Letteratura in lingua veneta

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Letteratura in lingua veneta
Letteratura in lingua veneta
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La letteratura in lingua veneta affonda le sue radici nella produzione di testi poetici e in prosa in
lingua volgare, che si sviluppa nell'area corrispondente all'incirca all'odierna regione Veneto a
partire dal XII secolo. La letteratura veneta, dopo un primo periodo di splendore nel Cinquecento
con il successo di artisti come il Ruzante, giunge al suo massimo apogeo nel Settecento, grazie
all'opera del suo massimo esponente, il drammaturgo Carlo Goldoni. Successivamente la
produzione letteraria in lingua veneta subisce un periodo di declino a seguito della caduta della
Repubblica di Venezia, riuscendo comunque nel corso del Novecento a raggiungere vette liriche
mirabili con poeti come Biagio Marin di Grado.
Le origini
La prima testimonianza della nascita della lingua volgare veneta (e
italiana) è l'Indovinello veronese, databile fra la fine dell'VIII e
l'inizio del IX secolo, scritto in una lingua a metà tra il latino e il
volgare. Di area veneta è il primo frammento totalmente in volgare
risalente al 1100, il Ritmo bellunese che tratta della Conquista del
Castel d'Ard. Sempre databile al XII secolo sono i versi d'amore della
canzone Quando eu stava in le tu' cathene.
La pergamena
che riporta il testo
dell'Indovinello veronese
Il Duecento
In questo secolo si assiste in Veneto ad un'esplosione di componimenti volti a soddisfare i gusti
letterari delle emergenti classi urbane. Particolarmente ragguardevole è la produzione della Scuola
Veronese, con in primis Giacomino da Verona, autore del poema in due parti, De Jerusalem celesti
e De Babilonia civitate infernali. Di area padovana (ma secondo alcuni autori trevisana) è il
Lamento della Sposa Padovana o della Bona çilosia di autore anonimo, opera in novenari rimanti a
coppie, in cui una giovane sposa piange il marito partito per le crociate, rifiutando ogni altro
conforto che non sia il ricordo dello sposo.
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Il Trecento
Per tutto il XIV secolo, il centro della produzione letteraria veneta continua ad essere Padova e la
corte carrarese. In questo secolo compare la Bibbia istoriata padovana e viene tradotto dal latino un
trattato di medicina originariamente in arabo, il Libro Agregà de Serapiom. Sono poi da ricordare,
per il loro espressionismo, i sonetti in pavano rustico di Marsilio da Carrara e di Francesco di
Vannozzo. Anche nella capitale della Marca zoiosa esisteva un attivo centro di produzione
letteraria, in cui al volgare trevisano si accompagnavano il toscano e il provenzale: della fine del
trecento è la celebre Canzone contro l'amore di Auliver, scritta in un trevisano arcaico molto più
vicino al bellunese che al veneziano. A testimoniare la fioritura e la varietà dei volgari veneti del
Trecento, è la cosi detta Tenzone dei tre volgari contenuta nel Canzoniere di Nicolò de' Rossi, in
cui il trevisano si alterna al veneziano e al padovano. Tra i componimenti a carattere storiografico è
da segnalare la Cronaca de la guera tra Veniciani e Zenovesi di Daniele da Chinazzo sui fatti della
guerra di Chioggia del 1379-1381.
Originali opere trecentesche sono quelle che nel loro complesso vanno sotto il nome di Letteratura
franco-veneta, caratterizzate da una singolare mescolanza dei volgari veneti con il francese
medievale. Tra le opere più note vi sono l'Entrée d'Espagne, di autore anonimo, e il suo
proseguimento, La prise de Pampelune di Niccolò da Verona.
Il Quattrocento
A partire dal Quattrocento Venezia inizia a far sentire la propria influenza in tutto il Veneto ed oltre,
grazie al preminente ruolo politico assunto e al fiorire delle sue attività culturali (già alla fine del
secolo saranno stati stampati a Venezia circa due milioni di volumi). Fra i più importanti autori
lagunari del secolo vi è Leonardo Giustinian, creatore delle Canzonette e degli Strambotti, opere
di carattere amoroso di ambito popolare e cittadino, scritte in un veneziano colto ed elegante, dotato
di intrinseca musicalità e di numerose suggestioni letterarie. A Padova opera Iacopo Sanguinacci,
erede della tradizione cortigiana di Francesco di Vannozzo e di Antonio Beccari. A partire dagli
anni sessanta comincia ad imporsi la poesia satirica, con autori quali il veronese Giorgio
Sommariva e il veneziano Antonio Vinciguerra.
Nello stesso periodo iniziano a circolare numerosi sonetti in pavano ed in veronese di
ambientazione rustica, ma di evidente matrice letteraria e cittadina e un genere teatrale quale quello
dei Mariazi, farse in rima che mettono in scena la lotta tra i diversi pretendenti alla mano di una
donna, e che già preannunciano l'emergere nel secolo successivo del genio del Ruzante. Sempre in
quest'epoca autori anonimi effettuano due traduzioni in veneto del romanzo di Tristano, conosciute
come Tristano Veneto e Tristano Corsiniano.
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Il Cinquecento
Il Cinquecento è il secolo in cui il genere teatrale giunge alla sua maturazione. Enorme è il successo
delle commedie di Angelo Beolco detto il Ruzante (1500-1542), scritte in un padovano rustico
(pavan), che rappresentano in maniera molto efficace il mondo quotidiano dei poveri contadini, con
le loro gioie, le loro disperazioni e la costante lotta contro le ingiustizie e l'ipocrisia dei potenti. Il
linguaggio rustico del Ruzante è poi ripreso dal poeta Giambattista Maganza detto Magagnò,
autore con i due poeti vicentini Agostino Rava e Bartolomeo
Rustichello delle Rime di Magagnò, Menon e Begotto in lingua
rustica padovana.
Un interessante fenomeno linguistico è costituito invece dall'opera di
Andrea Calmo (1550-1571); nelle sue commedie interagiscono
personaggi che parlano ognuno con la propria lingua o dialetto, in una
babele linguistica certo non troppo dissimile dall'ambiente veneziano
dell'epoca, centro dei traffici commerciali e percorso da persone di
ogni lingua e paese.
Nell'ambito della poesia erotica, già portata al successo da Pietro
Aretino (che trascorse a Venezia la seconda parte della sua vita), si
distingue Maffio Venier (1550-1586), noto tra l'altro per le sue
accese diatribe in versi con la poetessa veneziana Veronica Franco.
Altre opere di questo periodo sono la commedia anonima La
Venexiana, riscoperta solo nel 1928, e il poemetto anonimo La guerra
de' Nicolotti e Castellani dell'anno 1521, che descrive la tradizionale
guera dei pugni veneziana, in cui le due fazioni rivali dei Nicolotti e
Statua del Ruzante in
Piazza Capitaniato, Padova
dei Castellani si affrontavano presso il ponte dei pugni. A quest'epoca
risale inoltre la traduzione in veneto de La navigazione di San
Brandano, ad opera di un autore anonimo.
Il Seicento
Nel corso del Seicento la poesia, così in Veneto come nel resto d'Italia, non dà grandi frutti. Uno dei
pochi poeti dialettali di questo periodo che siano degni di nota è Dario Varotari il giovane, pittore
figlio del Padovanino e autore anche di dodici satire in lingua veneta. Del 1693 è invece la
traduzione in veneto della Gerusalemme liberata del Tasso ad opera di Tomaso Mondini, stampato
col titolo El Goffredo del Tasso cantà alla barcariola.
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Il Settecento
Nel Settecento Venezia, pur in declino e costretta ad un'attenta
politica di neutralità, conosce una stagione di incredibile fioritura di
tutte le arti, e tra queste la letteratura, che con Carlo Goldoni (17071793) giunge al punto più alto della sua storia. La riforma goldoniana
del teatro riesce a far evolvere la commedia dell'arte, focalizzata
sull'intreccio della vicenda e basata solamente su un canovaccio che
lasciava molto spazio all'improvvisazione, in commedia organica e
"di carattere", mettendo l'accento sul carattere dei personaggi, sui loro
vizi e sulle loro virtù. Delle numerose commedie scritte da Goldoni in
lingua veneziana, vale la pena citare perlomeno I rusteghi, Le baruffe
chiozzotte e Sior Todero brontolon. Goldoni è autore inoltre di
numerose poesie e poemetti in veneziano e in italiano.
Carlo Goldoni
Nello stesso filone di Maffio Venier due secoli prima, cioè la poesia di
argomento erotico, si inserisce Giorgio Baffo (1694-1768), autore di
numerosi componimenti poetici licenziosi, ma spesso anche polemici verso
la corruzione dilagante della città di Venezia, e soprattutto del clero. Molto
critico verso il Goldoni, intraprende con lui una diatriba in versi in
occasione della rappresentazione del Filosofo inglese scritto da quest'ultimo.
Apollinaire, che tradurrà in francese alcune sue poesie, lo definirà "il più
grande poeta priapeo mai esistito, ma, al contempo, uno dei massimi poeti
lirici".
Un altro fondamentale protagonista del Settecento veneziano è il poeta
Anton Maria Lamberti (1757-1832), autore di
Giorgio Baffo
numerose e celebri canzonette, la più nota delle quali è
probabilmente La biondina in gondoleta, musicata da Johann Simon Mayr.
Sono da ricordare inoltre le due traduzioni dell'Iliade di Omero da parte di
Giacomo Casanova e Francesco Boaretti. Altri importanti autori tra la fine
del Settecento e l'inizio dell'Ottocento sono Angelo Maria Labia, autore di
intelligenti satire conservatrici in difesa della morale; Lodovico Pastò, che in
due ditirambi elogia rispettivamente la polenta e il vino Friularo di Bagnoli,
oltre ai poeti Francesco Gritti e Pietro Buratti.
Giacomo
Casanova
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L'Ottocento
A seguito della caduta della Repubblica veneta ad opera di Napoleone e del
passaggio sotto l'impero asburgico, anche la produzione letteraria in lingua
veneta subisce un brusco declino, e in generale il livello artistico delle opere
non è all'altezza rispetto al secolo precedente. Vi sono tuttavia alcuni autori
interessanti, come Giacinto Gallina (1852-1897), che rilancia il teatro
dialettale veneziano, in crisi dopo la morte di Goldoni.
In campo poetico degni di una citazione sono Jacopo Vincenzo Foscarini,
Camillo Nalin, Antonio Negri, Pietro Pagello, Attilio Sarfatti e Riccardo
Selvatico, che è anche sindaco di Venezia alla fine del
secolo. Anche due noti librettisti e autori di testi teatrali in
lingua italiana, Arrigo Boito e Francesco Maria Piave,
Giacinto Gallina
si cimentano occasionalmente con la lingua veneta, con
risultati tutt'altro che da scartare, come l'Elogio de la
polenta di Boito e la canzonetta La regata veneziana di Piave, musicata da
Gioachino Rossini. Sempre in questo periodo lo storico dell'arte Gianjacopo
Fontana realizza una traduzione in veneziano del Vangelo secondo Matteo.
Arrigo Boito
Il Novecento
Già nell'Ottocento, con il declassamento di Venezia da capitale a semplice città fra le tante, Venezia
perde a poco a poco la sua egemonia anche in campo culturale. Questo fenomeno si fa però molto
più evidente nel corso del Novecento, con l'emergere di diversi importanti poeti dialettali, quasi tutti
non veneziani. Il maggiore poeta veneto del XX secolo è probabilmente
Biagio Marin (1891-1985), che scrive in una particolare varietà della lingua
veneta parlata a Grado, sua città natale. Importanti sono anche il veronese
Berto Barbarani (1872-1945), il triestino Virgilio Giotti (1885-1957), il
vicentino Eugenio Ferdinando Palmieri (1903-1968), il trevisano Ernesto
Calzavara (1907-2000) e Giacomo Noventa (1898-1960) da Noventa di
Piave. Ognuno di questi si esprime nel proprio dialetto e contribuisce quindi
ad arricchire la cultura veneta, in precedenza focalizzata quasi esclusivamente
su Venezia, portandovi la propria specificità e le caratteristiche proprie delle
Andrea
tante culture locali del Veneto. Il trevigiano Andrea Zanzotto (1921-vivente)
Zanzotto
giunge perfino ad elaborare un proprio linguaggio artificiale, il petèl, ispirato
al modo in cui gli adulti sono soliti vezzeggiare i neonati. In anni recenti si
segnalano per la qualità della loro ricerca Gian Mario Villalta (1959-vivente), noto anche poeta e
narratore in lingua, che scrive nella variante veneta-liventina del pordenonese ed Ivan Crico (1968vivente) che impiega la nativa parlata bisiaca del monfalconese. Il poeta Nereo Zeper ha tradotto
inoltre in triestino l'Inferno di Dante.
Nel teatro il maggior autore di questo periodo è il poeta e drammaturgo veneziano Domenico
Varagnolo (1882-1949), che dà al teatro veneziano una forte spinta innovatrice. Nella scia di
Varagnolo si pongono anche il veronese Renato Simoni (1875-1952) e il mantovano Gino Rocca
(1891-1941), che pur non essendo veneziani producono anch'essi opere teatrali di buon livello in
lingua veneziana. Tra gli autori di commedie in dialetto triestino figura il duo Carpinteri &
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Faraguna, forse più conosciuti per la serie di volumi delle Maldobrìe, raccolte di storie e racconti
di ambiente giuliano-dalmata.
Lo scrittore forse più rappresentativo dell'epoca è però il vicentino Luigi
Meneghello (1922-2007), il cui romanzo Libera nos a Malo è ritenuto una
delle opere più importanti del Novecento, non solo per la cultura veneta ma
per quella italiana in generale. Meneghello nelle sue opere, scritte in una
lingua italiana letteraria contaminata dal dialetto vicentino e da colte
citazioni inglesi, traccia un affresco dell'ambiente paesano di Malo, il suo
paese natale, descrivendone i mille fatterelli della vita quotidiana, sempre
cercando di cogliere la vena umoristica di una società contadina che oggi si
sta estinguendo.
Luigi
Meneghello
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