Profili a freddo per una installazione di Frank O. Gehry in

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Profili a freddo per una installazione di Frank O. Gehry in
Profili a freddo per una installazione di
Frank O. Gehry in Lussemburgo
Anche i materiali siderurgici più comuni e standard, come i profili piegati a freddo prodotti a partire da
bobine d’acciaio piano zincato, se uniti alla creatività di un architetto geniale e alla passione di chi
costruisce, possono dar vita a risultati sorprendenti. E’ questo il caso dell’”effimero gioco” di forme
progettato da Gehry Partners e realizzato da alcuni cartongessisti del Lussemburgo per l’esposizione dei
lavori della fotografa francese Sophie Calle, organizzata nel 2007 con la collaborazione di ArcelorMittal
presso la Rotonda del Lussemburgo, un’ex officina ferroviaria oggi adibita a spazio mostre.
Il modo tradizionale di realizzare pareti temporanee in struttura leggera per
questo tipo di esposizioni è quello che impiega profili a freddo, prodotti
profilando o piegando sottili lamiere d’acciaio per ottenere elementi strutturali
leggeri ma resistenti con un costo contenuto. Questa tecnologia molto
standard, che in abbinamento a pannelli in cartongesso si usa tipicamente
anche per la realizzazione di partizioni interne negli edifici, fu scelta
istintivamente per la costruzione delle pareti di esposizione delle opere
fotografiche dell’artista. Tuttavia, nonostante l’intrinseca natura geometrica di
“linea retta” dei profili di acciaio, non ci si poteva certo aspettare di vederli qui usati nel modo classico in
superfici piane e verticali, da momento che il progetto di installazione della mostra di Sophie Calle fu
affidato al “creatore di sogni” Frank Gehry, che è solito progettare le esposizioni dell’artista.
E, infatti, i primi schizzi progettuali degli architetti Frank Gehry e Edwin Chan
evidenziano forme cilindriche per i muri dell’esposizione, con un andamento
sinusoidale in pianta, ma perfettamente verticali in elevazione (Figura 1).
Successivamente, come è visibile dal secondo disegno, la ricerca di una ancor
maggiore libertà nelle forme, porta gli architetti a plasticizzare la materia,
torcendo le pareti alle loro estremità ed incurvandole per ottenere superfici
iperboliche, con un fuori piano di 2 metri dalla base alla sommità, su un’altezza
complessiva di soli 5 m.
Software di modellazione e computer graphic, che per primo Gehry ha trasferito
dall’industria aeronautica all’architettura e diventati poi di uso comune presso i
progettisti per lo studio di geometrie complesse, sono stati impiegati per la
definizione delle linee generatrici delle superfici a doppia curvatura.
Questo processo progettuale ha permesso, in fase di costruzione,
l’identificazione del posizionamento dei profili leggeri in acciaio che sono stati
disposti secondo inclinazioni variabili per formare l’ossatura della superficie a
doppia curvatura, pur rimanendo “linee rette”.
L’ossatura in acciaio così realizzata è stata poi in parte lasciata a vista, ed in
parte rivestita con lastre di cartongesso incurvate e con scandole d’acciaio
inossidabile: un’evoluzione della tecnica di costruzione a secco, dove tutti gli
elementi sono semplicemente e velocemente assemblati tra loro per mezzo di
viti o rivetti. La squadra che ha fisicamente costruito le pareti dalle forme
complesse, professionisti delle partizione interne in profili a freddo d’acciaio e
cartongesso, ma esperti fino ad allora “solamente” di pareti piane e verticali, ha
messo grande entusiasmo e passione in questa nuova e singolare esperienza.
Questo esempio mostra come prodotti industriali comuni come i profili in
acciaio piegati a freddo, se opportunamente combinati e lavorati, possono
prendere vita nello spazio tridimensionale dando origine a forme molto articolate
e complesse. Il risultato finale è stata un’eccezionale e dinamica mise-enscène delle fotografie e delle opere dell’artista francese.
Testo di Tommaso Tirelli e Pierre Bourrier
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