GLI STUDI FITOPATOLOGICI E LA SCOPERTA DELLA PENICILLINA

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GLI STUDI FITOPATOLOGICI E LA SCOPERTA DELLA PENICILLINA
R. STAZIONE DI PATOLOGIA VEGETALE DI RoMA
GLI STUDI FITOPATOLOGICI
E LA SCOPERTA DELLA PENICILLINA
Prof. Gabriele Goidàuich
Scopo di questa relazione è quello di richiamare l'attenzione sulla parte
avuta dalla patologia vegetale nelle ricerche che hanno portato alla scoperta
della penicillina.
Se è noto infatti che l'impostazione del principio su ~ui si basa, in terapia
medica, l'uso della penicillina- quello cioè di sfruttare la particolare azione
antagonista dei prodotti metabolici di un microrgànismo per combatterne altri,
agenti di malattie infettive - se è noto dicevo che l'impostazione di questo
principio è frutto di un piano pluridecennale di indagini cui hanno partecipato
patologi e fisiologi delle diverse tendenze, umana, veterinaria, botanica, non è
altrettanto noto, o per lo meno non è stato messo nella dovuta luce - e non soltanto dal(a letteratura divulgativa-propagandistica, ma anche da quella scien·
tifica- che l'applicazione pratica di tale principio fu intravista e messa in atto
nel campo fitopatologico con notevole anticipo rispetto a quanto non sia avvenuto
nel campo della patologia umana.
Le ricerche che hanno sfociato nell'impiego pratico della penicillina hanno
una origine alquanto remota. Esse si possono indubbiamente riallacciare alle
indagini che da secoli oramai affaticano la mente dei più grandi nomi della scienza
naturalistica mondiale e si riflettono su un problema biologico di basilare impor·
tanza: quello dei rapporti che si stabiliscono fra gli organismi di tipo più svariato
animale e vegetale, microscopici o ad organizzazione evoluta, esistenti in qualsiasi ambiente. Tale problema coinvolge, tra l'altro, l'infinito numero dei processi
microbiologici che hanno sede nel terreno, nelle acque, nelle sostanze organiche
in decomposizione, nell'organismo animale e vegetale, malattie di origine paras·
sitaria comprese; sono infatti simili processi la risultanza di tutto un susseguirsi
di influenze mutue fra le numerose entità microbiche e non microbiche che, occa·
sionalmente o normalmente, si trovano a svolgere nel medesimo ambiente le
loro attività vitali, o ritraggono da esso gli elementi necessari alla loro nutrizione.
Particolare oggetto di studio, al fine di affrontare i problemi biologici ora
accennati sono state, da una trentina di anni a questa parte, le mescolanze di
microrganismi vegetali allevati in cultura artificiale od anche su substrati viventi.
Si era visto che da simile materiale, in cui potevano comprendersi rappresentanti di posizione sistematica anche molto distante e di organizzazione biologica
molto differente, era possibile ritrarre risultati di notevole interesse che -permettevano la migliore interpretazione di certi fenomeni che avvenivano in natura e
che, mutatis mutandis, potevano venire applicati per altri tipi di associazioni.
Alle indagini su simile materiale parteciparono attivamente i cultori di
patologia vegetale i quali, specialmente, intravidero subito la portata dei risultati
ehe, anche nel campo terapeutico, dai loro futuri sviluppi ed affinamenti si
sarebbe potuto trarre.
Fu stabilito così, in modo certo - cosa nota da occasionali o per lo meno
non sistematiche osservazioni precedenti- che l'i nfluenza reciproca dei microrganismi si esplica innanzitutto sull'accrescimento, in tutti i suoi aspetti, e incide
su altri processi vitali; dal differenziamento degli organi della riproduzione, alle
attività enzimatiche, alla produzione dei pigmenti, ecc.
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La massima attenzione, comunque in simili indagini si soffermò sul fenomeno
più vistoso e pressocchè costante; quello dell'antagoni~mo. Centinaia di micromiceti, attinomiceti, batteri vennero esaminati; fu visto quali fossero dotati di
maggiore potere inibente assoluto e relativo; fu visto che questo poteva variare
con la reazione, l'umidità, la temperatura, la composizione del mezzo, fino od
anche- in funzione di tali fattori- invertirsi; fu stabilito che l'attività antagonista è limitata a determinate combinazioni di microrganismi i quali altrimenti - in altre combinazioni -rimangono indifferenti.
Le ipotesi sull'intima natura del fenomeno di antagonismo studiato sono
state diverse; non esclusi casi di vero e proprio parassitismo, sul tipo di quello che
si stabilisce tra micromiceti e piante superiori, si è pensato agli effetti di un pro·
gressivo esaurimento delle proprietà nutritive del substrato e alla mod ficazione
delle condizioni fis .co-ch miche (reazione, potenziale ossido-ridutt'vo) da parte
del competitore dominante, ad <<azioni a distanza» in accordo alla teoria del
Gurwitch e specialmente - per la gran maggioranza dei casi - alla emissione
di sostanze specifiche inibitorie dell'accrescimento. In appoggio di quest'ultima
ipotesi stava il fatto che il potere inibitorio dimostrato dalle colonie dei m:crorganismi era couservato dal mezzo solido o l quido in cui essi erano 'cresciuti;
di solito anche dopo filtraggio per candela di Berkefeld.
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Dopo il conseguimento di tutti questi risultati, ai quali contribuirono, come
ho detto, in buona parte i fisiologi vegetali, il passo per la loro applicazione pratica - preconizzata e subito, sia pure embrionalmentè sperimentata dai primi
fitopatologi che si occuparono dell'argomento- era breve.
In tale campo i cultori di patologia vegetale hanno, rispetto a quelli della
patologia animale bruciato in effetto le tappe.
Quando nel 1928 Fleming pubblicava la prima relazione sull'azione antibatterica di colonie di Penicillium nei confronti di stafilococchi, pubblicazione
che è ora considerata la base di partenza delle altre ricerche che hanno portato
a cosi brillanti risultati applicativi contro le malattie dell'uomo, nel campo fito·
patologico le indagini miranti a simile finalità erano in pieno svolgimento.
In ogni caso prima che soluzioni di penicillina venissero, anche a solo scopo
di saggio, iniettate nell'organismo animale, i fitopatologi avevano -favoriti in
ciò indubbiamente dalla minore preziosità dei loro soggetti - di già superata
la fase teorica dell'applicabilità in terapia dell'antagonismo fra i microrganismi
e, per certi casi, anche la fase sperimentale.
Prescindiamo dai tentativi - noti in microbiologia agraria anche prece·
dentemente al periodo in cui si svolsero le esperienze di cui ci occupiamo e che
trovano riscontro in patologia umana nella terapia di certe malattie intestinali tentativi che mirano a modificare le caratteristiche della flora del terr~no (o di
altri substrati e prodotti vegetali), fra i cui componenti se ne trovano molti
dannosi ai vegetali stessi, mediante l'immissione di determinati organismi accoro·
pagnata da accorgimenti tali da alterare le condizioni fisico-chimiche del mezzo
in senso a questi ultimi favorevole. Prescindiamo da simili tentativi poichè essi
si basano più sul principio della concorrenza alimentare (e della modificazione
delle caratteristiche specialmente chimiche del substrato indotta dal metabo·
lismo dei microrganismi) che non sul principio dell'attività di sostanze specifiche
antibiotiche emesse dagli organismi in parola.
Prescindiamo del pari dagli esperimenti, positivi e di vecchia data, di creare
artificiosamente epidemie di iperparassiti - attinomiceti e batteri su miceti;
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miceti su miceti - che si riallacciano per i metodi e per i criteri che li hanno
informati ad analoghi esperimenti svoltisi sul finire del s~colo scorso di lotta
biologica contro le infestazioni di insetti, ditteri ed emitteri in particolar modo.
Qui pure la questione della esistenza di escreti antibiotici seppure ammessa ed
affermata, ma non dimostrata, non era · giudicata di risolutiva importanza.
E cosi infine dobbiamo escludere le ricerche e gli esperimenti indirizzati alla
lotta contro i patogeni provocando nei vegetali reazioni antigene, eseguite sullo
stampo della tecnica zooimmunitaria.
Fissiamo invece l'attenzione agli esempi di malattie infettive combattuet
espressamente con l'ausilio di forme microbiche- fra cui alcune simili, tanto per
· intenderei, al Penicillium notatum - delle cui colonie e del cui filtrato era stata
previamente costatata in cultura artificiale l'azione antagonista sugli agenti
delle malattie stesse. In ciò si è distinta specialmente l'opera di studiosi
americani e giapponesi.
Il primo che prospettò in termini chiari la questione di cui ci occupiamo
e la sostenne con precisi dati sperimentali fu Potter nel 1908 col suo lavoro
Uber eine Methode, Rarasitiire Krankheiten zu bekiimpfen. In esso sostenne che le
piante potevano venire protette da attacchi parassitari mediante l'iniezione di
prodotti metabolici di determinati miceti, il cui potere inibitorio sui patogeni
egli attribuiva appunto agli escreti e secreti delle ife. Aranci iniettati coi prodotti
metabolici di culture di Penicillium venivano risparmiati dalla infezione di altri
Penicillium, comuni agenti di un tipico, dannoso marciume di questi frutti, e
che si sviluppavano rigogliosamente nei controlli.
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È da mettere in rilievo che il lavoro di Pottersi chiudeva con la seguente frase:
« Sebbene le grandi diversità che esistono tra regno animale e vegetale rendano
difficile fare dei paragoni, e sia appena da accennare al fatto che questo metodo
impiegato nel campo della patologia animale, si possa venire deve tuttavia tenere sottocchio la possibilità di una sua futura valorizzazione nel campo medico ».
Porter nel 1924 riprendeva le idee di Potter e dopo aver dimostrato per una
numerosa schiera di microrganismi l'emissione di sostanze antibiotiche diffusibili e raccoglibili dal· mezzo culturale, riusciva a prevenire l'infezione di grano
da Helminthosporiu!m e di lino da Fusarium ricorrendo all'immersione dell'apparato radicale in brodo culturale di un batterio. Il fatto per il medesimo parassita
e per il Fusarium culmorum sul grano veniva successivamente ripetutamente
confermato (es. Greaney e Machacek, 1935).
Contro l'ofio bolo del grano, uno dei principali responsabili del« mal del piede»
del frumento si sono dimostrate efficaci le inoculazioni del terreno con germi
- e con filtrati culturali - di Penicillium, Alternaria, Cladosporium, ecc. (es. fra
gli altri Sanford e Broadfoot, 1931 e AA. segg.).
Le ricerche del giapponese Endo, iniziatesi nel 1931, hanno da'to risultati
positivi nel combattere le infezioni di Hypochnus centrifugus, H. sasakii e Sclerotium Orizae-satit•ae con un rilevante numero di forme batteriche, attinomicetiche
e fungine. Fra quest'ultime si distingue in modo del tutto particolare l'ifale
Trichoderma, che Weindling (1932 1 1934), Weindling e Fawcett (1936) hanno
usato contro la Rhizoctonia Solani, agente in America del marciume radicale degli
agrumi e di altre piante agrarie. Nei filtrati di questo ifale, del Trichodenna cioè,
era stato individuato (1934) un principio letale, considerato subito come una
sostanza chimica definita, di natura non enzimatica e non derivante da processi
autolitici. Di essa era stabilito l'« indice letale» che è rappresentato dal reciproco
delle più basse concentrazioni a cui tutte le ife di Rhizoctonia sono uccise in
lO ore. La sostanza veniva successivamente isolata dai filtrati culturali mediante
cloroformio e successivo trattamento con benzina e alcool a 95 o e cristallizazione
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a bassa temperat~ra. Da un litro di filtrato se ne può ricavare fino a 75 mgr.;
la sua formula chimica è verosimilmente C 14 H 16 N 2 S 2 O 4 , il peso molecolare
34 7; in diluizione di l: 300000 ha azione letale sulle ife di Rhizoctonia, in diluizioni di l: 3000000 ne arresta la crescita. 1l
Sempre in America il Trichoderma è stato applicato contro le infezioni da
Phytophthora o Rhizoctonia nei semenzai dei cetrioli (Allen e Haenseler, 1935).
Specialmente per quest'ultimo tipo di malattie- che, con termine molto comprensivo, indichiamo come « morìa dei semenzai » -la possibilità di intervento
mediante l'insemenzamento del terreno con forme microbiche antagoniste è un
fatto da tempo acquisito ed i moderni, e non del tutto moderni, trattati di patologia vegetale annoverano fra gli altri anche queste metodo di intervento terapeutico: ad esempio il Manuale delle malattie degli agrumi del Fawcett, 1936.
S'intende che l' applicazione di un simile metodo anche in Patologia vegetale
non è così semplice come a prinia vista potrebbe apparire. Avviene abbastanza
di frequente, infatti, che i microrganismi inoculati o i loro escreti non esercitino
la loro attività antagonistica elettivamente contro· i parassiti ma la estendano
anche agli altri componenti della flora normale del terreno agrario, cui come è
noto sono demandate importantissime funzioni, e talvolta danneggino con la
tossicità dei loro escreti direttamente gli organi della pianta che era intendimento
salvaguardare. Si è arrivati persino a costatare che l'intervento di antagonisti
poteva essere più pregiudizievole per lo stato di sanità della pianta che non la
malattia stessa.
Tale stato di cose è una conferma dell'asserzione più sopra fatta che anche
nel campo fitopatologico la strada percorsa per giungere ai risultati pratici positivi e definitivi era irta di spine, costituite dalla difficoltà di d .rimere questioni
di ordine biologico superiore e che queste difficoltà sono state superate con un
complesso di indagini. scientifiche profonde e di larghe vedute.
È indubitato che verrà obiettato ai fitopatologi di aver adottato - almeno
nella fase applicativa del nuovo metodo terapeutico - un criterio più semplicistico rispetto a quello che hanno fatto i patologi medici. Questi hanno estratto
la sostanza antibiotica, l'hanno dosata, forse sono sulla via o sono già giunti
-in collaborazione coi chimici - a sintetizzarla, mentre i primi mettono brutalmente a contatto dei loro taciturni pazienti un materiale grezzo, difficilmente
guidabile, essendo ancora vitale, nel mentre che esplica le sue funzioni.
Obiezione che però non è accettabile perchè ai fitopatologi non era sfuggita, come si è visto, la possibilità di perseguire i perfezionamenti ora accennati,
che in via sperimentale sono stati anzi saggiati, ma hanno dovuto ad essi rinunciare a causi delle particolari caratteristiche cui deve informarsi la terapia vegetale. Sono, tali caratteristiche correlate innanzitutto con gli aspetti della fisiologia delle piante superiori, in modo particolare dell'apparato linfatico-umorale,
sostanzialmente· differenti - anche per chi abbia le soltanto più elementari
conoscenze di fisiologia comparata - da quelli della fisiologia animale. La linfa,
equiparabile grosso modo per certe sue funzioni al sangue, tessuto vivo, è un
qualche cosa di amorfo - sprovvisto comunque di elementi cellulari liberi capaci
di rap di spostamenti da un luogo all'altro del corpo - e i rapporti che intercorrono tra eo;sa e i complessi istologici con cui viene a contatto sono, sempre rispetto al sangue, di ben più modesta portata. È per questa stessa ragione, ad
l) Successivamente tale sostanza venne denominata« gliotossina »,in quanto il ceppo di Tr.
da cui era stata isolnta si ritenne fosse in effetto un ifale del genere Gliocladium (Weindling,
1941) ; cosa però che non semhra corrisponda a verità (Brian, 1944),
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esempio, che erano a suo tempo cadute le speranze di trasferire in toto nel
regno vegetale i grandiosi successi ottenuti nel campo zooimmunitario.
È evidente che il benefico effetto della renicillina iniettata nell'uomo, si
esplica non soltanto col sopraggiungere di essa, tramite la corrente sanguigna, sul
luogo dell'infezione, ma anche, e specialmente, per i successivi processi fagocitari esplicati - dagli elementi cellulari vivi usualmente esistenti nel sangue o
mobilitati ed accorsi sotto lo stimolo patogeno- dopochè l'attività batteriostatica e batteriolitica della l enicillina ha reso la virulenza e la vitalità dei parassiti accessibili all'aggressività fagocitaria di tali elementi. In altre parole si svolge
nell'uomo un processo opsonico, nel sen~ etimologico e fors'anche immunologico da darsi a questo urmine.
Nelle piante una sostanza antimicrobica immessa nella corrente linfatica
dovrebbe essere di per sè letale per i parassiti, cosa già alquanto difficile; e c'era
poi da domandarsi se per mantenere d. questa ipotetica sostanza una concentrazione minima limite un periodo - considerata anche la relativa capillarità nella
distribuzione umorale - lungo sufficientemente per reagire in tutti i tessuti
coinvolti dall'infezione, non si venisse ad eccedere, con le manualità necessarie
ad eseguire gli interventi terapeutici, oltre il limite della convenienza economica
che in patologia vegetale è il fattore chiave dell'applicabilità, in teoria, di
ottimi metodi curativi.
Solo tenendo presente ciò, si possono comprendere le ragioni dell'orientamento, di cui si è parlato poco sopra e solo apparentemente criticabile, seguito
dai fitopatologi nell'impiego pratico in terapia del principio dell'antagonismo
fra i microrganismi.
* "' *
Ancora una volta quindi la Patologia vegetale ha proceduto pari passo ed in
-certo senso ha preceduto quella umana nell'impostazione e nella soluzione di un
problema di primissimo ordine. Ancora una volta - come nel campo della parassitologia in genere, delle malattie da virus, ad esempio -la medicina ha tratto
frutto dai risultati di ricerche intraprese e condotte a termine da fitopatologi
e fisiologi vegetali.
·
'
Non è questa affermazione dettata da una sorta di campanilismo scientifico,
ma da un semplice amore per la veri-t:à delle cose, la r.ui messa in luce ridonda
a vantaggio del buon nome della scienza stessa. A ciò si aggiunga q desiderio
di richiamare l'attenzione sull'utilità che potrebbe trarsi da una più intima
collaborazione, in Italia poi addirittura inesistente, fra i cultori delle due solo
apparentemente distanti attività scientifiche.
Fitopatologi da una parte con ·le loro cognizioni micologiche e di fisiologia
vegetale, medici dall'altra con la loro erudizione in tema di fisiologia e patologia
u~ana -doti che difficilmente possono trovarsi assommate in un'unica menteindirizzati su un medesimo piano di ricerche, potrebbero più velocemente e più
sicuramente procedere verso il conseguimento di risultati positivi in un campo
di indagini che, come quello di cui si parla, ha riflessi su entrambe le discipline.
Per rimanere, a mo' di esemplificazione, nell'argomento dell'antagonismo
microbico, sarebbe da vedere se il criterio seguito dai fitopatologi non possa trovare utile applicazione in terapia medica. Invece di servirsi c· oè di una sostanza
antibiotica estratta, almeno contro certe infezioni localizzate a lento accrescimento,
quali alcune ribelli dermatiti, si potrebbe forse utilmente intervenire con l'applicazione in loco di feltri miceliali prelevati da culture liquide o addirittura di un
mezzo culturale opportunamente insemenzato con i germi di uil organismo di cui
si siano saggiate in precedenza le proprietà antagoniste verso il dermatofita o
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altro eventuale antigeno in questione. Ovvio che tale mezzo culturale dovrebbe
essere elettivamente favorevole alla crescita della forma utile ai nostri fini e c-ontemporaneamente contrario alla differenziazione di sostanze tossiche per l'organismo
umano; cosa che, studiate a fondo le caratteristiche biologiche dei due
competitori, non sembra impossibile a raggiungersi. In tale maniera si potrebbe
sfruttare il fatto, costatato, che certe forme microbiche emettono i loro · principi antibiotici con predilezione nelle prime fasi vegetative e talvolta solo in
presenza del loro antagonista.
D'altro canto il fitopatologo, edotto dei brillanti successi della penicillina,
potrebbe porsi il.Qompito di ricercare sostanze estraibili dai liquidi culturali
di microrganiEmi studiate chimicamente in vista di una loro possibile produzione per sintesi, permetterebbero di arricchire di nuovi elementi la così limitata
farmacopea vegetale.
Per rispondere ad un'obiezione sollevata in sede di lettura di questa relazione
alla Sezione · romana della Società di Biologia Sperimentale - dal Professar
Vernoni, dirò, come dissi allora, che non è stato mio intendimento sminuire od
addirittura minimizzare i meriti scientifici di A. Fleming e H. Florey e collaboratori. Il mio desiderio era solo di sfrondare le sovrastrutture di carattere quasi leggendario che - per opera della letteratura divulgativa, a sfondo propagandistico,
commerciale anche - hanno avvolto l'opera degli scienziati inglesi ed americani
e di cui essi non sono certamente partecipi.
Il livello raggiunto dalla profondità della scienza odierna non permette - specialmente quando trattisi di questioni che, come quelle dell'applicazione della penicillina, si riallacciano a problemi biologici di vasta portata e di preminente importanza- di addivenire a «scoperte» del tipo personalistico che, famose, conosciamo
avvenute nei secoli passati. D'altronde la ricchezza e la rapidità degli scambi culturali odierni escludono la possibilità che, come in passato, uno scienziato sia tenuto
all'oscuro di quanto iln un campo analogo di indagini, sia pure in un paese straniero e in una disciplina diversa, si sta svolgendo su questioni di grave momento
quale è quello dell'applicazione pratica dell'antagonismo microbico. Mi sentirei,
ammettendo ciò, di fare offesa alla dimostrata preparazione e cultura di ricercatori
quale Fleming e collaboratori.
Per ciò se, con il prof. Vernoni, riconosco che difficilmente l'umanità sofferente
beneficerebbe oggigiorno del nuovo metodo terapeutico senza l'intervento dell'opera
di Fleming che è pervenuto alla sua messa a punto grazie alla preparazione nel campo
dell'antagonismo, dimostrata- precedentemente al momento dell'osservazione 1928
- con le sue ricerche sul lisozima in cui applicava una tecnica sostanzialmente
identica a quella usata poi negli studi sulla penicillina - se riconosco questo non
di meno credo si debba affermare, e penso di averlo potuto dimostrare, che il complesso
delle indagini che hanno preceduto ed hanno accompagnato l'opera di Fleming nel
campo dell'antagonismo microbico in genere e della sua applicabilità in terapia
vegetale, abbiano in notevole misura influenzato e certamente affrettato le realizzazioni di questo scienziato.
·
Al quale, nel riconoscergli il merito, incontestabile, di aver saputo cogliere nel
«mare· magnum» di un problema biologico che ho definito di vasta portata- merito
tanto più esaltabile quanto più tale problema è oggetto di attenzione universale - la
scintilla che ha portato al grande fuoco che hanno acceso le sue realizzazioni, e che denota in lui una capacità che è attributo solo delle menti superiori, mi sento di rivolgere
il più ambito omaggio cui possa aspirare uno scienziato, degno di tal nome.
G. G.
-I S T I T U T O
P OL I GR A F I CO
DELLO
ST AT O
P. V.
ROMA
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