Anticoagulazione regionale con citrato in CVVH

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Anticoagulazione regionale con citrato in CVVH
Anticoagulazione regionale con citrato in CVVH
00008
Autori
Santo Morabito
Valentina Pistolesi (redattore)
Elio Vitaliano (redattore)
Contenuti
1. Abstract
2. Premese - razionale
3. Scopi e obiettivi
4. Campo di applicazione
5. Responsabilità
6. Attività
Materiali
Impostazione trattamento
Cirato ed Equilibrio Acido Base
Monitoraggio parametri di
laboratorio
7. Verifica
Anticoagulazione regionale con citrato in CVVH
00008
Abstract
release 1 pubblicata il 13 June 2011 18:41 da Santo Morabito
In corso di terapie sostitutive renali (RRT), il rischio di complicanze emorragiche varia notevolmente
(4-30%) in relazione alle diverse casistiche e alla metodica impiegata ma è tendenzialmente più
elevato in CRRT. Nei pazienti con IRA, le complicanze emorragiche si associano a un significativo
incremento della mortalità e qualunque strategia mirata a ridurre il rischio emorragico andrebbe messa
in atto. Le metodiche CRRT necessitano di anticoagulazione 24h su 24 ma in particolari situazioni
cliniche, caratterizzate da rischio emorragico elevato, possono essere eseguite senza anticoagulante o
utilizzando protocolli alternativi. Recentemente, nel trial multicentrico VA/NIH ARF Trial [1] (full
text), solo il 20.3% dei pazienti in CRRT (CVVHDF) sono stati trattati con eparina mentre nel 54.6% è
stata effettuato trattamento senza eparina e nel 25.1% con protocolli di anticoagulazione alternativi
(20.4% citrato, 4.7% altre metodiche). Tra le diverse metodiche emergenti, l’anticoagulazione
regionale con citrato (RCA) sembra essere la più promettente e consente di prolungare notevolmente
la durata del circuito rendendo pressoché nullo il rischio emorragico. Tuttavia, nonostante gli evidenti
vantaggi, la metodica ha avuto una diffusione limitata a causa di una serie di fattori: complessità,
perplessità legate al rischio di complicanze metaboliche, eterogeneità dei protocolli proposti, necessità
di preparare soluzioni “ad hoc”. L’introduzione e la diffusione di protocolli semplificati potrebbe
portare, nei prossimi anni, alla definitiva affermazione della RCA come metodica di scelta nel paziente
ad alto rischio emorragico che necessita di CRRT.
L’obiettivo della RCA è di anticoagulare il sangue all’interno del circuito extracorporeo attraverso la
riduzione della concentrazione di calcio ionizzato ottenuta tramite infusione in pre-diluizione di una
soluzione di citrato. La perdita di ioni calcio e dei complessi calcio-citrato con l’effluente determina
una riduzione indesiderata del Ca++ sistemico che deve essere prevenuta tramite infusione al paziente
di quantità variabili di calcio-cloruro.
La presente procedura descrive, tramite l’impiego di soluzioni disponibili in commercio, un protocollo
di RCA in CVVH mirato ad ottenere:
una semplificazione della gestione del monitor CRRT
una ottimizzazione delle impostazioni iniziali dei parametri operativi (flusso citrato, flusso
infusione calcio-cloruro) al fine di prevenire complicanze metaboliche e di ridurre al minimo la
necessità di interventi aggiuntivi da parte del personale infermieristico
una semplificazione del monitoraggio dei principali parametri necessari per la gestione
dell’anticoagulazione regionale con citrato
una semplificazione degli aggiustamenti del flusso infusione di calcio cloruro.
Bibliografia
[1] VA/NIH Acute Renal Failure Trial Network, Palevsky PM, Zhang JH et al. Intensity of renal
support in critically ill patients with acute kidney injury. The New England journal of medicine
2008 Jul 3;359(1):7-20 (full text)
Procedura aggiornata il: 25 March 2015
Preparata e verificata da (autore): Santo Morabito
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Premese - razionale
release 1 pubblicata il 14 June 2011 15:59 da Valentina Pistolesi
PREMESSE
Le terapie sostitutive renali continue (CRRT) (Sigler MH - 1987 [1]) sono ormai di impiego diffuso in
pazienti “critici” ricoverati in Unità di Terapia Intensiva con Acute Kidney Injury (AKI), instabilità
emodinamica, Multiple Organ Disfunction Syndrome (MODS) ed ipercatabolismo ( Ronco C - 2007
[2] (full text), (Morabito S - 2009) [3] (full text)).
I principali vantaggi delle CRRT in queste tipologie di pazienti sono rappresentati da rimozione lenta
di liquidi e soluti, stabilità emodinamica, correzione graduale degli squilibri elettrolitici e acido-base,
possibilità di ottimizzare l’apporto di nutrienti e farmaci ( Morabito S - 2009 [3] (full text)).
Tuttavia, la necessità di anticoagulazione 24 ore su 24, in soggetti che possono presentare un rischio
emorragico elevato (interventi chirurgici, trombocitopenia, insufficienza epatica, deficit di fattori
della coagulazione), rappresenta un potenziale svantaggio delle metodiche continue (Van de Wetering
J -1996 [4] (full text)). Complicanze emorragiche maggiori sono riportate in letteratura con
percentuali variabili ma comunque elevate (6-30%) nei pazienti con AKI sottoposti a RRT con
interessamento frequente del tratto gastro-enterico superiore (Ward DM - 1993 [5]), (Fiaccadori E 2001 [6] (full text)). E’ da sottolineare che in corso di AKI il verificarsi di una complicanza
emorragica aumenta in maniera significativa la mortalità (Ward DM - 1993 [5]), (Fiaccadori E - 2001
[6] (full text)).
La somministrazione di anticoagulanti in corso di RRT ha lo scopo di mantenere il funzionamento del
circuito extracorporeo per un tempo sufficiente a garantire un’adeguata efficienza del trattamento
(Fiaccadori E - 2006 [7]). Nel caso specifico della CRRT, l’interruzione non programmata del
trattamento ed il conseguente down-time rivestono un ruolo di primo piano nel determinare l’effettiva
durata e quindi la dose dialitica effettivamente somministrata (Fiaccadori E - 2006 [7]), (Uchino S 2003 [8]). A questo proposito, la coagulazione del circuito extracorporeo è indicata come la causa
più frequente di interruzione non programmata in CRRT e può comportare una differenza tra tempo
prescritto e tempo effettivo anche di 5-8 ore al giorno (Uchino S - 2003 [8]) . Inoltre, il verificarsi di
frequenti interruzioni della CRRT determina inevitabilmente un aumento del carico di lavoro
infermieristico e dei costi (Fiaccadori E - 2006 [7]).
D’altra parte, un aspetto che non deve essere trascurato è quello legato all’aumentato rischio
emorragico associato all’impiego di modalità di anticoagulazione sistemica convenzionale come
quella con eparina non frazionata. E’ documentato, infatti, che nel caso specifico delle CRRT con
anticoagulazione standard con eparina il fabbisogno trasfusionale può raggiungere valori
particolarmente elevati, equivalenti a circa un’unità di emazie concentrate nelle 24h ( Monchi M 2004 [9]).
Pertanto, l’obiettivo del trattamento anticoagulante ottimale è quello di minimizzare le complicanze
emorragiche prevenendo, allo stesso tempo, la formazione di coaguli nel circuito extracorporeo.
Il rischio emorragico può essere ridotto effettuando, ove possibile, il trattamento CRRT senza eparina
o adottando metodiche di anticoagulazione alternative (Tan HK - 2000 [10]). Nei pazienti con deficit
dei fattori della coagulazione e/o con piastrinopenia è possibile tentare di effettuare il trattamento
senza eparina ma la durata del circuito può risultare limitata in una percentuale di casi non trascurabile
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senza eparina ma la durata del circuito può risultare limitata in una percentuale di casi non trascurabile
(Tan HK - 2000 [10]), (Morabito S - 2003 [11]).
E’ importante, pertanto, un approccio razionale che tenga conto dell’eventuale presenza di fattori di
rischio di sanguinamento prima dell’avvio del trattamento CRRT. La scelta della metodica di
anticoagulazione sarà comunque orientata anche dall’esperienza acquisita nelle singole Unità di
Terapia Intensiva.
Tra le metodiche emergenti, l’anticoagulazione regionale con citrato sembra essere la più promettente
(Mariano F - 2007 [12] (full text)), (Oudemans-van straaten HM - 2010 [13]), (Tolwani AJ - 2006
[14] (full text)). L’uso del citrato consente di prolungare notevolmente la durata del circuito (Monchi
M - 2004 [9]) , (Kutsogiannis DJ - 2005 [15]). rendendo pressoché nullo il rischio emorragico e
abbattendo la necessità di emotrasfusioni da 1 U/die a 0.2 U/die (Monchi M - 2004 [9]).
L’anticoagulazione regionale con citrato è stata descritta per la prima volta in emodialisi intermittente
da (Morita Y -1991 [16]) ed è stata successivamente introdotta da Mehta anche in CRRT (Mehta RL 1990 [17]). Nonostante gli evidenti vantaggi, la metodica ha avuto una diffusione limitata ad alcuni
Paesi a causa di una serie di fattori: complessità, perplessità legate al rischio di complicanze
metaboliche, necessità di preparare soluzioni “ad hoc”, rischio di accumulo di citrato in particolari
situazioni cliniche (Mariano F- 2007 [12] (full text)). Nei prossimi anni, l’introduzione di protocolli
semplificati potrebbe portare alla definitiva affermazione dell’anticoagulazione regionale con citrato
come metodica di scelta nel paziente ad alto rischio emorragico che necessita di CRRT (Morabito S 2009 [3]) (full text)), (Mariano F - 2007 [12] (full text)).
RAZIONALE
L’obiettivo dell’anticoagulazione regionale con citrato è di anticoagulare il sangue all’interno del
circuito extracorporeo attraverso la riduzione della concentrazione di calcio ionizzato (target Ca++ nel
circuito extracorporeo < 0.3-0.4 mmol/L) (Oudemans-van Straaten HM - 2010 [13]), (Davenport A 2009 [18]), (Oudemans-van Straaten HM - 2011 [19] (full text)). L’effetto anticoagulante del citrato è,
infatti, legato alla sua capacità di chelare il calcio ionizzato (Figura 1) .
La metodica prevede l’infusione nella linea arteriosa del circuito extracorporeo di una soluzione
contenente citrato che chela il calcio ionizzato (Ca++) riducendo la sua concentrazione nel circuito da
1-1.2 mmol/L a 0.3-0.4 mmol/L (Figura 2). Dato che l’attivazione di molti fattori della coagulazione è
Ca++ dipendente la cascata coagulativa viene così interrotta a diversi livelli (Figura 1).
L’anticoagulazione del circuito extracorporeo non si estende al paziente grazie al ripristino dei valori
di calcio ionizzato che avviene al rientro del sangue nella circolazione sistemica. Il rapido
metabolismo del citrato, infatti, produce bicarbonato (tre molecole di bicarbonato per ogni molecola di
citrato) e libera il calcio precedentemente chelato. I livelli di Ca++ nel circuito si modificano in
rapporto alla concentrazione ematica di citrato e la velocità di infusione necessaria per raggiungere
livelli di Ca++ desiderati è strettamente correlata al flusso ematico ed alla concentrazione di citrato
nella soluzione impiegata Davenport
(
A - 2009 [18]). Per mantenere il target di Ca++ circuito (0.3-0.4
mmol/L) è in genere sufficiente mantenere una citratemia intorno a 3 mmol/L.
Occorre osservare che le membrane da emofiltrazione sono liberamente permeabili al citrato
(Na3C6H5O7, PM 258 Da, PM 294 in forma diidrato) con un coefficiente di sieving intorno a 0.95
(Mariano F - 2011 [20]). La perdita di calcio con l’effluente, prevalentemente sotto forma di complessi
calcio-citrato [Ca3(C6H5O7)2, PM 498], determina una riduzione indesiderata del Ca++ sistemico che
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calcio-citrato [Ca3(C6H5O7)2, PM 498], determina una riduzione indesiderata del Ca++ sistemico che
deve essere evitata tramite infusione al paziente di calcio cloruro (CaCl2) o di calcio gluconato
(obiettivo: Ca++ sistemico 1.1-1.25 mmol/L). In maniera analoga, anche il Mg++ viene chelato dal
citrato e va incontro a rimozione con l’effluente e necessita pertanto di essere supplementato
(Davenport A - 2009 [18]).
Pertanto, di tutto il citrato in ingresso nel circuito, una parte va incontro a rimozione con l’effluente, in
misura variabile in relazione ai parametri operativi impostati (Davenport A -2009 [18]). La rimanente
quota rappresenta il carico metabolico di citrato al paziente ed è rapidamente metabolizzata in
bicarbonato attraverso il ciclo di Krebs a livello epatico, muscolare e renale. In particolari condizioni
cliniche, questo processo può essere rallentato, provocando effetti tossici da accumulo, specialmente
in pazienti con ipoperfusione epatica e/o muscolare (Davenport A - 2009 [18]), (Mariano F - 2010
[21]).
In corso di anticoagulazione regionale con citrato sono state descritte complicanze metaboliche, quali
alcalosi ed acidosi, ipernatriemia, ipocalcemia.
1. L’alcalosi è dovuta ad un eccessivo carico metabolico di citrato (impiego di soluzioni a
concentrazione elevata) e di solito può essere prevenuta utilizzando liquidi di reinfusione e/o
dialisato con una concentrazione ridotta di bicarbonato.
2. L’ipernatriemia può derivare dall’uso di elevate quantità di trisodio citrato.
3. L’ipocalcemia può derivare dalla perdita eccessiva di Ca++ con il dialisato non correttamente
bilanciata dall’infusione di calcio.
4. L’acidosi metabolica da accumulo di citrato è caratterizzata da anion gap elevato e da aumento
del rapporto Ca totale/Ca++ (Hetzel GR - 2006 [22]). Questi effetti indesiderati sono più
frequenti in presenza di un carico metabolico di citrato > 25 mmoL/h (Mariano F -2007 [12] (ful
text)) e sono stati segnalati prevalentemente quando l’esperienza con questa metodica era in fase
iniziale.
Bibliografia
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Figure
Figura 1.
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Figura 2.
Scopi e obiettivi
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Nonostante sia stata ampiamente documentata l’efficacia dell’anticoagulazione regionale con citrato, il
suo impiego non ha ancora trovato larga diffusione a causa della relativa complessità della metodica,
della necessità di preparare soluzioni ad hoc (non disponibili in commercio alla concentrazione
desiderata) o di adattare soluzioni di citrato utilizzate in ematologia per trattamenti di aferesi (ACD-A)
e, infine, da perplessità derivanti dal rischio di complicanze metaboliche.
In passato sono stati proposti numerosi protocolli di anticoagulazione con citrato che si distinguono
per variabilità nella scelta della metodica (CVVH, CVVHD, CVVHDF), dei parametri CRRT (flusso
ematico e flussi infusione) e delle soluzioni impiegate (composizione elettrolitica e concentrazione di
citrato).
Recentemente, la disponibilità in commercio di soluzioni ad hoc per l’anticoagulazione regionale con
citrato in CRRT (soluzione di reinfusione con citrato e bagno dialisi privo di calcio) ha creato i
presupposti per una semplificazione della metodica, requisito indispensabile per una più ampia
diffusione.
Scopo della presente procedura è di proporre un protocollo semplificato di anticoagulazione
regionale con citrato in CVVH utilizzando una soluzione a bassa concentrazione di citrato
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(Prismocitrate 10/2, 12 mmol/L).
Rispetto ai protocolli in CVVHDF, in cui è necessario utilizzare un bagno dialisi dedicato privo di
calcio (Prism0cal), la scelta della metodica CVVH in pre-post diluizione permette di ridurre il
numero di soluzioni utilizzate:
1 soluzione di reinfusione contenente citrato per la pre-diluizione (Prismocitrate 10/2, 12
mmol/L)
1 soluzione di reinfusione convenzionale con tampone bicarbonato per la post-diluizione
(Prismasol 2, Na+ 140 mEq/L).
La reinfusione in post-diluizione con una soluzione per emofiltrazione standard (Prismasol 2, Na+ 140
mEq/L) è resa possibile dalla concentrazione “fisiologica” di sodio (136 mEq/L) che caratterizza il
Prismocitrate 10/2.
L’impiego di soli 2 tipi di soluzioni, di cui una (Prismasol 2) utilizzabile anche per metodiche CRRT
con anticoagulazione convenzionale, permette di ottenere dei vantaggi operativi e gestionali a più
livelli (impostazione dei parametri, gestione infermieristica, semplificazione ordini e magazzino).
Campo di applicazione
release 1 pubblicata il 14 June 2011 16:02 da Valentina Pistolesi
Un approccio razionale al problema dell’anticoagulazione in CRRT nel paziente critico consiste nel
tentativo di non utilizzare eparina nei soggetti a rischio emorragico elevato (Morabito S - 2006 [1] (full
text)):
conta piastrine <50.000/mL,
complicanze emorragiche già in atto,
aPTT >45 s,
intervento o revisione chirurgica nelle ultime 48 h).
In caso di durata del trattamento CRRT senza eparina inferiore a 24 h per coagulazione del circuito, lo
“step” successivo dell’algoritmo da noi proposto prevede l’impiego dell’anticoagulazione regionale
con citrato (Figura 1) secondo il protocollo descritto in dettaglio nella presente procedura.
Bibliografia
[1] Morabito S, Guzzo I, Solazzo A et al. [Acute renal failure following cardiac surgery].
Giornale italiano di nefrologia : organo ufficiale della Societa italiana di nefrologia 2006
May-Jun;23 Suppl 36:S52-60
Figure
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Figura 1.
Responsabilità
release 2 revisionata il 13 June 2011 15:45 da Santo Morabito
Il modello organizzativo della nostra unità operativa prevede una suddivisione delle responsabilità e
dei compiti nella gestione dei trattamenti CRRT in area critica tra personale medico e infermieristico
della nefrologia e della terapia intensiva:
1. Indicazione alla terapia sostitutiva: nefrologo, in stretta collaborazione con l’intensivista
2. Scelta sede e posizionamento accesso vascolare: intensivista o nefrologo
3. Prescrizione parametri dialitici: nefrologo
4. Scelta della modalità di anticoagulazione: nefrologo, in stretta collaborazione con l’intensivista
5. Preparazione del monitor: infermiere emodialisi
6. Preparazione delle soluzioni per la supplementazione di elettroliti (CaCl2, magnesio solfato,
potassio cloruro): infermiere terapia intensiva
7. Avvio del trattamento: infermiere emodialisi (in presenza del nefrologo o dell’intensivista)
8. Controllo parametri operativi e iCa++-circuito (post-filtro) dopo avvio trattamento e
successivamente ogni 12 ore: infermiere emodialisi
9. Monitoraggio parametri operativi durante trattamento, sostituzione sacche e gestione degli
allarmi: infermiere terapia intensiva (in caso di difficoltà di gestione, possibilità di attivare
infermiere emodialisi in servizio ordinario o in reperibilità)
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Preparata e verificata da (autore): Santo Morabito
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10. Monitoraggio emodinamico e bilancio idrico: infermiere terapia intensiva, medico intensivista
11. Monitoraggio parametri elettrolitici (iCa++ sistemico, K+, Mg++) e acido-base: infermiere
terapia intensiva, medico intensivista, nefrologo
12. Modificazioni velocità infusione CaCl2: infermiere terapia intensiva secondo schema
prestabilito (supervisione dell’intensivista e/o del nefrologo)
13. Monitoraggio velocità infusione supplementazione KCl e magnesio solfato: infermiere terapia
intensiva su indicazione del medico intensivista o del nefrologo
14. Monitoraggio giornaliero segni indiretti di sovraccarico di citrato (rapporto calcio totale
sistemico/calcio ionizzato sistemico): nefrologo e intensivista
15. Deconnessione paziente: infermiere emodialisi (solo in caso di interruzione programmata)
Attività
Materiali
release 1 pubblicata il 14 June 2011 17:11 da Elio Vitaliano
MATERIALI E SOLUZIONI:
1. Monitor: Sistema PRISMAFLEX Gambro
2. Set per CRRT Prismaflex HF 1000 (emofiltro a fibre capillari, membrana Polyarylethersulfone
1.15 mq)
3. Soluzione reinfusione in pre-diluizione Prismocitrate 10/2 (sacche 5 L, citrato trisodico 10
mmol/L, acido citrico 2 mmol/L)
4. Soluzione di reinfusione in post-diluizione con tampone bicarbonato Prismasol 2 (sacche 5 L,
HCO3- 32 mmol/L, K+ 2 mmol/L, Ca++ 1.75 mmol/L)
5. Soluzione CaCl2 f. 10 mL 10% (Ca elementare 272 mg pari a 0.68 mmol/mL)
6. Emogasanalizzatore Gem Premier 4000, Instrumentation Laboratories
7. Siringhe per emogasanalisi (PulsetTM, Balanced Lithium/Zinc heparin formulation, Westmed)
Impostazione trattamento
release 1 pubblicata il 15 June 2011 00:40 da Valentina Pistolesi
Impostazione iniziale flusso citrato
La soluzione Prismocitrate 10/2 deve essere infusa in prediluizione utilizzando la bilancia bianca
(PBP) ricordandosi di mantenere aperte tutte le clamps relative alla linea bianca (Figura 1).
La velocità del flusso sarà impostata tenendo conto del flusso ematico (Qb) impiegato al fine ottenere
una citratemia teorica pari a 3 mmol/L(v. Tabella 1)
Impostazione iniziale flusso reinfusione post-diluizione
La soluzione con tampone bicarbonato prescelta (Prismasol 2) deve essere infusa in post-diluizione
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Anticoagulazione regionale con citrato in CVVH
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utilizzando sia la bilancia verde sia la bilancia porpora.
Dopo aver impostato la velocità di reinfusione in maniera tale da raggiungere la dose dialitica totale
prescritta, sul monitor Prismaflex impostare la percentuale di prediluizione a 0% che equivale a 100%
post-diluizione (Figura 1)
Impostazione flusso calcio cloruro
Preparazione CaCl2 in pompa siringa: 5 f. CaCl2 10 mL 10% in siringa da 50 mL
Sulla base del Ca++ paziente, misurato su prelievo per emogasanalisi dalla linea arteriosa del paziente
(in genere, linea a. radiale) subito prima della connessione al monitor CRRT, e dell’effluente totale
(flusso PBP + flusso reinfusione postdiluizione + rimozione liquidi), impostare la velocità di
infusione iniziale di CaCl2 secondo quanto indicato nelle Tabelle riportateTabella II (v. Tabella 2)
Successive modifiche della velocità di infusione di CaCl2 saranno effettuate sulla base dei controlli di
Ca++ sistemico (emogasanalisi su sangue arterioso) eseguiti ogni 2 h per le prime 6 h e
successivamente ogni 4 h al fine di mantenere un Ca++ paziente compreso nel range di normalità
(1.1-1.25 mmol/L) (v. Tabella 3)
Figure
Figura 1.
Procedura aggiornata il: 25 March 2015
Preparata e verificata da (autore): Santo Morabito
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Anticoagulazione regionale con citrato in CVVH
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Documenti allegati
Tabella 1
Tabella 2
Tabella 3
Cirato ed Equilibrio Acido Base
release 1 pubblicata il 27 January 2013 19:02 da Valentina Pistolesi
Anticoagulazione regionale con citrato ed equilibrio acido-base
In relazione alla quantità di citrato infusa (1 mmol di citrato viene convertita in 3 mmol di
bicarbonato) ed alla capacità metabolica del paziente, il controllo dell’equilibrio acido-base potrà
necessitare di aggiustamenti.
Con l’attuale protocollo, che prevede un basso carico di citrato, potrà essere necessario somministrare
bicarbonato di sodio a piccoli boli o in infusione continua (valutazione di competenza dei colleghi
intensivisti in accordo con il consulente nefrologo).
Monitoraggio parametri di laboratorio
release 1 pubblicata il 27 January 2013 19:03 da Elio Vitaliano
Il controllo dei parametri ematici sotto riportati è indispensabile per una corretta gestione ed un
accurato monitoraggio dell'anticoagulazione regionale con citrato (RCA) in CRRT:
1. iCa++ circuito (post-filtro) all’inizio del trattamento e successivamente ogni 6-12h
2. iCa++ sistemico ogni 2h per le prime 6h e successivamente ogni 4-6h
3. controllo giornaliero calcemia totale sistemica (mmol/L) e iCa++ sistemico (mmol/L) per
calcolo rapporto Ca tot/iCa++ (indice indiretto di accumulo di citrato per valori > 2.5)
4. controllo giornaliero Mg++ per valutazione supplementazione
5. controllo parametri acido-base per valutare alcalosi metabolica o acidosi metabolica (anion gap
aumentato)
6. K+ (emogasanalisi di routine) e fosfatemia (ogni 24h) per valutazione supplementazione
7. controllo sodiemia (anche se non sono attese variazioni significative con l'impiego di soluzioni
di citrato a bassa concentrazione, isotoniche)
Verifica
release 1 pubblicata il 14 June 2011 17:33 da Santo Morabito
La procedura di anticoagulazione regionale con citrato, descritta nelle precedenti sezioni, è utilizzata
Procedura aggiornata il: 25 March 2015
Preparata e verificata da (autore): Santo Morabito
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Anticoagulazione regionale con citrato in CVVH
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nella versione attuale da circa 2 anni c/o una Unità di Terapia Intensiva Post Operatoria (UTIPO)
cardiochirurgica grazie alla stretta collaborazione tra le equipes infermieristiche e mediche (nefrologi,
intensivisti) dell'UTIPO stessa e della nefrologia.
Allo stato attuale sono stati trattati oltre 25 pazienti (circa 125 circuiti per oltre 6000 h di trattamento)
e non si sono verificate complicanze correlate alla gestione dell'anticoagulazione con citrato
(ipocalcemia, ipercalcemia). Inoltre, l'ottimizzazione delle impostazioni iniziali ha permesso di ridurre
il carico di lavoro infermieristico minimizzando il numero di interventi sul monitor e sulle
impostazioni dell'infusione di calcio cloruro.
I risultati preliminari relativi all'applicazione della presente procedura sono stati presentati in forma di
poster al 51° Congresso della Società Italiana di Nefrologia (Rimini 2010, webposter, v. Abstracts 51°
Congresso SIN 2010).
Documenti allegati
Abstract 51° Congresso SIN 2010
Procedura aggiornata il: 25 March 2015
Preparata e verificata da (autore): Santo Morabito
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