CINEFORUM DI ARCHITETTURA ok
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CINEFORUM DI ARCHITETTURA ok
Corso di storia dell’Architettura a.a. 2012-2013- prof. Cecilia Colombo CINEFORUM aperto a tutti gli studenti 8 marzo venerdì 12.30 aula K12 Louis I. Kahn My Architect di N.Kahn, 2003, 122’ - v.o. con sottotitoli 15 marzo venerdì 12.30 aula K12 Norman Foster How much does your building weigh, Mr.Foster? di N.L.Amado e C.Carcas, 2010, 78’ - v.o. in lingua inglese 22 marzo venerdì 12.30 aula K12 Il mecenatismo di Adriano Olivetti Lettera 22 di E.Piccardo, 2009, 45’ 5 aprile venerdì 12.30 aula K12 Frank O. Gehry Frank Gehry creatore di sogni di S.Pollack, 2007, 81’ 12 aprile venerdì 12.30 aula K12 Renzo Piano / Moshe Safdie Renzo Piano, Che cos’è l’architettura, 2003 Moshe Safdie.The Power of Architecture, di Donald Winkler, 2005 (in inglese con Alcuni estratti dalle video-interviste: sottotitoli in francese) 18 aprile giovedì ore 11.00 proiezione al MIC – Museo interattivo del cinema (ex Manifattura Tabacchi), viale Fulvio Testi 121 ingresso 3.00€ - nel pomeriggio, visita didattica alla Fondazione Pirelli e al sito Bicocca (riservata agli studenti del corso – è necessario iscriversi in anticipo) International style La fonte meravigliosa, di King Vidor, 1949, 114. - v.o. con sottotitoli 3 maggio venerdì 12.30 aula K12 Architettura e cinema nell’età postmoderna Brazil di Terry Gilliam, 1985 -124’ Schede dei film My Architect di N.Kahn, 2003, USA 120’ - v.o. con sottotitoli Nel marzo 1974 un uomo fu trovato morto nei bagni di una stazione di New York. Nessuno si presentò per identificare il cadavere. Era Louis Kahn, uno dei più grandi architetti del ventesimo secolo. Un artista che aveva progettato e costruito edifici e interi quartieri, creature "spirituali" fatte di luce, mattoni, cemento e acqua che, come è stato scritto, "hanno cambiato la nostra vita e il nostro modo di vivere lo spazio". "My architect" racconta la vita di Kahn, ma non è solo un film sull'architettura. Il regista è Nathaniel Kahn, figlio illegittimo di Louis, e il film è la storia di un uomo alla ricerca del padre che l'ha abbandonato, ma è anche una suggestiva investigazione sul tema dell'artista, sull'esaltazione e la dannazione di ogni grande creatore. Gli edifici raccontati sono molti, le immagini si intersecano con interviste e racconti, e numerosi filmati d'epoca. Alla fine ciò che emerge non sono solo gli edifici, ma è di nuovo l'architetto. Nathaniel Kahn ha coinvolto numerosi architetti e non solo – tra cui Philip Johnson (in una delle ultime interviste) che racconta di Le Corbusier, Mies e "Lou" come di compagni di banco. regia: Nathaniel Kahn produzione: Susan Rose Behr e Nathaniel Kahn direttore della fotografia:Bob Richman colonna sonora: Joseph Vitarelli interpreti: Philip Johnson, Vincent Scully, Nathaniel Kahn, I.M. Pei, Richard Katz, Anne Tyng, Richard Saul Wurman, Frank O. Gehry, Harriet Pattison, Robert A.M. Stern, Moshe Safdie, Sue Ann Kahn, Alexandra Tyng, B.V. Doshi, Shamsul Wares. How much does your building weigh, Mr.Foster? di N.L.Amado e C.Carcas, GB/Spagna 2010, 78’ - in lingua inglese Personaggio ambivalente, lavoratore instancabile, artista passionale, Norman Foster rappresenta l’esempio perfetto del self-made man: di umili origini, intercetta il mondo dell’architettura quasi per caso (si accorge relativamente tardi che l’oggetto prediletto delle sue osservazioni sono gli edifici), passa per l’Università di Manchester poi di Yale, fino a divenire ideatore di alcuni dei progetti più audaci d’oggigiorno. Il tono apologetico dell’autore della sceneggiatura, nonché direttore del Design Museum di Londra, Deyan Sudijc, si sofferma principalmente sui caratteri classici del biopic tematico. Norman Foster viene qui delineato quale personaggio a tutto tondo, estrapolando tutte le possibili relazioni che si instaurano tra l’uomo e il personaggio pubblico, tra la passione e il lavoro. Il volo, la bicicletta, lo sci di fondo (gli hobbies collaterali) finanche la terribile lotta contro il cancro, non sono altro che il simmetrico completarsi di un progetto di vita coerente che non mostra discrasie tra la persona e l’architetto. Se l’architettura di Norman Foster agisce per sottrazione, trattando con materiali di resa massima e peso minimo, lo stesso non si può dire dell’operato degli autori di questo documentario, che lavorano con un’efficace miscela di linguaggi e soluzioni stilistiche differenti, passando da brani più propriamente descrittivi a ricostruzioni della genesi di un progetto, il darsi di un’opera.. Una sapiente colonna sonora e la voce narrante di Deyan Sudic permettono allo spettatore di lasciarsi ammaliare da questa “favola”. La produttrice del film è Elena Ochoa, seconda moglie dell’architetto. Frank Gehry creatore di sogni (Sketches of Frank Gehry) di S.Pollack, USA 2007, 81’ Il film è un appassionato racconto di vita, in cui si dà voce al protagonista e al regista (amici da sempre) come ad altri compagni di scorribande artistiche: Dennis Hopper, Julian Schnabel, Bob Geldof... Mentre sullo schermo scorrono le riprese delle opere di Gehry, Pollack tiene a bada la sua personalità, scomparendo per poi far sentire la sua autorevole presenza solo quando serve. Prendendo spunto dai disegni originali di Gehry per i suoi più importanti progetti il film esplora il percorso di trasformazione di questi schizzi astratti, prima in modelli matrici tridimensionali, spesso realizzati semplicemente con cartoncino e nastro adesivo, poi attraverso un sofisticato lavoro di modellazione al computer , in edifici completi, fatti di vetro e titanio, cemento e acciaio, legno e pietra. E fa tenerezza Pollack, mentre cerca di rubare a Gehry il segreto della creatività, unita all'understatement, perché tutto quello che riesce a strappargli è: «Sono nato modernista, per me ogni decorazione è un peccato». Presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2007, è stato nello stesso tempo il primo documentario e l'ultimo film della carriera del regista Pollack (1934-2008). Regia: Sydney Pollack. Fotografia: Marcus Birsel, Claudio Rocha, George Tiffin. Interpreti: Frank O. Gehry, Michael Eisner, Bob Geldof, Dennis Hopper. Produzione: Mirage Enterprises,Germania/USA, 2005. La fonte meravigliosa (The fountainhead), di King Vidor, USA 1949, 114. – b/n - v.o. con sottotitoli “Io non costruisco per avere clienti: cerco clienti perché voglio costruire”: pur di non scendere a compromessi, l’ architetto geniale e anticonformista Howard Roaks fa l'operaio finché trova un alleato nel direttore di un quotidiano di New York la cui moglie, giornalista ambiziosa, è innamorata di lui. Quando un suo grande progetto subisce gravi modifiche, fa saltare in aria gli edifici e chiede un pubblico processo per sostenere le sue idee. Sceneggiato da Ayn Rand, che adattò il suo primo filosofeggiante romanzo, e ispirato alla vita dell'architetto Frank Lloyd Wright, è il più bizzarro film nella carriera di Vidor e in quella di Cooper: una magniloquente allegoria, più metafisica che etica, sull'individualismo, un inno all'autonomia dell'artista integro che è utile alla comunità più che le forze del denaro, degli affari e della politica che la sfruttano e l'asserviscono. Ciascuno dei personaggi principali incarna un valore o un disvalore. Sono astrazioni così com'è astratta e disincarnata la passione che lega i due protagonisti. Regia: King Vidor. Sceneggiatura: Ayn Rand, dal suo romanzo omonimo. produzione: Warner Interpreti: Gary Cooper, Patricia Neal, Raymond Massey, Kent Smith, Robert Douglas, Ray Collins. Brazil di Terry Gilliam, 1985 -124’ In un mondo dove la burocrazia e lo statalismo regnano incontrastati, anche una lettera sbagliata può essere fonte di malintesi .Da questo errore nasce l’avventura di Sam Laurie, impiegatuccio represso dal lavoro e dalla madre, che in un ultimo slancio di ribellione ed amore non ricambiato si getta a capofitto in una impari lotta contro la perfetta macchina statale che tutto vede e tutto decide.Di fianco a lui Harry Tuttle ( Robert De Niro ), tenterà di aiutarlo in questa sfida impossibile tra bizzarri personaggi e visioni oniriche che hanno reso questa pellicola di Terry Gilliam una tra le più forti e allo stesso tempo irreali denuncie dello schiavismo istituzionale e “democratico” a cui l’uomo moderno deve soggiogare. Col contributo di Tom Stoppard, Gilliam, uno dei sei Monty Python, sfiora il capolavoro con questa farsa assordante e ridondante che mescola Orwell, Walter Mitty e Kafka con rimandi a Potëmkin, Blade Runner, Casablanca e Stranamore. Ricchezza di invenzioni comiche, fantasioso sfarzo scenografico, spunti parodistici e satirici sulla burocrazia.