T.A.R. SICILIA, Palermo, sez. I, 18 aprile 2005, n. 560
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T.A.R. SICILIA, Palermo, sez. I, 18 aprile 2005, n. 560
L. Gastaldi (I Contratti dello Stato e degli Enti Pubblici n. 3/2005) In tema di responsabilità precontrattuale della P.A. T.A.R. SICILIA, Palermo, sez. I, 18 aprile 2005, n. 560 – Pres. Giallombardo; Est. Malsano – Catania Multiservizi s.p.a. (Avv. Bonura) c. Consiglio Nazionale delle Ricerche (Avv. Distr. St.). Contratti della p.a. • Responsabilità precontrattuale della p.a. • Sussistenza • Fattispecie. Va riconosciuta la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione che abbia bandito una gara d’appalto omettendo di verificare la disponibilità delle risorse finanziarie a sua disposizione e pertanto abbia proceduto in via di autotutela all’annullamento degli atti di gara Testo integrale In tema di responsabilità precontrattuale della p.a. La sentenza su esposta offre l’occasione per considerare il tema, già conosciuto in dottrina e giurisprudenza, della responsabilità precontrattuale – che deriva dalla violazione del dovere di buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto (ex art. 1337 c.c.) e dalla violazione del dovere di comunicare all’altra parte le conosciute cause di invalidità del contratto (ex art. 1338 c.c.) – riferita alla pubblica amministrazione. I dubbi sulla configurabilità della c.d. culpa in contrahendo in capo alla pubblica amministrazione possono considerarsi ormai superati, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale e normativa che nel tempo si è compiuta. È noto infatti che, in passato, la giurisprudenza escludeva che potesse sussistere in capo all’amministrazione una responsabilità precontrattuale, e ciò poiché ogni indagine, al riguardo, ad opera del giudice ordinario, veniva considerata come un’ingerenza dello stesso negli ambiti riservati alla discrezionalità amministrativa. Peraltro, si riteneva che, in materia di contratti tra la pubblica amministrazione e i privati, l’aspettativa del privato, in fase precontrattuale, non potesse assurgere a diritto soggettivo perfetto, rimanendo, invece, una semplice aspettativa di fatto (1). Successivamente, sul rilievo della diversità esistente tra l’esercizio della discrezionalità amministrativa e l’applicazione dei principi di lealtà e correttezza nelle trattative (2), si è consolidato un diverso orientamento, che ha ammesso la responsabilità precontrattuale in capo all’amministrazione che avesse violato il principio di buona fede nell’ambito di una trattativa privata, o nell’ambito delle fasi successive alla procedura di evidenza pubblica, strumentale alla scelta del contraente privato e, quindi, successive all’aggiudicazione. Secondo tale impostazione, infatti, all’interno della su citata procedura, l’aspirante alla stipulazione del contratto è titolare soltanto di un “interesse legittimo al corretto esercizio del potere di scelta, ma difettano le condizioni strutturali perché possa parlarsi di trattative fra due soggetti (già individuati come i futuri possibili contraenti) e quindi di diritto soggettivo dell’uno verso l’altro all’osservanza delle regole di buona fede, come stabilito dall’art. 1337 c.c.” (3). Solo dopo che si è compiuta l’aggiudicazione il soggetto, con essa individuato, può considerarsi parte delle trattative che portano alla formazione del contratto, trattative nell’ambito delle quali l’amministrazione, come qualsiasi altro soggetto, è tenuta a comportarsi secondo buona fede. Anche al fine di estendere l’applicabilità della culpa in contrahendo oltre i confini appena considerati – alla luce, pure, di una tendenza alla procedimentalizzazione della trattativa privata – la dottrina ha elaborato la teoria c.d. degli atti amministrativi negoziali, che riconosce una valenza privatistica anche agli atti della fase dell’evidenza pubblica, che sono, secondo questa concezione, riconducibili ai momenti delle trattative di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. (4). Conseguenzialmente “il procedimento di evidenza pubblica non si colloca al di fuori delle trattative, ma di esse costituisce parte integrante, identificandosi come strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale. Sin dalla pubblicazione del bando di gara, la p.a. è sottoposta al dovere di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 c.c.” (5). Sono, poi, seguite le innovazioni legislative del 1998-2000 che – inserendo nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente e del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale” (6) e attribuendo al giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, il potere di condannare l’amministrazione al risarcimento del danno ingiusto (7) - hanno nuovamente attirato l’attenzione sul tema della responsabilità precontrattuale della p.a. I giudici amministrativi, infatti, a seguito delle suddette innovazioni, sono giunti a condannare l’amministrazione al risarcimento del danno per culpa in contrahendo (8), e ciò soprattutto nei casi in cui, a seguito di un errore nella procedura di evidenza pubblica, l’amministrazione pronunci l’annullamento o la revoca dei relativi atti di gara. In questi casi la responsabilità non trova fonte nella (legittima) attività amministrativa di autotutela, ma nel comportamento dell’amministrazione, che ha ingenerato, e poi violato, l’affidamento dei partecipanti alla gara sulla correttezza e legittimità della stessa. Nell’ambito di questo filone di pronunce si inserisce la sentenza che è qui in esame. Dinanzi al T.A.R. di Palermo, infatti, è stato impugnato il provvedimento con il quale l’amministrazione, in via di autotutela, ha annullato gli atti della gara d’appalto, poiché indetta in carenza della copertura finanziaria necessaria per l’adempimento delle prestazioni che sarebbero sorte dal relativo contratto. La società ricorrente, aggiudicataria della gara, ha chiesto al giudice adito l’annullamento del suddetto provvedimento di autotutela e il risarcimento del danno subito a causa degli atti e dei comportamenti dell’amministrazione. La prima domanda è stata respinta, in conformità a quanto già più volte affermato dalla giurisprudenza, secondo la quale “in virtù dei principi desumibili dalle norme di contabilità e prima ancora dagli artt. 81 e 97 della Costituzione, appare evidente che l’inadeguatezza o l’esaurimento della copertura finanziaria costituiscono un fattore obiettivamente preclusivo all’adozione di provvedimenti di spesa” e che legittima, quindi, l’amministrazione “a non dare ulteriore corso all’affidamento dell’appalto” (9). L’annullamento dell’indizione di una gara pubblica non finanziata risulta essere, quindi, un provvedimento legittimo ed anzi doveroso per la stazione appaltante. Il rigetto della domanda principale, però, non comporta necessariamente anche la reiezione della subordinata domanda di risarcimento, che la parte ricorrente ha proposto in riferimento non alla asserita illegittimità dell’atto impugnato ma, più in generale, con riguardo al comportamento dell’amministrazione. Appunto in relazione alla seconda domanda il T.A.R. Sicilia afferma, in primis, la permanenza, anche a seguito della ormai nota sentenza del 5-6 luglio 2004, n. 204 pronunciata dalla Corte Costituzionale, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giurisdizione che trova fondamento nelle su menzionate norme di cui agli artt. 6 l. n. 205/2000 e 35 d.lgs. 80/1998. A riguardo, però, pare opportuno rilevare che gli effetti della pronuncia di incostituzionalità su citata, sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di responsabilità precontrattuale dell’amministrazione pubblica, sono stati presi in considerazione dalla IV sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 920 del 25 gennaio 2005. Il giudice d’appello, proprio considerando i principi enunciati dalla Corte Costituzionale (10), giunge a riconoscere, come peraltro il T.A.R. di Palermo, la sussistenza della suddetta giurisdizione esclusiva. Non omette, però, lo stesso, di considerare una diversa ricostruzione della fattispecie precontrattuale, nella quale la lesione si riconduce ad un mero comportamento della p.a. (non conforme al precetto di buona fede) e non all’attività provvedimentale della stessa, andando così a riguardare aspetti diversi da quelli relativi alla violazione delle norme sull’evidenza pubblica ed ulteriori rispetto a quelli desumibili dalla disciplina del procedimento. Questo escluderebbe un qualsiasi status particolare dell’amministrazione che, come ogni altro soggetto, sarebbe da considerarsi titolare di obblighi di comportamento secondo buona fede validi erga omnes “di talché, ai fini della giurisdizione, non rileverebbe la natura peculiare del rapporto tra Amministrazione e Impresa instauratosi con le trattative ma il diritto di questa a pretendere dalla Autorità pubblica (come da ogni controparte) un comportamento in contrahendo ispirato al rispetto di quel canone di buona fede già prefissato dall’art. 1337 cod. civ., indipendentemente dalla sorte dell’atto di recesso il quale si colloca su un piano diverso: come appunto insegnato da quella giurisprudenza sopra richiamata della Cassazione che distingue i doveri del buon amministratore dagli obblighi del buon contraente”. Tenendo a mente questa concezione, che può far sorgere dubbi sulla questione della giurisdizione, la IV sezione del Consiglio di Stato, ha ritenuto di rimettere l’affare all’Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali, mentre il T.A.R. Sicilia, nella sentenza che qui si commenta, ha precisato che “il danno patito da parte ricorrente non consegue a comportamenti materiali dell’amministrazione intimata, ma all’adozione di atti illegittimi (poi legittimamente annullati) nell’ambito del procedimento di gara”, considerando, quindi, radicata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Di seguito il giudice di Palermo, ha valutato il merito della richiesta di risarcimento dei danni, considerandola fondata. Ha delineato, infatti, la condotta dell’amministrazione – che ha bandito una gara d’appalto omettendo di verificare la disponibilità delle risorse finanziarie – come atto “colpevolmente superficiale” e, quindi, come un illecito civile, fonte di responsabilità di tipo precontrattuale. Ha pronunciato, così, la conseguente condanna al risarcimento del c.d. interesse negativo che, in generale, è rappresentato dai vantaggi che si sarebbero conseguiti (lucro cessante) e dai danni che si sarebbero evitati (danno emergente) non iniziando affatto le trattative contrattuali. Il giudice nel caso de quo ha riconosciuto il solo danno emergente, peraltro rinviandone la quantificazione ad un successivo momento, in cui la società fornirà la piena prova delle spese sostenute per partecipare alla gara annullata. La decisione, come già affermato, risulta essere pienamente in linea con le su citate sentenze dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato, pronunciate - in seguito alle statuizioni di cui al d.lgs. n. 80/1998, alla sentenza n. 500/1999 delle SS.UU. della Cassazione e alla l. n. 205/2000 – nell’intento di garantire il valore dell’effettività della tutela giurisdizionale (11), valore che viene ad essere assicurato anche mediante lo strumento risarcitorio, riconosciuto pur in presenza della legittimità del provvedimento impugnato (12). __________ (1) Cfr. in tal senso Cass. civ., sez. III, 20 aprile 1962, n. 792, in Giust. civ., 1962,I, 1238. (2) Cfr. in tal senso Cass. civ., sez. III, 8 maggio 1963, n. 1142, in Giust. civ., 1963, I, 2099, che rileva, in tema di responsabilità in contrahendo, che il giudice ordinario non deve accertare se la pubblica amministrazione si sia comportata da corretto amministratore, bensì se si sia comportata da corretto contraente. In riferimento a ciò cfr. anche VIVIANA MOLASCHI, Responsabilità extracontrattuale, responsabilità precontrattuale e responsabilità da contatto: la disgregazione dei modelli di responsabilità della pubblica amministrazione, in Foro It., 2002, III, 3 e ss., che, richiamando espressioni e concetti di M.S. GIANNINI e di M. NIGRO, afferma che dottrina e giurisprudenza sono giunte ad ammettere la fattispecie della responsabilità precontrattuale in capo alla pubblica amministrazione “nel momento in cui hanno superato la ‹‹pseudoproblematica›› della discrezionalità amministrativa. L’esercizio di poteri discrezionali non esclude il dovere di agire secondo buona fede, trovando anzi in quest’ultima un limite invalicabile: ‹‹ciò che si chiede al giudice non è di valutare se il soggetto si sia condotto da corretto amministratore, ma se sia condotto da corretto contraente, non di accertare se abbia bene o male apprezzato il pubblico bisogno, ma se, nel comportamento conseguito a tale apprezzamento o ad esso afferente, si sia comportato in modo da violare il principio posto nell’art. 1337››”. (3) Così Cass. civ., SS. UU., 6 ottobre 1993, n. 9892, in Giust. civ., 1994, I, 52. (4) A titolo esemplificativo, VIVIANA MOLASCHI, Responsabilità extracontrattuale, responsabilità precontrattuale e responsabilità da contatto: la disgregazione dei modelli di responsabilità della pubblica amministrazione, cit., in nota, osserva che “il bando di gara o la lettera di invito corrispondono, da un punto di vista civilistico, ad un invito ad offrire; l’offerta del privato ad una proposta contrattuale e l’aggiudicazione equivale ad un’accettazione”. (5) Così R. GALLI e D. GALLI, Corso di Diritto Amministrativo, IV ed., Padova 2004, 1374. (6) Così dispone l’art. 6, comma 1, della l. n. 205 del 2000. (7) Così dispone l’art. 35, comma 1, del d.lgs. 80 del 1998, come modificato dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000. (8) Si vedano T.A.R. Lombardia, sez. III, 31 luglio 2000, n. 5130, confermata in appello da Cons. St., sez. V, 12 settembre 2001, n. 4776; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 6 luglio 2001, riformata in appello da Cons. St., sez. V, 18 novembre 2002, n. 6389; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 7 marzo 2002, n. 1768; T.A.R. Campania, sez. I, 3 giugno 2002, n. 3258; Cons. St., sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1457; T.A.R. Veneto, sez. I, 31 marzo 2003, n. 2173; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 16 giugno 2003, n. 5991; T.A.R. Campania, sez. I, 26 agosto 2003, n. 11259, in questa rivista, 2003, n. 4; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 16 giugno 2003, n. 5991; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 8 marzo 2004, n. 1359; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 18 marzo 2004, n. 491; T.A.R. Sicilia, sez. I, 30 settembre 2004, n. 2144; Cons. St., sez. IV, 25 gennaio 2005, n. 920. (9) Così Cons. St., sez. IV, n. 920/2005, cit. (10) Si tratta dei principi “compendiabili nei rilievi: a. che la giurisdizione esclusiva sussiste solo se l’Amministrazione agisce autoritativamente e non può radicarsi sul dato puramente oggettivo del normale coinvolgimento del generico pubblico interesse che è naturaliter presente nel settore dei pubblici servizi; b. che l’attribuzione al giudice amministrativo del risarcimento del danno ed il superamento della vecchia regola del doppio giudizio costituisce coerente svolgimento del precetto di cui all’art. 24 della Costituzione”. (11) Cfr. a riguardo L. LONDEI, Il riconoscimento della responsabilità precontrattuale della p.a. quale espressione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, in questa rivista, 2003, n. 4, 678 e ss. (12) A riguardo si rileva che il T.A.R. Campania, I sez., 26 agosto 2003, n. 11259, cit., in un caso di specie analogo a quello che è qui in esame, nel considerare il canone della c.d. pregiudiziale amministrativa, lo considera soddisfatto, non rilevando tanto, a tal fine, la legittimità dell’atto di autotutela, quanto piuttosto “il fatto incontroverso che l’amministrazione, nella procedura oggetto di giudizio, ha commesso un’illegittimità (tant’è che ha agito in autotutela)”.