San Clemente e Mitreo
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San Clemente e Mitreo
! ! ! Il culto di Mitra e la Basilica di San Clemente A Roma, sulla direttrice che unisce il Colosseo al Laterano, posta tra il colle Esquilino e il Celio, sorge la basilica di San Clemente costruita nel XII secolo da papa Pasquale II per celebrare la rinascita della città dopo la distruzione causata dai Normanni. Nel 1858 Joseph Mullooly, allora priore di San Clemente, ebbe l’intuizione che sotto alla chiesa vi potessero essere stratificazioni di luoghi sacri più antichi e fu grazie a questo padre domenicano di origine irlandese, che furono iniziati i lavori di scavo per portare alla luce la vera storia della basilica. Nel 1870 venne alla luce una scoperta alquanto sorprendente: sotto alla basilica medievale furono rinvenute ben tre stratificazioni antecedenti che testimoniano l’antichità e la sacralità di un tale spazio. Nelle profondità di quel terreno fu ritrovato un edificio del III secolo che sorge sul perimetro di una costruzione ancora più antica, racchiusa da forti mura, basata su sette filari di tufo ed un filare di travertino. In un primo tempo si pensò che quel complesso architettonico risalisse ad una “domus” romana ma, l’aver trovato quel locale così spoglio di ogni tipo di decorazione dà l’idea che originariamente la sua utilizzazione fosse riservata solo come luogo di culto. All’interno di quella struttura fortificata, venne infatti alla luce uno stretto passaggio che conduceva ad un Mitreo, costituito da tre ambienti: nelle prime due stanze fu identificato un locale con la funzionalità di vestibolo, mentre nella terza fu individuato il santuario eretto in onore del dio Mitra. In quella stanza rettangolare, di circa venticinque metri per dieci, fu costruito un altare ed una 1 nicchia per accogliere il simulacro della divinità e fu creato un soffitto a volta ribassato e decorato a stucco a simulare una caverna. All’interno di quella stanza fu rinvenuta la statua del dio e caratteristici banconi in muratura nei quali dovevano prendere posto gli adepti durante le celebrazioni; invece l’ara marmorea, che riproduce Mitra mentre uccide il Toro, fu ritrovata al di fuori del santuario. La provenienza di questa arcaica Tradizione trae la sua origine dall’Oriente ed in particolar modo dalla Persia, paese della Mesopotamia nel quale si sviluppò il culto legato ad una dottrina monoteista solare, fondata da Zoroastro tra l’XI ed il VII secolo a.C., alla quale attinsero anche i Re Magi, i sapienti “assoluti e perfettissimi” depositari di quell’antica conoscenza. Il culto professato da Zoroastro prendeva origine dalla figura di Ahura Mazda, il Dio Supremo Creatore dell’Universo raffigurato da un disco alato, nato nel freddo e nell’oscurità di una grotta da madre vergine e dal Dio Sole. Negli Inni scritti da Zoroastro, Ahura Mazda si manifesta attraverso il figlio Mitra, da lui generato “ab eterno”, ed identificato nel “Sol Invictus”, il dio solare che con la potenza dei suoi raggi fecondatori vince la notte primordiale dissolvendo ogni tenebra. Mithra fu anche chiamato “Theos ex Petra”, il “Dio scaturito dalla Pietra”, perché il suo nome in avestico significa colui che è compatto e forte come una roccia; inoltre il termine Mith, in lingua persiana, significa “unione”, “matrimonio” ma anche patto, legame ed alleanza con il Padre. La pietra trova strette relazioni con la grotta e con il colore nero, la parte più oscura della propria coscienza. Platone affronta questo stesso concetto nel 2 “mito della caverna” mettendo in luce l’importanza di sortire dal sonno dell’ignoranza che tiene avvinta l’umanità alla materializzazione ed invita a guadagnarne l’uscita. Mitra è dunque il re-guerriero, anch’egli nato nel buio di una grotta, che domina ed uccide le forze tenebrose, espresse dalla figura del Toro, che vorrebbero tenerlo prigioniero. Mitra, giovane e prestante, viene ritratto nell’impeto di afferrare un toro per le froge e con coraggio e destrezza infliggergli il colpo letale. Nelle antiche tradizioni il Toro fu messo in relazione alla potenza generatrice divina entrata in gioco al momento della creazione; il suo muggito fu ricordato come il rumore delle grandi acque, l’inarrestabile “Potenza taurina”, la forza creatrice che regge e muove il tutto il Cosmo. Mitra fu colui che seppe attingere da quella Forza divenendone lui stesso il solare “depositario” e il copricapo frigio con il quale venne raffigurato divenne, come per i Re Magi, simbolo di sapienza e di regalità. Il suo culto fu importato nell’Impero dai Legionari romani e ben presto si diffuse in tutta Roma; quei misteri cominciarono a venir celebrati in templi sotterranei appositamente costruiti con la struttura tipica della grotta, per ricordare che è in quel luogo arcano che l’eroe spirituale deve dominare e vincere le forze oscure della propria coscienza. Durante la cerimonia d’Iniziazione il teurgo immolava l’animale sull’ara sacrificale e poi faceva cadere parte di quel sangue sull’iniziando che, per l’occasione, veniva fatto stendere in un sepolcro scavato nella roccia. Nel sangue del Toro fu individuato lo scorrere della vitalità solare, il potere creatore e rigeneratore della Natura a cui il valoroso combattente poteva attingere; al termine della cerimonia, dopo altre segrete ritualità, l’iniziando si rialzava spiritualmente rinnovato. 3 Nel Mitreo presente in San Clemente, si volle perpetuare quello stesso culto. Guardando la stanza rettangolare dalla volta stuccata a g rotta, ci accorgiamo che anche lì tutto era stato allestito perché si compisse lo stesso cerimoniale; in questo caso le gocce di sangue scendevano sugli iniziandi dalla griglia presente al centro del soffitto di quella stanza. Significative anche le raffigurazioni scolpite sull’ara di pietra a quattro facce, posta al centro di quel locale: su di un lato appare Mitra mentre uccide il Toro, su quello opposto un grosso serpente che s’innalza verso la sommità dell’ara e sugli altri due lati due figure che tengono in mano una torcia accesa. Nella simbologia mitraica i due personaggi raffigurano Caute e Cautopates, i due Dadofori: il primo tiene la fiaccola alzata, l’altro abbassata. Quelle due fiamme ricordano il ciclo vitale che il sole ogni giorno compie e due importanti momenti astrologici a lui legati: l’Equinozio di Primavera e l’Equinozio d’Autunno. I due Equinozi perpetuano l’eterno alternarsi di luce ed ombre nell’esistenza umana: a Primavera si festeggia il Sole che nasce, portatore di calore luminoso e di vita, mentre in Autunno si rievoca il suo morire. Su quell’ara sacrificale quindi si perpetua il tema escatologico focale di tutta la Dottrina ermetica: “morte” alla propria natura umana, materiale e deifuga, per poter assurgere a “nuova vita” . Questa simbologia, resa evidente dall’immagine di tauroctonia, è riconfermata dai due serpenti: quello che attinge dal sangue dell’animale e quello di ben maggiori proporzioni, impresso esattamente sul lato opposto dell’altare. Il serpente, simbolo di insidia e di 4 forze oscure che vorrebbero ostacolare l’anima nella sua salita spirituale, raffigurato mentre si sta alimentando del sangue scaturito dal Toro, assume nel contesto il significato di rigenerazione e di vita; concetto confermato anche dal secondo serpente che, in perfetta opposizione al primo, si alza dal terreno elevandosi verso la sommità di quell’ara. La Tradizione mitraica è ricca anche di altri simboli legati all’atto di uccisione del toro; spesso accanto al piccolo serpente si trova raffigurato un cane, segno rappresentativo di aiuto e di protezione, ed uno scorpione, simbolo delle forze insidiose del male sempre presenti. Nelle ritualità che si svolgevano all’interno di quei santuari sotterranei, gli Iniziati che esercitavano quel culto, avevano dei segni di riconoscimento e costituivano loro stessi una gerarchia che comprendeva sette gradi: Corax (corvo), Cryptius (occulto), Miles (soldato), Leo (leone), Per ses (per siano), Heliodromus (corriere del Sole), Pater (padre). Ognuno di questi nomi era legato ad un simbolo ed a precise esperienze interiori da realizzare: un viaggio di purificazione che l’anima doveva compiere prima di arrivare al massimo grado di Pater, prefigurazione del Sole Divino. Nel Mitraismo l’acqua svolgeva il ruolo di liquido elemento purificatore e spesso quei santuari sorgevano nelle vicinanze di una sorgente naturale. Nel caso di San Clemente, al di sotto del Mitreo, fu riscontrata una sorgente di acqua sotterranea che conferiva a quel luogo un’ulteriore sacralità. L’immersione nel fonte battesimale costituiva l’iniziazione preliminare al quale il neofita doveva sottoporsi per entrare a far parte di quella comunità. Le analogie tra la religione mitraica ed il Cristianesimo sorgono evidenti. Mettendo in relazione i due culti ci accorgiamo che l’aspetto della maternità 5 e paternità di Gesù e Mithra è pressoché identica, come pure il luogo della loro nascita e i doni che entrambi ricevettero. Gesù Cristo nelle Sacre Scritture è chiamato il “Sole che sorge”, qualità ben riscontrabile anche in Mithra che spesso viene raffigurato con una corona raggiata sul capo; per entrambi si parla di un trono divino più splendente del Sole preparato accanto al Padre. Nel Mitraismo il “Dies solis” fu il giorno consacrato al Sole e celebrato come “ il giorno del Signore”: simbologia che ricorre anche nel Cristianesimo. Anche il simbolismo della “pietra” trova una relazione con entrambi: sappiamo che Mitra venne chiamato “colui che nasce dalla pietra” ed il Cristo è considerato la “pietra angolare” che sostiene tutta la struttura del Tempio. Nella Dottrina cristiana si parla di una pietra grezza che va raffinata e resa perfetta fino a renderla “cubica”, stabile, potente e solare come quella che riproduce la Gerusalemme Celeste; per la Dottrina Ermetica “fare la Pietra” vuol dire realizzare la Grande Opera alchemica: la trasmutazione della propria anima da deifuga e tenebrosa in Angelo di Luce. Le analogie fino ad ora accennate ci fanno capire che è sempre un’unica Tradizione a parlare: cambiano i nomi, i periodi storici, le civiltà a cui si rivolge, ma rimane sempre l’idea di un Sole che scende nell’umanità “per dileguare le tenebre e l’ombra della morte” e per ricondurre l’Uomo e la Donna redenti, al Regno del Padre. Dio non ha mai abbandonato l’umanità e nel corso di millenni ha parlato, ora ad una civiltà e ad un’altra, con la forma religiosa più adatta per essere recepita da ogni popolo. Come abbiamo visto il culto di Mithra nacque a Roma con il ritorno delle Legioni dall’Oriente. Il “dio solare” fu identificato nell’eroe da imitare e già dalla fine del I secolo, la religione mitriaca cominciò ad inserirsi in templi 6 appositamente edificati o nelle stanze più segrete delle “domus” romane. Così è successo per il Mitreo presente nella basilica di San Clemente. Non dimentichiamo che la prima chiesa dedicata al santo, nacque sulle possenti mura del Mitreo; a questa se ne sovrappose un’altra, avvalorando ancor di più il concetto che ci vuole una struttura fortificata come quella per reggere un Tempio dello Spirito. Anche la figura di San Clemente non fu estranea a quello stesso messaggio; la sua vita ed il suo martirio ne furono la più chiara dimostrazione e su di lui si raccontano storie che mettono in risalto la straordinarietà della sua persona. Secondo Tertulliano, Clemente entrò in stretto contatto con gli apostoli e secondo Origene divenne lui stesso fedele discepolo di Paolo di Tarso. Grandi furono le sue capacità di conversione e numerosi i miracoli da lui compiuti: si dice che furono 75 le chiese edificate ed innumerevoli i convertiti. Eletto al soglio pontificio tra l’88 ed il 97 continuò instancabilmente la sua opera di cristianizzazione presenziando a riti che a quell’epoca si tenevano di nascosto in case private. Fu in un’occasione come questa che Clemente venne arrestato e poi martirizzato. Il responsabile della sua condanna fu il prefetto Sisinnio, cortigiano di Nerva che, non accettando la conversione della m o g l i e Te o d o r a , decretò l’arresto di Clemente e la sua fine. Anche la storia di San Clemente trovò strette relazioni con la simbologia della “pietra”. Si dice che mentre i servi di Sisinnio lo stavano trascinando incatenato per gettarlo in mare, la sua persona si tramutasse in una colonna di pietra così pesante da non riuscirla a muovere. Si racconta anche che dal giorno in cui fu martirizzato, le acque nelle quali il suo corpo venne gettato, cominciassero a recedere misteriosamente fino a mettere in luce una specie di sacrario, “miracolosamente costruito” che conteneva le sue spoglie. 7 Quando ne l‘868 San Cirillo rinvenne quelle reliquie, le trasportò a Roma e furono conservate nella prima basilica, oggi sotterranea, edificata nella seconda metà del IV secolo su quel Mitreo sottostante risalente a circa un secolo prima; sulle linee di quella chiesa più antica, utilizzando gli stessi materiali rinvenuti, fu poi costruita, nel 1084, la chiesa medievale tutt’oggi esistente. La basilica di San Clemente nei secoli subì varie opere di restauro; quella più significativa avvenne tra il 1713 ed il 1719 grazie all’impresa architettonica di Carlo Stefano Fontana che edificò la facciata in perfetto stile barocco, apportando quegli stessi caratteristici elementi all’interno della navata. Entrando ancor oggi nella Basilica, pur cogliendo l’intrusione di quegli ultimi inserimenti barocchi, non possiamo non rimanere colpiti dalla bellezza degli antichi elementi architettonici che ancora vi si conservano: la “schola cantorum” del XII secolo posta al centro della navata, il pavimento cosmatesco e soprattutto lo straordinario mosaico - il Trionfo della Croce - di scuola normanno-romana che si innalza sull’abside centrale. Quel Cristo crocifisso tra la Vergine e San Giovanni Evangelista con attorno dodici bianche colombe, diviene l’immagine focale di tutta la basilica. La croce è rappresentata come l’ “arbor vitae”, l’albero della vita a cui tutta l’umanità dovrà attingere e le verdi volute, che partendo da quel virgulto, vanno a colmare l’intera volta absidale, ci riconducono all’antico simbolo della spirale, quella linea sottile che collega Cielo e Terra in un’intima e segreta relazione. I simboli sono cambiati, ma non il loro significato e chi ne conosce il segreto linguaggio non può altro che constatare che in quella Basilica 8 si è voluto perpetuare il messaggio antico di Alleanza tra l’Umano ed il Divino già presente all’epoca del Mitreo. Le stratificazioni architettoniche che nella Basilica di San Clemente si sono succedute, dimostrano una continuità di culto che non ha mai abbandonato quel complesso. In quel luogo santo dove ritualità e preghiere si sono perpetuate nei millenni, si è aperta come una porta segreta che dalle profondità della terra arriva fino al cielo. La porta segreta è sempre Gesù Cristo che ricorda nelle sacre Scritture di essere Lui stesso “la via, la porta e la vita”. La Basilica di San Clemente con la figura del Cristo - fonte di rigenerazione e di vita - posta al centro di quell’abside, diventa così il luogo designato a celebrarne, in maniera semplice ma profonda, tutta la sua Gloria. ! ! ! ! ! ! ! Il Trionfo delle croce Basilica di San Clemente 9