STORIA DI FOGLIANO di SPOLETO (Pg)
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STORIA DI FOGLIANO di SPOLETO (Pg)
STORIA DI FOGLIANO di SPOLETO (Pg) Fogliano, piccola frazione a pochi chilometri da Spoleto, rappresenta nell’ambito degli insediamenti periferici dello spoletano, un esempio di conservazione della civiltà e delle tradizioni popolari, unico e sorprendentemente intatto. Vive una felice situazione non di svuotamento, ma al contrario è diventata un crogiuolo di culture sassoni, famiglie inglesi, tedesche, insieme ad altre provenienti dalla vicina Roma, dalle Venezie e dalle Calabrie. Il suo territorio, che s’incunea nella provincia di Terni per un breve tratto, si presenta agli occhi del visitatore con ricca vegetazione arborea ad alto fusto, flora e fauna tipicamente pede-appennina dei Monti Martani e del Serano, che si espandono a Nord verso la valle del folignate; una grande veduta, che ci fa scorgere la famosa terra del Sagrantino, il fianco di Trevi e nelle giornate limpide d’inverno, persino la Santa Assisi di San Francesco. Immediatamente, ci si immerge in un ricco contesto naturale, dove si possono indovinare i passi di intere famiglie di cinghiali, volpi, lepri e istrici: l’habitat non ha subìto violenze dagli insediamenti rurali e popolani; d’altro canto, esso è sempre stato tutelato, curato e preservato dagli abitanti del piccolo e tranquillo centro. Fogliano possiede una ricca storia: un susseguirsi di eventi, in parte documentati, attraverso i quali si è trovata protagonista; da qui la nascita di tradizioni popolari, ricorrenze religiose e credenze popolari. La fiera di San Giuseppe, sul sacrato dell’antichissima chiesa di San Michele, ove vengono benedetti dal religioso tutti gli animali, e in particolare cavalli, montati da cavalieri di tutte le età; l’attività ippica è una passione di molti foglianesi. Fogliano si insedia in un’area geografica nota come “Le Terre Arnolfe”, situata nell’ Alta Marroggia, il cui omonimo corso d’acqua alimenta il bacino artificiale del lago di Firenzuola (Tr), ove viene praticata pesca sportiva. Le Terre Arnolfe, dunque: sebbene non vi siano documenti per stabilire chi fosse quest'Arnolfo, ne' gli esatti confini di tale Castaldato, si presume che siano due le versioni più attendibili: a) Tali terre, secondo una tradizione orale del secolo XIV, sarebbero state assegnate dal Duca di Spoleto al figlio cadetto Arnolfo; b) Secondo invece altre fonti, più attendibili, l'imperatore Ottone I, nell'anno 962, concesse tutto il Castaldato di San Gemini ad un certo Arnolfo, uno dei suoi consiglieri, con il titolo di conte e di Vicario Imperiale. Tutte le vicende storiche insediative anteriori all'anno 1000 non possono essere documentate per la scomparsa di molti preziosi reperti, tra cui il diploma di infeudazione rilasciato dall'imperatore Ottone I. Nel 1093 le Terre Arnolfe passarono alla Chiesa e molti furono gli avvenimenti in tali terre, per i continui contrasti tra Papato e Impero. Nel secolo XIV furono raggruppate in castellati: Cesi, Portaria, Macerino, Castiglione, Firenzuola, Fogliano, Lo Scoppio. Il 23 settembre del 1591, dato che il Pontefice Giulio III mostrava di essere favorevole, i Comuni Generali proposero l'acquisto da parte di Terni delle Terre Arnolfe, in seguito alle continue premure e raccomandazioni di Michele Angelo Spada, cittadino ternano, cameriere segreto di Sua Santità. Fu dato ampio e solenne mandato allo Spada e a Galeno Mazzancolli per trattare l'acquisto di quelle Terre, nelle quali erano compresi i Castelli e le Ville di Macerino, a Porzano, Firenzuola, Scoppio, Colleciterna, Appecano, Acquapalombo, Poggio e altri luoghi circostanti, tra i cui l’avamposto di Fogliano. Esso, per la sua posizione strategica, era diventato già in epoca romana, un insediamento militare, protetto da porte di accesso e torri di avvistamento, dominanti sia il versante nord verso le valli spoletane, che quello posto a sud. Da qui, le guarnigioni potevano facilmente presidiare le vie d’ accesso alle valli strette di Val Serra a nord-est e alle vallette poste sud-ovest, verso Macerino e Carsulae: insediamento militare, le truppe si rinfrancavano: (otium). Ecco, da qui prende vita la realtà di Fogliano. Alcune di queste terre, oggi fanno parte della circoscrizione di Val di Serra. Nel Libero Memorie Historiche della terra di Cesi, l'autore Monsignor Felice Conterori, sostenne che Cesi era al centro delle Terre Arnolfe. Le Terre Arnolfe rappresentavano un insieme di ville, castelli e terre poste tra il fiume e la città di Spoleto. Sempre secondo il Contelori, i confini delle Terre Arnolfe, patrimonio della Chiesa Romana, furono riconosciuti da Bernardo Provenzan, Castellano della Rocca, per ordine di Gregorio XI, il 26 Agosto dell'anno 1373, come risulta “… dall'istrumento rogato da Marc' Antonio Martano, figlio di Ottaviano da Fogliano, Notaro et Giudice”. (foto: scene rievocative del Torneo storico dei vocaboli) L’area geografica foglianese, suggestiva sotto l'aspetto storico, geografico e naturalistico, è costituita da un alto piano, da cui degrada sia a nord che a sud, in vallette che man mano, tracciano l’innalzarsi di colline amene, da monti mecerinesi, accessibili e coperti da una folta flora mediterranea. Ricca di storia, in posizione geografica importante, ha orizzonti mutevoli, angoli sconosciuti e sorgenti di ottime acque. Oggi collegata comodamente sia verso le valli spoletane che verso Terni da una comoda carrozzabile; è meta di escursioni in MBIKE, con percorsi diversificati per escursioni: si pratica TREKKIN, CANYOING ed ALPINISMO, ben descritti sul sito della Comunità dei Monti Martani e del Serano. La flora collinare è costituita da vigneti ed oliveti; quella montana da boschi di pini che crescono in simbiosi con querce, ginepri, lecci, ornelli e corbezzoli; i pini sono di una specie particolare che vive e cresce solo in questa zona; castagneti, numerosi sul versante macerinese, ricchi di un sottobosco lussureggiante. Abbondano pregiati Tartufi Neri (lo scorzone), asparagi e funghi (sanguinosi), oltre ad una ricca varietà di erbe aromatiche: mentuccia, serpollo, spigo, timo, salvia, peperino, maggiorana, menta romana, origano, finocchio selvatico, pimpinella, saprusella, rosmarino, erba di San Paolo (chiamata erba della Madonna). La catena dei monti che si estende da Rocca San Zenone (Tr), Toano, Piedimonte, sino a Cesi, protegge tutta la zona dai venti freddi del Nord. Perciò, da Toano a Cesi e da Firenzuola, passando per San Gregorio, all’ Alta Marroggia e la cresta montana che circonda in parte l’invaso del lago di Firenzuola, genera mitezza climatica: d’inverno poche sono le giornate di freddo intenso, per cui vi nascono bene piante originarie dei paesi caldi, come il nespolo giapponese, il melograno, il limone in vaso o anche in terra, se esposti a sud-ovest. Poco lontano dal paese di Fogliano, si può visitare una costruzione muraria, posta a sud-ovest, sul fianco del lago di Firenzuola, vestigia di un insediamento signorile, risalente al basso medioevo. Sempre nelle vicinanze di Fogliano, si può visitare la Chiesa della Madonna di Panico, meta di pellegrinaggio religioso, ogni anno festeggiata nel giorno santo di Pasquetta; bisognosa di interventi, visitata dal nostro Arcivescovo anche quest’ anno. I piccoli paesi nell’area di Giuncano (Tr), collegati da carrozzabile, naturalmente invitano il visitatore a promenade rilassanti o semplicemente a cavallo: essa è ricca di boschi, è molto attivo l'allevamento di bestiame allo stato brado. Le cime montane più alte sono: Torre Maggiore (m 1.120), Pizzo di Appecano (m 1.056), Monte Torricella (m1.054), Pizzo d'Aiano (m 1.032), Monte la Croce (m 927). Le fonti di acqua sorgive conosciute da secoli sono: - La Fontana della Amandola (oggi chiamata della Mandorla), che nel 1777 il Marchese Sacripanti invano pretese che fosse riconosciuta di sua assoluta proprietà; - La Fontana di San Sebastiano, in località Toano, da cui sgorga acqua diuretica, efficace contro la calcolosi; - La Fontana dei Baci, meta di giovani coppie, che si trova all'inizio della strada di Acquapalombo; - La Fonte della Cargara, tra Colle Cipollaro e Monte Acetella. Le acque di dette fonti sono a temperatura costante, quindi calde d'inverno e fresche d'estate; bevute a digiuno per lungo periodo facilitano l'espulsione dei calcoli. LUOGHI AMENI – DINTORNI DI FOGLIANO PORZANO Il bellissimo castello del Paese di Porzano di Terni, splendido borgo nella Valserra, appartenente all'arcidiocesi di Spoleto-Norcia, si trova solo a 3 Km da Fogliano. (tempo di avvicinamento 15 minuti) Meta religiosa, lo splendido borgo nella Valserra, nel castello appartenete all'arcidiocesi di SpoletoNorcia, si è insediata una nuova comunità religiosa: la Congregazione dei Vocazionisti, che rientra nella seconda forania della diocesi spoletina (Baiano, Fogliano, S. Martino in Trignano, S. Nicolò, S. Angelo in Mercole, Montemartano, Cesi di Terni e Portaria di Acquasparta). La comunità vive e fa accoglienza nello splendido castello di Porzano, appena restaurato e messo a disposizione dall'arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Riccardo Fontana. La casa è aperta a tutti quei giovani e meno giovani che desiderano trascorrere momenti di deserto e preghiera e che si sentono chiamati dal Signore a vivere nella gioia fraterna con Lui. Il ministero d'accoglienza è svolto gratuitamente per tutti coloro che desiderano condividere la vita di preghiera, di amicizia e di lavoro della Fraternità. Alla casa è annessa la parrocchia di S. Fortunato, di cui padre Mauro è il vicario, che raccoglie 5 frazioni della Valle. CARSULAE Se lo si visita in una giornata limpida si capisce subito perchè. Tacito, descrivendo questo luogo lo definiva 'late prospectans'. Il panorama ampio, aperto, che si può godere dall'area archeologica è sicuramente uno dei motivi del grande fascino che Carsulae continua ad esercitare su migliaia e migliaia di visitatori. L'hanno definita la Pompei dell'Umbria e come la città sepolta dall'eruzione del Vesuvio, anche Carsulae cela dei misteri. Quello del suo abbandono, prima di tutto. L'antica città, posta sulla via Flaminia fu lasciata dai suoi abitanti forse a causa di eventi naturali, un bradisismo, come si può intuire dallo sprofondamento di alcune parti di lastricato, visibile ancora oggi. Ma l'enigma principale resta quello di svelare quale fosse la funzione di questa città, quasi ignorata dagli storici romani, ma che pure doveva avere una certa importanza, visto il quartiere degli spettacoli che ancora oggi è in parte visibile con l'anfiteatro e il teatro, venuti alla luce durante gli ultimi scavi, il foro, i templi, le terme e la basilica. In realtà le ipotesi sono diverse. La più suggestiva vuole che Carsulae fosse una città del divertimento e del relax per le legioni che tornavano a Roma dopo le campagne vittoriose nel Nord Europa. I soldati dovevano scontare una sorta di quarantena prima di entrare nell'Urbe, per evitare il rischio di contagio con malattie 'd'importazione', per la popolazione della capitale dell'impero. Carsulae, grazie alle sue acque medicamentose e al suo clima salubre, era il posto giusto dove fare attendere gli impazienti legionari che nel frattempo potevano divertirsi al teatro e all'anfiteatro. Oggi l'atmosfera magica delle pietre di calcare e travertino bianco sull'erba verde dei prati resta intatta. La visita può iniziare dalla Provinciale Carsulana, dove è stato allestito un grande parcheggio per le auto e per i bus. Di qui si scende per un sottovia in un sentiero (illuminato di notte) che conduce al Centro Visita dove è stato realizzato un piccolo museo (da vedere la statua di Dioniso, la gigantesca testa dell'imperatore Claudio e il corredo funerario d'oro di una bambina sepolta in una cassa di piombo), un bookshop e un punto informazioni. Dal terrazzo del bar si gode una meravigliosa vista sulle rovine. Poco distante i resti del teatro, con i Monti Martani a fare da sfondo, e quelli del grande anfiteatro ricavato in una dolina. Attraversata una strada sterrata che taglia l'area archeologia, ecco i resti della basilica, la chiesa dei Santi Cosma e Damiano del XI secolo costruita sui resti di edifici romani. Oltre il lastricato della via Flaminia, rimasto quasi intero c'è il foro, con, in evidenza, i due templi gemelli preceduti da una scalinata, dedicati a Castore e Polluce. Seguendo il tracciato della Flaminia si arriva all'arco di San Damiano, un arco trionfale (Carsulae non aveva mura) le cui pietre si reggono le una le altre a contrasto senza malta, da 2000 anni. CASCATA DELLE MARMORE La Cascata delle Marmore è un'opera artificiale di sistemazione idraulica dovuta ai Romani; il fiume Velino, infatti, si allargava negli anni precedenti il 290 a.C. in una vasta zona di acque stagnanti, paludose e malsane. Allo scopo di far defluire queste acque, il console Curio Dentato fece scavare un canale che le convogliasse verso la rupe di Marmore, e da lì le facesse precipitare, con un balzo complessivo di 165 metri, nel sottostante alveo del fiume Nera. Lo spettacolare salto della Cascata delle Marmore ha ispirato poeti ed artisti di ogni periodo storico: Virgilio nell' "Eneide", Cicerone e George Byron nel "Childe Harolds Pilgrimage". Da circa 50 anni le acque della cascata sono utilizzate per alimentare la centrale idroelettrica di Galleto. Di conseguenza la cascata si può ammirare solo negli orari riportati nella tabella sottostante. Fu proprio grazie alla ricchezza di queste acque ed alla loro energia, che fu possibile il sorgere, a Terni, di industrie siderurgiche, elettrochimiche ed elettriche MARTANA TREKKING TREKKING - ESCURSIONISMO L'itinerario, realizzato negli anni '80 dalla Regione dell'Umbria in collaborazione con il Cai e con le Comunità Montane della zona, si svolge da Sud a Nord e viceversa, tra gli abitati di Cesi e Giano dell'Umbria, su due direttrici diverse che Abitati dai tempi più lontani, una volta ricchi di si incontrano a Scoppio, punto nodale e vita, offrono ancora al turista grandi motivi baricentro del Martani Trekking, così da formare d'interesse, conservando tracce del loro antico un "otto". Il percorso si svolge prevalentemente splendore. utilizzando tracciati minori della viabilità locale, sentieri, mulattiere, carraie e strade. Al trekking dei Martani è consigliabile abbinare Oltre alla nuova segnaletica escursionistica, alcune digressioni, prima fra tutte quella legata sono stati realizzati dei posti tappa e dei veri e al percorso dell'antica via Flaminia, tra Carsulae propri rifugi a Scoppio e a Portaria. e Massa Martana. Il trekking attraversa ambienti diversi che Il trekking dei Monti Martani si articola in nove rispecchiano la varietà del territorio dei Martani: tappe percorribili in entrambi i sensi di marcia montagna, boschi, terre coltivate, paesi ricchi di per uno sviluppo totale di circa 110 km, con un interessi storici e artistici. dislivello di poco inferiore ai 5.000 metri in Il percorso si può suddividere in due parti. Nella salita e di 4.530 metri in discesa. parte occidentale domina l'aspetto naturalistico: le montagne, le cime, i boschi, i prati, i grandi Il percorso può iniziare da tutti i punti tappa: orizzonti. Caratteristiche dunque sette di essi si trovano in centri abitati, Fogliano, prevalentemente escursionistiche. Macerino, etc., mentre Acqua Canale e Cisterne Il tratto orientale è invece segnato dalla Vecchie sono facilmente raggiungibili anche con presenza dell'uomo: il percorso si svolge senza le auto. grossi dislivelli, a mezzacosta, dando la possibilità di attraversare i tanti piccoli centri L'intero percorso non presenta difficoltà: per la disseminati sui fianchi delle montagne. quasi totalità è da considerarsi turistico e, in alcuni tratti, escursionistico. La segnaletica è stata realizzata con tabelle verticali di forma romboidale, contenenti una bandierina bianca e rossa con al centro la scritta "MT". PERCORSI TURISTICO-ESCURSIONISTICI Percorso 1/9: Cesi-Portaria Lunghezza del percorso: 14 Km Dislivelli: in salita 660m - in discesa 670m Tempo di percorrenza: ore 5,30 Questa tappa è particolarmente interessante sotto diversi profili: storico, architettonico e botanico. L'itinerario inizia a Cesi per la strada che risale verso il Monte Torre Maggiore, attraverso il convento abbandonato di Sant'Onofrio e il sentiero che passa sotto le antiche torri medievali fino a giungere a Sant'Erasmo (pianoro posto su di uno sperone calcareo a sbalzo sulla conca di Terni). Di qui continuando a salire attraverso una mulattiera (ma anche seguendo la carrozzabile), si arriva in cima a Torre Maggiore, la vetta più elevata dei Martani sulla cui sommità si trovano i resti di un grande tempio italico. Prima di giungere in cima, con una digressione, giunti al poggio del Chicchirichì, si può invece scendere all'Eremita, antico eremo circondato da boschi. Attraversando un ampio vallone si arriva al paese di Portaria. Il tracciato rimane sempre sul versante occidentale e nel complesso non è molto faticoso. Percorso 2/9: Portaria – Scoppio Lunghezza del percorso: 15 Km Dislivelli: in salita 620m - in discesa 380m Tempo di percorrenza: ore 6,00 E' questa la tappa più lunga dell'intero percorso, attraverso la quale si arriva al centro dei Martani, a Scoppio. Nella prima parte si supera il maggior dislivello per poi proseguire con un saliscendi continuo. L'itinerario inizia poco sopra il paese di Portaria, sulla strada che porta a Macerino. Si risale lo stretto valloncello alla destra di Colle Croce, dove si trova la grotta del Ticche-tacche. Salendo la mulattiera, in mezzo a boschi di leccio e roverella, si transita nei pressi di una casa colonica e, dopo poco, si giunge alla strada; la si percorre per poche centinaia di metri e poi la si abbandona definitivamente. Prendendo a sinistra una traccia di carraia si arriva alla spianata tra Cima Forca e Monte Comune (qui si incrociano le strade che portano a Macerino, a Portaria, a Casteldelmonte). Si prosegue fino a Monte Comune per arrivare al paese di Casteldelmonte. Un sentiero permette di giungere fino al Colle delle Cerquiglie da cui si può facilmente raggiungere Scoppio Percorso 3/9: Scoppio - Acqua canale Lunghezza del percorso: 13 Km Dislivelli: in salita 610m - in discesa 380m Tempo di percorrenza: ore 5,30 Il percorso si svolge esclusivamente in montagna: dal momento che il sentiero è in piena esposizione solare, può risultare faticosa in giornate calde e poco ventilate. L'itinerario inizia percorrendo in senso inverso la strada di accesso al paese, attraversa la conca di Casetta San Severo per arrivare alla spalla occidentale del Monte Forzano. Il cammino prosegue in direzione dell'ex abbazia di San Pietro in Monte (XI secolo) e, superato un tratto di saliscendi, si arriva al posto tappa di Acqua Canale. Percorso 4/9: Acqua Canale - Giano dell'Umbria Lunghezza del percorso: 13 Km Dislivelli: in salita 440m - in discesa 680m Tempo di percorrenza: ore 4,30 Attraverso questa tappa si arriva all'unico centro abitato sede di Comune che si incontra sul tracciato, Giano dell'Umbria. Il percorso, a parte i tratti iniziale e finale, si svolge tutto in discesa e non risulta faticoso. Lasciando il pianoro di Acqua Canale, il tracciato copre le località di Sella Fossa di Giano, Colle Faeto, Colle Strelleto, ricche di uliveti e terre coltivate. Dal santuario della Madonna del Fosco, si raggiunge San Felice e quindi il posto tappa di Giano. Percorso 5/9: Giano dell'Umbria - Pian della Noce Lunghezza del percorso: 15 Km Dislivelli: in salita 720m - in discesa 770m Tempo di percorrenza: ore 5,30 Questa tappa percorre boschi estesi o tratti con poca vegetazione, oltre a terreni con formazioni geologiche caratteristiche. Il percorso, nonostante i continui saliscendi, risulta nel complesso poco faticoso. Dalla parte alta del paese l'itinerario giunge fino alla Torre di Morcicchia, ciò che rimane dell'antico castello di Castrignano databile intorno all'anno 1000. Da Morcicchia prende il via la carraia che sale verso Monte Cucco (821m); una volta trovato il sentiero che scende a Monte Martano e attraversato l'abitato di Milano, si raggiunge la strada che porta a Pian della Noce. Percorso 6/9:Pian della Noce – Scoppio Lunghezza del percorso: 11 Km Dislivelli: in salita 600m - in discesa 350m Tempo di percorrenza: ore 5,00 L'itinerario attraversa molti piccoli centri e campi coltivati; si sviluppa quasi esclusivamente in piano fatta eccezione per l'ultimo tratto, prima di arrivare a Scoppio. Giunti ad Ocenelli, minuscolo abitato arroccato su un colle, l'itinerario offre due possibilità: si può proseguire fino a La Costa oppure arrivare presso la stessa località passando da Sant'Onofrio, dove si trovano due pievi del XIII e XIV secolo. Lasciando La Costa, punto in cui si congiungono i due itinerari, si prende un sentiero in salita che conduce fino a Scoppio. Percorso 7/9: Scoppio – Macerino – Fogliano Lunghezza del percorso: 10 Km+6 Km di avvicinamento a Fogliano Dislivelli: in salita 480m - in discesa 370m Tempo di percorrenza: ore 4,00 + ore 0,40 a Fogliano Questa è la tappa caratterizzata da forti variazioni del paesaggio: dai verdi boschi del Colle Citro, all'azzurro del lago, alla vallata del Maroggia/Fogliano. Nel complesso la tappa non può definirsi faticosa. Si lascia Scoppio prendendo il sentiero che conduce, passando per il Fosso della Matassa, a Firenzuola, collocata su una piccola altura che si protende verso il lago artificiale di Arezzo. Superato il Passo di Colle Fisco (582 m), con un ponte di pietra si attraversa il fiume Maroggia, oltrepassato il quale una mulattiera permette di arrivare al paese di Macerino. Percorso 8/9: Macerino - Cisterne Vecchie Lunghezza del percorso: 9 Km Dislivelli: in salita 700m - in discesa 310m Tempo di percorrenza: ore 4,00 E' la tappa che porta al Monte Torre Maggiore, la cima più alta del gruppo. Il percorso si svolge per buona parte senza grossi dislivelli; solo nel tratto finale che porta a Cisterne Vecchie, il sentiero diventa ripido. Il tracciato attraversa diversi centri abitati: Colle Aiano, Sarghiano, Titurano e Pracchia, ultimo paese fino al termine del percorso. Risalito il Fosso Penna Vecchia, con pochi tornanti si giunge sotto la dorsale settentrionale del Monte Torre Maggiore dove si trovano gli abbeveratoi che danno il nome al posto tappa. Percorso 9/9: Cisterne Vecchie - Cesi Lunghezza del percorso: 10 Km Dislivelli: in salita 100m - in discesa 620m Tempo di percorrenza: ore 3,30 Percorrendo i fianchi del Monte Torre Maggiore, si torna a Cesi: la tappa è quasi tutta in discesa, si svolge per la maggior parte all'ombra dei boschi e risulta quindi molto piacevole. Il tracciato passa per la località Le Prata, caratterizzata da due edifici ormai diroccati posti tra Torre Maggiore e Monte Cerigiolo. In falsopiano il tracciato prosegue verso una sorgente e arriva nei pressi di Casa Colle Zannuto: un sentiero in discesa conduce sotto l'alto sperone calcareo che sovrasta Cesi. ALPINISMO SUI MONTI MARTANI Alpinismo sui monti Martani... La sezione meridionale dei monti Martani, che si estende dall'abitato di Rocca San Zenone al paese di Cesi , presenta, sul suo versante occidentale, numerose pareti rocciose che ben si prestano alla pratica dell'alpinismo e dell'arrampicata sportiva . Il calcare grigio, compatto, spesso lavorato a "goccia" offre allo scalatore un'arrampicata sempre divertente e tecnica, inoltre, l'esposizione soleggiata delle pareti, rende gradevole lo scalare anche in pieno inverno. L'avvento dell'arrampicata sportiva nella seconda metà degli anni ottanta e la conseguente attrezzatura delle pareti della più nota Ferentillo, hanno determinato il semiabbandono delle rocce martane. Questa zona, tuttavia, merita, per la bellezza dell' ambiente in cui sono immerse le pareti e lo stile di salita che il loro approccio richiede , una visita ed una seriarivalorizzazione. I principali siti arrampicatori, da Sud a Nord, sono: Penna della Rocca, Colle Zannuto, monte Eolo. CANYONIG Martani Canyoning I monti Martani offrono interessanti possibilità anche per gli amanti del canyoning. La roccia prevalentemente calcarea di cui sono costituiti, la natura carsica e la morfologia piuttosto tormentata di alcune sezioni del massiccio montuoso, hanno determinato la presenza di fossi impervi e vere e proprie forre. Questi elementi geomorfologici sono i fattori che hanno favorito lo sviluppo del torrentismo, affascinante pratica sportiva a metà strada tra l'alpinismo e la speleologia. Le gole più interessanti sono la strozzatura finale della Val Serra, che segna il confine meridionale dei monti Martani ed il fosso della Matassa, proprio nel cuore della catena. Fosso della Matassa. Si tratta della stretta forra a forma di Y che incide il rilievoAccesso martano all'altezza dell'abitato di Scoppio, costituendo, per si percorre la S.S. 3 ter che collega Spoleto ad l'antico insediamento, un formidabile baluardo naturale di Acquasparta e, all'altezza del valico, si svolta difesa. Il sito è facilmente raggiungibile in diverse modalità, all'indicazione per Scoppio (sx per chi viene da Acquasparta). Dopo circa 7 Km di strada anche dalla località di Fogliano. bianca (seguire sempre la strada principale) si Descrizione L'itinerario è caratterizzato da un alveo piuttosto aperto e giunge a Scoppio. Imboccare il sentiero che, ricco di una vegetazione lussureggiante, che si stringe solo in partendo dalla porta del borgo, scende verso prossimità di numerosi saltini rocciosi, quasi tutti divertenti e sinistra . Dopo tre svolte, quando il tracciato facilmente arrampicabili. Solo alla fine ci si affaccia sull'unicoriprende a salire, entrare, a destra, nel fosso. Scheda tecnica. vero inforramento, costituito da una parete verticale di 20 Dislivello: m. 130 metri, interrotta a metà da una cengia. Seguono ancora delle Sviluppo: m 700 semplici paretine, fino alla confluenza con il ramo dxTempo di avvicinamento: 15 minuti orografico del fosso dal quale, tramite un agevole sentiero, è Tempo di percorrenza: ore 1 / 2 Periodo consigliato: Primavera possibile risalire al paese. Difficoltà: F+ RIEVOCAZIONI STORICHE Il passaggio di Lucrezia Borgia Giostra dell'Arme Sangemini, Rinascimento ad Acquasparta ultima settimana di settembre, prime Acquasparta, dal 3 giugno Ogni anno Portaria, terza settimana di maggio due settimane di ottobre Il 9 ottobre un tema diverso per far rivivere un Nel borgo medievale, situato sui Monti Martani nel comune di Sangemini commemora il proprio aspetto della vita rinascimentale santo protettore, Santo Gemine. E' nella città che ospitò il duca Federico Acquasparta, si rievoca ogni anno il passaggio di Lucrezia Borgia e della anche l'occasione per far rivivere il Cesi e l'Accademia dei Lincei. sua corte in transito e in sosta a torneo cavalleresco del quale parlano Costumi sfarzosi indossati da gli Statuti del Comune fin dal 1300. splendide ragazze durante il corteo Portaria nel viaggio di trasferimento da Roma a Spoleto. C'è un Per tre settimane il borgo si immerge storico, taverne con piatti tipici interessante corteo storico al quale in suggestive atmosfere medievali. dell'epoca e musicanti che fanno da contorno conferenze e altre Da non perdere le cene nelle antiche accompagnano la cena con il suoni taverne e gli spettacoli nella piazza dei loro antichi strumenti, concerti, manifestazioni davanti al palazzo del Capitano del spettacoli ed iniziative culturali Popolo, le decine di mostre d'arte e caratterizzano questa manifestazione d'artigianato nelle cantine, la sfilata che si è andata consolidando negli del corteo storico e le esibizioni degli ultimi anni e che consente, tra l'altro, sbandieratori, noti ormai in tutto il di visitare le splendide sale del mondo. Il palio vero e proprio vede rinascimentale Palazzo Cesi, quasi sempre chiuse durante l'anno. fronteggiarsi sei cavalieri in rappresentanza dei due rioni Piazza e Rocca. Al Campo dei Giochi devono prima infilare con la lancia un anello del diametro di 5 centimetri e poi scagliare l'arma centrando uno scudo. Il tutto nel più breve tempo possibile. LE TERME L'Umbria è terra d'acque, di fiumi e di sorgenti. Ai piedi dei Monti Martani ne sgorgano diverse. Alcune nascoste nei boschi, altre note fin dall'antichità per i poteri terapeutici delle loro acque e famosissime anche ai nostri giorni. Ci sono parchi intorno alle fonti, luoghi di cura e di relax, sempre con il panorama dei Monti Martani a fare da sfondo. Sangemini Fabia Furapane Proprietà della Sangemini Spa (tel. Le sorgenti si trovano tra Sangemini Spostandosi da Acquasparta per circa 0744/333075), la fonte si trova a 5 ed Acquasparta. La Fabia è un'acqua due chilometri in direzione di Terni km dal borgo medievale di Sangemini minerale bicarbonato alcalina di sulla vecchia strada, si incontrano, e a circa 12 km da Terni. proprietà della Sangemini, con con una breve deviazione sulla Il parco della fonte è aperto da un'ampia commercializzazione, sinistra, le terme di Furapane. Lo maggio a ottobre; l'ingresso è a utilizzata per la cura delle stabilimento, ora in stato pagamento. insufficienze epatiche. Una delle d'abbandono, si trova proprio lungo la L'acqua Sangemini, già nota fonti si trova all'interno del Parco linea ferroviaria della Centrale nell'antichità (le sorgenti in passato si della Sangemini. Umbra. trovavano poco più a monte, nell'attuale area archeologica di Amerino Sanfaustino Carsulae) è leggermente carbonica La Fonte dell'Amerino, nota fin Le terme di Sanfaustino si trovano con sali di calcio e scarso tenore di dall'antichità, si trova poche alle pendici dei Martani, lungo il cloro. Risulta particolarmente adatta centinaia di metri al di sotto del torrente Naia e sono facilmente all'alimentazione dei bambini, alla borgo di Acquasparta all'interno di raggiungibili dalla supesrstrada E45 cura dei disturbi dell'apparato un ampio parco attrezzato dove, in dall'uscita di Massa Martana (a Sud) digerente e dei disturbi delle vie estate, si svolgono eventi culturali e o da quella di Casigliano-Colvalenza urinarie. concerti. La stagione d'apertura va (a Nord). Prendono il nome dalla La cura idropinica per dodici giorni, da maggio a ottobre. vicina abbazia romanica di San comprende l'ingresso al parco e costa Una tradizione locale riferisce che Faustino. Le qualità terapeutiche delle 40 euro. San Francesco, durante le sue acque di queste fonti sono note già All'interno del parco campi da numerose peregrinazioni nella zona, dalla fine dell''800. La loro azione tennis, un campo da minigolf e, avrebbe benedetto l'acqua che sull'organismo è diuretica per nella stagione estiva, concerti usciva dalla sorgente; da allora la eccellenza, particolarmente indicata serali. fonte dell'Amerino prende anche il per le malattie dell'apparato nome di "Terme di San Francesco" . digerente e renale, delle vie Le qualità terapeutiche dell'acqua respiratorie, per le astenie e gli dell'Amerino sono particolarmente esaurimenti. Presso l'albergo della apprezzate per migliorare la diuresi, fonte (dotato di un ampio parco) per l'eliminazione dei calcoli, per la sono possibili anche dei bagni termali cura delle malattie gastroenteriche, per la cura dei reumatismi e delle urinarie, epatiche e biliari. Fin dai malattie della pelle. primi anni del '900 Acquasparta è diventata una località termale, vocazione che, in parte, conserva tutt'oggi. Leggende e Misteri I Templari e l'assedio del Poggio Poche pietre, l'abside d'una antica chiesa, quattro case che non danno neanche l'idea di essere un paese, ma di trovarsi lì per caso, sparpagliate a mezza costa sul fianco della montagna. Un cartello con un nome, sulla strada tra Cesi e Carsulae: Poggio Azzuano. Ma dietro questo toponimo si cela una storia tragica, di uccisioni, di assedi, di distruzione, con un pizzico di mistero. Quel mistero che sempre si accompagna alla presenza dei cavalieri Templari. Non è invece un mistero, anche per la storia ufficiale, che in questo luogo sorgesse, già intorno al XII secolo, un castello detto Pody Azzuani, o Castrum Proculi. Alla fine del '200 fu sede di Cavalieri del Tempio, come attestano documenti custoditi nell'archivio di Todi. Berardo di Gallerceto, templare "prudente e puro di fede" nel 1262, Frate Raimondo nel 1263, Frate Zampi nel 1278…e così via fino alla fine del secolo. Che ci facevano i Templari a Poggio Azzuano? Il loro compito era quello di proteggere i pellegrini, specie quelli che si recavano ad ottenere, dopo il 1216, il Perdono d'Assisi e che transitavano nel vicinissimo convento francescano della Romita. Ma Poggio Azzuano negli anni che seguirono divenne un centro strategico delle Terre Arnolfe. Si ribellò al pagamento delle tasse alla Chiesa e si pose sotto la protezione di Todi a partire dal 1336, fino al 1442 quando la ghibellina Todi venne sottomessa da Niccolò Piccinino. Fu allora che i ghibellini tuderti portarono le loro aquile a Poggio Azzuano dove si rifugiarono, continuando a resistere e a compiere scorrerie nel territorio circostante.La Sede Apostolica cercò allora una soluzione radicale per sopprimere "quel picciolo luogo covile di malviventi che aveva fatto testa anche nei tempi passati agli ordini dei Pontefici, inquieti per natura e per abito molesti e fastidiosi per i loro vicini". Venne inviato il capitano Furlano che cinse d'assedio nottetempo il castello, con l'aiuto delle truppe di Sangemini. I Poggesi non s'arresero, resistettero, ma ala fine dovettero cedere. Il loro castello fu raso al suolo, gli abitanti uccisi o deportati nella vicina Sangemini dove vennero isolati in un quartiere detto, in modo dispregiativo Poggiame. Un accanimento che non si spiega tanto facilmente, a meno che non fosse giustificato da qualche presenza Templare nel castello del Poggio quasi un secolo dopo lo scioglimento dell'Ordine ed il passaggio dei suoi possedimenti ai Gerosolimitani. (fonte: "Le pietre parlano" a cura dell'Istituto "F. Angeloni") Carsulae celtica Carsulae era il centro spirituale dei Celti d'Italia. E' una teoria che uno studioso da poco scomparso, Manlio Farinacci ha tentato di dimostrare in tutti modi, scrivendo decine di pubblicazione sull'argomento, tenendo conferenze, partecipando a trasmissioni televisive, costituendo associazioni. Una teoria non ha mancato di creare interesse, non solo a livello locale, anche se rimane contestatissima dagli archeologi e dagli storici ufficiali. Alla base dei suoi studi Farinacci ha messo un'analisi del dialetto locale che avrebbe delle curiose assonanze con il gaelico. Lo stesso nome di Carsulae, significherebbe, in celtico, la città dalle pietre luccicanti. Ammesso che le popolazioni di origine umbra fossero in realtà celtiche, Farinacci spiega nel dettaglio, nei suoi libri, come Carsulae ne fosse la città sacra. La strada lastricata che l'attraversa sarebbe non già un diverticolo della Flaminia, ma una via rituale percorsa dai pellegrini che si ritrovavano nei santuari celto-pagani della città, amministrati non da sacerdoti, ma da druidi. Nei cippi funerari disseminati in mezzo alle rovine, ecco apparire altri simboli celtici, come le asce bipenni e le croci nei cerchi. In mezzo a tronchi di colonne ecco i menhir a forma fallica. Perché di tutto questo si è persa la memoria? Secondo Farinacci la rimozione dell'identità celtica di Carsulae è avvenuta a causa dell'ostilità della Chiesa nei confronti della paganitas di queste zone che resistette fino al Medio Evo e ben oltre. Alcune forme di questo paganesimo celtico sarebbero addirittura riemerse attraverso la predicazione di San Francesco, spesso presente con i suoi fratres sui Monti Martani. Vere, verosimili, o false, le teorie di Farinacci sono suggestive, a tal punto da aver ispirato articoli, siti Internet (www.agphapress.it/cir/carsulae) ed anche fumetti. Curioso un numero del notissimo Martin Mystère, interamente dedicato ai misteri celtici di Carsulae (nella foto)... A cavallo con il duca Federico Il principe Federico Cesi e Galileo Galilei seduti, nel cuore della notte, davanti al focolare del palazzo ducale d'Acquasparta a conversare del principio della relatività del moto e di chissà quali altre scoperte. E' una delle immagini più vive che ci è stata consegnata di quegli anni formidabili, tra il 1604 e il 1630 durante i quali proprio Acquasparta fece da culla all'accademia dei Lincei, oggi una tra le istituzioni scientifiche eccellenti del nostro Paese, allora una delle avventure culturali più originali di quel secolo "intermedio" e straordinario che fu il Seicento. La tradizione popolare racconta anche delle figure di Federico e Galileo intraviste quasi come ombre dalla piazza, con il lungo cannocchiale inventato dallo scienziato toscano puntato verso le stelle tra le arcate della specola che sovrasta il palazzo. Ma ben altre storie, forse meno conosciute, potrebbero raccontare le mura e le stanze del grandioso palazzo ducale fatto costruire dai genitori di Federico intorno alla metà del '500. Storie che ad Acquasparta, proprio in questi giorni, si possono udire realmente: attraverso la voce degli studiosi che hanno partecipato ad un importante convegno sulla figura di Federico Cesi e sui Lincei e attraverso quella degli attori che, in una rappresentazione itinerante, fanno scoprire i segreti del palazzo e della vita del principe e della sua corte. Il Celivago e i suoi amici Era il 1604 quando il giovanissimo Federico si rifugiò ad Acquasparta allontanandosi dal palazzo di famiglia di Roma, in via della Maschera d'Oro. Alcuni mesi prima, insieme a tre amici, aveva fondato l'Accademia: era il 17 agosto del 1603. Federico Cesi, patrizio romano d'origine umbra (la famiglia Equitani da Cesi arrivò a Roma nel '400 e cambiò il nome assumendo quello del proprio luogo d'origine), Anastasio De Filiis, ternano e cugino di Federico, Francesco Stelluti di Fabriano, il più anziano del gruppo (aveva 26 anni) e Giovanni Ecchio, ovvero Johannes Van Heck, olandese, appena laureato all'università di Perugia: i primi Lincei, quattro ragazzi! Con idee chiare però: anticonformiste e non certo di gran moda tra i loro pari. L'obiettivo, fissato sin dall'inizio, era di dedicare l'intera vita ad indagare nel "gran libro della natura", con l'occhio curioso e lo sguardo acuto della lince. Con metodo e con dedizione totale, quasi in una sorta di "milizia filosofica", i Lincei si proclamavano "discepoli della natura al fine di ammirarne i portenti e di ricercarne le cause" . Oroscopi e alchimia a Palazzo Cesi I quattro ragazzi scelsero dei soprannomi, o meglio dei nomi di battaglia che indicavano in qualche modo le loro inclinazioni: Federico era il Celivago, per la sua passione indirizzata alle stelle e al cielo, Stelluti era il Tardigrado, per la sua natura riflessiva, De Filiis l'Eclissato e Van Heck l'Illuminato. Il più estroso era l'olandese che portò nell'accademia il frutto dei suoi studi universitari, ma anche l'eco dell'ermetismo rinascimentale. Alchimia e astrologia furono materie alle quali i giovani lincei non si sottrassero. Esiste ancora l'oroscopo, tracciato su un foglio, di una delle loro prime riunioni. E nella lista dell'inventario dei beni di Palazzo Cesi ad Acquasparta, custodito dall'attuale Accademia, spuntano atanor e alambicchi di un laboratorio alchemico messo insieme per ottenere la trasmutazione dei metalli, ovvero come "strumento conoscitivo del mondo naturale". Un alfabeto segreto Furono queste strane diavolerie a far schiumare di rabbia il padre di Federico che non tollerava le passioni del figlio e che non esitò a denunciare Van Heck al Sant'Uffizio (con il quale a quei tempi non si scherzava). La compagnia si sciolse, ma i Lincei non si persero d'animo. Federico trovò asilo nel palazzo d'Acquasparta e mantenne una fitta corrispondenza con i suoi amici, utilizzando un linguaggio cifrato, con i segni zodiacali e quelli dei pianeti che corrispondevano alle lettere. A Van Heck che aveva iniziato a girare per l'Europa, il principe Federico chiedeva informazioni e libri, tanti libri, in grado di soddisfare la sua inesauribile curiosità. Al cugino ternano, ad Anastasio De Filiis, l'Eclissato, il principe chiedeva invece di costruire un astrolabio. Da Praga magica ad Acquasparta Van Heck nelle sue lettere che giungevano ad Acquasparta anche da Praga, dove aveva conosciuto la corte di Rodolfo II frequentata da maghi e alchimisti, raccontava all'amico e "fratello" tutte le sue avventure. Compresa quella dell'aggressione ricevuta dai briganti, quando si vide costretto ad ingoiare l'anello linceo (una lince scolpita su un grosso rubino, segno di appartenenza all'Accademia) per non farlo cadere nelle mani dei banditi. Van Heck ebbe anche a che fare con un farmacista di Scandriglia che - invidioso dei suoi sistemi di cura, per giunta gratuiti, lo assalì, costringendolo a reagire e ad ucciderlo per legittima difesa. Dalle carceri pontificie l'olandese però usci solo grazie all'intercessione di Cesi e Stelluti. Tradizione e scienza Intorno al 1610 termina questa prima fase, la più avventurosa. L'Accademia si ricostituisce e, a distanza di poco più di un anno l'uno dall'altro, prendono l'anello linceo due personaggi importantissimi: Giambattista Della Porta, il mago-scienziato napoletano della Magia Naturalis e Galileo Galilei, l'iniziatore della ricerca sperimentale e della scienza moderna. Tra questi due personaggi, oltre che tra queste due culture, che spesso in quei tempi ancora s'incrociavano, si muove l'avventura dei Lincei che trovò una felice sintesi negli scritti di Stelluti per il quale "l'osservazione della natura è sempre sorretta da un'emozione estetica". A Piediluco in barca con Galileo Il Principe Federico nella sua maturità rimase affascinato dal metodo scientifico di Galilei. Gli scrisse ben 84 lettere nelle quali dibatte con lui sui temi più scottanti della ricerca scientifica e non mancò di appoggiarlo nel sostenere le tesi copernicane sulla rotazione della terra intorno al sole. Federico ospitò Galilei ad Acquasparta nel 1624 dall'8 al 22 aprile. I due ebbero tempo di discutere di scienza, ma anche di "pubbliche relazioni", specie quelle con il nuovo papa Urbano VIII in buoni rapporti con i Lincei. Ci fu il tempo anche per due escursioni: la prima alla cascata delle Marmore e la seconda a Piediluco. E proprio durante una gita in barca sul lago Galilei ebbe modo di dimostrare il principio del moto relativo, lanciando in aria la chiave della camera di Stelluti, con il rischio di farla cadere nell'acqua, come narra lo stesso accademico fabrianese in un gustoso resoconto di quella giornata. Così lontano, così vicino L'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo: dopo aver osservato le stelle con il cannocchiale, Galilei lasciò ad Acquasparta un'altra sua invenzione, "l'occhialino", che i Lincei si apprestarono a battezzare "microscopio". E non mancarono di utilizzarlo per osservare piante, fiori, insetti. Federico Cesi e i suoi accademici pubblicarono dei libri meravigliosi con tavole a colori sulle api (l'Apiarium, con neanche tanto celati fini adulatori nei confronti del papa Barberini che le api le aveva nello stemma di famiglia!) e sulle piante, gli animali, i minerali del nuovo mondo, nel "Tesoro messicano". La morte del principe Federico morì ad Acquasparta all'improvviso, nel 1630, a 45 anni, al termine di una vita costellata di vicende personali non certo felicissime, come la perdita della prima moglie e di due figli maschi neonati. Non lasciò testamento e l'Accademia vacillò, nonostante i tentativi di Stelluti di conservare i tesori scientifici, le meraviglie, i macchinari e i rarissimi libri che il principe aveva raccolto nel palazzo d'Acquasparta. La vedova volle però vendere tutto. E la sorte si accanì su quel che restava: basti pensare che i codici andarono distrutti in un naufragio nell'Atlantico mentre venivano trasportati verso la biblioteca di Berlino, dopo essere stati acquistati da Mommsen. Senza pace anche nella tomba Il principe Federico Cesi riposa nella sua Acquasparta, nella tomba ospitata all'interno della chiesa di Santa Cecilia. Ma nel 1872 durante un accertamento eseguito dal neonato Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia, alla presenza del sindaco e di due medici fu rilevato che la tomba era stata violata alla ricerca di chissà quali tesori. Qualche anno dopo, durante un'altra ispezione, da un sotterraneo della chiesa venne fuori la maschera funebre in cera policromata, oggi conservata nella sede romana dell'accademia. Nel feretro fu rinvenuta una targa di piombo con la scritta "Federico Cesi, principe dei Lincei". Una multa per il malocchio Superstizioni, malocchi, fatture. Anche la cultura popolare dei Monti Martani ha avuto a che fare con il lato oscuro della magia. Dall'alba dei tempi, da quando, più di duemila e cinquecento anni fa i pastori e i viandanti offrivano ex voto di bronzo con la forma stilizzata di uomini o animali per ingraziarsi le divinità dei templi di Torre Maggiore e delle altre cime. Ma anche nel Medio Evo la magia era stata tutt'altro che soppiantata dalla religione cristiana. Tanto è vero che lo Statuto delle Terre Arnolfe, cioè la legge che regolamentava l'intero territorio della Contea del Monte e di quella del Piano e che era stato emanato nel 1286, sotto Papa Onorio IV, puniva la superstizione. L'articolo 21 dello Statuto condannava al pagamento di 10 libbre chiunque sottoponeva a fattura un uomo e una donna. Era anche prevista una pena minore, di 100 solidi, per chi sottoponeva a fattura un animale. Si trattava dunque di pene severe, ma non severissime: a dimostrazione del fatto che, forse, il reato in questione non era poi così raro. D'altra parte maghi (veri o presunti) non mancano neanche oggi in queste zone. E non mancano anche gli episodi "inquietanti", come quello di cui si occupò la stampa nazionale a metà degli anni '90, quando venne fuori una notizia "oscura" legata al territorio dei Martani. Si trattava della storia di una donna che si era sposata all'interno della chiesa di Sant'Erasmo, sulla montagna al di sopra di Cesi. Questa donna, pochi minuti dopo la celebrazione era caduta in uno stato di confusione mentale che i più avevano attribuito ad una possessione diabolica. Il caso si presentò talmente grave da richiedere non un normale esorcismo, ma addirittura l'intervento diretto dell'attuale Papa Giovanni Paolo II. La notizia fece scalpore, perché non risultavano altri casi di esorcismo esercitato direttamente dal pontefice e non venne mai smentita dal Vaticano. La strage degli Umbri Guerriglia contro i Romani "Durante il consolato di Lucio Genucio e di Servio Cornelio (...) a far sì che l'anno non trascorresse del tutto senza episodi militari, ci fu una modesta spedizione in Umbria; era infatti giunta notizia di una banda armata che, partendo da una caverna, compiva scorrerie per le campagne. Truppe romane raggiunsero la caverna, ma per l'oscurità sulle prime subirono molte ferite, fino a quando non scoprirono un altro accesso percorribile in entrambe le direzioni, e appiccarono il fuoco a cataste di legna alle due imboccature. E così i 2.000 uomini circa che si trovavano all'interno della grotta, costretti a gettarsi attraverso le fiamme, alla fine morirono soffocati dal fumo e dal calore nel tentativo di uscire". Fin qui la cronaca di Tito Livio, riportata nel Libro X delle sue Historiae dalla fondazione di Roma. In molti hanno identificato la grotta di cui parla lo storico romano con quelle della montagna di Cesi. Certo Livio amava esagerare un po', soprattutto per la maggior gloria di Roma. E allora chissà se i predoni umbri bruciati vivi nelle viscere della montagna furono realmente duemila? Magari un po' di meno... Fatto sta che all'inizio del terzo secolo avanti Cristo, Roma completò la conquista dell'Umbria e, a quanto pare, i Martani rappresentarono l'ultimo baluardo della resistenza delle popolazioni umbre, impegnate più che altro in una specie di guerra di guerriglia nei confronti dei Romani, maggiormente organizzati. Il mito dei duemila armati umbri sepolti vivi ha stimolato, negli anni, la fantasia di molti. Degli speleologi, in primo luogo, che hanno perlustrato in lungo e in largo le profondità della montagna di Cesi alla ricerca di qualche indizio sulla veridicità della storia raccontata da Livio. Finora però i risultati sono stati deludenti, anche se le gallerie nel sottosuolo sono davvero tante, molte delle quali crollate, o inaccessibili con i mezzi a disposizione.