ue focus - Camere di Commercio

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ue focus - Camere di Commercio
U.E. FOCUS
LETTERA DA BRUXELLES
LUGLIO 2006 – NUMERO 7
INDICE
Imprese, Innovazione e Società dell’Informazione
7.1
Conclusioni della presidenza concernenti l’audizione sull’iniziativa Jeremie
Ambiente, Riqualificazione Urbana e Agricoltura
7.2 La Commissione propone una riforma radicale dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo,
privilegiando lo sradicamento dei vigneti e l’abolizione delle misure di gestione del mercato
7.3
Il Parlamento approva una direttiva per riciclare le pile per tutelare l'ambiente
Politica dei Consumatori, Salute e Sicurezza Alimentare
7.4 La Commissione vuole diminuire le spese conseguenti a incidenti e ferite e proporrà una
raccomandazione al Consiglio sul tema
Trasporti ed Energia
7.5
Accordo per la costruzione di un corridoio ferroviario ad alta velocità
Mercato Interno, Servizi Finanziari e Commercio
7.6 Il Commissario Charles Mc Creevy definisce gli obiettivi della proposta di direttiva Solvibilità II
7.7 Servizi finanziari: verso un’adozione definitiva in settembre 2006 delle misure d’esecuzione della
direttiva “MIFID”
Inserto Speciale: Il Commercio e gli investimenti UE con la Cina. Cambiamenti, sfide e possibilità –
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Bruxelles 7 luglio 2006
Imprese, Innovazione e Società dell'Informazione
7.1 Conclusioni della presidenza concernenti l’audizione sull’iniziativa
Jeremie
Si è svolta in giugno presso la sede del Comitato Economico e Sociale Europeo a
Bruxelles, l’Audizione indetta dal Presidente della Sezione specializzata “Unione
economica e monetaria, coesione economica e sociale” Georgios DASSIS su:
"JEREMIE (Joint Resources for Micro to Medium Enterprises) - Le esigenze, gli
strumenti e i nuovi meccanismi finanziari per lo sviluppo delle micro e piccole imprese e
per l'occupazione nell'ambito della nuova politica di coesione economica e sociale", che
fa seguito al Parere del Comitato economico e sociale europeo sull’argomento –
Relatore Antonello Pezzini– adottato il 15 marzo 2006.
All’audizione ha preso parte una folta rappresentanza dell’imprenditoria, dei lavoratori,
del mondo universitario, del settore bancario, della cooperazione e delle regioni
dell’Unione Europea, nonché rappresentanti della Commissione, della Banca Europea
degli Investimenti e del Fondo Europeo degli Investimenti.
I partecipanti hanno convenuto sulle opportunità ed esigenze per accelerare, attraverso
JEREMIE:
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il processo di sviluppo di una economia europea sana e competitiva, il
potenziamento del suo tessuto di micro e piccole imprese, una maggiore e
migliore occupazione in una coesione economica e sociale rafforzata;
il sostegno della minore impresa, come anello fondamentale della strategia di
Lisbona, perché essa è collegata con l'innovazione, genera un'occupazione
stabile e puo' meglio contribuire alla formazione continua della forza lavoro con il
contributo di JEREMIE;
un ampio coinvolgimento delle parti sociali in tutti i problemi che si riferiscono alle
imprese e, in particolare, in quelli del credito, per sensibilizzare sia gli istituti
finanziari e le autorità pubbliche, sia gli organismi di rappresentanza degli
imprenditori e dei lavoratori, in una prospettiva di rispetto dei principi di
responsabilità sociale delle imprese e di finalità sociale del credito;
una più ampia informazione sui nuovi programmi comunitari , soprattutto su quelli
rivolti alle micro e alle piccole imprese, in vista della nuova programmazione
2007-2013;
sostegno a strumenti diversi dalle sovvenzioni, come i prestiti, le garanzie del
debito subordinato, gli strumenti convertibili e il capitale di rischio;
rafforzamento delle infrastrutture necessarie per agevolare l'accesso ai
finanziamenti (uffici di trasferimento tecnologico, incubatori, reti di business
angels, ecc.);
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azioni per le categorie specifiche, come i giovani imprenditori, le imprenditrici, le
persone appartenenti a gruppi svantaggiati, comprese le minoranze etniche;
creazione di un Focal point JEREMIE presso la Commissione, inteso come unità
comunitaria di coordinamento e di informazione tra le diverse azioni al fine di
ottimizzare i risultati;
pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia e trasparenza nelle procedure
di appalto e selezione, nella gestione degli Holding funds regionali, nonché
nell'accreditamento degli intermediari finanziari
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Riferimenti
Per il testo delle conclusioni visitare l’indirizzo del sito del Comitato Economico e
Sociale: http://www.eesc.europa.eu/sections/eco/index_en.asp
Ambiente, Riqualificazione Urbana e Agricoltura
7.2 La Commissione propone una riforma radicale dell’organizzazione
comune del mercato vitivinicolo, privilegiando lo sradicamento dei
vigneti e l’abolizione delle misure di gestione del mercato
La Commissione europea propone una riforma “fondamentale e drastica”
dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. La comunicazione, pubblicata a fine
giugno, modifica il regolamento del 17 maggio 1999. Per rendere più competitivi i
produttori di vino dell’Unione, propone lo sradicamento di 400 000 ha di vigneti in cinque
anni e di abolire tutte le misure di gestione del mercato, tra cui il sostegno per la
distillazione di vini. La Commissione presenterà le sue proposte legislative di riforma
all’inizio del 2007, in prospettiva di un accordo degli Stati membri prima dell’estate dello
stesso anno. La nuova OCM entrerebbe in vigore nel luglio 2008.
L’UE produce e consuma il 60 % del vino prodotto nel mondo ed è al primo posto in
materia di consumo, esportazione e importazione. Tuttavia il consumo di vino diminuisce
di circa 750 000 ettolitri l’anno, con le importazioni che aumentano ad un ritmo più
sostenuto delle esportazioni; i vini da Cile, Australia, Argentina e Sudafrica vedono
crescere ogni anno le loro quote di mercato e l’UE produce troppi vini per i quali non
esiste alcuno sbocco. Secondo l’Esecutivo comunitario, le eccedenze strutturali di vini
rischiano di raggiungere verso il 2011 i 27 milioni di ettolitri, ossia il 15 % della
produzione UE.
Ultimamente sono stati stanziati 131 milioni di euro per la distillazione di crisi in Italia e
Francia e l’UE stanzia ogni anno 500 milioni di euro per misure di distillazione (non
soltanto di crisi). Secondo il Commissario Fischer Boel si tratta di “un modo ridicolo di
utilizzare i fondi pubblici” e occorre spendere in modo più intelligente il bilancio
comunitario dedicato al vino (tra 1.2 e 1.3 miliardi di euro all’anno in media).
Nella sua comunicazione la Commissione esclude subito tre opzioni di riforma:
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Lo statu quo corredato di alcuni adattamenti secondari (opzione non considerata
valida né dal punto di vista economico né politico)
La liberalizzazione completa del mercato (con conseguenze economiche e
sociali estremamente devastanti nelle regioni interessate)
La separazione fra i pagamenti diretti e il livello di produzione (opzione che
darebbe adito all’attribuzione di un pagamento unico decisamente troppo debole
per molti produttori)
La Commissione propone due scenari di riforma radicale:
1. Il primo, che è quello che preferisce, è sul modello della riforma del settore dello
zucchero, cioè riattivare provvisoriamente il regime di sradicamento dei vigneti
(400 000 ettari in cinque anni, con un aiuto totale di 2.4 miliardi di euro) e
abbandonare, nel 2013, il sistema delle restrizioni in materia di diritti di
piantagione. I viticultori saranno liberi di decidere se vogliono o meno ricorrere
allo sradicamento; la superficie agricola utilizzata precedentemente per la
produzione di vino potrebbe, sradicati i vigneti, pretendere lo statuto di area che
potrebbe beneficiare del regime di pagamento unico;
2. Il secondo scenario è pressoché analogo a quello precedente, ma prevede una
riforma in un’unica tappa: la Commissione vuole sopprimere dall’entrata in vigore
del nuovo regolamento gli strumenti di gestione di mercato a sostegno della
distillazione di sottoprodotti; distillazione alcool per bevande alcoliche e
distillazione di vini provenienti da varietà a doppia classificazione; aiuto allo
stoccaggio privato; aiuto per i mosti per arricchirli o produrre succo d’uva. La
distillazione verrebbe soppressa o sostituita con un sistema di sicurezza
finanziato dalla dotazione nazionale di aiuto per ogni Stato membro.
I paesi UE potranno utilizzare la dotazione nazionale per attuare certe misure di
gestione delle crisi come assicurazioni contro catastrofi naturali, o per dare copertura di
base alle crisi di reddito. L’uso sarebbe sottoposto al rispetto di alcune regole comuni ,
che rispettino anche l’ambiente, evitando distorsioni concorrenziali nonché
all’approvazione da parte della Commissione del programma nazionale.
Il regime ristrutturazione- riconversione di vigneti sarebbe mantenuto nel quadro della
dotazione nazionale.
Per la politica di qualità la Commissione intende creare due categorie di vini: con e
senza indicazione geografica (IG). Quella con IG sarà divisa in due sottogruppi, vini con
indicazione geografica protetta e vini con AOP (denominazione di origine controllata). Si
dovrebbe creare una procedura di registrazione e protezione delle IG. La Commissione
vuole rafforzare anche il ruolo delle organizzazioni professionali per il controllo di qualità
dei vini prodotti, migliorando i controlli per i vini pregiati.
Per le pratiche enologiche la Commissione avrebbe il compito, finora devoluto al
Consiglio, di approvare nuove pratiche enologiche o modificare quelle esistenti;
riconoscere le pratiche enologiche dell’OIV (ufficio internazionale dei vini) verificando a
livello europeo in che misura possono essere inserite nella legislazione UE; autorizzare
l’uso nell’UE di pratiche enologiche già approvate a livello internazionale per produrre
vini da esportare; sopprimere l’esigenza per il grado alcolico naturale minimo di vini che
non ha ragione d’essere; garantire un minimo livello di protezione ambientale nel
processo produttivo.
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Quanto all’arricchimento, la Commissione vuole proibire l’uso di zucchero per aumentare
la gradazione alcolica; propone anche di semplificare le regole di etichettatura crendo un
quadro giuridico per le varie categorie di vini e per le loro menzioni. Esso si definirà in
base ai bisogni espressi dai consumatori e deve concordare maggiormente con la
politica di qualità dei vini. La Commissione vuole anche introdurre maggiori stanziamenti
per azioni di promozione e informazione sul vino.
Le reazioni, soprattutto da parte dei paesi mediterranei e delle organizzazioni di
categoria, sono state decisamente negative. La Francia ritiene “inaccettabile” il progetto
di riforma, cosi’ come la Spagna, che ha sottolineato in particolare la propria opposizione
alla distruzione delle vigne, rallegrandosi tuttavia della possibilità offertale di conservare
un budget nazionale con delle risorse sufficienti ad applicare le misure di riforma.
Le organizzazioni di produttori accusano la Commissione di voler autorizzare il taglio di
vini UE con vini di paesi terzi e la vinificazione di mosti importati nell’UE.
La Confederazione nazionale produttori vini e acquaviti (CNAOC) e la confederazione
nazionale consorzi volontari per la tutela della denominazione di origine (FEDERDOC)
deplorano “l’incoerenza e la mancanza di dinamismo delle proposte della Commissione”,
e sottolineano piuttosto la necessità di mobilizzare tutti i mezzi per promuovere e
commercializzare i vini europei: la competitività del settore passa da una politica che
consenta di migliorare la protezione e valorizzazione dei vini di qualità.
Copa-Cogeca si dicono deluse del progetto, contestando anche che lo sradicamento
massiccio delle viti rischia di destabilizzare varie regioni vitivinicole europee.
Il Comitato europeo delle imprese di vini (CEEV) è favorevole ad una riforma
approfondita del settore ma ritiene poco ambiziosa la proposta della Commissione, e
chiede in particolare più fondi per la promozione di un consumo responsabile, un nuovo
dispiegamento dei mezzi finanziari per la conquista di nuovi consumatori o mercati (in
particolare per l’esportazione) e applicazione degli strumenti di conoscenza dei mercati
(osservatorio economico).
Il Consiglio europeo dei giovani agricoltori (CEJA) concorda con l’urgenza di rivedere lo
strumento di distillazione in modo da destinare i fondi risparmiati ad altri fini. Critica
tuttavia la volontà di distruggere le vigne per ridurre la produzione di scarsa qualità.
CEJA chiede di ridurre la quantità di vino utilizzando altri mezzi, come la “vendemmia
verde” o una politica offensiva che permetta di aumentare le vendite.
Ad aprile Francia, Italia, Spagna e Portogallo avevano redatto un memorandum che
presentava la loro visione della riforma, molto diversa da quella della Commissione, e
che raccomanda un rafforzamento delle misure strutturali e di gestione di mercato (vedi
UE FOCUS n. 4 dell’aprile 2006).
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Riferimenti
Il dossier é di competenza della DG Agricoltura della Commissione europea.
Per il testo della proposta:
http://ec.europa.eu/agriculture/capreform/wine/index_it.htm
7.3 Il Parlamento approva una direttiva per riciclare le pile per tutelare
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l'ambiente
Dopo due anni di negoziati, il Parlamento ha approvato una direttiva volta a garantire,
entro il 2008, l'attuazione in tutta Europa di sistemi per la raccolta di batterie e
accumulatori che, ad oggi, sono applicati solamente in sei Stati membri. Le pile raccolte
dovranno essere riciclate. Sono stati anche fissati rigorosi limiti al contenuto in cadmio e
mercurio per tutelare meglio la salute. Occorrerà poi sviluppare nuove tecnologie meno
inquinanti e informare meglio i consumatori.
Attualmente, la raccolta, il trattamento e il riciclaggio delle pile usate in Europa sono
frammentari, mentre quasi la metà di tutte le batterie vendute negli Stati membri della
UE a 15 nel 2002 è stata smaltita in inceneritori o in discariche. Solo Austria, Belgio,
Francia, Germania, Paesi Bassi e Svezia dispongono di un sistema nazionale di raccolta
di tutti i tipi di batterie usate destinate al riciclaggio.
Nel novembre 2003, la Commissione ha quindi presentato una proposta di direttiva volta
ad abrogare e sostituire la normativa comunitaria sulle pile. La proposta contiene una
serie di norme relative alla commercializzazione di pile e accumulatori, nonché alla
raccolta, al trattamento e al riciclaggio di pile ed accumulatori usati. Le principali
disposizioni in essa contenute prevedono obiettivi per la raccolta di pile portatili, divieto
di smaltimento delle batterie industriali e automobilistiche in discariche o inceneritori,
requisiti minimi di riciclaggio per tutte le batterie raccolte, requisiti minimi per i piani
nazionali di raccolta e riciclaggio e assunzione di responsabilità da parte dei produttori
per la gestione di tutte le pile una volta allo stato di rifiuti.
Nonostante diversi compromessi fossero stati trovati con il Consiglio nel corso della
procedura legislativa, dopo la seconda lettura del Parlamento sussistevano delle
divergenze che hanno portato alla conciliazione, conclusasi poi positivamente nel
maggio 2006. Adottando la relazione di Hans BLOKLAND (IND/DEM, NL), il Parlamento
approva il progetto comune definito in quella sede e pone fine alla procedura. Gli Stati
membri saranno tenuti a trasporre la direttiva nel diritto nazionale entro due anni.
Ambito d'applicazione
La direttiva si applicherà a tutti i tipi di pile e accumulatori, indipendentemente dalla
forma, dal volume, dal peso, dalla composizione materiale o dall’uso cui sono destinati,
ma non alle pile e agli accumulatori utilizzati in apparecchiature connesse alla tutela
degli interessi essenziali degli Stati membri in materia di sicurezza, armi, munizioni e
materiale bellico (ad esclusione dei prodotti che non sono destinati a fini specificamente
militari) e alle apparecchiature destinate ad essere inviate nello spazio.
Vietato commercializzare pile inquinanti
In base all'accordo raggiunto, è stato stabilito un divieto generale di
commercializzazione di pile e accumulatori contenenti più dello 0,0005% in peso di
mercurio, ma non delle pile a bottone con un tenore di mercurio non superiore al 2% in
peso. E' inoltre vietata la vendita di pile e accumulatori contenenti più dello 0,002% in
peso di cadmio. In questo caso, peraltro, sono previste delle esenzioni per pile e
accumulatori portatili destinati ad essere utilizzati in sistemi di emergenza e di allarme,
comprese le luci di emergenza, in attrezzature mediche e in utensili elettrici senza fili.
Tale disposizione, tuttavia, sarà oggetto di revisione quattro anni dopo l'entrata in vigore
del provvedimento.
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Gli Stati membri dovranno poi adottare le misure necessarie affinché le pile e gli
accumulatori che non soddisfano i requisiti stabiliti dalla direttiva non siano immessi sul
mercato o siano ritirati dallo stesso.
Obiettivi: raccolta differenziata e riciclaggio
La direttiva stabilisce che gli Stati membri, tenendo conto degli effetti del trasporto
sull'ambiente, dovranno adottare le misure necessarie per promuovere al massimo la
raccolta differenziata di rifiuti di pile e accumulatori e per ridurre al minimo lo
smaltimento dei rifiuti di pile e accumulatori come rifiuti urbani misti, «così da realizzare
un elevato livello di riciclaggio di tutti i rifiuti di pile e accumulatori». Gli Stati membri,
inoltre, potranno ricorrere a strumenti economici per promuovere la raccolta dei rifiuti di
pile e accumulatori o per incentivare l'uso di prodotti contenenti meno sostanze
inquinanti, «adottando ad esempio aliquote di imposta differenziata». In tal caso,
tuttavia, dovranno notificare alla Commissione le misure relative all'attuazione di tali
strumenti.
Dovranno inoltre provvedere a che siano predisposti «adeguati sistemi di raccolta» che
consentano agli utilizzatori finali di disfarsi dei rifiuti di pile o accumulatori portatili in punti
di raccolta loro accessibili nelle vicinanze e che impongano ai distributori di recuperare
gratuitamente i rifiuti. Questi sistemi, peraltro, non dovranno comportare oneri per gli
utilizzatori finali nel momento in cui si disfano dei rifiuti, né l'obbligo di acquistare nuove
pile o nuovi accumulatori. I punti di raccolta, peraltro, non saranno soggetti ai requisiti in
materia di registrazione o di autorizzazione previsti dalla direttiva sui rifiuti pericolosi. La
direttiva, consentendo agli Stati membri di esigere che altri operatori economici
partecipino a detti sistemi, permette loro di mantenere dei sistemi alternativi già esistenti,
a condizione che una valutazione (obbligatoria) dimostri che tali metodi offrono
un'efficacia pari almeno a quella del ritiro da parte del distributore, ai fini del
raggiungimento degli obiettivi ambientali della direttiva
D'altra parte, la direttiva impone loro di provvedere a che anche i produttori di pile e
accumulatori industriali non si sottraggano dal riprendere i rifiuti presso gli utilizzatori
finali, indipendentemente dalla composizione chimica e dall’origine. Lo stesso vale per i
produttori di batterie e accumulatori per autoveicoli che dovranno introdurre sistemi di
raccolta presso gli utilizzatori finali o in punti di raccolta a loro accessibili nelle vicinanze.
E' poi precisato che, in caso di prodotti destinati a autoveicoli ad uso privato non
commerciale, tali sistemi non devono comportare oneri per gli utilizzatori finali nel
momento in cui si disfano dei rifiuti, né l'obbligo di acquistare nuove batterie o nuovi
accumulatori.
Entro sei anni dall'entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri saranno tenuti a
conseguire un tasso di raccolta pari ad almeno il 25% che, quattro anni dopo, dovrà
raggiungere il 45%. Il Parlamento, in realtà, aveva chiesto un obiettivo più ambizioso
(55%) per il riciclaggio delle batterie diverse da quelle al nichelio-cadmio e piomboacido. Sosteneva, inoltre, l'introduzione di un circuito chiuso per il riciclaggio di tutto il
piombo e il cadmio contenuto nelle batterie una volta allo stato di rifiuti e intendeva
obbligare gli Stati membri a garantire che i processi di riciclaggio raggiungessero tali
obiettivi. Tuttavia, visti gli altri miglioramenti ottenuti nel corso della procedura e nel
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quadro di un accordo globale, la delegazione del Parlamento ha deciso di accettare la
posizione del Consiglio sugli obiettivi del riciclaggio.
Gli Stati membri dovranno assicurarsi che, entro tre anni dall'entrata in vigore della
direttiva, i produttori introducano sistemi per il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti di pile
e accumulatori «basati sulle migliori tecniche disponibili, in termini di tutela della salute e
dell'ambiente». Saranno inoltre tenuti a garantire che tutte le pile e gli accumulatori
individuabili e raccolti a norma siano sottoposti a trattamento e riciclaggio con sistemi
che siano conformi, come minimo, alla normativa comunitaria, in particolare per quanto
riguarda la salute, la sicurezza e la gestione dei rifiuti.
Lo smaltimento in discarica o mediante incenerimento dei rifiuti delle pile e degli
accumulatori industriali e per autoveicoli sarà vietato, fatti salvi i residui di pile e
accumulatori che sono stati sottoposti sia a trattamento sia a riciclaggio. In assenza di
un mercato finale disponibile, le pile e gli accumulatori contenenti cadmio, mercurio o
piombo potranno però essere smaltiti in discarica o stoccati sottoterra. Le batterie
potranno anche essere smaltite mediante questi sistemi nel quadro di una strategia di
graduale eliminazione dei metalli pesanti, ma solo qualora una valutazione dettagliata
delle conseguenze ambientali, economiche e sociali dimostri che tale opzione di
smaltimento è preferibile al riciclaggio.
Costi a carico dei produttori
Saranno i produttori o i terzi che agiscono a loro nome a dover finanziare tutti i costi netti
derivanti dalle operazioni di raccolta, trattamento e riciclaggio di tutti i rifiuti di pile e
accumulatori portatili, industriali o per autoveicoli raccolti a norma della direttiva,
«indipendentemente dalla data della loro immissione sul mercato» (rifiuti storici). Gli Stati
membri dovranno tuttavia provvedere a che tale obbligo «non implichi un doppio
addebito» per i produttori nel caso di pile o accumulatori raccolti conformemente ai
regimi istituiti da altre direttive comunitarie. D'altra parte, i produttori e gli utilizzatori di
pile e accumulatori industriali e per autoveicoli possono concludere accordi che
stabiliscano il ricorso a modalità di finanziamento diverse.
Piccoli produttori
Il Parlamento si era opposto a un nuovo articolo introdotto dal Consiglio nella sua
posizione comune che stabiliva delle esenzioni potenzialmente ampie per i piccoli
produttori dai requisiti di registrazione e finanziamento contenuti nella proposta. Il testo
comune prevede delle esenzioni a favore dei produttori molto piccoli dall'obbligo di
finanziare i costi netti relativi alla raccolta, al trattamento e al riciclaggio di pile e
accumulatori, purché ciò non ostacoli l'opportuno funzionamento dei programmi di
raccolta e riciclaggio.
Il testo impone a tutti i produttori l'obbligo di registrazione presso le competenti autorità
nazionali, ma stabilisce che i requisiti procedurali di registrazione siano gli stessi in
ciascuno Stato membro per ridurre il carico amministrativo sui produttori più piccoli che
commercializzano batterie in più di uno Stato membro.
Nuove tecnologie e ricerca
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Gli Stati membri saranno anche tenuti a promuovere lo sviluppo di nuove tecnologie di
riciclaggio e di trattamento, nonché la ricerca di metodi di riciclaggio ecocompatibili e con
un buon rapporto costi/efficacia per tutti i tipi di pile e di accumulatori. Dovranno poi
promuovere l'introduzione negli impianti di trattamento di sistemi certificati di gestione
ambientale.
Inoltre incomberà loro di promuovere la ricerca e incoraggiare miglioramenti a livello
dell'efficienza ambientale complessiva delle pile e degli accumulatori lungo l'intero ciclo
di vita, nonché lo sviluppo e la commercializzazione di pile e accumulatori contenenti
minori quantità di sostanze pericolose ovvero contenenti sostanze meno inquinanti, in
particolare in sostituzione del mercurio, del cadmio e del piombo.
Informare i consumatori: etichette, istruzioni e campagne d'informazione
Tutte le pile, gli accumulatori e i pacchi batterie dovranno essere opportunamente
contrassegnati con un simbolo, le cui dimensioni sono precisate dalla direttiva,
raffigurante il bidone della spazzatura con ruote barrato da una croce e dei simboli
chimici Hg, Cd e Pb. Ai sensi dell'accordo raggiunto, inoltre, l'indicazione della capacità
sull'etichetta di tutte le pile e gli accumulatori portatili e automobilistici dovrà essere
introdotta entro 12 mesi a decorrere dalla data di trasposizione della direttiva.
Come fortemente voluto dal Parlamento, gli Stati membri dovranno provvedere a che i
produttori progettino apparecchi in modo tale che i rifiuti di pile e accumulatori siano
facilmente rimovibili. Gli apparecchi in cui sono incorporati, inoltre, dovranno essere
corredati di istruzioni che indicano come rimuoverli senza pericolo e, se del caso,
informare l'utilizzatore finale sul tipo delle pile e degli accumulatori incorporati. Tali
disposizioni, tuttavia, non si applicano qualora per motivi di sicurezza, prestazione,
protezione medica o dei dati, sia necessaria la continuità dell'alimentazione e occorra un
collegamento permanente tra l'apparecchio e la pila o l'accumulatore.
Gli Stati membri dovranno assicurare, in particolare mediante campagne di
informazione, che gli utilizzatori finali siano pienamente informati dei potenziali effetti
sull'ambiente e sulla salute umana delle sostanze utilizzate nelle pile e negli
accumulatori. Così come dell'opportunità di non smaltire i rifiuti di pile e accumulatori
come rifiuti urbani non differenziati e di partecipare alla raccolta differenziata in modo da
agevolare il trattamento e il riciclaggio. Gli utilizzatori finali dovranno inoltre essere
informati dei sistemi di raccolta e di riciclaggio a loro disposizione, del ruolo che essi
possono svolgere nel riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori e del significato del
simbolo. Gli Stati membri dovranno anche esigere che i produttori, ovvero terzi che
agiscono per loro conto, prendano a proprio carico tutti i costi netti delle campagne
pubbliche d'informazione sulla raccolta, il trattamento e il riciclaggio di tutti i rifiuti di pile
e accumulatori portatili.
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Riferimenti
Per il Progetto comune approvato dal comitato di conciliazione
Johannes BLOKLAND (IND/DEM, NL)
Relazione sul progetto comune, approvato dal Comitato di conciliazione, concernente
una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e ai
rifiuti di pile e accumulatori e che abroga la direttiva 91/157/CEE
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Procedura: Codecisione, terza lettura
Dibattito: 3.7.2006
Votazione: 4.7.2006
Politica dei Consumatori, Salute e Sicurezza Alimentare
7.4 La Commissione vuole diminuire le spese conseguenti a incidenti e
ferite e proporrà una raccomandazione al Consiglio sul tema
La Commissione europea ha adottato una comunicazione e un piano d’azione per
diminuire le spese generate da incidenti e ferite che costituiscono oggi la quarta causa di
mortalità nell’UE provocando la morte di 235 000 cittadini europei ogni anno. Gli
incidenti e le ferite riportate sono all’origine di circa 7 milioni di ricoveri in ospedale e del
20 per cento dei congedi malattia, facendo più vittime tra i bambini e i giovani, sottolinea
la Commissione. La comunicazione propone azioni per un’Europa più sicura e fa della
prevenzione degli incidenti una priorità dei programmi di azione “salute pubblica” attuale
e futura invitando gli Stati membri a collaborare con l’UE e ad attuare campagne di
informazione in materia di prevenzione.
A tal fine, il piano di azione della Commissione raccomanda:
1. di stabilire un sistema comunitario di informazione sulle ferite;
2. di sostenere lo scambio di buone pratiche;
3. di elaborare una rete comunitaria delle parti in causa (autorità degli Stati membri
incaricate della salute pubblica e della protezione dei consumatori;
4. di formare professionisti della salute sulla promozione della sicurezza;
5. che gli Stati membri elaborino dei piani d’azione nazionali per la prevenzione
delle ferite;
6. di informare il pubblico tramite campagne sui rischi e i vantaggi delle misure di
sicurezza
Queste azioni beneficeranno di un sostegno tramite il programma di azione nel settore
della salute
pubblica 2003-2008 e seguenti, e necessiteranno di una stretta
collaborazione da parte degli Stati membri.
In seguito alla comunicazione, la Commissione proporrà una raccomandazione al
Consiglio sugli incidenti e ferite.
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Riferimenti
Per
http://ec.europa.eu/health/ph_determinants/environment/IPP/ipp_en.htm
informazioni:
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Trasporti ed Energia
7.5 Accordo per la costruzione di un corridoio ferroviario ad alta velocità
I ministri di Belgio, Lussemburgo, Svizzera e Francia hanno firmato in giugno, alla
presenza del vice presidente della Commissione responsabile dei trasporti Jacques
Barrot, una lettera nella quale manifestano l’intenzione di realizzare un corridoio
ferroviario ad alta velocità che collegherà Anversa, Bâle e Lione grazie al sistema
europeo di segnalazione ERTMS, il nuovo sistema di segnalazione e controllo per
l’Europa unione dei due sistemi ETCS, sistema telecomandato e GSMr il nuovo radio
sistema per la comunicazione di suoni e dati.
Il Vice presidente ha sottolineato l’importanza del sistema ERTMS che costituisce un
progetto industriale nell’ambito dell’alta tecnologia, nel quale l’industria europea è leader
mondiale.
I ministri dei paesi attraversati dal corridoio hanno concordato un calendario per la
realizzazione del progetto che fissa la costruzione del corridoio dal 2008 al 2018, mentre
il completamento dell’opera con il sistema ERTMS solo nel 2015.
Questo progetto fa seguito al progetto presentato nel marzo 2006 per il corridoio
Genova - Rotterdam.
L’utilizzo del sistema ERMTS permetterà di sostituire venti sistemi nazionali di
segnalazione differenti e incompatibili, di cui una gran parte obsoleti, con una tecnologia
moderna ed interfunzionabile.
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Riferimenti
Per maggiori informazioni consultare i siti:
http://ec.europa.eu/transport/rail/interoparability/ertms_fr.htm
http://www.ertms.com
Mercato Interno, Servizi Finanziari e Commercio
7.6 Il Commissario Charles Mc Creevy definisce gli obiettivi della proposta
di direttiva Solvibilità II
In relazione alla futura proposta di direttiva Solvibilità II nel settore assicurativo, Charles
Mc Creevy ha precisato i quattro obiettivi che dovranno essere perseguiti dalla
Commissione:
1.
la codifica delle 14 direttive esistenti in una sola direttiva;
2.
una direttiva basata il più possibile sui principi e volta a raggiungere un elevato
livello di armonizzazione attraverso le sue misure esecutive;
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4.
una proposta elaborata in modo trasparente con le parti interessate;
un testo avente l’impatto auspicato all’inizio
Circa il contenuto della proposta di direttiva, il Commissario per il mercato interno ha
affermato che il progetto Solvibilità II dovrebbe promuovere la fiducia migliorando la
gestione del rischio e definendo priorità in materia di capitale direttamente basato sul
livello del rischio assunto.
La normativa costringerà i regolatori nazionali a collaborare maggiormente, convergendo
nel loro modo di controllare le imprese e nei metodi che utilizzano.
L’iniziativa Solvibilità II è l’equivalente per le assicurazioni dell’iniziativa “Bali II” per il
settore bancario e si basa su tre pilastri: la definizione di obblighi quantitativi in materia
di adeguamento dei fondi propri, la gestione dei rischi e la pubblicazione di informazioni
volte a favorire la buona gestione finanziaria.
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Riferimenti
Il dossier è di competenza della DG Mercato Interno della Commissione europea
Per maggiori informazioni: http://ec.europa.eu/internal_market/insurance/solvency_fr.htm
Per il testo del Commissario Mc Creevy contattare il Dott. Marco Digioia a
[email protected]
7.7 Servizi finanziari: verso un’adozione definitiva in settembre 2006 delle
misure d’esecuzione della direttiva “MIFID”
L’adozione delle misure d’esecuzione relative alla direttiva 2004/39/CE sui mercati di
strumenti finanziari- più nota come direttiva “MiFID”- dovrebbe avvenire a settembre di
quest’anno; il Comitato dei regolatori europei dei valori immobiliari (CERVM) ha infatti
appena dato il via libera unanime riguardo a queste misure adottate secondo l’approccio
“Lamfalussy”. A metà giugno il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione in cui
approvava le due misure –una direttiva e un regolamento- dopo aver avuto garanzia che
la maggior parte delle modifiche da esso richieste sarebbero state approvate dalla
Commissione e dal Comitato dei regolatori europei (CERVM).
La modifiche accettate dal PE riguardano i seguenti elementi: più flessibilità per gli ordini
da trattare in blocco e per le esigenze per la trasparenza post negoziato, gli obblighi di
informazione per i clienti professionali, la presa in esame dei conflitti di interesse che
possono apparire nelle imprese. Modifiche sono state fatte alle disposizioni sulla migliore
esecuzione, per la gestione di portafogli e per gli incentivi all’investimento.
Nella risoluzione adottata unanimemente i deputati ricordano la necessità per la
Commissione di associare e informare il PE fin dal primo stadio dei lavori, affermando
anche che vi sono carenze strutturali per le modalità delle competenze di legge della
Commissione che possono mettere in pericolo i risultati dei regolamenti come le misure
esecutorie. I paesi membri sono poi invitati a rafforzare la responsabilità democratica del
CERVM, in particolare per il Parlamento.
Si è fissato a un mese il termine entro il quale verificare che i limiti fissati nella direttiva
2004/39/CE vengano rispettati nelle misure di esecuzione. Gli Stati membri dovranno
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applicare questa legislazione europea al 1 gennaio 2007, mentre le imprese al 1
novembre.
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Riferimenti
Per
il
testo
http://ec.europa.eu/commission_barroso/mccreevy/speeches_en.htm
dell’intervento:
Inserto Speciale: Il Commercio e gli investimenti UE con la Cina.
Cambiamenti, sfide e possibilità – Bruxelles 7 luglio 2006
La DG Trade ha organizzato il 7 luglio a Bruxelles una conferenza sulla Cina dal titolo “Il
Commercio e gli investimenti UE con la Cina: Cambiamenti, sfide e possibilità”. La
Conferenza e, soprattutto, i gruppi di lavoro tenutisi nel pomeriggio serviranno alla
Commissione per meglio definire la politica verso la Cina in materia di commercio,
investimenti e proprietà intellettuale.
Visione europea
Intervento del Commissario europeo al Commercio Peter Mandelson
Il Commissario Mandelson ha posto l’accento sul fatto che la Cina rappresenta la più
grande sfida per la politica commerciale dell’Europa. L’Unione europea è il principale
partner commerciale della Cina e, prendendo in considerazione solamente gli
investimenti produttivi, il primo investitore.
La Cina ha già un forte impatto sull’economia globale: ad esempio paesi a vocazione
tessile come Francia ed Italia hanno sviluppato una forte interdipendenza con Pechino,
inoltre la Cina è membro dell’OMC e fa già parte del sistema economico globale. Per il
futuro, la Cina ha in programma di approfondire i suoi investimenti in ricerca e sviluppo e
migliorare la qualità dei suoi prodotti.
La Cina deve anche affrontare una grande sfida interna, ovvero gestire gli effetti e gli
squilibri della crescita economica (squilibrio est–ovest, transizione all’economia di
mercato, costi ambientali della crescita, crescita ed invecchiamento della popolazione).
Un altro squilibrio cinese è l’altissimo tasso di risparmio sul PIL (50%) che deprime il
consumo domestico a vantaggio delle esportazioni, cosa che, in futuro, potrebbe portare
a frizioni commerciali.
La reazione dell’UE a questi sviluppi e, più in generale alla Cina, dipenderà molto dalla
condotta della Cina stessa, ovvero se Pechino manterrà gli impegni presi in sede OMC e
terrà aperto il suo mercato a prodotti ed investimenti europei.
Visti tutti questi sviluppi, l’UE deve porsi la domanda di come espandere la cooperazione
bilaterale in materia di educazione e ricerca e sviluppo (Programma Galileo, fusione
nucleare, ecc.) per andare incontro sia alle necessità della Cina, sia per perseguire i
propri interessi.
Visione Cinese
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Intervento del vice–ministro al Commercio della Repubblica popolare cinese You
Guangzhou
Il vice–ministro You ha messo in risalto tre aspetti delle relazioni Cina–UE.
In primo luogo, la cooperazione attiva tra Cina ed Unione europea ha portato vantaggi
ad entrambi. La Cina esporta prodotti ad alta intensità di lavoro ed importa dall’UE
capitali e tecnologie. Le società europee investono in Cina per produrre in loco ed
esportano in Europa la maggior parte della produzione e dei profitti. Le imprese europee
che operano in Cina la considerano un importante mercato (assorbe il 10% delle loro
vendite), sono per l’80% ottimiste sul futuro e la maggior parte di esse è in attivo.
L’UE è il principale partner tecnologico di Pechino (Airbus e sistemi di telecomunicazioni)
e, se è vero che l’UE crea lavoro in Cina, anche la Cina investe e crea lavoro in Europa.
I prodotti cinesi a basso costo contribuiscono a ridurre l’inflazione in Europa.
In secondo luogo, è necessario aumentare il consenso ed arrivare a guadagnare
insieme grazie ai rispettivi vantaggi economici comparati. Per questo la Cina ritiene
prioritario approfondire ed aumentare il consenso sui seguenti punti:
a)
Cina ed Europa sono complementari dal punto di vista economico;
b)
Il vantaggio economico non è fisso ma cambia con il passare del tempo;
c)
La compatibilità va implementata;
d)
Le relazioni sino–europee sono improntate sulla cooperazione e non sullo
scontro;
Non bisogna politicizzare i problemi economici: il 98% del commercio bilaterale non
riscontra problemi, solo il 2% del totale dà problemi, che possono essere risolti
attraverso i nostri meccanismi di discussione.
In terzo luogo, Europa e Cina devono attivare una cooperazione strategica al fine di
afferrare le opportunità che verranno dalla crescita del mercato interno cinese, dalla
liberalizzazione ed apertura dei servizi in Cina, dalla crescita degli investimenti esteri in
Cina, dalla cooperazione nella ricerca e sviluppo e dalla tutela della proprietà
intellettuale.
Gruppo di lavoro Transport Equipment
1. Mercato automobilistico
Dei grandi mercati automobilistici dell’Asia orientale (Giappone, Corea del Sud, Cina), il
mercato cinese è il più aperto, anche se possono operare in Cina solo le imprese
straniere che portano tecnologia. Ciononostante, tutti i principali costruttori mondiali sono
presenti in Cina e la loro quota di mercato è del 60% (50% per le ditte europee).
La politica per attrarre tecnologie non ha riscosso alcun successo, di conseguenza il
governo centrale ha deciso di rivedere le sue strategie con la pubblicazione delle nuove
linee guida per l’industria automobilistica (2004).
Secondo le nuove direttive, tutti gli investimenti devono essere approvati da un’apposita
commissione governativa, la ricerca e sviluppo deve essere localizzata in Cina, il
costruttore deve sviluppare nuovi modelli in Cina e deve ottenere i brevetti per questi
modelli in Cina.
Le nuove misure governative rischiano di rendere più complicato il mercato cinese ed
esiste il rischio che si trasformino in misure protezioniste.
La ragione che ha spinto il governo a questo cambio di rotta è lo scarso successo delle
compagnie automobilistiche statali o parastatali (i due gruppi privati non sostenuti dal
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governo sono molto forti nelle loro fasce di mercato) che, gestite con metodi politici e
burocratici, non sono mai riuscite ad affermarsi.
Una delle limitazioni per le imprese europee sono le joint–venture (50%-50%). Il limite
del 50% rischia di creare una distorsione per cui le imprese europee esportano
tecnologia in Cina a vantaggio esclusivo dei cinesi.
Una seconda limitazione è la Certificazione obbligatoria (CCC): nel 2003 copriva solo 3
articoli, oggi il numero è esploso. Gli standard contenuti nella CCC sono simili a quelli
europei, ma costituiscono una perdita di tempo e denaro non indifferente a causa delle
lungaggini e delle inefficienze della burocrazia cinese (centrale e regionale).
Vi è, inoltre, una crescente preoccupazione nel settore per la continua erosione dei
margini d profitto. Le spiegazioni che vengono date al fenomeno sono generalmente
due: la concorrenza e l’eccesso di capacità produttiva. Quest’ultimo si è venuto a creare
a causa della presenza di un doppio livello di approvazione (centrale e regionale), per
cui le regioni approvano i progetti bocciati dal governo.
La capacità produttiva in eccesso rischia di minare il settore automobilistico cinese
anche per via delle carenze strutturali della legge cinese in materia di rapporti centro
periferia, fusioni ed acquisizioni tra imprese, normativa in materia di bancarotta e
ristrutturazione.
2. Componenti
Il settore della componentistica è molto frammentato, anche più di quello automobilistico,
ed è strutturato secondo il modello giapponese delle keiretsu (gruppi di imprese legate
tra di loro da partecipazioni azionarie incrociate o accordi di carattere legale o
personale). Negli ultimi anni, il comparto sta sperimentando una forte crescita, ma la
dimensione tecnologica è ancora trascurabile.
Per quanto riguarda la presenza europea, i produttori europei mantengono la loro
leadership a Shanghai, ma nel resto del paese sono stati superati dai loro concorrenti
giapponesi ed il surplus commerciale settoriale dell’UE si sta assottigliando.
I punti di forza delle imprese europee sono il marchio, la qualità e la ricerca e sviluppo. I
punti deboli sono i costi più alti ed il peso della legislazione cinese. Le imprese cinesi
sono deboli, invece, in qualità e creatività.
Per quanto riguarda brevetti e proprietà intellettuale, è probabile che la Cina comincerà
a rispettarli di più quando le imprese cinesi diventeranno depositarie di un considerevole
di brevetti (secondo gli esperti tra 10 anni).
Un altro grande problema riguarda gli standard tecnici, in quanto Pechino sembra
intenzionata ad introdurre degli standard tecnici propri. La materia è estremamente
complicata, in quanto il quadro normativo cinese è fosco ed in perenne evoluzione (ad
esempio, la Cina ha introdotto delle norme ambientali su modello europeo, che però non
le rispetta). L’unico elemento chiaro è la volontà di aumentare la qualità delle produzioni.
Si raccomanda, quindi, una chiarificazione dei CCC ed una maggiore spinta al
riconoscimento ed al rispetto dei brevetti.
3. Discussione
Per l’industria l’adozione da parte cinese degli standard europei è sia un’opportunità che
un rischio (la Cina potrebbe richiedere il mutuo riconoscimento). Se si dovesse cedere
sull’automotive, Pechino potrebbe interpretarlo come un segnale di debolezza e
potrebbe procedere a creare standard nazionali, diventando il terzo forum di
regolamentazione mondiale dopo USA ed UE. Per le imprese, nuovi standard
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equivarrebbero a nuovi costi, che uno studio preliminare dell’associazione europea di
produttori di componenti quantifica a un milione di euro per impresa.
La nuova legislazione cinese, in particolare l’obbligo a sviluppare nuovi modelli, rischia
di acuire i problemi di eccesso di capacità e creerebbe problemi a tutte le società
operanti sul mercato cinese.
In Cina, la flessibilità è ricercata dal legislatore stesso che consente due modi per
aggirare le leggi, ovvero l’interpretazione caso per caso e la legislazione regionale.
Nell’aprile 2005, il governo di Pechino ha prodotto un nuovo decreto sulle forniture i cui
punti principali sono i seguenti:
•
Le parti delle auto sono equiparate ad un veicolo se rispettano determinate
condizioni, e quindi devono pagare la tassa sulle auto (più alta) e non quella sulle parti.
•
È stato imposto che almeno il 40% del prezzo del veicolo deve essere prodotto in
loco.
Il problema principale con la Cina è la mancanza di certezza legislativa; inoltre,
l’obiettivo del 40% riguarda il prezzo, che è quasi impossibile quantificare.
La nuova legislazione doveva sostituire la vecchia normativa che era in contrasto con
l’OMC, ma finisce per essere peggiore sia per le imprese, sia in termini di rispetto delle
regole in sede di Organizzazione mondiale del commercio.
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Questa lettera, a cura del Dott. Marco Digioia, è un servizio dell’Ufficio Unioncamere
Piemonte di Bruxelles.
Hanno collaborato Stefano Bertinazzi e Stefania Ferroni.
Per ulteriori informazioni sugli argomenti trattati rivolgersi al numero 0032 2 550 02 50 o
all’indirizzo e-mail [email protected]
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