Intervento Schillaci

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Intervento Schillaci
2a GIORNATA DIOCESANA PER LA CUSTODIA DEL CREATO Pineta di Randello – 19 ottobre 2914 4a tappa. Salute della Città e della Campagna. di Giampaolo Schillaci1 Il documento datato 15 giugno 2014 a firma della Commissione Episcopale per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace e della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo, pur breve, si rivela una miniera di spunti di riflessione. Oltre alle numerose citazioni di Papa Francesco, parla di giardino violato, di inquinamento, di sobrietà e di stile di vita, di disastri ecologici e di denuncia nei confronti di chi viola l’armonia del creato. Sono queste, trascurandone altre non meno importanti, le parole chiave che guideranno le riflessioni che seguono. Esse vorranno presentare una tesi per la quale i grandi disastri siano contenuti in partenza nella stessa essenza della tecnologia più perfetta, in quanto comunque soggetta a imposizioni economiche e a distorsioni della morale. E su come proprio l’area in cui viviamo può incarnare stili di vita improntati alla sobrietà e ai valori umani che possono costituire riferimento per tutto il mondo evoluto, se soltanto noi che la abitiamo ne saremo consapevoli per primi, attenti tutori e convinti promotori. Da queste consapevolezze, se condivise, nasceranno o dovranno nascere comportamenti conseguenziali. Per prima cosa, desideriamo condividere le osservazioni contenute nel documento dell’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE Italia), che invita a riconoscere la centralità del binomio Ambiente e Salute e comincia con una dichiarazione che facciamo nostra: L’ambiente nella sua accessione più completa e complessa – comprensiva di stili di vita, condizioni sociali ed economiche – è un determinante fondamentale per il benessere psicofisico e quindi per la salute delle persone e delle popolazioni. Entrando nel merito annunciato, ecco uno dei primi disastri registrati nel comparto chimico nel mondo, altrettanto annunciato: Bhopal, India, ultime ore della notte del 2 dicembre 1984. Da una fabbrica di isotiocianato di metile ampiamente usato nell’industria degli agrofarmaci, considerata sicurissima nel 1969 al momento della costruzione, il progressivo abbandono per ragioni di scemata convenienza economica porta al deterioramento dei presidi di sicurezza, sino a provocare, complice una manovra errata, la fuoriuscita di una nube tossica, che ancora oggi provoca morti. Adeguate misure di sicurezza erano state prese invece nello stabilimento ubicato in Virginia (Stati Uniti). 1
Professore Ordinario presso l’Università di Catania. Laureato in Agraria e Agronomo, insegna Meccanica Agraria, Meccanizzazione Agricola e Organizzazione del Lavoro. Al momento è Assessore “tecnico” (non designato da aree partitiche) presso il Comune di Scicli (deleghe all’Unesco, Cultura, Turismo, Sport, Manutenzione e Autoparco, Rifiuti Zero). Per elezione all’unanimità rappresenta il sito Val di Noto nell’ambito del Comitato esecutivo del Coordinamento Unesco Sicilia (C.UNE.S), che riunisce i 43 Comuni Unesco presenti in Sicilia. Ritenuto esperto in mobilità non motorizzata e in particolare nel riuso delle ferrovie dimesse, ha ricoperto e ricopre ruoli nazionali, regionali e locali nell’ambito della Federazione Nazionale Amici della Bicicletta, aderente all’ECF (European Cyclists Federation). Esperto presso l’Ufficio della Pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Ragusa. Dunque, l’obsolescenza economica, condita da un pesante velo di razzismo provoca il degrado di un impianto ritenuto sicurissimo, morte, inabilità e atroci sofferenze di migliaia di persone, e si ripercuote ancora oggi. Solo nell’India degli anni ’80, povera e sfruttata? A trent’anni di distanza dal 10 luglio 1976 una ricerca scientifica dimostra che si continua a morire a causa della nube tossica che alle ore 12.37 si sprigiona dalla Meda, in Brianza, una “innocua” fabbrica di profumi e disinfettanti ospedalieri. La più pericolosa delle diossine, classificata dall’OMS come “carcinogeno di classe 1”, invade l’aria di Seveso. Dunque, il tutto per un guasto imprevisto e per una manovra di “sicurezza” che ha provocato la rottura di parti di tubazione in pressione. Un guasto in un impianto “innocente” provoca deserto e morte per decine di anni. Le “disgrazie” imputabili alle diossine nella storia dei disastri della chimica mondiale sono tantissime, ma in realtà nessuna è stata imprevedibile, sono tutte dovute a diseconomie nelle manutenzioni – che inevitabilmente si verificano a fine ciclo economico di uno stabilimento o di un processo produttivo, oppure per colpevoli ignoranze o sottovalutazioni che purtroppo sfuggono ad ogni possibile controllo, oppure ancora per comportamenti delittuosi, altri quantomeno colposi, che vengono scoperti dopo che il danno è fatto. Fra le contaminazioni ambientali famosa ed emblematica quella di “Love Canal”, 1978 e, purtroppo, l’Italia contribuisce ancora con il caso Ilva di Taranto. Per le derrate alimentari: Belgio, polli alla diossina (1999), numerosi casi di mangimi contaminati (Germania, 2003 e altri), addensanti in yogurt e altri alimenti (2007), eccetera. Cambiando soggetto il risultato non cambia. Nel 1986 chi in Europa aveva bimbi piccoli si trovò lanciato in una inimmaginabile emergenza, quella di reperire latte non contaminato dalla nube radioattiva di Cernobyl, ubicata in Ucraina, a migliaia di chilometri di distanza dall’Italia. Incidente catastrofico classificato con livello 7, fu ascritto “a problemi nella struttura e nella progettazione, e nell’errata gestione economica e amministrativa”. Incredibilmente, la situazione precipitò per effetto di manovre errate ed errate contromisure nel corso di un test di sicurezza! 336.000 persone furono evacuate e ristabilite altrove, secondo alcuni il numero dei decessi anche in regioni lontane e a 70 anni di distanza è praticamente incalcolabile. Il 24 maggio 2011 il nucleare fornisce un’altra tragedia di casse 7, la massima, nell’impianto giapponese ben gestito di Fukushima Dai-­‐ichi, dovuto a terremoto e maremoto in un luogo ove essi avvengono di frequente e, però dove la società di gestione caratterizzò la sua opera per “reticenza, menzogne e abbandono della popolazione al suo destino”, colpe che in parte furono ascritte anche al Governo. In questa sciagura, diversamente che per altre analoghe (Cernobyl), i prodotti radioattivi raggiungeranno per anni la falda, il mare e da qui i paesi più lontani. Ancora una volta, nel campo del nucleare che è quello caratterizzato dalla gravità, dalla diffusione planetaria e dalla permanenza del danno, sottovalutazioni, impreparazione, approssimazione nella gestione delle crisi provocano terribili incidenti e terribili conseguenze per le popolazioni più lontane. Veniamo al più grave disastro ambientale della storia americana, che in qualche modo ci riguarda da vicino: la “Marea nera ”, ovvero l’inabissamento della supertecnologica e “sicurissima” piattaforma petrolifera Deepwater Horizon e dello sversamento in mare di una quantità smisurata di petrolio, che determina danni incalcolabili di ogni tipo e la chiusura del 20% delle spiagge, nonostante costosissimi interventi di dissoluzione chimica e di contenimento del greggio e la distanza di circa 80 km dalla costa (tenere a mente che le piattaforme siciliane sono tutte entro le 12 miglia nautiche). Cosa dimostrano gli esempi utilizzati sino a qui? Che la sicurezza negli impianti non esiste. Vi sono impianti che nascono già insicuri, altri che sono resi insicuri dall’errore umano, che l’errore umano non è evitabile in assoluto, che vi sono impianti che col tempo diventano insicuri perché i pezzi si deteriorano immancabilmente e per ragioni ineludibili connessi alle logiche della convenienza economica immediata non vengono sostituiti, oppure non si ritiene di lasciare in una fabbrica in dismissione un presidio umano altamente preparato. In seconda battuta insegnano che vi sono sciagure che per quanto terribili rimangono confinate, altre invece riguardano grandi aree, che vi sono catastrofi che permangono nel tempo provocando morte e lesioni gravi anche a distanza di anni, altre ancora, infine, come quelle di connesse agli impianti nucleari, che possono manifestare le nefaste conseguenze per decenni e a distanza di migliaia di chilometri. Dalle sciagure connesse non più agli errori umani o alle scelte umane (dettate dall’economia) nei grandi impianti a quelle connesse alla “natura”, come le “bombe d’acqua”, di cui parla anche il documento citato quando parla di “giardino violato”.