Avv_17_attimo_fuggente_13_1_2012
Transcript
Avv_17_attimo_fuggente_13_1_2012
Avviso ai Naviganti N. 17 Mendrisio 13 gennaio 2012 ATTIMO FUGGENTE "Quando le cose diventano veramente difficili, improvvisamente soluzioni che sembravano impossibili diventano realizzabili”. Wolfgang Schaeuble, Ministro delle Finanze in carica del Governo tedesco. In breve Crediamo che sia a portata di mano una finestra di opportunità da utilizzare per cogliere un recupero dei prezzi degli asset “rischiosi” (azioni europee e obbligazioni dei paesi periferici in primis). La porta si è aperta da qualche giorno ma potrebbe richiudersi entro la fine di gennaio. I motivi per essere costruttivi derivano, in primo luogo, da una disincantata presa d’atto che il pessimismo crescente e, infine, estremo dell’ultimo bimestre del 2011 ha traghettato nel nuovo anno gestori e banche con portafogli “vuoti”, cioè zeppi solo di liquidità1. Di norma l’estremo pessimismo crea le condizioni per veloci e inattesi ribaltamenti delle aspettative. Di non minore rilevanza il riconoscimento degli evidenti passi avanti del Governo Italiano lungo lo scivoloso viottolo della stabilizzazione economica e finanziaria; progressi che hanno bruscamente ridimensionato le attese di un imminente break up dell’Euro. Se, nello scorso secondo semestre erano state le attese di un affondamento del Titanic Italia a trascinare a fondo tutta l’Eurozona, ora dovrebbe essere la stabilizzazione della rotta in corso in Italia ad allontanare nel tempo la partita finale sull’Euro. Lo spread sui titoli decennali italiani potrebbe ridursi, temporaneamente, anche di 200 punti base. Inoltre il quadro internazionale offre segnali di breve andare più costruttivi, soprattutto negli Stati Uniti e in Cina. Al di là dell’Atlantico l’andamento dell’occupazione e altri indicatori sembrano puntare verso un moderato rialzo; l’imminente stagione degli utili ci dirà se Wall Street, la borsa di gran lunga migliore nel 2011, potrà superare gli attuali livelli di “resistenza” (quota 1300 dell’indice S&P 500), alimentando il rafforzamento degli altri indici. In Cina, il rallentamento del tasso d’inflazione ha raffreddato gli ardori restrittivi della 1 Soprattutto per le banche si tratta ovviamente di una estrema semplificazione della realtà. Certamente si era in presenza di una estrema avversione al rischio testimoniata dal livello di liquidità che le banche continuano a tenere in deposito presso la BCE. 1 Bank of Cina e l’avanzo commerciale in contrazione riduce le tensioni commerciali e sembra confermare un maggior sostegno della domanda interna. Infine, pur rimanendo in mezzo al guado e in un mercato “orso”, i principali indici azionari internazionali segnano minimi crescenti da settembre (ma per la verità, per ora, anche massimi decrescenti), lasciando intravedere un possibile recupero delle quotazioni fino ai livelli dello scorso luglio, prima del “sell off” di agosto. In breve, c’è un “attimo fuggente” di ripresa dei “risk asset”, da utilizzare per ribilanciare i portafogli, verso una maggiore prudenza per chi si fosse trovato troppo esposto nell’ultimo anno al rischio sovrano e ai mercati azionari dei paesi periferici europei, ovvero con un approccio più opportunistico per chi fosse stato “fuori” da tutto negli ultimi terribili mesi. Oltre il brevissimo orizzonte della fine di gennaio, simbolicamente ma non casualmente coincidente con la data del prossimo summit dei capi di stato europei del 30 gennaio, la visibilità rimane, comunque, estremamente limitata. Le recenti esperienze del 2011 ci hanno insegnato che è meglio “comprare le attese” e “vendere i risultati”. Questa volta l’esito del vertice potrebbe essere preso meglio del solito, ma non accettiamo scommesse in proposito. Per ora l’anno appena iniziato e, soprattutto, il trimestre in corso, va paragonato alla gara di atletica dei quattrocento metri ostacoli, una corsa breve, velocissima ma massacrante e pericolosa, con la ripetuta possibilità di ruzzolare rovinosamente ad ogni ostacolo. Se poi allunghiamo lo sguardo oltre il 2012 l’ombra dei nodi strutturali, economici, finanziari, sociopolitici che gravano sulle democrazie delle economie avanzate ci inducono, almeno in questa occasione, a cambiare discorso. Una volta tanto guardiamo solo all’immediato. Estremo pessimismo Con il passare del tempo anche i ricordi più traumatici si diluiscono e trasecolano nell’oblio, ma crediamo di non sbagliare nell’affermare che, da quando facciamo questo lavoro, cioè da quasi tre decenni, mai le aspettative per l’anno entrante sono sembrate così sconfortanti e, soprattutto, così deterministicamente deviate verso l’estremo pessimismo. Evidentemente siamo condizionati anche dal nostro essere europei, immersi fino al collo nella melassa dell’ “Eurocaos”, colpiti direttamente da eventi inimmaginabili fino a poco tempo fa. Solo gli italiani, peraltro primi attori , sia per responsabilità che per prezzi da pagare, sono già vaccinati: per i meno giovani, infatti saranno ancora vivi i ricordi dei primi anni ’90, altra epoca pericolosamente vissuta, nella quale, con i tassi al 15%, siamo arrivati ad un passo dal default. Allora, sempre con governi di salute pubblica, molto coraggio e, soprattutto, l’arma della svalutazione competitiva ancora utilizzabile a pieno regime, il paese era rimasto in piedi. Il non aver avuto ancora mani e piedi legate dalla moneta unica, permise di superare le difficoltà e di evitare un default tanto evocato quanto catastrofico. C’era insomma qualche vincolo in meno. Oggi sembra tutto terribilmente più complicato. 2 Il consenso non paga (quasi mai) La cosa che ci lascia più perplessi è la quasi ineluttabilità di un 2012 “da fine del mondo”: recessione certa in Europa2, rallentamento asiatico, le solite, sempre più inquietanti manifestazioni d’instabilità nello scacchiere mediorientale, allargato alla Russia, fondamentali appuntamenti politici in Francia, Germania, Stati Uniti e chissà dov’altro, che ci piombano addosso in un clima sociale, politico ed economico a dir poco torbido. E, più di tutto il resto, preoccupa la navigazione del vascello europeo, l’incubo che per l’Europa il passaggio nella tempesta perfetta tra Scilla - il rigore imposto dalla Germania – e Cariddi – la necessità di crescere e diventare competitivi - si interrompa bruscamente contro l’incombente scoglio di un default sovrano. Ciò detto, l’esperienza insegna che la convergenza delle previsioni di solito va considerata come un buon segnale che il consenso non si realizzerà. La natura delle previsioni finanziarie è sostanzialmente inerziale e non è quindi casuale che la maggior parte delle volte siano smentite clamorosamente dalla realtà. Sono le cose che “non sappiamo di non conoscere”3 che contribuiscono, spesso in modo cruciale, a determinare l’andamento futuro dei mercati, piuttosto che i rischi previsti. Il “muro del pianto” del primo trimestre Nel primo trimestre ci attendono ostacoli noti e ignoti. Sui primi, evidentemente, si focalizza l’attenzione dei mercati. I secondi, per definizione sono sconosciuti, e quindi ad impatto potenziale molto più rilevante dei primi. E’ ovvio, ma gli operatori della finanza spesso se lo dimenticano, che tra gli accadimenti ignoti che possono realizzarsi, qualcuno potrebbe avere conseguenze positive, di impatto amplificato, proprio perché il posizionamento dei mercati in questo inizio d’anno è univocamente “corto” di asset rischiosi. Tra gli eventi attesi ricordiamo l’ormai probabile downgrade del debito francese e di altri paesi dell’Eurozona, l’enorme ammontare di debito in emissione da parte di periferici e 2 Una raccolta di previsioni di Bloomberg indica la Stima media di crescita per EU a 17 al -0,1% sia nel 1 che nel 2 Q. 2012, mentre lo stesso dato per gli Us si posiziona a un 1,9-2%y/y; gli economisti di Citigroup prevedono 6 trimestri di recessione in EU; Capital Economics prevede che anche il Regno Unito entri in recessione nel 2012; 3 E’ rimasta famosa la battuta, che tale non era, di Donald Rumsfeld, Segretario alla Difesa del governo di George Bush, in relazione alla guerra irachena, relativa agli elementi che si è consapevoli o meno di conoscere o non conoscere: “There are known knowns; there are things we know we know. We also know there are known unknowns; that is to say we know there are some things we do not know. But there are also unknown unknowns – there are things we do not know we don’t know. ” . Sul tema delle differenze tra incertezza e rischio il riferimento principale è al grande economista Frank Knight. 3 banche4, le elezioni in Grecia a febbraio e un possibile default della stessa, da molti atteso per marzo5, le presidenziali in Francia in maggio. Nel frattempo prosegue a tappe accelerate con incontri bi e trilaterali il processo di definizione del nuovo trattato europeo6, l’ormai tristemente noto “fiscal compact” evocato da Mario Draghi e fortissimamente voluto dalla Cancelliera Merkel. Dopo i primi incontri sembra che Sarkozy abbia almeno ottenuto7 di aprire un tavolo parallelo su crescita, competitività e occupazione nell’Eurozona. Si lavora per trovare un accordo complessivo sui dettagli del nuovo trattato per il summit dei capi di stato e di governo previsto per il 30 gennaio, da considerarsi l’ennesimo appuntamento “storico” della via crucis europea (reagiranno i mercati come nelle precedenti occasioni, “comprando le attese” e “vendendo le dichiarazioni finali”?). Nel frattempo, il 23-24 gennaio si riuniranno l’Eurogruppo e l’Ecofin, per preparare l’incontro del 30 gennaio. Per Mario Monti sarà anche l’occasione per presentare ai partners le tanto attese misure sulla competitività e la crescita, lungamente attese. I motivi di sollievo Il rischio break up dell’Euro, da molti evocato come imminente solo poche settimane fa8, non è più attuale, almeno nell’orizzonte del 2012. La Merkel è stata platealmente chiara in proposito. Né la Cancelliera né Sarkozy si possono permettere un esito del genere. D’altra parte è evidente ormai a tutti che l’Euro ha favorito soprattutto la Germania e il costo di un break up sarebbe insostenibile soprattutto per i tedeschi. 4 Secondo stime di UBS l’offerta lorda di obbligazioni pubbliche (esclusi i rinnovi dei titoli a breve termine) sarà di 54 miliardi per l’Italia e di 234 per l’Eurozona , nel primo trimestre e, rispettivamente di 234 e 740 per tutto il 2012. Le emissioni in scadenza di debito bancario europeo nel 2012 si stimano nell’intorno di 800 miliardi di €. 5 In marzo è attesa la decisione relativa allo sblocco o meno della tranche di 110 miliardi di finanziamento alla Grecia, decisa nello scorso ottobre, ma condizionata al raggiungimento di una serie di obiettivi economici per il paese. Inoltre un altro passaggio fondamentale per Atene, con deadline fine gennaio, è rappresentato dal raggiungimento dell’accodo definitivo sulla ristrutturazione del debito greco per le istituzioni private (haircut del 50%), altra decisione annunciata da tempo ma ancora non finalizzata. 6 In realtà non si tratta di un nuovo trattato europeo, che è stato stoppato dal Regno Unito, ma dello schema base di accordi intergovernativi. 7 Dichiarazioni della Cancelliera Merkel a seguito dell’incontro bilaterale del 9 gennaio. 8 Si veda il nostro Avviso ai Naviganti N. 16 “End Game?” del 30 novembre 2011. 4 Graf. 1: trend dei saldi delle partite correnti dalla partenza dell’Euro e in precedenza. Germania vs. PIIGS: chi ci ha guadagnato? Fonte: Financial Times. Paradossalmente l’aggravarsi della crisi in corso continua a portare acqua al paese e alle imprese tedesche: la Germania finanzia il suo debito pubblico a tassi negativi, mentre l’industria germanica sarebbe la prima ad avvantaggiarsi dalla debolezza dell’euro9. La BCE garantisce il finanziamento illimitato per tre anni al sistema bancario: nessuna banca sistemica può essere abbandonata al suo destino. Ciò significa che il rischio di fallimento catastrofico di un intermediario finanziario continua a non essere escluso ma è oggettivamente diventato molto poco probabile; inoltre, tolto il velo delle dichiarazioni di principio, ciò equivale ad aprire la strada del finanziamento indiretto dei debiti pubblici (il che non vuol dire che le banche necessariamente la percorreranno). Rimane ovvia, per vari istituti, la necessità di ricapitalizzarsi. Unicredito, sotto questo profilo, ha anticipato i tempi e, con un po’ di pazienza, ne trarrà giovamento. 9 L’economista tedesco Dirk Meyer ha ipotizzato uno scenario nel quale I costi totali per la Germania sarebbero stimabili tra I 250 e i 340 miliardi di euro, cioè un importo tra il 10 e il 14 percento del pil tedesco. Secondo il capo economista di UBS il costo di una uscita unilaterale della Germania dall’euro, considerando solo il primo anno, potrebbe essere pari al 20-25% del pil, che si tradurrebbe in un onere pro capite di circa 6,000-8000 € nel primo anno e di 3,500 - 4,500 € negli anni successivi. Giusto per confronto se si fosse deciso di coprire la metà del debito di Grecia, Portogallo e Irlanda, il costo una tantum pro capite per i cittadini tedeschi sarebbe stato pari a 1000 €. 5 Graf. 2: la crescita esplosiva della liquidità immessa nel sistema dalla BCE. Fonte: Gavyn Davies, “ECB balance sheet sucked further into the crisis”, Financial Times, 21 dicembre 2011. La rimozione, almeno nel breve termine, dei rischi catastrofici, lascia sul tappeto prevalentemente gli ostacoli, numerosi e sempre più alti, già elencati, ma questi sono fattori già da tempo metabolizzati dai mercati, che si trovano “nudi”, cioè “scarichi” nel breve termine e, quindi esposti come non mai ad eventuali inattesi rialzi delle quotazioni. Si è già aperta, in buona sostanza, una finestra di opportunità che, da questi giorni, potrebbe arrivare fino al vertice europeo di fine mese. A quel punto si vedrà. Passando dal quadro europeo a quello globale, sia pure per brevissimi cenni, vale la pena di sottolineare che la recente dinamica dell’economia statunitense sembra più costruttiva di quanto non si ipotizzasse solo poche settimane addietro. Anche sul fronte politico, in un anno elettorale, l’inizio delle primarie repubblicane sembra prefigurare una possibile riconferma di Obama, considerata la modestia dei possibili contendenti. E per i mercati, per quanto strano possa sembrare a prima vista, è meglio un democratico moderato piuttosto che un estremista antistatalista, espressione della pancia più conservatrice del paese. In Cina, il rallentamento del tasso d’inflazione in corso è un segnale positivo che per ora tranquillizza sull’apparente capacità della burocrazia del partito di pilotare la crescita economica. L’avanzo commerciale in contrazione riduce le tensioni commerciali e sembra confermare un maggior sostegno della domanda interna alla crescita complessiva del paese, che rimane comunque molto sostenuta, contribuendo ad alimentare l’espansione dell’economia mondiale. I mercati azionari, da un punto di vista tecnico, sono in mezzo al guado, in una zona di consolidamento triangolare, con massimi decrescenti e minimi, da settembre, crescenti. Non danno quindi particolari punti di riferimento; un possibile ulteriore recupero sarà realizzabile con il sostegno di una eventuale stabilizzazione delle aspettative di crescita, mentre un ulteriore tracollo sarebbe inevitabile se la quasi certa recessione in Europa sarà più intensa e duratura di quanto oggi si preveda, 6 infettando quindi l’intera economia del globo. La nostra opinione è che, nel breve termine le tensioni si potranno stemperare ma, a lungo andare l’esito negativo sarà determinato dalla zavorra dei problemi strutturali. Va segnalata, a livello di rischio/opportunità la significativa forza relativa dei titoli petroliferi e del prezzo del petrolio, il cui andamento non può essere giustificato dai fondamentali globali (ma forse dai crescenti rischi geopolitici). Se si preferisce stare con la forza relativa questa è un’area interessante. D’altra parte, sotto il profilo fondamentale, peggiorano ancore le prospettive delle industrie Energy intensive, zavorrate da un costo della materia prima (soprattutto in euro) in forte espansione e rimane desolante la prospettiva dei settori esposti alla domanda interna di consumi in Europa. Italia: Monti passa all’incasso Il rischio di break up dell’Euro si è ridotto soprattutto per la rapidità e l’efficacia delle azioni messe in campo dal Governo Italiano nell’ultimo mese. E’ vero che fino alla prima decade di gennaio lo “spread” sui titoli decennali si è mantenuto su livelli altissimi, sopra i 500 punti. Ma il generico termine “spread” è ormai diventato uno specchietto per le allodole mediatico, usato a proposito e sproposito negli interminabili e sgangherati dibattiti televisivi nei quali si fa carne di porco anche dei più elementari principi economici e finanziari. Il differenziale di rendimento sui titoli decennali riflette prevalentemente le aspettative di lungo termine, sulle quali, ovviamente, continuano a gravare pesanti ombre. Il vero barometro che misura l’avvicinarsi di una incombente tempesta è quello dei tassi a breve termine. E qui, giova ricordare l’impennata subita dai tassi sulle scadenze brevi (i BOT e i BTP corti) nei primi giorni di novembre, tassi che hanno sfiorato il 10% proprio nelle ore precedenti l’annuncio dell’incarico a Mario Monti, lo scorso sei novembre. Eravamo arrivati veramente ad un passo dal baratro e, con il default italico dietro l’angolo, anche il futuro dell’Euro sarebbe stato segnato. Il ritorno alla normalità della curva dei tassi d’interesse, con saggi a breve oggi compresi tra l’1,5% e il 3%, testimonia la ritrovata credibilità del Governo italiano sui mercati, mentre lo “spread” sui titoli decennali riflette la sempre piuttosto elevata probabilità che nel medio termine il paese “non possa farcela”, stretto nella morsa micidiale della recessione aggravata dal rigore fiscale. A livello europeo Monti si sta credibilmente giocando la partita di modificare il nuovo trattato, evitando che sia imposta una riduzione automatica annuale del rapporto debito/pil per chi eccede il 60%. Se c’è qualcuno che ce la può fare è lui. 7 Graf. 3: Necessario consolidamento fiscale nei prossimi anni. Fonte: Gavyn Davies, “The Italian Job”, Financial Times, 13 novembre 2011. A Roma la partita da giocare è molto più impegnativa: a breve si porteranno in parlamento le proposte relative alle tanto evocata “fase 2” (liberalizzazioni, apertura dei mercati, concorrenza) e la strada è tutta in salita, zavorrata dalla melassa di poteri deboli e forti e dai loro protettori politici. Proprio per prepararsi alla incombente battaglia interna il Presidente del Consiglio ha bisogno di arrivare allo scontro con qualche risultato di peso, economico e mediatico: cosa c’è di meglio della tanto agognata riduzione dello spread? Mario Monti ha iniziato il “lavoro sporco” e, ora, vuole la sua ricompensa. Ricompensa che serve per affrontare con maggiore coraggio e determinazione i marosi che monteranno in parlamento e nel paese quando saranno annunciati i provvedimenti sulla “crescita”. Non è quindi un caso se, nella conferenza stampa seguita al bilaterale con Angela Merkel dell’11 gennaio, Monti è stato insolitamente esplicito nel “suggerire” che l’Europa riconosca gli sforzi fatti dall’Italia10: di fatto ha chiesto chiaro e tondo ai “mercati”, ma in verità si riferiva ai due padroni dell’Euro, di ridurre a livelli più accettabili i tassi di rifinanziamento del debito. Incidentalmente notiamo che la prima reazione dei mercati, il 12 gennaio, è stata molto assertiva. 10 Citiamo da La Repubblica online del 12 gennaio:” Mario Monti ha detto di attendersi dall'Unione europea il "riconoscimento" che l'Italia non è più un "rischio" per la stabilità dell'Europa. Il premier italiano, nel suo intervento, ha ricordato la "maturità" degli italiani nell'accettare i sacrifici, aggiungendo che "merita non ricompense da parte dell'Europa, perché queste misure sono state adottate nell'interesse dell'Italia, ma un riconoscimento da parte dell'Europa": "Non deve più temere l'Italia - ha detto Monti - come possibile fonte di infezione per la zona euro, ma può contare su un'Italia pronta a fare appieno la sua parte nella conduzione della Ue verso la stabilità. Non vogliamo una crescita effimera fondata su provvedimenti occasionali, che poi dà come in passato disavanzi inflazioni e patologie varie. Ma una crescita che derivi da una struttura economica sana". 8 L’obiettivo di Monti crediamo possa essere quello di raggiungere un forte e soprattutto vocale sostegno di Merkel e Sarkozy al prossimo vertice trilaterale che si terrà a Roma nella terza decade del mese. D’altra parte è ovvio: se nella scorsa estate era stato il ventre molle della politica italiana a trascinare, con il paese, tutta l’Eurozona in una spirale inarrestabile di pessimismo, ora, ben oltre gli eventuali attesi accordi sul “fiscal compact” europeo, è proprio la stabilizzazione del Titanic Italia che può salvare, nel breve andare, l’Euro. E’ su questo fronte che Monti si aspetta il vocale sostegno dei leader europei. Senza la terza economia europea la moneta unica, di fatto, cesserebbe di esistere dall’oggi al domani. E, come già sottolineato, la Merkel fortissimamente vuole che l’Euro non si spappoli. Vedremo se il Governo partorirà un topolino o proporrà azioni veramente efficaci che colpiranno non solo le categorie più esposte, ma anche qualche più corposo e sotterraneo potere forte. Ma al di là di questa legittima curiosità, ciò che conta veramente è arrivare al momento dello scontro epocale con tangibili risultati conseguiti e conseguenti alle azioni fin qui intraprese. E questi risultati si riducono ad un solo numero: il calo del famigerato spread. Mario Monti conosce molto bene il funzionamento dei mercati e capisce che le aspettative sono fondamentali per rafforzare la sua azione. Giusto o sbagliato che sia, ribaltare i modelli concettuali sui quali si basano le ipotesi operative dei mercati non è facile, ci vogliono fatti ma anche l’aiuto di eventi di grande impatto mediatico11. Crediamo in definitiva che questa strategia possa pagare e che il duo “Merkozy” farà da sponda a Monti. Lo spread, da qui a fine mese, potrebbe calare anche di 200 punti base. 11 Citiamo Olivier Blanchart, capo economist dell’FMI “Right or wrong, conceptual frames change with events. And once they have changed, there is no going back. For example, nothing much happened in Italy over the summer. But, once Italy was perceived as at risk, this perception did not go away. And perceptions matter: once the “real money’’ investors have left a market, they do not come back overnight.”, tratto da “Four Hard Truths”, 21 dicembre 2011. 9