solo negli
orari riportati nella tabella sottostante. Fu proprio grazie alla ricchezza di queste acque ed alla loro energia, che fu
possibile il sorgere, a Terni, di industrie siderurgiche, elettrochimiche ed elettriche
MARTANA TREKKING
TREKKING - ESCURSIONISMO
L'itinerario, realizzato negli anni '80 dalla
Regione dell'Umbria in collaborazione con il Cai
e con le Comunità Montane della zona, si svolge
da Sud a Nord e viceversa, tra gli abitati di Cesi
e Giano dell'Umbria, su due direttrici diverse che Abitati dai tempi più lontani, una volta ricchi di
si incontrano a Scoppio, punto nodale e
vita, offrono ancora al turista grandi motivi
baricentro del Martani Trekking, così da formare d'interesse, conservando tracce del loro antico
un "otto". Il percorso si svolge prevalentemente splendore.
utilizzando tracciati minori della viabilità locale,
sentieri, mulattiere, carraie e strade.
Al trekking dei Martani è consigliabile abbinare
Oltre alla nuova segnaletica escursionistica,
alcune digressioni, prima fra tutte quella legata
sono stati realizzati dei posti tappa e dei veri e al percorso dell'antica via Flaminia, tra Carsulae
propri rifugi a Scoppio e a Portaria.
e Massa Martana.
Il trekking attraversa ambienti diversi che
Il trekking dei Monti Martani si articola in nove
rispecchiano la varietà del territorio dei Martani: tappe percorribili in entrambi i sensi di marcia
montagna, boschi, terre coltivate, paesi ricchi di per uno sviluppo totale di circa 110 km, con un
interessi storici e artistici.
dislivello di poco inferiore ai 5.000 metri in
Il percorso si può suddividere in due parti. Nella salita e di 4.530 metri in discesa.
parte occidentale domina l'aspetto naturalistico:
le montagne, le cime, i boschi, i prati, i grandi
Il percorso può iniziare da tutti i punti tappa:
orizzonti. Caratteristiche dunque
sette di essi si trovano in centri abitati, Fogliano,
prevalentemente escursionistiche.
Macerino, etc., mentre Acqua Canale e Cisterne
Il tratto orientale è invece segnato dalla
Vecchie sono facilmente raggiungibili anche con
presenza dell'uomo: il percorso si svolge senza le auto.
grossi dislivelli, a mezzacosta, dando la
possibilità di attraversare i tanti piccoli centri
L'intero percorso non presenta difficoltà: per la
disseminati sui fianchi delle montagne.
quasi totalità è da considerarsi turistico e, in
alcuni tratti, escursionistico.
La segnaletica è stata realizzata con tabelle
verticali di forma romboidale, contenenti una
bandierina bianca e rossa con al centro la scritta
"MT".
PERCORSI TURISTICO-ESCURSIONISTICI
Percorso 1/9: Cesi-Portaria
Lunghezza del percorso: 14 Km
Dislivelli: in salita 660m - in discesa 670m
Tempo di percorrenza: ore 5,30
Questa tappa è particolarmente interessante sotto diversi profili:
storico, architettonico e botanico. L'itinerario inizia a Cesi per la
strada che risale verso il Monte Torre Maggiore, attraverso il
convento abbandonato di Sant'Onofrio e il sentiero che passa
sotto le antiche torri medievali fino a giungere a Sant'Erasmo
(pianoro posto su di uno sperone calcareo a sbalzo sulla conca di
Terni). Di qui continuando a salire attraverso una mulattiera (ma
anche seguendo la carrozzabile), si arriva in cima a Torre
Maggiore, la vetta più elevata dei Martani sulla cui sommità si
trovano i resti di un grande tempio italico. Prima di giungere in
cima, con una digressione, giunti al poggio del Chicchirichì, si
può invece scendere all'Eremita, antico eremo circondato da
boschi. Attraversando un ampio vallone si arriva al paese di
Portaria.
Il tracciato rimane sempre sul versante occidentale e nel
complesso non è molto faticoso.
Percorso 2/9: Portaria – Scoppio
Lunghezza del percorso: 15 Km
Dislivelli: in salita 620m - in discesa 380m
Tempo di percorrenza: ore 6,00
E' questa la tappa più lunga dell'intero percorso, attraverso la
quale si arriva al centro dei Martani, a Scoppio. Nella prima parte
si supera il maggior dislivello per poi proseguire con un saliscendi
continuo. L'itinerario inizia poco sopra il paese di Portaria, sulla
strada che porta a Macerino. Si risale lo stretto valloncello alla
destra di Colle Croce, dove si trova la grotta del Ticche-tacche.
Salendo la mulattiera, in mezzo a boschi di leccio e roverella, si
transita nei pressi di una casa colonica e, dopo poco, si giunge
alla strada; la si percorre per poche centinaia di metri e poi la si
abbandona definitivamente. Prendendo a sinistra una traccia di
carraia si arriva alla spianata tra Cima Forca e Monte Comune
(qui si incrociano le strade che portano a Macerino, a Portaria, a
Casteldelmonte). Si prosegue fino a Monte Comune per arrivare
al paese di Casteldelmonte. Un sentiero permette di giungere fino
al Colle delle Cerquiglie da cui si può facilmente raggiungere
Scoppio
Percorso 3/9: Scoppio - Acqua canale
Lunghezza del percorso: 13 Km
Dislivelli: in salita 610m - in discesa 380m
Tempo di percorrenza: ore 5,30
Il percorso si svolge esclusivamente in montagna: dal momento
che il sentiero è in piena esposizione solare, può risultare faticosa
in giornate calde e poco ventilate. L'itinerario inizia percorrendo in
senso inverso la strada di accesso al paese, attraversa la conca di
Casetta San Severo per arrivare alla spalla occidentale del
Monte Forzano. Il cammino prosegue in direzione dell'ex
abbazia di San Pietro in Monte (XI secolo) e, superato un tratto
di saliscendi, si arriva al posto tappa di Acqua Canale.
Percorso 4/9: Acqua Canale - Giano dell'Umbria
Lunghezza del percorso: 13 Km
Dislivelli: in salita 440m - in discesa 680m
Tempo di percorrenza: ore 4,30
Attraverso questa tappa si arriva all'unico centro abitato sede di
Comune che si incontra sul tracciato, Giano dell'Umbria. Il
percorso, a parte i tratti iniziale e finale, si svolge tutto in discesa
e non risulta faticoso. Lasciando il pianoro di Acqua Canale, il
tracciato copre le località di Sella Fossa di Giano, Colle Faeto,
Colle Strelleto, ricche di uliveti e terre coltivate. Dal santuario
della Madonna del Fosco, si raggiunge San Felice e quindi il
posto tappa di Giano.
Percorso 5/9: Giano dell'Umbria - Pian della Noce
Lunghezza del percorso: 15 Km
Dislivelli: in salita 720m - in discesa 770m
Tempo di percorrenza: ore 5,30
Questa tappa percorre boschi estesi o tratti con poca
vegetazione, oltre a terreni con formazioni geologiche
caratteristiche. Il percorso, nonostante i continui saliscendi,
risulta nel complesso poco faticoso. Dalla parte alta del paese
l'itinerario giunge fino alla Torre di Morcicchia, ciò che rimane
dell'antico castello di Castrignano databile intorno all'anno
1000. Da Morcicchia prende il via la carraia che sale verso
Monte Cucco (821m); una volta trovato il sentiero che scende a
Monte Martano e attraversato l'abitato di Milano, si raggiunge
la strada che porta a Pian della Noce.
Percorso 6/9:Pian della Noce – Scoppio
Lunghezza del percorso: 11 Km
Dislivelli: in salita 600m - in discesa 350m
Tempo di percorrenza: ore 5,00
L'itinerario attraversa molti piccoli centri e campi coltivati; si
sviluppa quasi esclusivamente in piano fatta eccezione per
l'ultimo tratto, prima di arrivare a Scoppio. Giunti ad Ocenelli,
minuscolo abitato arroccato su un colle, l'itinerario offre due
possibilità: si può proseguire fino a La Costa oppure arrivare
presso la stessa località passando da Sant'Onofrio, dove si
trovano due pievi del XIII e XIV secolo. Lasciando La Costa,
punto in cui si congiungono i due itinerari, si prende un sentiero
in salita che conduce fino a Scoppio.
Percorso 7/9: Scoppio – Macerino – Fogliano
Lunghezza del percorso: 10 Km+6 Km di avvicinamento a
Fogliano
Dislivelli: in salita 480m - in discesa 370m
Tempo di percorrenza: ore 4,00 + ore 0,40 a Fogliano
Questa è la tappa caratterizzata da forti variazioni del paesaggio:
dai verdi boschi del Colle Citro, all'azzurro del lago, alla vallata
del Maroggia/Fogliano. Nel complesso la tappa non può
definirsi faticosa. Si lascia Scoppio prendendo il sentiero che
conduce, passando per il Fosso della Matassa, a Firenzuola,
collocata su una piccola altura che si protende verso il lago
artificiale di Arezzo. Superato il Passo di Colle Fisco (582 m),
con un ponte di pietra si attraversa il fiume Maroggia,
oltrepassato il quale una mulattiera permette di arrivare al paese
di Macerino.
Percorso 8/9: Macerino - Cisterne Vecchie
Lunghezza del percorso: 9 Km
Dislivelli: in salita 700m - in discesa 310m
Tempo di percorrenza: ore 4,00
E' la tappa che porta al Monte Torre Maggiore, la cima più alta
del gruppo. Il percorso si svolge per buona parte senza grossi
dislivelli; solo nel tratto finale che porta a Cisterne Vecchie, il
sentiero diventa ripido. Il tracciato attraversa diversi centri
abitati: Colle Aiano, Sarghiano, Titurano e Pracchia, ultimo
paese fino al termine del percorso. Risalito il Fosso Penna
Vecchia, con pochi tornanti si giunge sotto la dorsale
settentrionale del Monte Torre Maggiore dove si trovano gli
abbeveratoi che danno il nome al posto tappa.
Percorso 9/9: Cisterne Vecchie - Cesi
Lunghezza del percorso: 10 Km
Dislivelli: in salita 100m - in discesa 620m
Tempo di percorrenza: ore 3,30
Percorrendo i fianchi del Monte Torre Maggiore, si torna a Cesi: la
tappa è quasi tutta in discesa, si svolge per la maggior parte
all'ombra dei boschi e risulta quindi molto piacevole. Il tracciato
passa per la località Le Prata, caratterizzata da due edifici ormai
diroccati posti tra Torre Maggiore e Monte Cerigiolo. In
falsopiano il tracciato prosegue verso una sorgente e arriva nei
pressi di Casa Colle Zannuto: un sentiero in discesa conduce
sotto l'alto sperone calcareo che sovrasta Cesi.
ALPINISMO SUI MONTI MARTANI
Alpinismo
sui
monti
Martani...
La sezione meridionale dei monti Martani, che si estende dall'abitato di Rocca San Zenone al paese di
Cesi , presenta, sul suo versante occidentale, numerose pareti rocciose che ben si prestano alla pratica
dell'alpinismo e dell'arrampicata sportiva . Il calcare grigio, compatto, spesso lavorato a "goccia" offre allo
scalatore un'arrampicata sempre divertente e tecnica, inoltre, l'esposizione soleggiata delle pareti, rende
gradevole lo scalare anche in pieno inverno. L'avvento dell'arrampicata sportiva nella seconda metà degli
anni ottanta e la conseguente attrezzatura delle pareti della più nota Ferentillo, hanno determinato il
semiabbandono delle rocce martane. Questa zona, tuttavia, merita, per la bellezza dell' ambiente in cui
sono immerse le pareti e lo stile di salita che il loro approccio richiede , una visita ed una
seriarivalorizzazione.
I principali siti arrampicatori, da Sud a Nord, sono: Penna della Rocca, Colle Zannuto, monte Eolo.
CANYONIG
Martani Canyoning
I monti Martani offrono interessanti possibilità anche per gli amanti del canyoning. La roccia
prevalentemente calcarea di cui sono costituiti, la natura carsica e la morfologia piuttosto tormentata di
alcune sezioni del massiccio montuoso, hanno determinato la presenza di fossi impervi e vere e proprie
forre. Questi elementi geomorfologici sono i fattori che hanno favorito lo sviluppo del torrentismo,
affascinante
pratica
sportiva
a
metà
strada
tra
l'alpinismo
e
la
speleologia.
Le gole più interessanti sono la strozzatura finale della Val Serra, che segna il confine meridionale dei
monti Martani ed il fosso della Matassa, proprio nel cuore della catena.
Fosso
della
Matassa.
Si tratta della stretta forra a forma di Y che incide il rilievoAccesso
martano all'altezza dell'abitato di Scoppio, costituendo, per si percorre la S.S. 3 ter che collega Spoleto ad
l'antico insediamento, un formidabile baluardo naturale di Acquasparta e, all'altezza del valico, si svolta
difesa. Il sito è facilmente raggiungibile in diverse modalità, all'indicazione per Scoppio (sx per chi viene da
Acquasparta). Dopo circa 7 Km di strada
anche dalla località di Fogliano.
bianca (seguire sempre la strada principale) si
Descrizione
L'itinerario è caratterizzato da un alveo piuttosto aperto e giunge a Scoppio. Imboccare il sentiero che,
ricco di una vegetazione lussureggiante, che si stringe solo in partendo dalla porta del borgo, scende verso
prossimità di numerosi saltini rocciosi, quasi tutti divertenti e sinistra . Dopo tre svolte, quando il tracciato
facilmente arrampicabili. Solo alla fine ci si affaccia sull'unicoriprende a salire, entrare, a destra, nel fosso.
Scheda tecnica.
vero inforramento, costituito da una parete verticale di 20 Dislivello: m. 130
metri, interrotta a metà da una cengia. Seguono ancora delle Sviluppo: m 700
semplici paretine, fino alla confluenza con il ramo dxTempo di avvicinamento: 15 minuti
orografico del fosso dal quale, tramite un agevole sentiero, è Tempo di percorrenza: ore 1 / 2
Periodo consigliato: Primavera
possibile risalire al paese.
Difficoltà: F+
RIEVOCAZIONI
STORICHE
Il passaggio di Lucrezia Borgia
Giostra dell'Arme Sangemini,
Rinascimento ad Acquasparta
ultima settimana di settembre, prime Acquasparta, dal 3 giugno Ogni anno Portaria, terza settimana di maggio
due settimane di ottobre Il 9 ottobre un tema diverso per far rivivere un Nel borgo medievale, situato sui
Monti Martani nel comune di
Sangemini commemora il proprio
aspetto della vita rinascimentale
santo protettore, Santo Gemine. E' nella città che ospitò il duca Federico Acquasparta, si rievoca ogni anno il
passaggio di Lucrezia Borgia e della
anche l'occasione per far rivivere il
Cesi e l'Accademia dei Lincei.
sua corte in transito e in sosta a
torneo cavalleresco del quale parlano Costumi sfarzosi indossati da
gli Statuti del Comune fin dal 1300. splendide ragazze durante il corteo Portaria nel viaggio di trasferimento
da Roma a Spoleto. C'è un
Per tre settimane il borgo si immerge storico, taverne con piatti tipici
interessante corteo storico al quale
in suggestive atmosfere medievali. dell'epoca e musicanti che
fanno da contorno conferenze e altre
Da non perdere le cene nelle antiche accompagnano la cena con il suoni
taverne e gli spettacoli nella piazza dei loro antichi strumenti, concerti, manifestazioni
davanti al palazzo del Capitano del
spettacoli ed iniziative culturali
Popolo, le decine di mostre d'arte e caratterizzano questa manifestazione
d'artigianato nelle cantine, la sfilata che si è andata consolidando negli
del corteo storico e le esibizioni degli ultimi anni e che consente, tra l'altro,
sbandieratori, noti ormai in tutto il
di visitare le splendide sale del
mondo. Il palio vero e proprio vede rinascimentale Palazzo Cesi, quasi
sempre chiuse durante l'anno.
fronteggiarsi sei cavalieri in
rappresentanza dei due rioni Piazza e
Rocca. Al Campo dei Giochi devono
prima infilare con la lancia un anello
del diametro di 5 centimetri e poi
scagliare l'arma centrando uno
scudo. Il tutto nel più breve tempo
possibile.
LE TERME
L'Umbria è terra d'acque, di fiumi e
di sorgenti. Ai piedi dei Monti Martani
ne sgorgano diverse. Alcune nascoste
nei boschi, altre note fin dall'antichità
per i poteri terapeutici delle loro
acque e famosissime anche ai nostri
giorni. Ci sono parchi intorno alle
fonti, luoghi di cura e di relax,
sempre con il panorama dei Monti
Martani a fare da sfondo.
Sangemini
Fabia
Furapane
Proprietà della Sangemini Spa (tel.
Le sorgenti si trovano tra Sangemini Spostandosi da Acquasparta per circa
0744/333075), la fonte si trova a 5 ed Acquasparta. La Fabia è un'acqua due chilometri in direzione di Terni
km dal borgo medievale di Sangemini minerale bicarbonato alcalina di
sulla vecchia strada, si incontrano,
e a circa 12 km da Terni.
proprietà della Sangemini, con
con una breve deviazione sulla
Il parco della fonte è aperto da
un'ampia commercializzazione,
sinistra, le terme di Furapane. Lo
maggio a ottobre; l'ingresso è a
utilizzata per la cura delle
stabilimento, ora in stato
pagamento.
insufficienze epatiche. Una delle
d'abbandono, si trova proprio lungo la
L'acqua Sangemini, già nota
fonti si trova all'interno del Parco
linea ferroviaria della Centrale
nell'antichità (le sorgenti in passato si della Sangemini.
Umbra.
trovavano poco più a monte,
nell'attuale area archeologica di
Amerino
Sanfaustino
Carsulae) è leggermente carbonica La Fonte dell'Amerino, nota fin
Le terme di Sanfaustino si trovano
con sali di calcio e scarso tenore di
dall'antichità, si trova poche
alle pendici dei Martani, lungo il
cloro. Risulta particolarmente adatta centinaia di metri al di sotto del
torrente Naia e sono facilmente
all'alimentazione dei bambini, alla
borgo di Acquasparta all'interno di raggiungibili dalla supesrstrada E45
cura dei disturbi dell'apparato
un ampio parco attrezzato dove, in dall'uscita di Massa Martana (a Sud)
digerente e dei disturbi delle vie
estate, si svolgono eventi culturali e o da quella di Casigliano-Colvalenza
urinarie.
concerti. La stagione d'apertura va (a Nord). Prendono il nome dalla
La cura idropinica per dodici giorni, da maggio a ottobre.
vicina abbazia romanica di San
comprende l'ingresso al parco e costa Una tradizione locale riferisce che
Faustino. Le qualità terapeutiche delle
40 euro.
San Francesco, durante le sue
acque di queste fonti sono note già
All'interno del parco campi da
numerose peregrinazioni nella zona, dalla fine dell''800. La loro azione
tennis, un campo da minigolf e,
avrebbe benedetto l'acqua che
sull'organismo è diuretica per
nella stagione estiva, concerti
usciva dalla sorgente; da allora la
eccellenza, particolarmente indicata
serali.
fonte dell'Amerino prende anche il
per le malattie dell'apparato
nome di "Terme di San Francesco" . digerente e renale, delle vie
Le qualità terapeutiche dell'acqua
respiratorie, per le astenie e gli
dell'Amerino sono particolarmente
esaurimenti. Presso l'albergo della
apprezzate per migliorare la diuresi, fonte (dotato di un ampio parco)
per l'eliminazione dei calcoli, per la sono possibili anche dei bagni termali
cura delle malattie gastroenteriche, per la cura dei reumatismi e delle
urinarie, epatiche e biliari. Fin dai
malattie della pelle.
primi anni del '900 Acquasparta è
diventata una località termale,
vocazione che, in parte, conserva
tutt'oggi.
Leggende e Misteri
I
Templari
e
l'assedio
del
Poggio
Poche pietre, l'abside d'una antica chiesa, quattro case
che non danno neanche l'idea di essere un paese, ma di
trovarsi lì per caso, sparpagliate a mezza costa sul fianco
della montagna. Un cartello con un nome, sulla strada
tra Cesi e Carsulae: Poggio Azzuano. Ma dietro questo
toponimo si cela una storia tragica, di uccisioni, di
assedi, di distruzione, con un pizzico di mistero. Quel
mistero che sempre si accompagna alla presenza dei
cavalieri
Templari.
Non è invece un mistero, anche per la storia ufficiale, che
in questo luogo sorgesse, già intorno al XII secolo, un
castello detto Pody Azzuani, o Castrum Proculi. Alla fine
del '200 fu sede di Cavalieri del Tempio, come attestano
documenti custoditi nell'archivio di Todi. Berardo di
Gallerceto, templare "prudente e puro di fede" nel 1262,
Frate Raimondo nel 1263, Frate Zampi nel 1278…e così
via
fino
alla
fine
del
secolo.
Che ci facevano i Templari a Poggio Azzuano? Il loro
compito era quello di proteggere i pellegrini, specie quelli
che si recavano ad ottenere, dopo il 1216, il Perdono
d'Assisi e che transitavano nel vicinissimo convento
francescano della Romita. Ma Poggio Azzuano negli anni
che seguirono divenne un centro strategico delle Terre
Arnolfe.
Si ribellò al pagamento delle tasse alla Chiesa e si pose
sotto la protezione di Todi a partire dal 1336, fino al 1442
quando la ghibellina Todi venne sottomessa da Niccolò
Piccinino.
Fu allora che i ghibellini tuderti portarono le loro aquile
a Poggio Azzuano dove si rifugiarono, continuando a
resistere e a compiere scorrerie nel territorio
circostante.La Sede Apostolica cercò allora una soluzione
radicale per sopprimere "quel picciolo luogo covile di
malviventi che aveva fatto testa anche nei tempi passati
agli ordini dei Pontefici, inquieti per natura e per abito
molesti e fastidiosi per i loro vicini". Venne inviato il
capitano Furlano che cinse d'assedio nottetempo il
castello, con l'aiuto delle truppe di Sangemini. I Poggesi
non s'arresero, resistettero, ma ala fine dovettero
cedere.
Il loro castello fu raso al suolo, gli abitanti uccisi o
deportati nella vicina Sangemini dove vennero isolati in
un quartiere detto, in modo dispregiativo Poggiame.
Un accanimento che non si spiega tanto facilmente, a
meno che non fosse giustificato da qualche presenza
Templare nel castello del Poggio quasi un secolo dopo lo
scioglimento dell'Ordine ed il passaggio dei suoi
possedimenti
ai
Gerosolimitani.
(fonte: "Le pietre parlano" a cura dell'Istituto "F.
Angeloni")
Carsulae celtica
Carsulae era il centro spirituale dei Celti
d'Italia. E' una teoria che uno studioso da
poco scomparso, Manlio Farinacci ha
tentato di dimostrare in tutti modi,
scrivendo decine di pubblicazione
sull'argomento, tenendo conferenze,
partecipando a trasmissioni televisive,
costituendo associazioni. Una teoria non
ha mancato di creare interesse, non solo a
livello locale, anche se rimane
contestatissima dagli archeologi e dagli
storici ufficiali. Alla base dei suoi studi
Farinacci ha messo un'analisi del dialetto
locale che avrebbe delle curiose assonanze
con il gaelico.
Lo stesso nome di Carsulae,
significherebbe, in celtico, la città dalle
pietre luccicanti. Ammesso che le
popolazioni di origine umbra fossero in
realtà celtiche, Farinacci spiega nel
dettaglio, nei suoi libri, come Carsulae ne
fosse la città sacra. La strada lastricata
che l'attraversa sarebbe non già un
diverticolo della Flaminia, ma una via
rituale percorsa dai pellegrini che si
ritrovavano nei santuari celto-pagani della
città, amministrati non da sacerdoti, ma da
druidi.
Nei cippi funerari disseminati in mezzo
alle rovine, ecco apparire altri simboli
celtici, come le asce bipenni e le croci nei
cerchi. In mezzo a tronchi di colonne ecco i
menhir a forma fallica. Perché di tutto
questo si è persa la memoria? Secondo
Farinacci la rimozione dell'identità celtica
di Carsulae è avvenuta a causa dell'ostilità
della Chiesa nei confronti della paganitas
di queste zone che resistette fino al Medio
Evo e ben oltre.
Alcune forme di questo paganesimo celtico
sarebbero addirittura riemerse attraverso
la predicazione di San Francesco, spesso
presente con i suoi fratres sui Monti
Martani. Vere, verosimili, o false, le teorie
di Farinacci sono suggestive, a tal punto da
aver ispirato articoli, siti Internet
(www.agphapress.it/cir/carsulae) ed
anche fumetti. Curioso un numero del
notissimo Martin Mystère, interamente
dedicato ai misteri celtici di Carsulae
(nella foto)...
A cavallo con il duca Federico
Il principe Federico Cesi e Galileo Galilei seduti, nel
cuore della notte, davanti al focolare del palazzo
ducale d'Acquasparta a conversare del principio della
relatività del moto e di chissà quali altre scoperte. E'
una delle immagini più vive che ci è stata consegnata
di quegli anni formidabili, tra il 1604 e il 1630 durante
i quali proprio Acquasparta fece da culla
all'accademia dei Lincei, oggi una tra le istituzioni
scientifiche eccellenti del nostro Paese, allora una
delle avventure culturali più originali di quel secolo
"intermedio" e straordinario che fu il Seicento. La
tradizione popolare racconta anche delle figure di
Federico e Galileo intraviste quasi come ombre dalla
piazza, con il lungo cannocchiale inventato dallo
scienziato toscano puntato verso le stelle tra le arcate
della specola che sovrasta il palazzo.
Ma ben altre storie, forse meno conosciute,
potrebbero raccontare le mura e le stanze del
grandioso palazzo ducale fatto costruire dai genitori
di Federico intorno alla metà del '500. Storie che ad
Acquasparta, proprio in questi giorni, si possono udire
realmente: attraverso la voce degli studiosi che hanno
partecipato ad un importante convegno sulla figura di
Federico Cesi e sui Lincei e attraverso quella degli
attori che, in una rappresentazione itinerante, fanno
scoprire i segreti del palazzo e della vita del principe e
della sua corte.
Il Celivago e i suoi amici
Era il 1604 quando il giovanissimo Federico si rifugiò
ad Acquasparta allontanandosi dal palazzo di famiglia
di Roma, in via della Maschera d'Oro. Alcuni mesi
prima, insieme a tre amici, aveva fondato l'Accademia:
era il 17 agosto del 1603. Federico Cesi, patrizio
romano d'origine umbra (la famiglia Equitani da Cesi
arrivò a Roma nel '400 e cambiò il nome assumendo
quello del proprio luogo d'origine), Anastasio De
Filiis, ternano e cugino di Federico, Francesco Stelluti
di Fabriano, il più anziano del gruppo (aveva 26 anni)
e Giovanni Ecchio, ovvero Johannes Van Heck,
olandese, appena laureato all'università di Perugia: i
primi Lincei, quattro ragazzi! Con idee chiare però:
anticonformiste e non certo di gran moda tra i loro
pari. L'obiettivo, fissato sin dall'inizio, era di dedicare
l'intera vita ad indagare nel "gran libro della natura",
con l'occhio curioso e lo sguardo acuto della lince. Con
metodo e con dedizione totale, quasi in una sorta di
"milizia filosofica", i Lincei si proclamavano "discepoli
della natura al fine di ammirarne i portenti e di
ricercarne le cause" .
Oroscopi e alchimia a Palazzo Cesi
I quattro ragazzi scelsero dei soprannomi, o meglio dei
nomi di battaglia che indicavano in qualche modo le
loro inclinazioni: Federico era il Celivago, per la sua
passione indirizzata alle stelle e al cielo, Stelluti era il
Tardigrado, per la sua natura riflessiva, De Filiis
l'Eclissato e Van Heck l'Illuminato. Il più estroso era
l'olandese che portò nell'accademia il frutto dei suoi
studi universitari, ma anche l'eco dell'ermetismo
rinascimentale. Alchimia e astrologia furono materie
alle quali i giovani lincei non si sottrassero. Esiste
ancora l'oroscopo, tracciato su un foglio, di una delle
loro prime riunioni. E nella lista dell'inventario dei
beni di Palazzo Cesi ad Acquasparta, custodito
dall'attuale Accademia, spuntano atanor e alambicchi
di un laboratorio alchemico messo insieme per
ottenere la trasmutazione dei metalli, ovvero come
"strumento conoscitivo del mondo naturale".
Un alfabeto segreto
Furono queste strane diavolerie a far schiumare di
rabbia il padre di Federico che non tollerava le
passioni del figlio e che non esitò a denunciare Van
Heck al Sant'Uffizio (con il quale a quei tempi non si
scherzava). La compagnia si sciolse, ma i Lincei non si
persero d'animo. Federico trovò asilo nel palazzo
d'Acquasparta e mantenne una fitta corrispondenza
con i suoi amici, utilizzando un linguaggio cifrato, con
i segni zodiacali e quelli dei pianeti che
corrispondevano alle lettere. A Van Heck che aveva
iniziato a girare per l'Europa, il principe Federico
chiedeva informazioni e libri, tanti libri, in grado di
soddisfare la sua inesauribile curiosità. Al cugino
ternano, ad Anastasio De Filiis, l'Eclissato, il principe
chiedeva invece di costruire un astrolabio.
Da Praga magica ad Acquasparta
Van Heck nelle sue lettere che giungevano ad
Acquasparta anche da Praga, dove aveva conosciuto la
corte di Rodolfo II frequentata da maghi e alchimisti,
raccontava all'amico e "fratello" tutte le sue avventure.
Compresa quella dell'aggressione ricevuta dai
briganti, quando si vide costretto ad ingoiare l'anello
linceo (una lince scolpita su un grosso rubino, segno di
appartenenza all'Accademia) per non farlo cadere
nelle mani dei banditi. Van Heck ebbe anche a che fare
con un farmacista di Scandriglia che - invidioso dei
suoi sistemi di cura, per giunta gratuiti, lo assalì,
costringendolo a reagire e ad ucciderlo per legittima
difesa. Dalle carceri pontificie l'olandese però usci solo
grazie all'intercessione di Cesi e Stelluti.
Tradizione e scienza
Intorno al 1610 termina questa prima fase, la più
avventurosa. L'Accademia si ricostituisce e, a distanza
di poco più di un anno l'uno dall'altro, prendono
l'anello linceo due personaggi importantissimi:
Giambattista Della Porta, il mago-scienziato
napoletano della Magia Naturalis e Galileo Galilei,
l'iniziatore della ricerca sperimentale e della scienza
moderna. Tra questi due personaggi, oltre che tra
queste due culture, che spesso in quei tempi ancora
s'incrociavano, si muove l'avventura dei Lincei che
trovò una felice sintesi negli scritti di Stelluti per il
quale "l'osservazione della natura è sempre sorretta da
un'emozione estetica".
A Piediluco in barca con Galileo
Il Principe Federico nella sua maturità rimase
affascinato dal metodo scientifico di Galilei. Gli scrisse
ben 84 lettere nelle quali dibatte con lui sui temi più
scottanti della ricerca scientifica e non mancò di
appoggiarlo nel sostenere le tesi copernicane sulla
rotazione della terra intorno al sole. Federico ospitò
Galilei ad Acquasparta nel 1624 dall'8 al 22 aprile. I
due ebbero tempo di discutere di scienza, ma anche di
"pubbliche relazioni", specie quelle con il nuovo papa
Urbano VIII in buoni rapporti con i Lincei. Ci fu il
tempo anche per due escursioni: la prima alla cascata
delle Marmore e la seconda a Piediluco. E proprio
durante una gita in barca sul lago Galilei ebbe modo di
dimostrare il principio del moto relativo, lanciando in
aria la chiave della camera di Stelluti, con il rischio di
farla cadere nell'acqua, come narra lo stesso
accademico fabrianese in un gustoso resoconto di
quella giornata.
Così lontano, così vicino
L'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo: dopo
aver osservato le stelle con il cannocchiale, Galilei
lasciò ad Acquasparta un'altra sua invenzione,
"l'occhialino", che i Lincei si apprestarono a battezzare
"microscopio". E non mancarono di utilizzarlo per
osservare piante, fiori, insetti. Federico Cesi e i suoi
accademici pubblicarono dei libri meravigliosi con
tavole a colori sulle api (l'Apiarium, con neanche tanto
celati fini adulatori nei confronti del papa Barberini
che le api le aveva nello stemma di famiglia!) e sulle
piante, gli animali, i minerali del nuovo mondo, nel
"Tesoro messicano".
La morte del principe
Federico morì ad Acquasparta all'improvviso, nel
1630, a 45 anni, al termine di una vita costellata di
vicende personali non certo felicissime, come la
perdita della prima moglie e di due figli maschi
neonati. Non lasciò testamento e l'Accademia vacillò,
nonostante i tentativi di Stelluti di conservare i tesori
scientifici, le meraviglie, i macchinari e i rarissimi libri
che il principe aveva raccolto nel palazzo
d'Acquasparta. La vedova volle però vendere tutto. E
la sorte si accanì su quel che restava: basti pensare che
i codici andarono distrutti in un naufragio
nell'Atlantico mentre venivano trasportati verso la
biblioteca di Berlino, dopo essere stati acquistati da
Mommsen.
Senza pace anche nella tomba
Il principe Federico Cesi riposa nella sua Acquasparta,
nella tomba ospitata all'interno della chiesa di Santa
Cecilia. Ma nel 1872 durante un accertamento
eseguito dal neonato Ministero della Pubblica
Istruzione del Regno d'Italia, alla presenza del sindaco
e di due medici fu rilevato che la tomba era stata
violata alla ricerca di chissà quali tesori. Qualche anno
dopo, durante un'altra ispezione, da un sotterraneo
della chiesa venne fuori la maschera funebre in cera
policromata, oggi conservata nella sede romana
dell'accademia. Nel feretro fu rinvenuta una targa di
piombo con la scritta "Federico Cesi, principe dei
Lincei".
Una
multa
per
il
malocchio
Superstizioni, malocchi, fatture. Anche la cultura popolare dei Monti Martani ha avuto a che fare con il lato
oscuro della magia. Dall'alba dei tempi, da quando, più di duemila e cinquecento anni fa i pastori e i
viandanti offrivano ex voto di bronzo con la forma stilizzata di uomini o animali per ingraziarsi le divinità dei
templi di Torre Maggiore e delle altre cime. Ma anche nel Medio Evo la magia era stata tutt'altro che
soppiantata dalla religione cristiana. Tanto è vero che lo Statuto delle Terre Arnolfe, cioè la legge che
regolamentava l'intero territorio della Contea del Monte e di quella del Piano e che era stato emanato nel
1286, sotto Papa Onorio IV, puniva la superstizione. L'articolo 21 dello Statuto condannava al pagamento di
10 libbre chiunque sottoponeva a fattura un uomo e una donna. Era anche prevista una pena minore, di 100
solidi, per chi sottoponeva a fattura un animale. Si trattava dunque di pene severe, ma non severissime: a
dimostrazione del fatto che, forse, il reato in questione non era poi così raro. D'altra parte maghi (veri o
presunti) non mancano neanche oggi in queste zone. E non mancano anche gli episodi "inquietanti", come
quello di cui si occupò la stampa nazionale a metà degli anni '90, quando venne fuori una notizia "oscura"
legata al territorio dei Martani. Si trattava della storia di una donna che si era sposata all'interno della chiesa
di Sant'Erasmo, sulla montagna al di sopra di Cesi. Questa donna, pochi minuti dopo la celebrazione era
caduta in uno stato di confusione mentale che i più avevano attribuito ad una possessione diabolica. Il
caso si presentò talmente grave da richiedere non un normale esorcismo, ma addirittura l'intervento diretto
dell'attuale Papa Giovanni Paolo II. La notizia fece scalpore, perché non risultavano altri casi di esorcismo
esercitato direttamente dal pontefice e non venne mai smentita dal Vaticano.
La strage degli Umbri
Guerriglia contro i Romani
"Durante il consolato di Lucio Genucio e di Servio Cornelio (...) a far sì che l'anno non trascorresse del tutto
senza episodi militari, ci fu una modesta spedizione in Umbria; era infatti giunta notizia di una banda
armata che, partendo da una caverna, compiva scorrerie per le campagne. Truppe romane raggiunsero la
caverna, ma per l'oscurità sulle prime subirono molte ferite, fino a quando non scoprirono un altro accesso
percorribile in entrambe le direzioni, e appiccarono il fuoco a cataste di legna alle due imboccature. E così i
2.000 uomini circa che si trovavano all'interno della grotta, costretti a gettarsi attraverso le fiamme, alla
fine morirono soffocati dal fumo e dal calore nel tentativo di uscire".
Fin qui la cronaca di Tito Livio, riportata nel Libro X delle sue Historiae dalla fondazione di Roma. In molti
hanno identificato la grotta di cui parla lo storico romano con quelle della montagna di Cesi. Certo Livio
amava esagerare un po', soprattutto per la maggior gloria di Roma. E allora chissà se i predoni umbri bruciati
vivi nelle viscere della montagna furono realmente duemila? Magari un po' di meno... Fatto sta che all'inizio
del terzo secolo avanti Cristo, Roma completò la conquista dell'Umbria e, a quanto pare, i Martani
rappresentarono l'ultimo baluardo della resistenza delle popolazioni umbre, impegnate più che altro in una
specie di guerra di guerriglia nei confronti dei Romani, maggiormente organizzati.
Il mito dei duemila armati umbri sepolti vivi ha stimolato, negli anni, la fantasia di molti. Degli speleologi, in
primo luogo, che hanno perlustrato in lungo e in largo le profondità della montagna di Cesi alla ricerca di
qualche indizio sulla veridicità della storia raccontata da Livio. Finora però i risultati sono stati deludenti,
anche se le gallerie nel sottosuolo sono davvero tante, molte delle quali crollate, o inaccessibili con i mezzi a
disposizione.