RAPID - Procedimento su scambio delle quote di emissione

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RAPID - Procedimento su scambio delle quote di emissione
Procedimento per il mancato recepimento della direttiva sullo scambio delle quote di
emissione
La Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia nei confronti di Belgio, Finlandia,
Grecia e Italia per non aver recepito completamente nell’ordinamento interno la direttiva
entro la data prevista (31 dicembre 2003).
La Commissione ha avviato il procedimento per i seguenti motivi: in Belgio la direttiva è
stata recepita solo nella regione di Bruxelles e nella regione vallona; la Grecia non ha
risposto al parere motivato inviato all’inizio dell’anno; la Finlandia non ha applicato la
direttiva nella provincia di Aland; l’Italia ha iniziato recentemente a muoversi nella direzione
giusta ma c’è ancora molto da fare.
Nell’ambito della direttiva sullo scambio delle quote di emissione1, gli Stati membri devono
fissare dei limiti alle emissioni prodotte da impianti ad alta intensità energetica assegnando
loro quote di emissione di CO 2 nei piani nazionali di assegnazione. Si prevede che siano più
di 12 000 gli impianti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.
Le imprese che non utilizzano tutte le quote loro assegnate potranno vendere quelle
eccedenti alle imprese che invece hanno difficoltà a mantenere le proprie emissioni entro i
limiti rappresentati dalle quote loro assegnate. In tal modo si riuscirà ad abbattere le
emissioni dove l’operazione risulta più economica.
I governi degli Stati membri dell’UE a 15 dovevano presentare i piani nazionali di
assegnazione entro il 31 marzo 2004. La Commissione è in procinto di inviare un parere
motivato all’Italia perché il piano trasmesso è incompleto. Finché l’Italia non avrà
presentato un piano completo che la Commissione dovrà approvare, alle industrie italiane
non verranno rilasciate quote nell’ambito del sistema di scambio delle emissioni.
Cfr. anche il sito http://europa.eu.int/comm/environment/climat/emission.htm
Iter procedurale
L’articolo 226 del trattato conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di
uno Stato membro che non adempie ai propri obblighi.
Se constata che la disciplina comunitaria è stata violata e che sussistono i presupposti per
iniziare un procedimento di infrazione, la Commissione trasmette allo Stato membro
interessato una lettera di “costituzione in mora” (o lettera di diffida), in cui intima alle
autorità del paese di presentare le proprie osservazioni entro un termine stabilito,
solitamente fissato a due mesi.
Sulla scorta della risposta o in assenza di una risposta dallo Stato membro in questione, la
Commissione può decidere di trasmettere allo Stato un “parere motivato” in cui illustra in
modo chiaro e univoco i motivi per cui ritiene che sussista una violazione del diritto
comunitario e lo sollecita a conformarsi entro un determinato termine (di solito due mesi).
Se lo Stato membro non si conforma al parere motivato, la Commissione può decidere di
adire la Corte di giustizia delle Comunità europee. Se nella sua sentenza la Corte di
giustizia conferma che lo Stato membro ha violato i propri obblighi, quest’ultimo è tenuto a
prendere le misure necessarie per conformarsi quanto prima alla sentenza.
L’articolo 228 del trattato conferisce alla Commissione il potere di agire nei confronti di uno
Stato membro che non si sia conformato ad una precedente sentenza della Corte di giustizia
delle Comunità europee. Anche tale procedimento comporta le due fasi dell’invio di una
1
Direttiva 2003/87/CE.
“lettera di costituzione in mora” e di un “parere motivato”. Sempre a norma dell’articolo 228,
la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere sanzioni pecuniarie allo Stato membro
interessato.
Per le statistiche sulle infrazioni in generale, consultare il sito web:
http://europa.eu.int/comm/secretariat_general/sgb/droit_com/index_en.htm#infractions
Da Rapid *