Strategia di Lisbona - Fondazione Diritti Genetici

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Strategia di Lisbona - Fondazione Diritti Genetici
Strategia di Lisbona
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/Compa2004/progetti/DAE_Politica_economica/LI
SB/home.htm:
1. INTRODUZIONE
Nel marzo del 2000 si è tenuto a Lisbona un Consiglio Europeo straordinario dedicato ai temi
economici e sociali dell’Unione Europea. In tale sede sono state introdotte importanti novità
nella guidance delle politiche economiche degli Stati membri e dell’area nel suo insieme.
Innanzitutto viene istituzionalizzato il Consiglio Europeo di Primavera, un Vertice tra i Capi di
Stato e di Governo da tenersi ogni anno a marzo e focalizzato interamente sui temi economici
e sociali; viene inoltre rivendicato il ruolo cruciale del Consiglio Europeo nel definire le priorità
di policy a livello comunitario.
In secondo luogo, viene definito un obiettivo strategico decennale e una strategia per attuarlo,
la cosiddetta “Strategia di Lisbona”.
Infine, viene delineato un processo di coordinamento economico europeo in grado di rafforzare
l’attuazione della strategia; tale processo prende avvio, ciascun anno, dal Consiglio Europeo di
Primavera e si sviluppa nell’arco dell’intero anno tentando di conciliare i lavori delle diverse
formazioni del Consiglio dell’Unione Europea.
2. L’OBIETTIVO E LA STRATEGIA
L’obiettivo posto a Lisbona è molto ambizioso e si propone, in dieci anni, di far divenire
l’Europa “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado
di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una
maggiore coesione sociale.” (Conclusioni della Presidenza, par.5, marzo 2000).
Al fine di raggiungere tale obiettivo viene definita una strategia globale che si basa a sua volta
su tre pilastri fondamentali:
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un approccio microeconomico inspirato al modello americano di sviluppo, che
predispone il passaggio verso un’economia e una società basate sulla conoscenza,
migliorando le politiche in materia di società dell’informazione e di R&S, nonché
accelerando il processo di riforma strutturale ai fini della competitività e dell’innovazione
e completando il mercato interno;
una politica sociale attiva che mira a modernizzare il modello sociale europeo,
investendo nelle persone e combattendo l’esclusione sociale;
una visione macroeconomica coerente con il Trattato che si impegna a sostenere il
contesto economico sano e le prospettive di crescita favorevoli applicando un adeguato
policy-mix.
Tale strategia mirava alla piena occupazione e a un tasso medio annuo di crescita economica
del 3%.
La strategia di Lisbona si basa su una serie di riforme strutturali negli ambiti
dell’occupazione, dell’innovazione, delle riforme economiche e della coesione sociale.
Il Consiglio Europeo di Goteborg, nel giugno del 2001, ha inoltre introdotto un quinto
ambito di intervento: la sostenibilità ambientale. Vengono dunque stabiliti degli obiettivi
settoriali necessari al soddisfacimento dell’obiettivo generale. Tra questi alcuni vengono
esplicitati in termini quantitativi (es. portare il tasso di occupazione al 70% nel 2010), altri in
termini qualitativi (es. ridurre tempi e costi delle start-up; aumentare l’investimento pro capite
in risorse umane).
Gli Stati membri si impegnano a intraprendere le riforme strutturali essenziali al
raggiungimento degli obiettivi.
Nei successivi Consigli Europei la strategia di Lisbona viene monitorata e alcuni obiettivi
vengono specificati e/o cadenzati nell’arco del decennio (Tavola 1), con l’intento di accrescere
l’impegno verso le riforme.
In particolare, al Consiglio Europeo di Stoccolma (marzo 2001) vengono stabiliti degli obiettivi
intermedi per il 2005 in termini di tassi di occupazione – generale e femminile – i cosiddetti
mid-term targets.
3. GLI INDICATORI STRUTTURALI
Al fine di monitorare i progressi compiuti verso gli obiettivi settoriali, sia a livello comunitario
che di singoli paesi, sono stati definiti una serie di indicatori strutturali (Tavola 2). Gli indicatori
forniscono una quantificazione del grado di sviluppo nelle cinque aree di riferimento
menzionate. Sono inoltre stati inseriti alcuni indicatori “di background” per valutare il contesto
economico generale.
Gli indicatori strutturali costituiscono il materiale di riferimento per l’elaborazione del Synthesis
Report (il “Rapporto di Sintesi”) preparato annualmente dalla Commissione Europea in vista
del Consiglio Europeo di Primavera. Il Rapporto di Sintesi rappresenta il documento ufficiale
per valutare l’evoluzione della Strategia di Lisbona. Nell’arco di questi quattro anni, gli
indicatori sono stati raffinati e moltiplicati nell’intento di assicurare un’analisi sempre più
accurata del processo in corso.
Il rischio era tuttavia che una continua evoluzione degli indicatori non permettesse un rigoroso
confronto temporale rendendo meno leggibili i reali mutamenti in atto e, allo stesso tempo, che
il proliferare degli indicatori fornisse un quadro sempre più frammentato dei risultati
conseguiti. Per ovviare a questi inconvenienti, l’ultimo Synthesis Report (20/02/2004)
concentra la sua analisi prevalentemente su una lista ristretta di 14 indicatori strutturali
(Tavola 3), il cui elenco esaustivo viene continuamente aggiornato e monitorato da Eurostat.
Nel Rapporto, oltre a riportare gli indubbi progressi fatti in questi 4 anni, viene messa in risalto
l’urgenza di accelerare il passo delle riforme strutturali al fine di non mancare gli ambiziosi
obiettivi posti per il 2010.
4. IL RUOLO DELLE FINANZE PUBBLICHE
La Strategia di Lisbona riconosce al mercato il ruolo determinante nel promuovere la crescita
economica, accrescere l’occupazione e rilanciare la competitività dell’Unione; tuttavia i Governi
degli Stati membri hanno il compito fondamentale di guidare il mercato, creando favorevoli
condizioni macroeconomiche e disegnando un appropriato sistema di incentivi. Ai policymakers viene infatti affidato l’incarico di attuare politiche economiche improntate alla stabilità
(dei prezzi, finanziaria, ecc.), che, allo stesso tempo, facilitino la transizione verso un’economia
basata sulla conoscenza e rafforzino il ruolo delle riforme strutturali, favorendo così la crescita
e l’occupazione.
In particolare vengono individuate tre priorità che dovrebbero orientare l’intervento della
finanza pubblica:
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ridurre la pressione fiscale sul lavoro, con particolare attenzione al lavoro poco
qualificato, e migliorare gli incentivi impliciti nel sistema fiscale e di assistenza sociale al
fine di sostenere elevati tassi di occupazione;
ristrutturare la spesa pubblica per accrescere la componente di accumulazione di
capitale, sia fisico che umano, e per stimolare la ricerca e sviluppo;
garantire la sostenibilità finanziaria di lungo periodo in particolare alla luce
dell’evoluzione demografica della popolazione.
L’intervento pubblico in queste direzioni viene rilevato da appropriati indicatori
strutturali.
5. IL COORDINAMENTO DELLE POLITICHE ECONOMICHE
Il Consiglio Europeo di Lisbona ha infine rafforzato il processo di coordinamento delle politiche
economiche all’interno dell’Unione, iniziando un’opera di sincronizzazione dei diversi processi
settoriali esistenti, facenti capo a differenti formazioni del Consiglio (1). Nell’arco dell’anno, il
processo prende avvio con la definizione delle priorità di politica economica per l’Unione
Europea da parte dei Capi di Stato e di Governo riuniti al Consiglio Europeo di Primavera, e si
sviluppa in accordo alle seguenti fasi principali:
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individuazione delle priorità di politica economica (marzo, Consiglio Europeo);
definizione delle raccomandazioni (aprile-giugno, Consiglio dell’Unione Europea);
preparazione dei programmi e piani di azione nazionali (ottobre-dicembre; Stati
membri);
valutazione dell’attuazione e del successo delle politiche economiche indicate (gennaio,
Commissione Europea).
Il Consiglio Europeo di Primavera dello scorso anno, sotto la Presidenza greca, ha inaugurato
un ciclo pluriennale di coordinamento delle politiche economiche: per la prima volta, gli
Indirizzi di Massima delle Politiche Economiche (IMPE) così come le Raccomandazioni per le
politiche dell’Occupazione e per la Strategia per il Mercato Interno sono state elaborate per il
triennio successivo. I rapporti presentati a gennaio della Commissione costituiscono infatti una
valutazione parziale delle politiche attuate dagli Stati membri relative solo a questo primo
anno.
6. IL CONSIGLIO EUROPEO DI PRIMAVERA 2004
Il prolungato periodo di bassa crescita che ha interessato l’economia europea negli ultimi tre
anni ha portato con sé un rallentamento nell’attuazione della Strategia di Lisbona.
Gli obiettivi di medio termine per i tassi di occupazione, previsti per l’anno prossimo, rischiano
di essere mancati. Il recente Consiglio Europeo tenutosi a Bruxelles il 25 e 26 marzo 2004
sotto Presidenza irlandese, aveva dunque il compito di dare nuovo impulso all’attuazione
dell’Agenda di Lisbona, accelerando le riforme strutturali e il completamento di un vero ed
efficiente mercato interno.
Nelle Conclusioni, il Consiglio Europeo ribadisce che “occorre dare priorità alle tematiche […]
che generano maggiore crescita ed occupazione” (par.11). Con quest’intento il Vertice si è
concentrato su due temi sostanziali: promuovere una crescita sostenibile e creare nuovi e
migliori posti di lavoro. Il Consiglio Europeo del marzo prossimo, cadendo a metà del decennio,
sarà l’occasione per un esame approfondito dei risultati ad oggi conseguiti.
7. IL PROCESSO DI LISBONA NEI PAESI ADERENTI
Dal 1° maggio di quest’anno dieci nuovi paesi europei (2) entrano a far parte dell’Unione
Europea, e partecipano dunque alla realizzazione dell’Agenda di Lisbona.
L’adesione dei nuovi membri, al momento, influenza relativamente poco i valori degli indicatori
strutturali: ciò è dovuto principalmente al peso ridotto che tali paesi hanno nell’Unione, ma
anche ad una grande varietà che caratterizza i dieci nuovi membri nelle cinque aree di
riferimento, varietà che produce un effetto globale non scontato.
Gli effetti più marcati, tuttavia, emergono dai due indicatori che sintetizzano il contesto
economico generale (PIL pro capite e produttività del lavoro) dove il valore medio dei nuovi
membri è pari alla metà circa di quello riferito all’Unione (Tavola 3); circa la metà è anche il
livello dei prezzi.
Notevoli ritardi appaiono anche nei tassi di occupazione – sia generali che quelli riferiti ai
lavoratori anziani – pur presentando una minore discrepanza tra uomini e donne, e soprattutto
nei tassi di disoccupazione di lungo periodo.
I nuovi Stati membri appaiono invece in deciso vantaggio rispetto alla media europea sui livelli
di istruzione giovanile, presentando percentuali di giovani (20-24 anni) in possesso di un
diploma di scuola superiore attorno al 90%.
Al di là dei puri indicatori strutturali, in termini dinamici l’allargamento stimolerà l’economia
europea con la creazione di nuove opportunità e l’Unione nel suo complesso beneficerà del
contributo dei nuovi membri e delle loro specificità.
(1) I processi settoriali ad oggi sincronizzati sono essenzialmente tre, i quali coinvolgono tre formazioni differenti del Consiglio
dell’Unione Europea: ECOFIN per gli Indirizzi di Massima delle Politiche Economiche (IMPE) e per i Programmi di Stabilità; il
Consiglio Occupazione per i Piani di Azione Nazionali (NAP) dell’Occupazione e la Relazione Comune sull’Occupazione; il
Consiglio Competitività (ex Mercato Interno, Industria, Ricerca) per il Rapporto sull’attuazione della Strategia per il Mercato
Interno. Dall’anno prossimo è prevista la sincronizzazione anche del processo Affari Sociali su questioni di previdenza,
inclusione sociale e povertà, e sanità, con un rapporto finale su Protezione Sociale.
(2) I dieci paesi che hanno aderito all’Unione Europea il 1° maggio scorso sono: Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria,
Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Slovacca e Slovenia. Altri tre paesi sono candidati a partecipare all’Unione in
futuro: Bulgaria e Romania auspicano di poter fare il proprio ingresso nell’UE nel 2007, mentre la Turchia non sta ancora
negoziando l’adesione.