Case vincolate all`affitto, sgravi per i costruttori

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Case vincolate all`affitto, sgravi per i costruttori
M E RC ATO I MMO B I LIAR E
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U NA PRO P OS TA D I A S SO IMMO B I LIAR E
Imprese
Case vincolate all’affitto,
sgravi per i costruttori
Le ultime turbolenze del sistema creditizio hanno aumentato le difficoltà
di quanti si sono indebitati negli ultimi anni per acquistare un immobile.
E messo a nudo un altro nodo del problema: i costi eccessivi degli affitti.
Assoimmobiliare propone di modificare il quadro normativo e fiscale e
chiede sgravi contributivi per chi realizzerà abitazioni da destinare all’affitto.
di Stefano Cianciotta
S
Marzo 2008 N. 2
gravi contributivi per quegli imprenditori che
scelgono di costruire abitazioni da destinare all’affitto. A proporlo è Assoimmobiliare, per favorire,
tra l’altro, la mobilità nel Paese delle categorie più
dinamiche, come gli universitari e gli specialisti delle
aziende, penalizzate dal costo eccessivo degli affitti.
Una delle ragioni per le quali l’Italia è agli ultimi posti in Europa per gli immobili in affitto è causata
proprio dai costi eccessivi degli affitti, diventati praticamente insostenibili nelle città più grandi. Secondo
i dati Eurostat e Nomisma in Germania è in affitto il
60% delle case, in Danimarca il 47%, in Olanda il
45% e in Francia il 44%, mentre in Italia sfiora appena il 20%. Dal 2001 a oggi, inoltre, 8 milioni di
case, pari al 30% dello stock residenziale privato,
hanno cambiato proprietario. Il boom ininterrotto ha
favorito una impennata dei prezzi che hanno raggiunto anche punte del 65%. La bolla speculativa dei
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mutui «subprime» americani ha messo in evidenza,
anche nel nostro Paese, la fragilità economica di chi
aveva contratto mutui a lungo termine, che adesso
fatica a onorare. Non a caso negli ultimi mesi gli istituti di credito concedono di rinegoziare i mutui, con
una dilazione più lunga, a quei clienti che avevano
sottoscritto un mutuo a tasso variabile. Riduzione di
imposte indirette e ipocatastali, congruità del costo
delle aree che in mancanza di prezzi vantaggiosi dovrebbe essere almeno compensato da premi volumetrici per gli imprenditori, sono alcune delle linee guida della ipotesi presentata al Governo da
Assoimmobiliare. Il primo nodo da superare per tradurre in realtà la proposta, a cui hanno contribuito
alcuni degli aderenti ad Assoimmobiliare come Pirelli Re, è quello degli oneri complessivi che i costruttori devono sostenere. Il costo medio di un’area edificabile si aggira intorno agli 800 euro al metro
quadro, una cifra elevata per i costruttori che vogliono realizzare abitazioni da dare in affitto. La proposta,
quindi, mira alla introduzione del concetto della «residenza di interesse generale destinata all’affitto».
L’interesse pubblico, applicato a quelle aree di proprietà dei Comuni che non sono utilizzate né valorizzate, potrebbe portare a una riduzione del prezzo
dell’area a 100-200 euro al metro quadrato, in cambio
dell’impegno da parte del costruttore di conservare
la destinazione di affitto per almeno 25 anni e di predisporre canoni calmierati. Ai Comuni spetterebbe la
scelta del 30% degli inquilini, individuati tra i più
bisognosi, i quali beneficerebbero fino al 50% del
canone da un fondo statale, che andrebbe alimentato a regime con uno stanziamento compreso tra i 700
e gli 800 milioni di euro l’anno. Per tutti il prezzo di
un bilocale in una grande città, fra i 70 e gli 80 metri
quadrati, si aggirerebbe intorno a una cifra compresa
tra i 700 e gli 800 mensili. È la leva fiscale, quindi, a
costituire l’elemento fondamentale per facilitare il
passaggio degli imprenditore del settore dal terziariouffici al residenziale-case. Questa iniezione di fiducia
per il privato potrebbe essere favorita dall’affacciarsi
nel sistema italiano dei fondi immobiliari e delle Siq,
le società immobiliare quotate, e successivamente
alle banche, alle assicurazioni, alle casse e agli enti
di previdenza, pubblici e privati. «È importante sottolineare», afferma Gualtiero Tamburini, presidente
di Assoimmobiliare, «che in Italia i patrimoni dei
I MUTUI PER LE CASE. CRESCITA DEI VALORI DEGLI IMMOBILI E AUMENTI DEI TASSI.
strare i primi, seppur non preoccupanti, effetti in
termini di assestamento del mercato. Il monte mutui erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni
è passato da 36.784 milioni di euro a fine 1996 a
208.295 del 2006 (+466%) e solamente nell’ultimo
anno l’aumento è stato del 13,3%. Nonostante il
notevole incremento della consistenza dello stock di
mutui accesi in Italia nell’ultimo decennio, il mercato italiano rimane comunque di dimensioni limitate rispetto a quello dei principali Paesi europei. Le
statistiche della Banca d’Italia in merito al numero
di famiglie insolventi mostrano una generale tendenza al rialzo nel periodo 2002-2006. In termini
assoluti, tuttavia, l’ammontare complessivo dei crediti in sofferenza risulta inferiore sia alla media del
periodo che al valore massimo raggiunto nel corso
del III trimestre del 2005. Per quanto risulti in crescita anche il numero di famiglie in difficoltà (nel I
trimestre 2007, del 7,3% in più rispetto al trimestre
precedente), il dato non appare oggi preoccupante
considerata la sostanziale stabilità della quota di affidati sul totale delle famiglie, che oscilla attorno al
tasso fisiologico dell’1,6% ma certo le prospettive
vedono aumentare le condizioni di rischio. In sintesi, si tratta, per il mercato italiano dei mutui, di una
crescita senza precedenti. L’inasprimento dell’onerosità del debito degli ultimi tre anni è stata, però,
parzialmente arginata da condizioni contrattuali
più allettanti, come per esempio tempi di rimborso
più lunghi, tetti massimi sulla rata periodica. Sono perciò aumentate le famiglie indebitate e la loro
esposizione è peggiorata negli anni recenti, sia per
la crescita dei valori delle case che per l’aumento
dei tassi. Questo è il prezzo che si è dovuto pagare
per la diffusione ulteriore della proprietà della casa.
La situazione, sebbene oggi sia ancora entro limiti
di sostenibilità complessiva, è potenzialmente destinata ad assumere connotazioni preoccupanti nel
caso in cui la crescita economica sia disallineata al
soddisfacimento del debito pregresso.
Fondi sostanzialmente non sono investiti in abitazioni, mentre le Società di investimento immobiliare
quotate (Siiq), potranno avviare la loro operatività in
questo settore già a partire dai prossimi mesi». La
gran parte dei capitali che negli ultimi anni sono
mancati nel settore immobiliare corporate, quali per
esempio uffici, commercio, hotel, industria, proviene
dagli investitori istituzionali come le banche e i fondi pensione italiani ed esteri. Questi investitori decidono o meno di investire i propri capitali valutando
esclusivamente i rendimenti attesi dei titoli nei quali
hanno deciso di investire. Per tale ragione, gli investitori istituzionali prediligono l’investimento indiretto in quote di Fondi e stanno valutando con estremo
interesse l’investimento in Siiq, anche se le modifiche
introdotte dal governo con la recente finanziaria non
hanno accolto tutte le richieste del mercato, come la
percentuale di distribuzione degli utili, fissata all’85%,
ritenuta troppo alta da Assoimmobiliare perché impedisce di destinare risorse agli investimenti, e la
questione della tassazione delle plusvalenze. La principale richiesta di Assoimmobiliare era finalizzata al
riallineamento della politica fiscale degli affitti a quella per la prima casa, così da ridurre la maggiore one-
rosità che rappresenta il motivo per cui gli imprenditori sono orientati soprattutto al terziario. Per
esempio l’iva applicata a chi costruisce per poi vendere a un acquirente per la prima volta è al 4%,
mentre sugli affitti è al 10%; l’iva sui costi di gestione è addirittura al 20%. «Riteniamo che sia possibile
stimolare l’investimento di capitali nello specifico
comparto economico», osserva Tamburini. «Nell’ambito di soluzioni di natura generale si potrebbero
ipotizzare la concessione di contributi a sostegno
degli inquilini meritevoli di tutela sociale, da intendersi non necessariamente individuati rispetto al solo parametro reddituale perché se, come sembra opportuno, si vuole proiettare lo sguardo al futuro, è
necessario dare risposta alle esigenze abitative di giovani coppie, studenti, giovani ricercatori. Ciò si dovrebbe accompagnare al miglioramento degli assetti
contrattuali tra il locatore e gli inquilini, con particolare riferimento alla tutela della proprietà in presenza
di locatari morosi e allo sviluppo di regole volte a
eliminare taluni effetti distorsivi del social housing,
quali la creazione di quartieri ghetto».
I L C O M M E N T O D E L L’AS S O CIA Z IO N E D EI C OM U N I ITA LIA N I
La proposta di Assoimmobiliare ha incassato un sì tiepido da parte dell’Anci. Il tema della discussione, infatti, è uno degli
argomenti in agenda dell’associazione dei Comuni italiani, interessata però soprattutto all’edilizia sociale e al suo inserimento all’interno dei nuovi piani attuativi delle amministrazioni. Secondo l’Anci la previsione nei nuovi insediamenti
urbani di stock di edilizia residenziale finalizzata all’affitto, può essere auspicabile solo se saranno modificati gli strumenti
normativi attraverso i quali si intende procedere. «La proposta è interessante, ma deve essere attentamente valutata e,
diciamo subito, modificata», afferma il responsabile per le politiche abitative dell’Anci, Claudio Minelli. «La proposta ci
è sembrata opportuna», spiega Minelli, «soprattutto per quanto riguarda le aree pubbliche da individuare e utilizzare
per attuare programmi di housing sociale o comunque destinate, con iniziative che coinvolgono investimenti privati,
all’affitto agevolato. Se si è d’accordo – prosegue – su agevolazioni fiscali per favorire l’affitto, molto c’è da lavorare
sulle proposte che, se rimanessero così formulate e tradotte in legge, sostanzialmente scardinerebbero i piani regolatori dei Comuni». L’Anci, insomma, sarebbe molto più favorevole a coinvolgere i privati in una operazione di housing
sociale. «L’Anci», osserva Minelli, «è interessata all’edilizia sociale, anche prevedendola nei nuovi piani attuativi, ed è
attenta alla compatibilità con i vecchi piani, nei quali gli standard destinati a servizi sono stati sovradimensionati, ma
andare oltre, prevedendo che possa diventare edilizia residenziale finalizzata all’affitto qualsiasi altra destinazione d’uso
ci sembra davvero incompatibile con un governo equilibrato del territorio».
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IL NUOVO CANTIERE
Nel 2006, secondo quanto emerge dai dati Istat, tra
le famiglie italiane che vivono in abitazioni di proprietà, il 13,8% paga un mutuo la cui rata rappresenta in genere un’uscita consistente: in media 458
euro al mese, il 4,5% in più dell’anno precedente. In
Italia nel 2006 sono stati accesi 404.276 mutui per la
casa, il 2,9% in più rispetto all’anno precedente. Le
compravendite che sono state realizzate attraverso
la richiesta di un mutuo rappresentano il 47,8% del
totale, quota in crescita negli ultimi tre anni considerati nella ricerca di Nomisma 2004-2006. L’’importo medio finanziato nel 2006 ammonta a 127.571
euro per abitazione, valore in crescita del 9% nel
periodo considerato Le variazioni intervenute nell’ultimo trimestre su base annuale (2006) appaiono
le più basse degli ultimi 5 anni, +0,8%, indicando
un rallentamento evidente nella crescita dei nuovi
contratti di mutuo. I ripetuti incrementi disposti dalla
BCE sui tassi d’interesse e gli elevati livelli raggiunti
dalle quotazioni sembrano, dunque, iniziare a mo-
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Italiani sempre più indebitati