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il social web di libri e cultura
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Inserti speciali di Bookavenue
Speciale 68 L'anno in cui non andammo da
nessuna parte
1977
Speciale 77
l'innocenza
Gli
anni
in
cui perdemmo
Literary Camel Trophy Il concorso letterario di
Bookavenue
l'anno in cui non perdemmo l'innocenza
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cosa c'è di nuovo
bookavenue.it scelti per voi: 1977, i 365 giorni che
cambiarono una generazione
scelti per voi
vita di libreria
i film di Ivan
l'articolo della redazione: gli anni in cui perdemmo l'innocenza
Lucia Annunziata il suo nuovo libro da Einaudi. a cura di Franco Pavone
almanacco delle storpiature
Contatti
le schede di alcuni libri
bibliografia essenziale
cronaca del 1977
gli anni in cui perdemmo l'innocenza
Forse i tanto vituperati e rimossi anni Settanta hanno ancora
qualcosa da dirci. Del resto, Nanni Moretti e compagni non
sono i soli revenants di quel decennio. Daniele Sepe, infatti,
ha appena fatto uscire un cd dal titolo «Suonarne uno per
educarne cento», zeppo di temi e suoni ”anni Settanta” e io,
che in fatto di musica sono rimasto drammaticamente
«congelato» al 1978, jazz a parte, posso oggi parlare dei Van der Graaf Generator,
dei King Crimson, dei Genesis o dei Soft Machine (ma anche dei Toto e degli Earth
Wind & Fire) con un numero sempre maggiore di ventenni. Non basta. Complice il
trentennale del Movimento del Settantasette, si annunciano anche diversi libri su
quell’anno insieme tragico e creativo: da quello di Stefano Cappellini, 77. Kronake
di un anno vissuto con rabbia (Sperling & Kupfer), a quello di Lucia Annunziata,
1977, l’ultima foto di famiglia, Einaudi-(ne parla, per Bookavenue, il collega di
Bari Franco_Pavone in un articolo dedicato) -, ad Ali di piombo di Concetto
Vecchio, Bur - (leggi_la_scheda) -, mentre per marzo Rizzoli annuncia un’antologia
curata da Vincino sull’esperienza di uno strepitoso giornale satirico come «Il
Male». Di quelli usciti nell'ultimo periodo, il più bello rimane (per me e, anche, per
molti altri) quello di Bruno Arpaia, Il passato davanti a noi, uscito per Guanda. È il
ritorno dei Settanta, insomma. Ed era ora. Non perché quegli anni meritino di
essere scioccamente e pomposamente celebrati, ma perché sono stati talmente
densi da essere diventati un «buco nero» in cui nessuno ha più voluto rimettere
seriamente le mani per timore di venire risucchiato dalla loro spaventosa forza di
gravità. Così, oggi si ricordano solo il piombo, gli attentati, il terrorismo, le stragi,
proiettando
su
«tutto»
quel
periodo
le
tragedie
e
le
lacerazioni che
caratterizzarono il suo epilogo, dimenticando che (come sa chiunque li abbia
vissuti) quelli furono «anche» anni di grande divertimento e di intense esperienze
umane e culturali. Risultato: se n’è persa quasi del tutto la memoria storica, tanto
che meno di dieci giorni fa la stragrande maggioranza degli studenti intervistati
per un’inchiesta sociologica ha potuto dichiarare che la
strage di piazza Fontana a Milano fu opera delle Brigate
Rosse. Insomma, come ha scritto Stefano Tassinari, quegli
anni vengono giudicati a partire solo dagli effetti e non
dalle cause. Perfino la loro ricostruzione storiografica è
approssimativa e spesso falsa: ne sono una spia gli articoli
di Pierluigi Battista sul «Corriere della sera», che li descrive come «un decennio
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di Pierluigi Battista sul «Corriere della sera», che li descrive come «un decennio
totalitariamente invaso dalla violenza, un decennio orribile, di straordinaria
cupezza, di irredimibile tristezza privata e pubblica». Gli fanno da contraltare,
sull’«altro fronte», le decine di libri-testimonianza di brigatisti o di appartenenti
ad altre «formazioni combattenti»: con qualche lodevole eccezione (Sergio Segio,
Enrico Fenzi), quei libri vorrebbero farci credere che una realtà marginale di quel
movimento, come la lotta armata, fosse non solo maggioritaria, ma l’unico sbocco
possibile e quasi inevitabile di quella specie di rivolta. Purtroppo per Battista e per
i «compagni che sparavano», la storia non è mai semplice, non è mai così
manichea. Eppure, se la memoria di quegli anni è stata così travisata e impoverita,
è colpa anche nostra: di chi c’era, voglio dire. Per un motivo o per l’altro, stretti tra
i «compagni che sparavano» e i carrarmati della polizia che ti trovavi di fronte
appena uscivi di casa, naufragati nel mare di ideologie o annichiliti dalla barbara
morte di Moro, per molti anni ci siamo comportati come quei personaggi dei
fumetti che si nascondono sotto uno stagno e respirano con una canna. In preda a
una strana afasia, abbiamo evitato la responsabilità della tradizione, la necessità
di trasmettere a quelli che vengono dopo un’esperienza perché poi la usino come
meglio credono. Abbiamo, insomma, rifiutato di diventare
adulti. Ma, come ha scritto Daniele Giglioli sul manifesto,
«non si può restare giovani in eterno, se non a patto di
rimuovere col passato anche il futuro: il futuro di tutti, anche
quello di chi non c’era e si trova catapultato in un mondo in
cui il primato del corpo e il rifiuto del lavoro, parole d’ordine
del movimento degli anni Settanta, hanno trovato il loro adempimento parodico
nella società del fitness e del lavoro precario». È un bene, dunque, che, decidendo
finalmente di «diventare grandi», tanti di loro si siano messi a scrivere romanzi su
quel periodo, e che i più l’abbiano fatto non nel tentativo di rinnegare la propria
giovinezza o, al contrario, di difendere l’indifendibile, ma semplicemente per
trasmettere un’esperienza senza cadere nella retorica della «meglio gioventù» o in
quella dell’«era tutto sbagliato, è tutto da rifare». È un bene che nuovi libri, dischi,
film ci riparlino di quegli anni. Perché nelle foto sfocate e in bianco e nero di quel
periodo ci sono, a saperli leggere, i contorni dell’Italia di oggi. Un’Italia in cui è
purtroppo scomparsa una parola-chiave di quel tempo, l’unica, forse, di cui
avremmo dovuto trasmettere davvero il senso e la profondità: quella parola è
«Noi». Soprattutto il Movimento del Settantasette, con le proprie teorizzazioni, con
la propria creatività, con le proprie aggregazioni per piccoli gruppi, aveva tentato
di conciliarla con l’Io, senza farla diventare «soggetto collettivo» di chissà quale
palingenesi, provando a fare andare finalmente d’accordo le istanze libertarie e
quelle comunitarie. Oggi, in una società che sa solo ripetere Io a più non posso,
che ha perso qualunque dimensione collettiva, quel «Noi» farebbe un gran bene,
perché, con una formula che non mi stanco mai di ripetere, «l’esistenza non può
essere declinata che alla prima persona plurale: noi siamo».mg
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raccontanteci il vostro 1977: accoglieremo i vostri articoli.
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bookavenue.it scelti per voi: 1977, i 365 giorni che
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Lucia Annunziata il suo nuovo libro da Einaudi. a cura di Franco Pavone
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le schede di alcuni libri
bibliografia essenziale
cronaca del 1977
Lucia Annunziata
1977, l'ultima foto di famiglia
ed. Einaudi
di Franco Pavone - Libreria Adriatica Bari
L’insofferenza e lo scontento di larghi ceti non trovano canali d’espressione in
nuovi antagonismi globali, come poteva succedere fino a trenta anni fa, quando –
ce lo ricorda Lucia Annunziata nel suo ultimo volume sull’anniversario del 1977 in
Italia – dopo le effervescenze del ‘68 subentrò la cupa disperazione dei precari del
lavoro e dello studio di allora. Siamo d’altronde abbastanza smaliziati da non
attenderci vistosi cambiamenti di purificazione o nuovi sconvolgimenti
presuntamente etici come è successo con la Tangentopoli degli anni ‘90. E’
difficile oggi in Italia resuscitare passioni antagoniste o etiche. Predomina il
disincanto che certamente non è il terreno più propizio per tutti i “volenterosi”
all’opera per riformare se non rivoluzionare gli attuali assetti politici che
stancamente si trascinano nelle loro infinite contraddizioni. Tuttavia, questo album
di famiglia è un ritratto veritiero e avrei preferito un pò più intimo di quell'anno e
di quella generazione. Vero perchè le cronache raccontante sono quelle che
abbiamo letto un pò dappertutto in questi anni e vorrei ricordare che il '77 e'
passato per anche Bari con il suo lutto cittadino (come non ricordare Benny
Petrone?): questo libro mi e' sembrato molto "romano" ma non me ne dolgo: le
cronache di Roma non erano diverse da quelle delle altre città forse più
sonnacchiose, osservatrici soltanto di quello che "meglio" si faceva altrove. Poco
intimo perchè mi sarebbe piaciuto moltissimo leggere di come ci sentivamo, come
pensavamo. Perchè questo sentire e pensare era una cosa sola. Insomma: l'aspetto
intimo mi e' mancato molto, leggendolo. Un sentimento, cioè di alterità replicato e
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intimo mi e' mancato molto, leggendolo. Un sentimento, cioè di alterità replicato e
visto anche oggi come allora, nei movimenti no global e nei movimenti
antagonisti. Nuove generazioni per nuove istanze. Ce ne saranno altre in
avvenire:ha ragione Matvejevic a proposito del mondo degli ex. Siamo tutti ex di
qualcosa: forse anche delle speranze a vederla com'e' finita.Il testimone di allora e'
passato direttamente a questi anni saltando sulla testa degli anni 90-2000 che
non si sono accorti di nulla. Complice il rinculo dell'edonismo e del voler a tutti i
costi essere tanti uno e non uno dei tanti.
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Lucia Annunziata il suo nuovo libro da Einaudi. a cura di Franco Pavone
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le schede di alcuni libri
bibliografia essenziale
cronaca del 1977
alcune schede per conoscere
Lucia Annunziata
1977, l'ultima foto di famiglia
Einaudi
leggi l'articolo di Franco Pavone
Concetto Vecchio
Ali di Piombo
Rizzoli
É la cronaca appassionata di un caso italiano: il 1977. Un
nuovo Sessantotto, culminato nelle morti tragiche di tre
militanti: Francesco Lorusso, Giorgiana Masi, Walter Rossi. Ma
è anche l'anno che segna la drammatica ascesa delle Brigate
rosse, che a Torino uccidono il presidente dell'Ordine degli
avvocati Fulvio Croce e il vicedirettore de "La Stampa" Carlo
Casalegno. Concetto Vecchio, trent'anni dopo, è tornato a
Bologna, Roma, Torino, rivisitando i luoghi di allora, e ha
ripercorso gli ultimi mesi di vita di Casalegno e dei suoi
assassini. Attraverso quasi quaranta testimonianze, tra cui
quelle di Gad Lerner, Ezio Mauro, Diego Novelli, Giancarlo
Caselli, Giampaolo Pansa, Gianfranco Bettin, Diego Benecchi,
Bifo Berardi, Silvio Viale, Renato Nicolini, racconta l'attacco dei
giovani del movimento al Pci, la nascita di Radio Alice, il
trionfo della controcultura. Spiccano figure indimenticabili
come quella di Carlo Rivolta, giovane promessa de "La
Repubblica" stroncato dalla droga, e di Antonio Cocozzello, un
piccolo democristiano che si ritrova incredibilmente nel mirino
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piccolo democristiano che si ritrova incredibilmente nel mirino
del terrorismo.
Marco Crispigni
1977
Manifesto libri
Il Settantasette fu un anno particolarmente caldo nella storia
repubblicana. L'anno della guerriglia di strada e della P38, ma
anche degli indiani metropolitani e di una diffusa creatività
giovanile. Un anno difficile, che si presta a letture controverse.
Questo libro ne ricostruisce il reticolo di eventi: le occupazioni
universitarie, la cacciata di Lama dall'università di Roma, i
blindati che occupano le strade di Bologna, le grandi e violente
manifestazioni, con la loro tragica scia di sangue. Ma non fu
solo politica: nel 1977 l'opposizione sociale e giovanile
esprime una incredibile effervescenza culturale, con le sue
innovazioni nel campo del linguaggio, il fenomeno delle
radio libere, i fumetti di Pazienza, la musica punk e il rock
demenziale.
Giancarlo Feliziani
Lo Schiocco. Storie dalla strage di Brescia
Limina
Giancarlo Feliziani torna ad occuparsi degli anni di piombo
dopo la storia di Guido Rossa, l'operaio ucciso dalle BR in
"Colpire al cuore", mettendo a fuoco una delle stragi
dimenticate di quella nostra epoca che si apre con piazza
Fontana per chiudersi, appunto, con la strage di Brescia. Un
massacro inquinato dalla presenza di depistaggi e imbrogli dei
corpi dello Stato, a partire da quella piazza lavata del sangue
degli otto morti e dei 94 feriti tanto per coprire subito ogni
indizio, ogni traccia di quella micidiale bomba.
Anche la strage di piazza della Loggia a Brescia è una strage
fascista, ma in questo massacro appare ancora più evidente il
ruolo omertoso e deviante dello Stato, a cominciare dalla
presenza di un uomo in divisa, un ufficiale dei carabinieri, che
farà carriera in fretta e lascerà le sue impronte nella lotta
sporca al terrorismo, nella gestione dei “pentiti” di mafia,
perfino nell’industria dei sequestri di persona.
Feliziani ha però un maniera originale di raccontare questa
strage, anche questa a tutt’oggi impunita. Un modo di
accostarsi alla vicenda fatto di rigore ed estrema delicatezza.
Un modo di raccontare che porta alla memoria il lavoro del
cronista di una volta, quando il clamore delle storie era solo un
sottofondo allo svolgersi della ricerca della verità. scelto da
michele
Nanni Ballestrini, Primo Moroni
L'orda d'oro
Feltrinelli
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A fronte di un panorama politico che ha visto crollare in pezzi
il sistema dei partiti e incrinarsi istituzioni fondamentali dello
Stato, diventa difficile guardare a quegli anni con serenità.
Balestrini e Moroni lo fanno.
Anni di piombo, corpi separati dello Stato, terrorismo,
emergenza, eversione, o al contrario: gli anni più belli che ci
sia stato dato di vivere, rivoluzione, modifica radicale del
vissuto quotidiano, utopia, bisogno di comunismo, lotta
armata, rivoluzione sessuale eccetera eccetera. [...]
Come raccontare senza appiccicare definizioni, senza cadere
nelle trappole dell'ideologia, senza gratificare l'avversario di
sempre con la costruzione di mappe e geometrie? Forse
attraverso frammenti. Dentro i sentieri labili della memoria e
lasciando parlare le differenze.
Non una storia quindi, ma un percorso per sollecitare
riflessioni, per sottolineare la felicità e la ricchezza, per aiutare
a cercare le ragioni di una lunga primavera di intelligenze.
Bruno Arpaia
il passato davanti a noi
Guanda
Forse le passioni di un'epoca non possono davvero essere
raccontate a un'altra. Eppure la voce che narra questa storia,
una storia di ragazzi e ragazze che crescono negli anni
Settanta in un paesino del Sud, ha il timbro forte, spericolato e
consapevole, di chi non può più tacere. E il risultato è un
romanzo italiano che affonda le mani nel "buco nero" di quel
decennio senza paura di sporcarsele, senza celebrarlo né
rinnegarlo, raccontando una generazione e un pezzo di storia
dal di dentro, quasi in presa diretta, e allo stesso tempo in un
serrato corpo a corpo con la memoria, propria e altrui. È una
nitida voce corale, quella di Alberto Malinconico, di Angelo
Malecore e dei loro amici. Per loro, il punto di svolta è l'11
settembre, quello del 1973, quando il telegiornale trasmette le
immagini del golpe in Cile: i militari che pattugliano le strade
deserte di Santiago, i carri armati appostati nelle piazze, i
caccia che bombardano La Moneda. Quelle immagini diventano
un'ossessione. Come si fa a non esserne colpiti? Così, in quella
stagione di lotte operaie, di austerità, di battaglie per la legge
sul divorzio, tra le prime ragazze e le bravate con gli amici,
matura la coscienza politica e la voglia di cambiare. E sono i
volantini, i cortei, le interminabili discussioni in sezione, i
concerti rock, le manifestazioni a Roma e a Bologna, gli scontri
con la polizia, i viaggi in autostop a Londra, il vento del
femminismo, la liberazione sessuale. Finché la lotta armata e
la repressione dello Stato non chiudono bruscamente il futuro
verso il quale quei ragazzi credevano che la Storia li
sospingesse. Visti da un paese in provincia di Napoli, quegli
anni sono però anche gli anni della camorra, gli anni dei primi
omicidi politici della malavita organizzata. Alberto e gli altri li
hanno sotto gli occhi, ma a tutta prima non sanno decifrarli:
guardano altrove, loro, guardano lontano, ai grandi movimenti
della Storia... Così alla sconfitta politica si aggiunge anche il
rimorso di non aver capito, di non aver saputo aiutare le
vittime di quella violenza. Ma se sconfitta c'è stata, "non è
chiaro chi abbia vinto davvero la partita" dice la voce verso il
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chiaro chi abbia vinto davvero la partita" dice la voce verso il
finale. "Perché quel 'noi' è rimasto, scava, lascia in giro detriti e
sedimenti." Perché quel passato non è definitivamente alle
nostre spalle, e non la si fa finita con il tempo mai. consigliato
da Michele
Sergio Segio
Miccia Corta
Derive e Approdi
Sergio Segio, il «comandante Sirio», è stato tra i fondatori di
Prima linea, l’organizzazione armata di sinistra attiva negli
anni Settanta che ha contato mille militanti e migliaia di
simpatizzanti.
Nel libro Segio descrive una delle azioni più clamorose e audaci
della lotta armata in Italia: l’assalto al carcere di Rovigo con
cui liberò la sua compagna e altre tre detenute politiche. Il
racconto si snoda in una sola giornata, il 3 gennaio 1982, con
un ritmo incalzante tipico delle migliori sceneggiature di film
d’azione. Ma, oltre al racconto dell’azione che ha
simbolicamente chiuso un’epoca, il libro ripercorre le lotte e i
movimenti degli anni Settanta, descrive le origini della scelta
della ribellione armata, ricorda in dettaglio le stragi fasciste e
le deviazioni istituzionali che contribuirono a innescarla.
Segio scrive che «Gli anni Settanta sono un passato che non
passa. E anche di questo occorrerebbe chiedersi le ragioni e
tentare delle risposte. Non è questo libro la sede, ma pure
spero possa in qualche modo contribuire a porre l’esigenza».
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Lucia Annunziata il suo nuovo libro da Einaudi. a cura di Franco Pavone
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cronaca del 1977
Cronologia del 1977 in Italia
Questa cronologia è stata realizzata da Sébastien Croquet per la propria tesi di
laurea (Université des sciences humaines d' Aix en Provence), L'Autore è curatore
di uno speciale approfondimento sul "settantasette" che trovate a questo link di
Roma Civica
Gennaio
L’inizio dell’anno venne segnato da numerose rivolte nelle prigioni in tutta Italia e
una serie impressionante di evasioni, per lo più di attivisti dei gruppi armati.
Il primo gennaio, durante una rivolta alla prigione di Piacenza la polizia sparò
uccidendo uno dei rivoltosi.
L’indomani, tredici detenuti della prigione di Treviso evasero, tra di loro un
membro delle Brigate rosse. Due giorni dopo, una nuova rivolta scoppiò nel
carcere di Venezia. Il cinque quattri prigionieri evasero dalla prigione di
Fossombrone, il sedici un commando attaccò la prigone di Lecco, liberando tre
prigionieri, il ventitrè le nappiste Maria Pia Vianale e Franca Salerno evasero dalla
prigione di Pozzuoli….
Le organizzazioni terroristiche innescarono la loro politica d’attacco « al cuore
dello stato » con una successione ininterrotta di attentati, tra cui i più significativi
rimasero la distruzione di una caserma dei carabinieri a Monza da parte dei «
Nuclei combattanti comunisti » e il rapimento dell’ armatore genovese Piero Costa
dalle Brigate rosse.
L’anno politico incomiciò il cinque, con la proposizione del presidente del
consiglio, Giulio Andreotti, di bloccare la scala mobile dei salari e di ridurre i
consumi, per diminuire l’inflazione.
La proposta venne respinta in blocco dai sindacati, che firmarono, il venticinque,
un accordo col padronato (Confindustria) sulla riduzione del costo del lavoro (
controllo dell’assenteismo, mobilità della manodopera…ecc ).
Il governo ottenne il voto favorevole del parlamento e abolì, il trenta, una parte
della scala mobile dei salari.
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della scala mobile dei salari.
Nella stessa giornata, vennero arrestate a Napoli settantasette persone dopo
autoriduzioni di biglietti di teatro.
Il quattordici, al teatro Eliseo di Roma, Enrico Berlinguer, segretario del Pci,
propose nel suo discorso al paese, una politica di austerità, invitando ad
appoggiare « la lotta agli sprechi » e a « porre un freno al consumismo individuale
esasperato ».
La settimana seguente, dopo un lungo dibattito, la legge sull’aborto fu approvata
alla camera dei deputati (con, 310 SI e 296 NO), mentre a Catanzaro si aprì il
quarto processo delle bombe di Milano (Bombe di Piazza Fontana, 1969).
Il ventiquattro, a Palermo, gli studenti occuparono la facoltà di lettere contro la
circolare del ministro della pubblica istruzione, Malfatti, del 03/12/1976, che
limitava la ripetizione degli esami.
Questa manifestazione segnò l’inizio dell’escalation di proteste, che poi si diffuse
rapidamente nella maggior parte dei focolai di contestazione studentesca.
Gli ultimi giorni del mese di gennaio, vennero macchiati da due scandali politicofinanziari.
Il ventisette, il parlamento discuse del crac delle autostrade (4000 miliardi di lire) e
l’indomani, il presidente della corte di cassazione di Roma, Carlo Spagnolo, venne
sospeso per avere favorito la fuga del banchiere Sindona dall’Italia.
Febbraio
Il mese di febbraio venne caratterizzato da una cospicua recrudescenza della
violenza.
Il primo, una settantina di neofascisti entrarono nell’università di lettere e
giurisprudenza di Roma, intonando canzoni e slogan, poi spararono su
un’assemblea generale ferendo gravemente uno studente, Guido Bellachioma.
La risposta fu organizzata l’indomani : diverse manifestazioni antifasciste si
svolsero in molte città. Ma fu nella stessa città della vigilia, che i gruppi della
sinistra estrema (l’Autonomia Operaia e gli ex Lc (Lotta continua)) decisero di
assaltare la sede fascista (Msi) del Fronte della gioventù, iniziando una guerriglia
con la polizia durante la quale vennero feriti due studenti e un poliziotto.
Quattro giorni dopo, un gruppo dall’Autonomia commise, sempre a Roma, cinque
attentati contro dei commissariati e delle caserme di carabinieri, mentre il
movimento neofascista «Ordine nuovo» e i servizi segreti misero una bomba nel
treno « Napoli-Brennero », che venne disinnescata dalla polizia.
Dopo una relativa tregua, il quindici le forze dell’ordine arrestarono il nemico
pubblico numero uno, Vallanzasca. L’indagine rivelò che aveva stretti legami col
terrorista neofascista di Ordine nuovo, Pier Luigi Concutelli, assassino del giudice
Occorsio nel luglio 1976.
Il sedici si chiuse a Napoli, il processo dei ventiquattro membri dei Nap con pene
detentive destinate a dare l’esempio.
Lo stesso giorno si aprì a Brescia, quello dei gruppi neofascisti Sam-Ram, accusati
di tentativi di colpo di stato e di preparazione alla guerriglia civile.
Di fronte alla moltiplicazione degli atti terroristici e alla violenza delle
manifestazioni degli studenti, il ministro degli interni, Cossiga, dichiarò su La
Repubblica datata del diciotto, che «…il nostro paese non puo essere trasformato
in un far-west. Chi gira con le armi deve andare semplicemente in galera e
rimanerci ».
Cossiga annunciò tutta una serie di decreti-legge, che permettevano al ministro
dell’Interno di avere il potere necessario per chiudere i cosiddetti « covi » dei
gruppi della sinistra estrema.
Contro ogni evidenza, l’opposizione alla lotta armata non fu l’appannaggio della
destra, difatti circolò un documento firmato da Pdup e Ao , che venne pubblicato
su Il Manifesto datato del venti, che criticava la prospettiva della radicalizzazione
delle lotte.
Nello stesso tempo, il movimento studentesco portò alla ribalta le insufficienze e
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l’arretratezza del sistema educativo, ma anche l’inadeguatezza dei vecchi quadri
legislativi in una società in piena mutazione.
In sostanza, l’opposizione degli studenti, nel mese di febbraio, poteva riassumersi
nel rifiuto categorico e unanime della legge Malfatti e del corteo di riforme che ne
derivava.
Il movimento universitario si strutturò insieme alla diffusione sistematica dei
metodi classici di lotta, cioè la dimostrazione di piazza, i sit-in, l’occupazione di
locali pubblici e talvolta addirittura, lo scontro fisico con la polizia, con i gruppi
neofascisti e all’interno del movimento stesso.
L’otto, la grande maggioranza delle università vennero occupate per opposizione
alla legge Malfatti. Due giorni dopo a Roma, 30000 studenti sfilarono per le stesse
ragioni, la dimostrazione venne seguita da scontri di una violenza inaudita, i
saccheggi e gli assalti alle sede del Msi fecero tre feriti.
La rottura tra il Pci e gli studenti apparve sempre più evidente e profonda.
Il diciassette, il segretario del principale sindacato italiano, la Cgil, Luciano Lama,
venuto per tenere un comizio all’università di Roma, allo scopo di « riportare
l’ordine », fu accolto con slogan ironici, sarcastici, molto pesanti, che sboccarono
su una rissa violentissima tra gli studenti e il servizio d’ordine del sindacato,
congiuntamente a quello del Pci e alla polizia.
Lama fu cacciato dall’università, e infuriato sollecitò manifestazioni di solidarietà,
ma l’appoggio non venne.
Nei giorni che seguirono quest’evento, gli autonomi occuparono le università,
creando diversi collettivi molto contestati dagli « Indiani metropolitani ».
L’indomani, si formarono alcune assemblee in diverse aziende della penisola, per
protestare contro quello che Lama chiamò « nuove forme di fascismo » e che
Enrico Berlinguer definì una settimana dopo, « diciannovismo ».
Simultaneamente uno sciopero generale scoppiò in ventitre università.
Il giorno dopo, fu organizzata a Roma una manifestazione, durante la quale 50000
studenti scesero in piazza per chiedere l’abrogazione della legge Malfatti.
Il mese di febbraio si concluse dalla riunione del Coordinamento nazionale degli
studenti universitari. La confusione totale e la violenza che ressero durante due
giorni, spinsero le femministe e gli « indiani metropolitani » ad abbandonare
l’assemblea, denunciando il vuoto dei dibattiti e l’assenza di contenuto delle
rivendicazioni del movimento, superato secondo loro, dalla violenza e
dall’incomunicabilità.
Sul piano sociale, bisogna notare una nuova ondata di aumenti ( IVA,
carburante..ecc..) e l’ inquietante incremento del lavoro nero, al punto che certi
gruppi autonomi della sinistra operaia non esitarono ad assaltare enti e aziende
per contestare questo fatto e metterlo in piena luce.
L’otto, i sindacati rinunciarono allo sciopero generale in protesta agli aumenti del
4 febbraio.
L’indomani, scoppiò una serie di scioperi selvaggi nelle aziende del NordItalia, per
protesta contro la riduzione del costo del lavoro, condizione sine qua non imposta
dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per la concessione di un prestito.
Le nuove misure per l’ordine pubblico vennero prese il ventuno dal governo. La
rivolta della base del Psi e l’occupazione di molte sedi del partito dagli stessi
socialisti seguirono il venticinque. E infine il giorno dopo, durante l’ultimo
comitato centrale del Pdup, il gruppo politico esplose, scindendosi in quattro
organismi .
Questo stillicidio di eventi lasciò intravedere una grande fragilità delle diverse
forze politiche e partitiche, che si dimostrò drammatica il mese successivo, con la
politica di repressione e la mancanza di mediazione, di cui diedero prova il
governo e le diverse componenti « storiche » dello scacchiere politico.
Marzo
Durante la prima settimana, assistiamo all’accentuazione degli episodi violenti, per
così dire a un vero e proprio « salto di qualità », come venne comunemente
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così dire a un vero e proprio « salto di qualità », come venne comunemente
chiamato l’aggravarsi della situazione.
La violenza raggiunse vertici pericolosi e incontrollabili, tra campi opposti, ma
anche tra le diverse componenti del movimento e della sinistra.
Il due, a Roma nove fascisti del Msi spararono contro gli studenti dell’istituto
magistrale Margherita di Savoia, senza ferire nessuno.
L’indomani, il parlamento e il senato si riunirono per deliberare sull’incriminazione
di due ex ministri, Tanassi e Gui, per lo scandalo (bustarelle) Lockheed. Mentre a
Torino, alcuni studenti della Fgci vennero aggrediti da alcuni autonomi.
I seguenti tre giorni, l’attività contestataria degli studenti si concentrò a Torino,
dove un gruppo di autonomi venne aggredito dal servizio d’ordine del Pci in
riposta alla vicenda della vigilia. Ma il grosso della contestazione si svolse
soprattutto a Roma, dopo la condanna di Fabrizio Panzieri a nove anni di carcere,
per « complicità morale » nell’assassino di un fascista greco.
Il livello e la frequenza degli scontri, incitarono il governo ad applicare nuove
misure antiterroristiche e ad imporre la chiusura dell’universtà di Roma.
Nuovi scandali scoppiarono e dilaniarono il mondo politico. Il sette, il Partito
radicale chiese l’imputazione del presidente della repubblica, Giovanni Leone
(presidente della repubblica dal 1971), che sarebbe stato anche lui coinvolto nello
scandalo Lockheed.
Tre giorni dopo, i ministri e i senatori, votarono il rinvio a giudizio, dinanzi alla
corte costituzionale per corruzione aggravata ai danni dello stato, di due ex
ministri (Tanassi e Gui).
L’undici e il dodici , furono l’apice della rivolta durante il mese di marzo e
addirittura del movimento del 1977.
A Bologna, alcuni studenti del movimento che si presentarono ad una assemblea di
Cl , vennero malmenati, la situazione degenerò in una rissa furibonda e coll’arrivo
dei carabinieri in una guerriglia urbana, nella quale fu ucciso Francesco Lorusso
(membro dal 1972 del gruppo dell’ estrema sinistra, Lotta continua ), colpito alle
spalle da un carabiniere.
Una rabbia fenomenale spinse allora gli studenti a distruggere le vetrine dei
negozi di lusso, ad occupare tutti i luoghi strategici della città, ad assaltare la sede
della Dc, la libreria di Cl « Terra promessa », due commissariati e ad affrontare per
tutta la notte i carabinieri. Gli studenti si rifugiarono alla fine nell’università,
occupandola per tre giorni, prima di essere sgombrati dai carri armati mandati dal
ministro degli intreni, Cossiga.
L’indomani, si tenne a Roma una grande manifestazione con tutti i militanti di Lc e
numerosi simpatizzanti del movimento (±100.000) venuti da tutta l’Italia.
La situazione andò peggiorando, dal momento in cui Cossiga impedì la
manifestazione. Roma si trasformò allora in un campo di battaglia, i manifestanti
distrussero i negozi, assaltando commissariati, l’ambasciata del Cile, la sede del
Popolo, lasciando le strade in uno stato di desolazione.
Lo scatto d’ira si diffuse nel paese, nella stessa giornata a Milano un corteo assaltò
l’Assalombarda, a Torino venne ucciso il brigadiere, Giuseppe Ciotta, a Bologna, la
polizia chiuse manu militari la radio « Radio Alice », la stessa notte tutta una serie
di scontri oppose i carabinieri ai manifestanti.
La repressione che seguì questo micidiale week-end, colpì essenzialmente
Bologna.
Il tredici, i carri armati entrarono nella città, senza nessuna protesta del sindaco
comunista della città, Renato Zangheri.
La polizia chiuse di nuovo Radio Alice, mentre uno dei conduttori della radio,
Franco Berardi detto « Bifo », fu costretto a fuggire.
Il Pci nell’ottica della politica del compromesso storico sostenne apertamente la
polizia e l’azione repressiva del governo.
Il giorno dopo, il martedì quindici, la Dc propose di adottare il « fermo di pubblica
sicurezza », che permise alla polizia di arrestare qualsiasi sospetto.
A Bologna, l’indomani, all’appello per la manifestazione « contro la violenza »
indetta dalla Dc insieme al Pci, 150.000 persone sfilarono nelle strade della città (Il
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indetta dalla Dc insieme al Pci, 150.000 persone sfilarono nelle strade della città (Il
Pci si alleava con la Dc perchè era convinto che a Bologna, fosse in atto un «
complotto » per affossare il compromesso storico, creando una frattura tra Dc e
Pci. I comunisti si facevano più che mai il partito garante dell’ordine).
Di fronte a questa manifestazione, fu peraltro organizzata una «
contromanifestazione », con un corteo di 15.000 persone.
La rivolta urbana e giovanile assumeva proporzioni notevoli negli ultimi giorni del
mese, insieme all’incremento del malcontento degli operai che derivava verso
forme di lotte sempre più radicali.
Come per esempio durante i violenti scontri di Milano e di Napoli, che seguirono
uno sciopero generale organizzato dalle confederazioni sindacali, per chiedere il
rilancio degli investimenti nel mezzogiorno e contro la disoccupazione.
Dopo una lunga trattativa, Berlinguer e i sindacati cedettero, il trenta marzo, alle
pressioni del Fmi (Fondo monetario internazionale), per la concessione di un
prestito « simbolico » e firmarono un accordo col governo allo scopo di ridurre il
costo del lavoro.
Aprile
Il mese di aprile segnò l’esordio dell’ondata terroristica che non cessò di
amplificarsi fino al 1979.
Gli attacchi terroristici contro i simboli dello stato, contro i neofascisti, contro le
rappresentazioni del capitalismo si moltiplicarono in modo giornaliero e
appesantirono il dibattito civile e la rivolta sociale.
Resero sempre più difficile ogni contestazione, anzi impedendo ogni
manifestazione antagonista e contestataria dei movimenti di massa.
In effetti i primi giorni, vennero segnati dall’onnipresenza sulla scena mediatica dei
gruppi terroristici. Il quattro aprile le Brigate Rosse liberarono l’industriale Costa,
rapito all’inizio del mese di gennaio, contro un riscatto di un miliardo di lire.
L’indomani venne rapito il figlio dell’ex segretario del Psi, Guido De Martino a
Napoli. Questo rapimento coinvolse tutta la classe dirigente.
Dopo Bologna e Padova, l’ondata di repressione colpì anche Firenze : decine di
arresti, perquisizioni domiciliari vennero effettuati nell’ambiente dell’estrema
sinistra.
I germogli di una guerra urbana si svilupparono, man mano che l’intensità degli
attentati aumentò. I gruppuscoli della sinistra rivoluzionaria, ma anche quelli della
destra neofascista seminarono il terrore e la confusione principalmente a Roma,
ma anche in altre città .
Il sei, si svolse a Milano, la prima assemblea di « Dissidenza sindacale », con la
netta volontà di alternativa alla politica di « collaborazione e di sostegno », della
Cgil e degli altri sindicati alla coalizione governativa.
L’indomani, l’ufficio privato di Cossiga a Roma, venne distrutto da una bomba.
Il carabiniere che aveva ucciso un militante fiorentino nel 1975, fu condannato a
otto mesi di prigione, una pena che venne vissuta come un’ingiustizia
nell’ambiente della sinistra autonoma.
Il Fmi accettò le garanzie italiane e concesse il sedici, un prestito di 500 milioni di
dollari al governo. La Cee prestò esattamente la stessa somma due giorni dopo.
Il ventuno, gli studenti di Roma occuparono quattro università per protestare
contro la riforma Malfatti. La polizia intervenne energicamente per sgomberarli.
Violentissimi scontri seguirono l’arrivo delle forze dell’ordine, nei quali furono
feriti militari, studenti, una giornalista americana e soprattutto, vennero ucciso un
poliziotto, Settimo Passamonti, raggiunto al cuore da una pallottola di « P38 ».
Nella stessa giornata, a Milano, Firenze e Bologna si assisté a una serie di
esplosioni e alcuni sequestri di docenti.
In conseguenza, il ministro degli interni, Francesco Cossiga, proibì ogni
manifestazione pubblica per un mese e chiese nuove misure per lottare contro il
terrorismo. Le università persero il loro statuto di zone franche.
A richiesta dei sindacati, quattro giorni dopo, Cossiga ritornò sui propri passi e
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autorizzò le manifestazioni programmate del primo maggio.
Il martedì ventisei, la radio romana dell’autonomia, Radio città futura venne
denunciata per istigazione a delinquere.
Il giovedì seguente, le Brigate rosse uccisero il presidente degli ordini degli
avvocati, Fulvio Croce, che era incaricato di costituire un collegio per la
preparazione del processo di membri delle Br, che così restò bloccato.
Infatti, alcuni giudici popolari si rifiutarono di far parte della giuria.
Gli ultimi due giorni del mese, venne organizzato a Bologna il secondo
coordinamento nazionale degli studenti universitari, il quale apparve meno caotico
e violento del primo, tenutosi il ventisei e il ventisette febbraio.
Alla fine, venne approvata una mozione, nella quale gli studenti affermarono che il
movimento doveva rifiutare : « sia lo scontro contro l’apparato miltare, sia
riprendere un posto all’interno delle istituzioni del movimento operaio ». Il
movimento si oppose al compromesso storico, considerandosi come forza
dell’opposizione, ma nello stesso tempo rifutò la radicalizzazione per quanto
concerne lo scontro. Gli autonomi si ritrovarono così conseguentemente isolati.
Maggio
Le celebrazioni del primo maggio si svolsero ovunque in un clima di forte
tensione.
A Roma, Padova e Milano, degli scontri opposero gli autonomi da una parte e
dall’altra la polizia e il servizio d’ordine sindacale : vennero feriti più o meno
duecento giovani.
Due giorni dopo, si aprì a Torino il processo delle Brigate rosse, che finì prima di
cominciare. Fu rimandato sin dalla prima udienza, la maggior parte dei giurati,
terrorizzati dalle minacce delle Br, non essendosi presentati al tribunale.
Nella stessa settimana, vennero promulgate misure speciali dopo la recrudescenza
degli incidenti nelle carceri. La conseguenza immediata fu una serie di rivolte e di
sequestri, nei giorni seguenti in alcune prigioni del NordItalia.
Il governo si dedicò alla repressione contro i simpatizzanti della sinistra
extraparlamentare e degli ambienti autonomi.
Il sei, vennero arrestati a Bologna, Diego Benecchi e Bruno Giorgini, tutti e due
leader dell’Autonomia, accusati entrambi di apologia di reato e di istigazione a
delinquere.
L’indomani, sempre a Bologna, furono effettuate molte perquisizioni a librerie,
riviste e giornali di movimento, mentre a Verona venne arrestato l’editore Giorgio
Bertani, trovato in possesso di una pistola lanciarazzi.
Qualche giorno dopo, il dodici, durante una manifestazione, proibita dal governo,
svoltasi a Roma e indetta da Lc, Ao-Pdup e la Fgsi per l’anniversario della vittoria
nel referendum sul divorzio, la polizia intervenne e il pacifico raduno (sit-in) si
trasformò in una guerriglia urbana, durante la quale fu uccisa una ragazza di 19
anni, Giorgiana Masi , colpita alla schiena.
Cossiga negò in parlamento la presenza di squadre speciali e annunciò nuove
misure antiterroriste (condanna all’ergastolo per gli autori di attentati), ma il
quotidiano romano « Il Messaggero » pubblicò delle foto di poliziotti in borghese,
che contraddissero così, le parole del ministro degli interni.
Dei disordini scoppiarono nei giorni successivi, a Milano, Torino, Venezia,
Bergamo, Napoli, Bologna, Firenze e altre città. Durante i tafferugli successi
capitale lombarda, venne ucciso il brigadiere Antonio Custrà, dopo uno scontro
con dei membri di « la Spesa proletaria » , mentre stavano assalendo un
supermercato.
Il quindici, venne liberato Guido De Martino, dopo tre settimane di sequestro,
senza che fosse elucidato « il mistero » del suo rapimento.
Il mese di maggio si concluse con una serie di eventi di una gravissima portata,
sul piano della sicurezza, il diciannove, coll’attentato esplosivo nella metropolitana
di Milano, che venne rivendicato da Prima Linea. Ma anche sul piano politico e
democratico, quando l’indomani, quattro deputati radicali che avevano lanciato un
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democratico, quando l’indomani, quattro deputati radicali che avevano lanciato un
appello per l’organizzazione di una manifestazione il dodici maggio, furono
minacciati di finire sotto processo. Poi, sul piano economico e sociale, quando il
ventotto, i sindacati dichiararono che la situazione (già catastrofica con più di due
milioni di disoccupati) stava per peggiorare nei mesi seguenti.
Ma il danno che screditò più gravemente la classe dirigente nel suo insieme, fu
l’apertura, il trenta, a Roma del processo del principe fascista, Junio Valerio
Borghese (tentativo di golpe nel 1970), in cui si trovarono, tra gli imputati ; dei
generali, dei deputati, dei carabinieri e dei membri dell’apparato poliziesco.
Giugno
Il primo, le Brigate rosse spararono nelle gambe del vice direttore del giornale «
Secolo XIX », poi l’indomani colpirono a Milano Indro Montanelli, uno dei decani
del giornalismo italiano, direttore del « Giornale nuovo ».
Fu l’inizio di una lunga serie in cui vennero feriti dodici giornalisti, imprenditori,
uomini politici, medici.., sempre colpiti alle gambe, i « gambizzati ».
Il lunedì sei, Luciano Lama venne riconfermato segretario principale della Cgil,
durante il congresso del sindacato tenutosi a Rimini, malgrado la sua ultima
disavventura all’università di Roma.
Il martedì, allo stesso congresso, il socialista Agostino Marianetti, fu nominato
segretario aggiunto.
Lo stesso giorno, il senato bocciò, al contrario di quanto aveva fatto Palazzo
Montecitorio, la legge sull’aborto.
Il nove, un « commando contro il lavoro nero » distrusse una libreria a Roma.
Parecchie vicende dello stesso genere accaddero durante tutto l’anno, in fabbriche,
aziende.. che vivevano del lavoro nero. I gruppi che combattevano per un
risanamento del mondo del lavoro, furono numerosi e sempre vicini alla sponda
sinistra del movimento.
L’indomani, in tutte le città, si svolsero manifestazioni indette dalle donne (20.000
femministe manifestarono a Roma), per protestare contro la decisione del senato e
a favore della legge sull’aborto.
Il diciotto, il congresso della Cisl si chiuse con la vittoria della sinistra in questo
sindacato tradizionalmente vicino alla Dc.
Due giorni dopo, degli scontri alla facoltà di Cagliari, opposero autonomi e
militanti del Pci. Durante il mese di giugno, l’azione politico-militare di alcuni
gruppi della estrema sinistra con le stesse ideologie di Ao, distrussero vari
magazzini delle grandi imprese (Marelli, Siemens), assaltarono queste aziende e
ferirono dei dirigenti, dei presidi di facoltà…
Uno dei capi delle Br, Renato Curcio, venne condannato a sette anni di prigione per
porto d’armi.
Il senato approvò le decisioni del governo di chiudere i « covi » dell’Autonomia e il
divieto di portare durante le manifestazioni, ogni mezzo di protezione che potesse
impedire l’indentificazione dei manifestanti.
Il venerdì ventiquattro, per la prima volta dalla fine della guerra, i dirigenti dei
partiti dell’«arco costituzionale» si incontrarono per firmare il nuovo programma di
governo.
Nello stesso momento scoppiarono violentissimi scontri a Padova, tra poliziotti e
manifestanti, dopo la condanna a due anni di carcere di un autonomo.
Il ventinove, i sei partiti dell’ « arco costituzionale » firmarono l’accordo sul
programma di governo, che definiva i punti importanti per quanto concerneva
l’ordine pubblico (arresto preventivo), l’economia, le nomine dei dirigenti del
settore pubblico.
Apertura, il lunedì seguente, del processo dei 17 operai dell’Alfasud per avere
partecipato agli scioperi selvaggi del febbraio 1976, mentre alla prigione d’Asti
evasero dieci detenuti tra cui tre militanti del gruppo clandestino « Nap ».
Degli incidenti scoppiarono a Torino e Cassino, in cui fu colpita la Fiat. Vennero
seguiti da fatti simili l’indomani.
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Il mese di giugno si concluse con una serie di attentati che travolse il paese e che
colpì una decina di città. Il più significativo ebbe luogo a Firenze, quando i fascisti
uccisero la guardia giurata Remo Petroni, che li sorprese mentre stavano
preparando una bomba.
Luglio
Durante il mese di luglio alcuni intellettuali francesi (tra cui Jean-Paul Sartre,
Michel Foucault, Félix Guattari, Gilles Deleuze, Roland Barthes ed altri ) redassero
un appello contro «la repressione che » si stava « abbattendo sui militanti operai e
sui dissidenti intellettuali in lotta contro il compromesso storico», che provocò una
polemica con gli intellettuali comunisti e divise il mondo culturale italiano per
l’intera estate.
Per il resto, anche se la frequenza degli attentati diminuì, non si deve perdere di
vista che i gruppi clandestini, sia di destra, che di sinistra non cessarono le loro
azioni (rapimenti, bombe, attentati alle persone, alle sede di partiti e di aziende)
in tutta Italia (i focolai più vivaci si concentrarono a Roma, Bologna, Milano,
Firenze) e in modo quasi quotidiano.
Il primo luglio, a Roma una pattuglia della polizia uccise uno dei capi dei Nap,
Antonio Lo Muscio, e arrestò Maria Pia Vianale e Franca Salerno. L’inchiesta che
seguì, stabilì che la pallottola che aveva raggiunto Lo Muscio alla testa era stata
sparata a bruciapelo, mentre stava a terra.
Tre giorni dopo, i sei partiti dell’arco costituzionale (Pci, Dc, Psi, Pri, Pli, Psdi)
ratificarono l’accordo sul progamma del governo.
Il venerdì otto, a Roma, le Unità comuniste combattenti uccisero, per errore, lo
studente Mauro Amati. La vittima designata era l’agente di custodia Domenico
Vellutto.
Lo stesso giorno uno sciopero generale venne organizzato in Calabria, per
protestare contro la crisi del mezzogiorno.
Il martedì dodici, la legge sulla riconversione industriale fu adottata.
Il venerdì della stessa settimana, la camera approvò (con i voti di Dc, Pci, Psi, Psdi,
Pli e Pri ) il programma del « governo delle astensioni », cioè l’accordo firmato dai
partiti politici, a guida poltica Dc, appoggiato dall’esterno dai partiti dell’arco
costituzionale.
Due giorni dopo, i Nap sequestrarono undici custodi alla prigione di Trani,
creando così una rivolta, mentre i « nuclei armati d’azione rivoluzionaria » fecero
esplodere delle bombe nelle prigioni in costruzione di Firenze e di Livorno.
Gli ultimi giorni del mese di luglio, vennero segnati dall’abbassamento
dell’impegno politico e rivendicativo del movimento studentesco, a favore
dell’accrescimento, tanto sul piano quantitativo, quanto su quello qualitativo,
dell’azione armata.
Agosto
Il mese di agosto mette in piena luce i dissensi che lacerano il mondo sindacale e
la drammatica difficoltà a seguire una linea politica, in cui la base non si senta
abbandonata o più semplicemente nella quale non vengono rappresentati i propri
interessi.
In effetti, il quattordici durante l’ottavo congresso della Cisl a Roma, Macario e
Carniti criticarono il « compromesso storico », per loro frutto di una politica «
stabilizzante ».
E il ventinove, durante il settimo congresso Uil , Benvenuto criticò severamente
l’atteggiamento del sindacato che per lui avrebbe dato « prova di lassismo e
immobilismo » di fronte ai problemi, credendo di risolverli in sede politica.
Tre giorni dopo, la legge n°533 fu adottata. Permise fra l’altro l’arresto di persone
con caschi, sciarpe o qualunque mezzo « atto ad impedire il riconoscimento della
persona ».
La politica repressiva proposta da Cossiga sembrò raccogliere un numero di
simpatizzanti sempre più importante nei ranghi del parlamento, anche a sinistra.
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simpatizzanti sempre più importante nei ranghi del parlamento, anche a sinistra.
La fuga a Roma, la settimana successiva, del nazista, Kappler, suscitò una
profonda indignazione sui giornali della sinistra.
Molti vuoti e molti dubbi rimasero sulla ricostruzione dell’evasione, lasciando
intravedere una partecipazione delle forze di polizia. Vennero sospesi alcuni
agenti, ma l’inchiesta non chiarì nulla.
Nel giro di qualche giorno, il paese conobbe un altro scandalo di grande
importanza, quando il giovedì venticinque, venne arrestato il sottosegretario agli
interni, Zamberletti, con la pesante accusa di truffa, dopo le rivelazioni sullo
scandalo della ricostruzione che seguì il terremoto del Friuli.
Ispirato dalla filosofia hippie, ma anche in stretto legame con la realtà dei pericoli
delle nuove forme di energie e con la politica di risparmio e di ricerche in questo
dominio, nacque la domenica ventotto, il « Movimento antinucleare », con una
manifestazione alla centrale di Montalto di Castro.
Si oppose al piano nucleare, che prevedeva la costruzione di quattro centrali e di
quattro altre in caso di necessità.
Settembre
Zamberletti, arrestato qualche giorno prima, scelse di dimettersi durante il
consiglio dei ministri del giovedì otto. Finì sotto processo dopo le accuse del 25
agosto.
Durante il processo di Catanzaro (strage di Piazza Fontana), Mariano Rumor
sconcertò l’aula, ma anche l’opinione pubblica col suo atteggiamento molto
ambiguo e la sua deposizione che era contraddittoria con quelle di Andreotti,
Tanassi, Zagari, Miceli…
Questo processo segnò la fine politica di Rumor e mise in piena luce i rapporti
oscuri tra politica, servizi segreti e ambienti della destra estrema durante i
cosidetti « anni della tensione » o del fantomatico « golpe ».
Dal ventitrè al venticinque, si svolse a Bologna il convegno degli studenti « contro
la repressione » .
Il Pci, che aveva rinunciato da poco alla teoria del « complotto », ammise
timidamente che non aveva affrontato convenientemente il movimento del
settantasette, accettò e accolse (pasti, alloggi, diritto di parola..) il convegno nella
città-simbolo del comunismo italiano.
Furono presenti 100.000 giovani di tutte le componenti del movimento,
dall’autonomia più dura ai partiti della nuova sinistra e agli indiani metropolitani.
Le ali più politicizzate, si confrontarono e a volte si scontrarono, anche fisicamente
nel corso dell’assemblea al Palazzetto dello sport.
Il settarismo imperò durante tutto il convegno. L’autonomia, che respinse le
proposizioni delle altre componenti (Mls, Ao, Lc), si isolò e impedì al movimento di
darsi prospettive politiche coerenti e unanimi.
Contrariamente alla confusione e all’assenza del dibattito politico, il clima di
fraternità, di gioia e di creatività (animazioni, diffusione di riviste e volantini,
teatro controculturale, momenti « ludicocreativi »…) che si sparse nelle strade
della città segnò l’inizio di una corrente che ebbe un’eredità molto diffusa in Italia
(ecologia, antinuclearismo, numerose riviste tra cui « Il Male » e gruppi come gli «
Skiantos »…).
Ma questo convegno simboleggiò soprattutto la fine politica del movimento e
l’inizio del « riflusso », come venne chiamato l’abbandono dell’impegno dalla più
grande parte dei simpatizzanti e attivisti del movimento studentesco del ’77 e
anche di un’intera generazione di lotte operaie e sociali incominciata negli anni
sessanta.
Un terribile sentimento di delusione colpì i seguaci del convegno, alcuni dei quali
raggiunsero i gruppi clandestini e la lotta armata, ed altri affondarono nella droga
.
La delusione si mescolò alla tristezza, quando nella serata del venerdì trenta,
venne assassinato a Roma un militante di Lotta continua, Walter Rossi, da un
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gruppo di fascisti della sezione di via delle Medaglie d’Oro.
Questo evento ravvivò le tensioni tra la destra estrema (neofascista) e la sinistra
extraparlamentare e autonoma.
Ottobre
Tra le numerose manifestazioni antifasciste e di protesta per l’uccisione di Walter
Rossi, quella che si svolse l’indomani a Torino, si trasformò in una vera caccia
contro i militanti del Msi e più genericamente contro tutti i simpatizzanti della
destra estrema, durante la quale morì Roberto Crescenzio, un giovane studente di
22 anni, rimasto prigioniero delle fiamme nell’incendio del bar « L’Angelo Azzuro
», devastato dagli autonomi.
Le confederazioni Cgil, Cisl e Uil invitarono i lavoratori a sospendere il lavoro per
quindici minuti, in segno di protesta e di lutto, in concomitanza con il funerale del
giovane studente torinese.
Centomila persone seguirono il funerale di Walter Rossi, in un clima di grande
tensione, in cui venne ferito un agente di polizia e vennero incendiate diverse
automobili.
Grazie al voto favorevole del Pci e all’astensione del Psi, fu adottato, il cinque, il
piano per l’energia, che prevedeva la realizzazione di quattro centrali nucleari per
evitare il deficit energetico.
Nel mese di Ottobre sorse a Ivrea, « Rinascita piemontese » di Umberto Bossi
(influenza regionalismo autonomo), che sboccherà negli anni ottanta su «
Lombardia autonomista ».
Di fronte alla valanga di scandali nei quali vennero coinvolti i servizi segreti, lo
stato iniziò un risanamento di questo settore, varando il ventiquattro, una riforma
che prevedeva che entro il 22 maggio del 1978, dovessero essere sciolti tutti i
vecchi servizi.
Novembre
A Mosca, il due novembre, per il 60° anniversario della rivoluzione, Berlinguer
allora segretario del più importante partito comunista occidentale, rivendicò il «
diritto del proprio partito a seguire i principi dell’eurocomunismo », ma anche il
fatto che « il Pci si » batté « per un socialismo che » garantisse « l’esistenza di
diversi partiti, il pluralismo e tutte le libertà.. ».
Il dissidio tra i leader sovietici e i rappresentanti del comunismo occidentale e
soprattutto italiano, venne in piena luce.
Quattro giorni dopo, in una intervista a « La Repubblica », Ugo La Malfa chiese
l’ingresso del Pci al governo.
L’indomani, con un provedimento di polizia vennero chiusi, a Torino il circolo
«Cangaçeiros» e a Roma, le sedi dell’autonomia di «Via dei Volsci» e di «via Donna
Olimpia».
Ma la politica di repressione non dissuase i gruppi armati, anzi li incitò a
perseguire la loro lotta contro il potere capitalistico, nello stesso tempo
onnipresente e invisibile.
Ed è secondo questa logica, che il mercoledì sedici, il vicedirettore della « Stampa
», Carlo Casalegno, venne ferito gravemente da quattro pallotole sparate dalle Br.
Morì tredici dopo, e sulla stampa italiana si parlò di « salto di qualità » della
violenza, perché questa volta i terroristi delle Br non avevano mirato alle gambe.
L’ultimo sussulto del movimento avvenne il ventitrè, quando si riunì a Roma per
decidere di partecipare alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici,
programmata il 2 dicembre.
Ma una volta di più gli autonomi romani si isolarono, organizzando la loro
dimostrazione, mentre le femministe e una parte di Lotta Continua scelsero di
associarsi alla manifestazione del Flm .
Il ventotto, a Bari, in piazza Massari un commando fascista uccise a coltellate un
giovane comunista, Benedetto Petrone.
L’indomani, ventimila persone scesero in piazza per denunciare l’omicidio, molte
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L’indomani, ventimila persone scesero in piazza per denunciare l’omicidio, molte
vetrine furono spaccate e la sede missina venne devastata.
Dicembre
La manifestazione dei metalmeccanici organizzata dalle tre confederazioni
sindacali, Uil, Cgil, Cisl si svolse come previsto il due a Roma.
I sindacati e i dimostranti chiesero una svolta politica e la soluzione ai problemi
che il governo non aveva saputo risolvere durante l’intero anno, anzi che si erano
aggravati, lasciando il paese in una situazione di grave crisi.
Tanto sul piano sociale (gli attentati, il blocco della scala mobile dei salari…),
quanto sul piano economico (il tasso dell’inflazione e il debito pubblico che
scoraggiarono ogni tentativo di rivendicazioni e di negoziati sindacali…), ma
anche politico (i numerosi scandali, il compromesso storico). Il che inquinò la vita
politica, riducendo il suo scenario ad un unico conglomerato, che facilitò la
collusione e il clientelismo partitico, un male italiano ricorrente sin dall’Unità .
Gli ultimi giorni dell’anno vennero macchiati da eventi di una rara violenza nella
storia repubblicana dell’Italia ( bombe e assalti contro le sede del Msi, di parecchie
multinazionali, delle prigioni in costruzione, di alcuni giornali e a volte addirittura
contro i loro giornalisti).
Alcuni omicidi furono perpetrati contro dei giovani simpatizzanti della sinistra
estrema, ma anche contro quelli dell’altra sponda dello scacchiere politico .
Questa serie di attentati lasciò presagire la stagione drammatica che stava
arrivando e si amplificò nel 1978.
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bibliografia
contribuite a costruirla a benficio di quanti desiderano fare una proposta di lettura
in libreria
- AA.VV., La Strage di Stato, Samonà e Savelli, Roma, 1970
- Franco "Bifo" Berardi, Il sapiente, il mercante, il guerriero, Derive Approdi, 2004
- Franco "Bifo" Berardi, Dell'innocenza. 1977: l'anno della premonizione, Ombre
corte 1997
- AV, L'uno 1977 un anno di passioni Baldini e Castoldi 1997
- Capanna Mario, Movimento Studentesco, crescita politica e azione rivoluzionaria,
Edizioni
Sapere, Milano 1968
- Capanna Mario, Formidabili quegli anni, Rizzoli, Milano 1988
- Capanna Mario, Lettera a mio figlio sul Sessantotto, Rizzoli, Milano 1998
- Camilla Cederna, Pinelli. Una finestra sulla strage, Feltrinelli, Milano, 1971
- Giovanni Fasanella e Grippo Antonella I silenzi degli Innocenti, Rizzoli, 2006
- Primo Moroni e Nanni Balestrini, L'ORDA D'ORO, SugarCo 1988. Feltrinelli
- Sandro Provvisionato, Anni di piombo: parte male il dibattito sul superamento in
Misteri d'Italia 97, 2005
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- Paolo Persichetti, Esilio e Castigo, 2006 ed. La Città del Sole
- Toscano Salvatore, A partire dal '68, Mazzotta, Milano 1978
- Tobagi, Walter, Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in
Italia; Milano: Sugar, 1970
- Richard Gardner, Mission: Italy. Gli anni di piombo raccontati dall'ambasciatore
americano a Roma. 1977 - 1981 Mondadori
-Franco Berardi "Bifo", 1977 l'anno in cui il futuro incominciò, FANDANGO 2002
- Pablo Echaurren, Claudia Salaris Controcultura in Italia 1966-1977 Bollati
Boringhieri 1999
- Il desiderio dissidente. Antologia della rivista "L'erba voglio" (1971-1977) a cura
di Lea Melandri, Baldini e Castoldi 1998
- Brambilla Michele,L'eskimo in redazione.Quando le Brigate Rosse erano
sedicenti.Bompiani
- Attlio Mangano, L'anno della rivolta. Unità di classe per più potere. M&B
Publishing
- Paolo Signorelli, professione imputato, Ed. Sonda
- Luciano Lanza, Bombe e segreti.Piazza Fontana 1969 Ed. Eleuthera 1997
- Sergio Zavoli, la notte della repubblica, Elleu Multimedia
- Maurizio Torrealta, La trattativa. Stato e mafia: dialogo a colpi di bombe
Ed.Riuniti 2002
- Francesca Mambro, IL BACIO SUL MURO E ALTRE STORIE, ed. Sperling Pbk. 200003
- IL TERRORISMO E LE SUE MASCHERE L'uso politico delle stragi, ASSOCIAZIONE DI
FAMILIARI VITT
Editore PENDRAGON
- CERVI MARIO, MONTANELLI INDRO,L'ITALIA DEGLI ANNI DI PIOMBO, Ed. Rizzoli
2001
- AV, L'ITALIA DELLE STRAGI. VOL.I da Portella delle Ginestre alla strategia della
tensione Editore MINOTAURO 2001
- AV, L'ITALIA DELLE STRAGI. VOL.II,L'Italicus, Bologna, il caso Moro, Ustica:
relazione della Comm. Stragi Editore MINOTAURO 2001
- CUcCHIARELLI PAOLO, GIANNULI ALDO, LO STATO PARALLELO,L'Italia nei
documenti della Commissione Parlamentare sulle Stragi. Editore GAMBERETTI 2005
- Giovanni Pellegrino, LUCI SULLE STRAGI, Editore LUPETTI 2001
- Daniele Del Giudice,Marco Paolini, I-TIGI CANTO PER USTICA Emozione e
passione civile in un evento televisivo. Einaudi
- AMNESTY INTERNATIONAL, STRAGI IMPUNITE, Ed, SONDA
- Ugo Maria Tassinari,FASCISTERIA,I protagonisti, i movimenti e i misteri
dell'eversione nera in Italia Prezzo Editore CASTELVECCHI
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- Concetto Vecchio, Ali di Piombo, Ed. Rizzoli
- Marco Crispigni, 1977, Manifesto Libri
-Berardi-Bridi, 1977, Fandango
-Bianchi-Caminiti, Settantasette, Deriveapprodi
-Zavoli, La notte della Repubblica, Mondadori
-Crainz, Il paese mancato, Donzelli
-Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, Einaudi
-AA.VV., Alice è il diavolo, Shake
-Grandi, Insurrezione armata, Rizzoli
-Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, Sperling
-Pollini, I Settanta, Bevivino
-Rossanda-Moretti, BR una storia italiana, BCDalai
-AA.VV., Gli autonomi, Deriveapprodi
-AA.VV., Mi dichiaro prigioniero politico, Einaudi
-Boraso, Mucchio selvaggio, Castelvecchi
-AA.VV., La mappa perduta, Sensibili alle foglie
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