la scienza in eta` ellenistica

Transcript

la scienza in eta` ellenistica
LA SCIENZA IN ETA' ELLENISTICA
Età alessandrina (323-31a.C.)
Lo sviluppo del pensiero scientifico rappresenta senza dubbio il momento intellettualmente più
alto del periodo alessandrino. La nascita della ricerca scientifica è diretta conseguenza del divorzio
fra scienza e filosofia verificatosi, come è noto, già in seno al Peripato, e radicalizzatosi in seguito.
Presupposti necessari perché la scienza (o quanto meno ciò che noi contemporanei intendiamo per
scienza) possa prosperare sono infatti:
- lo sviluppo di un pensiero indipendente da qualsiasi condizionamento ideologico: la scienza non
può essere ancilla philosòphiae, né men che meno ancilla theològiae;
- la settorializzazione dei saperi: il campo d'indagine della ricerca scientifica è ben preciso e
circoscritto, indipendente da tutti gli altri saperi, mentre la filosofia per sua natura riconduce
tutto ad una visione del mondo unitaria;
- il finanziamento della ricerca: lo scienziato deve essere esonerato dalla necessità di procurarsi di
che vivere, dal momento che deve dedicare la sua intera esistenza alla ricerca.
Sono tutti fenomeni verificatisi - per la prima volta nella storia dell'Occidente - in Alessandria
d'Egitto sotto i Tolomei, stando alla testimonianza di Strabone per impulso del peripatetico
Demetrio Falèreo, profugo da Atene dopo il 307 a.C. e divenuto stretto collaboratore di Tolomeo I
Sotèr: sua sarebbe infatti l'idea della creazione del Musèion e della celebre Biblioteca.
In effetti nel periodo alessandrino, il più fecondo dell'età ellenistica per l'attività teorica, mentre la
sede della ricerca filosofica rimane Atene, la capitale delle scienze si sposta ad Alessandria (e in
parte a Siracusa). L'oggetto privilegiato della speculazione filosofica è ormai l’uomo, mentre la
ricerca scientifica si occupa, con una specializzazione settoriale sempre maggiore, del mondo
naturale e delle astrazioni matematiche, raggiungendo in questo campo risultati di valore
assoluto.
Sorprendentemente, tale enorme progresso scientifico non si tradusse in un analogo progresso
tecnologico: la ragione risiede in parte nel tipico disdegno degli intellettuali greci per l'applicazione
pratica del sapere, ma soprattutto nell’assenza di uno stimolo economico verso tale tipo di
progresso: infatti la presenza di mano d'opera schiavile e i consumi relativamente modesti non
resero necessario l'uso delle macchine per incrementare la produzione. E' sintomatico, in
proposito, il fatto che siano state realizzate in questo periodo macchine ingegnose e spesso
sofisticatissime, ma destinate quasi esclusivamente a scopi bellici (Archimede) o ludici (i celebri
teatrini automatici di Erone).
Si tenterà, qui di seguito, di suddividere i vari scienziati a seconda delle loro diverse
specializzazioni, avvertendo però che spesso gli interessi dei singoli furono eclettici e spaziarono in
diversi campi. In quest’ultimo caso si porrà lo scienziato in questione nell'ambito che risulta per
lui più rappresentativo, dando tuttavia notizia delle altre sue specializzazioni.
1) ASTRONOMI:
Aristarco di Samo (1) (IV-III a.C.): inizialmente assertore della teoria geocentrica (cfr. l'opera
giovanile "Sulle grandezze e le distanze del sole e della luna", non a caso
l'unica sua opera tramandataci), pervenne in seguito alla geniale
formulazione dell’ipotesi eliocentrica, che però, violentemente avversata
per ragioni filosofico-religiose, dovette attendere la riscoperta di Niccolò
Copèrnico (1543) per affermarsi.
(1) Da non confondere con il suo omonimo Aristarco di Samotracia, grammatico.
Seleuco di Seleucia (II a.C.): seguace di Aristarco, ne sviluppò la teoria eliocentrica.
Ipparco di Nicea (II a.C.): pur essendo il massimo astronomo dell'antichità, sostenne la teoria
geocentrica.
Scoprì la precessione degli equinozi (dimostrata poi matematicamente da
Isaac Newton alla fine del 1600); classificò per ordine di grandezza circa
850 stelle fisse; applicò il calcolo trigonometrico ai rilevamenti
astronomici e geografici. Fu infatti anche eccellente geografo e cartografo.
Inventò parecchi strumenti astronomici, fra cui l'astrolabio. Ci resta la
sua "Interpretazione dei Fenomeni di Arato e di Eudosso", che, più che
1
un'interpretazione,
scientifiche.
è
una
puntuale
confutazione
delle
loro
sviste
2) MATEMATICI, FISICI, GEOGRAFI:
Eratòstene di Cirene (III a.C.): oltre che bibliotecario di Alessandria, poeta, erudito, filologo,
saggista e studioso di cronologia, fu un eccellente matematico e geografo.
Calcolò in 252.000 stadi (39.690 Km.) la circonferenza della Terra (che, in effetti,
è di 40.000 km.), usando uno strumento di sua invenzione. Si occupò di
matematica applicata alla musica. Scrisse "Studi di geografia" in 3 ll., non
pervenutici, che comprendevano una storia della disciplina e la suddivisione
della Terra in 5 zone climatiche. Come cartografo si servi di metodi tradizionali
per la determinazione dei punti di riferimento (due assi ortogonali, Nord-Sud e
Est-Ovest), che invece verranno abbandonati da Ipparco di Nicea (cfr.) in favore
del calcolo trigonometrico.
Euclìde di ? (se ne ignora il luogo di nascita) (III a.C.): grandissimo matematico e autore di molte
opere, in parte pervenuteci (alcune tradotte in arabo), deve però la sua enorme
notorietà ai 13 ll. di "Elementi" (Stoice_a), che contengono l'esposizione della
geometria (piana e dei solidi) e la teoria dei numeri. Il suo trattato di geometria è
rimasto pressoché intatto fino ai nostri giorni, giudicato insuperabile per il rigore
metodologico e per l'esposizione chiara e consequenziale delle dimostrazioni, che
costituiscono tuttora il modello su cui si esercitano a scuola gli studenti.
La sua interpretazione della geometria era considerata l'unica possibile fino alla
recentissima scoperta delle "geometrie non euclidee" (Einstein).
Archimede di Siracusa (III a.C.): senz’altro la mente più geniale del periodo alessandrino.
Studiò ad Alessandria, entrando in rapporto con Conone ed Eratostene, ma
tornò a Siracusa e qui rimase fino alla morte, avvenuta, stando alle informazioni
plutarchee, durante l'assedio del 212 a.C. ad opera di Marco Claudio Marcello,
per il tragico errore di un soldato romano che non lo riconobbe.
Famoso soprattutto come ingegnere, per le sue straordinarie macchine (da
guerra, come i celebri specchi ustori che tanto misero in difficoltà la flotta
romana, ma anche per usi pacifici, come la vite perpetua, la leva e il paranco
differenziale), considerava però tale aspetto della sua attività del tutto marginale.
Fu infatti soprattutto grandissimo matematico e fisico teorico: sua è la scoperta
del “pi greco” per la misurazione della circonferenza; sua la determinazione del
peso specifico dei corpi; sua, ovviamente, la formulazione del principio di
Archimede per l’idrostatica; sua la ricerca del baricentro, applicata poi al
meccanismo della leva.
Pare inoltre che avesse intuito le applicazioni possibili del calcolo infinitesimale.
Ci restano alcuni suoi trattati (“Sulla sfera e sul cilindro”, “La misurazione del
circolo”, “Sui corpi galleggianti”, “Sui conoidi e sugli sferoidi”, ecc.), compreso il
singolare “Arenario”, in cui era calcolato il numero dei granelli di sabbia
necessari per riempire l'universo (1063).
Apollonio di Perge in Panfilia (III a.C.): matematico ed astronomo, tentò di risolvere le
incongruenze dell'ipotesi geocentrica mediante la teoria degli epicicli, che divenne
in seguito canonica. Ci resta il suo trattato di geometria “Gli elementi conici”.
Ctesìbio di Alessandria (III a.C.): autore di un “Manuale di meccanica” perduto, scoprì la
compressione dell'aria. Lavorò molto su dati sperimentali, che applicò
all'invenzione dell'organo idraulico, della pompa da incendio e di un nuovo tipo
di orologio ad acqua.
Erone di Alessandria (I a.C.?): studioso di matematica, fisica e geometria, si occupò soprattutto
della teoria dei poligoni e di meccanica applicata: famosi i suoi automi
(soprattutto i teatrini automatici).
2
3) MEDICI:
Erasìstrato di Ceo (III a.C.): scoprì la differenza tra vene e arterie, pur non comprendendo bene la
funzione di queste ultime.
Eròfilo di Calcedonia (III a.C.): studiò il cervello e per primo ne comprese la funzione.
E' da considerare il vero fondatore del "metodo empirico", la cui paternità è
attribuita a torto a Filino di Cos (cfr. sotto): contestò infatti il razionalismo
dogmatico di Ippocrate (V a.C.) e pose in primo piano i dati desunti dall'esperienza
(studio dei sintomi, del decorso clinico, ecc.) rispetto alla ricerca delle cause
profonde della malattia tipica della scuola ippocratica.
Filino di Cos (III a.C.): allievo di Erofilo, è il fondatore ufficiale della scuola "empirica".
Età greco-romana o imperiale (31 a.C. - 529 d.C.)
La grande tensione speculativa che aveva caratterizzato il periodo alessandrino si stempera e i
risultati teorici sono di rilievo molto inferiore. Forse per influsso della mentalità romana, più
concreta, si bada piuttosto alle applicazioni pratiche della ricerca scientifica che alle speculazioni
teoriche.
1) ASTRONOMI:
Claudio Tolomeo (o Tolemeo) di Tolemaide in Egitto (II d.C.): operò ad Alessandria.
Fu il massimo matematico, fisico, astronomo, musicologo del periodo imperiale,
ma è celebre soprattutto per la sua opera di astronomia Majhmatikhè suéntaxiv
(“Raccolta del sapere”) in 13 ll. Essa, denominata h| megòsth per la sua eccezionale
importanza, è comunemente nota con il nome di "Almagesto", che di tale
appellativo è la storpiatura araba (fu infatti tradotta in tale lingua durante il
“Rinascimento arabo”).
Senza dare prova di autentica originalità, l'opera costituisce la formulazione più
monumentale e definitiva della teoria geocentrica, non per niente nota come
"sistema tolemaico" (cfr. l’universo dantesco).
Costituisce una singolare appendice di quest'opera il trattato detto "Tetrabiblos",
che tenta di fornire una giustificazione scientifica alle credenze astrologiche, e
che è testimonianza di per sé sufficiente di come il grande momento della scienza
alessandrina sia inesorabilmente tramontato: il concetto stesso di scientificità si
è infatti perduto, se neppure il massimo scienziato del periodo imperiale mostra
di saper distinguere i fenomeni scientifici da quelli appartenenti alla
superstizione popolare.
Fu anche geografo fisico (ci è pervenuta, con un corredo di 27 carte, la sua
"Introduzione alla geografia") e calcolò le coordinate geografiche di circa 8.000
località, commettendo però l'errore di rifiutare la misurazione della circonferenza
terrestre di Eratostene (cfr.) in favore di quella, errata, di Posidonio (180.000
stadi).
Come fisico si occupò di ottica e come musicologo di armonia (studiò gli intervalli
musicali).
2) MEDICI E FARMACOLOGI:
Fu questo il campo di indagine più fecondo di risultati in tale periodo.
Dioscùride di Anazarbo in Cilicia (I d.C.): scrisse un trattato "Sui
ebbe un enorme influsso sulla cultura posteriore fino
1.000 sostanze curative e circa 600 piante officinali,
indifferente alla conoscenza dei princìpi attivi presenti in
medicinali", pervenutoci, che
al Medioevo. Descrive più di
offrendo un contributo non
alcune specie vegetali.
Soràno di Efeso (II d.C.): scrisse un "Trattato di ginecologia", pervenutoci.
3
Claudio Galeno di Pergamo (II d.C.): il medico più celebre del periodo imperiale.
Medico personale di Marco Aurelio, fu uomo colto, ricco di interessi anche non
scientifici, e la sua produzione fu così abbondante che egli stesso dovette intervenire
con due scritti per rivendicare la paternità delle opere autografe e difenderle dai
numerosi falsari.
Le opere da lui catalogate come autentiche sono 150, divise in 4 gruppi (medicina,
filosofia, linguistica, retorica), che in gran parte possediamo.
Seguace del razionalismo ippocrateo, ma alquanto eclettico e spesso del tutto originale,
Galeno si occupa di tutte le branche della medicina, nonché di igiene, dietetica e
farmacologia.
Importantissimi il "Metodo terapeutico" in 14 ll. (detto "Megatechnum") e 1"'Arte
medica" (detta "Microtechnum"), che divennero i fondamenti della medicina
medioevale.
Come filosofo fu in sostanza un platonico (cfr. l'opuscolo "Il buon medico dev'essere
anche filosofo"). Come retore fu un atticista, persuaso che la chiarezza fosse la dote
più importante per uno scrittore. Come linguista si occupò di lessico.
Oribàsio (IV d.C.): medico personale dell'imperatore Giuliano "l'Apostata", scrisse un "Compendio
di medicina", pervenutoci in parte.
3) GEOGRAFI:
A parte Claudio Tolomeo (cfr.), nessun altro meriterebbe a rigore la qualifica di geografo in senso
scientifico, poiché le opere di Strabone e Pausania non rispondono ad alcuna metodologia
scientifica ed anzi, nel caso di Strabone, polemicamente la rifiutano.
Fatta questa premessa, si sogliono tuttavia annoverare fra i geografi:
Strabone di Amasèa nel Ponto (I a.C. - I d.C.): stoico, fu instancabile viaggiatore. Scrisse
importanti opere storiche (cfr. storiografia post-polibiana) non pervenuteci.
Sopravvive invece la sua "Geografia" in 17 ll., così strutturati:
ll. 1-2: storia della geografia a partire da Omero - polemica contro i
predecessori (Eratostene e Ipparco in particolare) - principi di
geografia fisica;
ll. 3-10: Europa;
ll. 11-16: Asia;
l. 17: Africa.
In aperta polemica con la scuola alessandrina, di matrice filosofica peripatetica,
lo stoico Strabone rivendica alla geografia il rango di "scienza umana", in stretta
correlazione con la storia e la filosofia; la funzione della geografia dev'essere
perciò pratica, e la conoscenza della geografia deve servire all'uomo per renderlo
protagonista dello spazio in cui vive.
Dunque la sua non è un’opera scientifica, ma descrittiva.
Pausània di ? (Asia Minore?) (II d.C.): grande viaggiatore, scrisse una "Descrizione (Periegèsi) della
Grecia" in 10 ll., pervenutaci.
Ad ogni regione della Grecia corrisponde un libro.
L'opera costituisce una specie di guida turistica “ante litteram” (basata in
massima parte sulla au\toyòa), interessantissima per la quantità e la qualità delle
notizie geografiche, storico-artistiche, mitologiche che ci fornisce sulla Grecia
antica.
4
LA PSEUDO-SCIENZA IN ETA' IMPERIALE
Quella greco-romana, e in particolare il II sec. d.C., è un'epoca in cui la perdita di rigore scientifico
in sede di speculazione teorica si coniuga con vistose pulsioni irrazionalistiche, dando luogo ad
una caratteristica fusione-confusione di ruoli e di ambiti fra scienza, misticismo filosofico-religioso
e superstizione magica.
In questa concezione ibrida e sincretistica del sapere, e nella parallela decadenza del sapere
scientifico, giocò un ruolo decisivo la filosofia stoica, e specialmente quella di Posidonio, che
postulava l'esistenza di una "simpatia universale" fra le varie parti del cosmo (tutte espressione del
medesimo Logos) che si influenzano a vicenda in un sottile gioco di reciproche corripondenze. In
tale rete di interrelazioni occupano un posto importante i daòmonev, potenze intermedie fra Dio e
l’essere umano che, secondo le superstizioni magiche ed anche secondo alcune frange filosoficoreligiose del periodo (cfr. i neoplatonici ed in particolare Apuleio), sarebbe possibile porre al
servizio dell’uomo mediante appositi rituali.
Queste teorie, già di per sé alquanto nebulose, si ibridarono ulteriormente con dottrine mistiche
orientali (culto della Magna Mater, di Mitra, ecc.), assai diffuse in età ellenistica (e non solo a
livello popolare).
Se non si tiene conto di tale substrato filosofico-religioso, non si comprende l'esplosione, tipica di
questo periodo, del fenomeno della magia, pseudo-scienza decisamente bandita dalla cultura
ufficiale in età classica, che accettava invece la màntica o divinazione.
Non è difficile comprendere i motivi di questa discriminazione: infatti la magia, a differenza della
màntica, ha la pretesa di essere una scienza attiva, in grado cioè di agire sulla realtà per
modificarla, ponendo al proprio servizio le forze dell'occulto. In quanto tale era considerata fonte di
pericolosa irrazionalità e risolutamente esclusa dalle prospettive paideutiche.
Modificatasi la situazione politica in seguito alla conquista di Alessandro, e cresciuto il disagio
della gente con la perdita dei punti di riferimento offerti dalla poéliv, la magia si diffonde insieme
ad altre pratiche mistico-religiose consolatorie già in età alessandrina (si pensi al mimo
"L'incantatrice" di Teocrito!), per acquistare un rilievo eccezionale in età greco-romana.
Ecco alcuni fra i prodotti più significativi della nuova temperie spirituale:
Artemidoro di Daldi in Lidia (in realtà di Efeso: II d.C.): scrisse una "Interpretazione dei sogni" in
5 ll. Ebbe la pretesa (ancora di matrice alessandrineggiante) di costruire i
fondamenti scientifici dell'onirocritica (= arte di interpretare i sogni), una
tipica pseudo-scienza, che ha però una lunga ed illustre tradizione alle spalle
(Antifonte Sofista, Ippocrate, Aristotele, alcuni stoici...). Si tratta dello stesso
tipo di esperimento tentato da Claudio Tolomeo (cfr.) con il trattato
“Tetrabiblos” per l'astrologia, altra pseudo-scienza molto in voga nel periodo.
Artemidoro accentua il carattere "scientifico" della sua esposizione evitando
accuratamente di aggiungere alla decifrazione del sogno suggerimenti sul
comportamento da tenere (come farebbe un volgare ciarlatano!).
Corpus Hermeticum: sotto questo nome sono raccolti i testi contenuti in alcuni papiri magici
egiziani (scritti in lingua greca).
Essi conterrebbero la rivelazione del Verbo di Hermes Trismegisto, cioè del dio
egiziano Thoth "tre volte grandissimo" (tipico esempio di fusione sincretistica
fra religioni diverse).
Si tratta di testi "per iniziati", dominati da un oscuro simbolismo,
incomprensibili ai profani e proprio perciò altamente suggestivi.
Essi ebbero un'importanza incalcolabile per lo sviluppo del pensiero alchemico
ed occultistico a partire dall'Umanesimo, allorché, portati in salvo in
Occidente poco prima della caduta dell'Impero Romano d'Oriente (1453),
furono riscoperti e tradotti da Marsilio Ficino su incarico di Cosimo de' Medici.
Oracoli Caldaici (II d.C.): raccolti (pare) da un tal teurgo Giuliano (II d.C.) e tramandati dai
Neoplatonici, sono in esametri e contengono le rivelazioni dei Caldei
(popolazione mesopotamica esperta nella divinazione), variamente combinate
con motivi filosofici neoplatonici o neopitagorici.
Essi danno in sostanza istruzioni sulla teurgìa (arte magica atta a produrre
l'unione con un dio, così da rendere l’essere umano capace di operare
miracoli).
5