xxxiv domenica del tempo ordinario

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xxxiv domenica del tempo ordinario
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Tiziano Vecellio, 1477 -1576, Gesù e il buon ladrone, 1566 ca, Bologna, Pinacoteca Nazionale
L’Arte
Nel termine “malfattori” erano compresi coloro che avevano partecipato alle rivolte antiromane, per i
quali era prevista la condanna a morte mediante crocefissione. Ne parla il vangelo di Matteo, Luca vi
accenna soltanto.
Tiziano (1480-1576), pittore veneto, dipinge tardivamente quest’opera, nel 1566; oggi è conservata
alla Pinacoteca nazionale di Bologna. . In certa maniera possiamo leggere il dipinto come una lectio del
brano evangelico odierno.E’ quasi un monocromo; l’inquadratura di scorcio è insolita; in primo piano è
il capo luminoso del Cristo morente mentre il “ladrone” è in posizione frontale.
Viene raffigurato il momento culminante dell’agonia, e tutto è immerso in una palpabile caligine
bruno-dorata, a sottolineare il pathos della crocefissione, una morte raccapricciante da doversene tenere
lontano come scrive Cicerone (106 a.C. - 43 a.C.), “Non solo dagli occhi ma anche dalle orecchie di un
cittadino romano”.
Gesù è inchiodato alla croce, ma sappiamo che il condannato poteva o essere legato con funi ai polsi
oppure fissato con chiodi: per Gesù fu adottata questa modalità, diversamente dal ladrone - malfattore.
Gesù è stato abbandonato dai discepoli-amici, e rinnegato dal suo popolo, e ora grida l’abbandono del
Padre “Dio mio, Dio mio...”: è l’espressione dell’estrema solitudine umana. Qui Gesù esprime
l’esperienza totalmente umana dell’abbandono di Dio, e la fa propria fino alle estreme conseguenze…
fisiche, psicologiche, affettive.
“Disprezzato e reietto dagli uomini... e maltrattato”: la scena è descritta come un pubblico crescendo di
insulti e scherni.
Eppure Tiziano dipinge un corpo di Gesù illuminato, luminoso, e sembra identificarsi nella fede del
ladrone cosiddetto “pentito sintetizzata in tre parole “Ricordati di me”: una richiesta che fa parte della
preghiera biblica. Ricordati, ossia portami nel tuo cuore, abbi un pensiero per me, ci sia nella tua mente
e nel tuo cuore un angolo in cui posso dimorare. Il ladrone sembra staccato dalla croce, una mano levata
verso il cielo, pare sospeso a voler raggiungere Gesù e tuffarsi fra le sue braccia.
Qui l’uomo
abbandonato si abbandona a Cristo e mette la propria vita nelle sue mani. Il Messia-re qui e ora,
accoglie e non giudica e, misericordioso, offre sé stesso in riscatto. Gino Prandina
Intro
I membri del Sinedrio avevano consegnato Gesù a Pilato e ai soldati che dovevano crocifiggerlo; pensavano
infine di essersi liberati di un uomo pio ma certamente pericoloso dal punto di vista politico. Ora stanno ai
piedi della croce e lo scherniscono chiamandolo Messia, eletto di Dio, re. Ma Gesù, proprio in quanto Messia
e Re porta a compimento sulla croce il suo percorso salvifico. Gesù poteva scendere dalla croce e salvarsi, ma
proprio su questo patibolo raccoglie i frutti del suo patire: uno dei due ladroni crocifissi ai suoi fianchi
confessa i propri peccati ed esorta l’altro a fare lo stesso, ma, soprattutto, professa la sua fede nella signoria
impotente di Gesù Re! Il R- crocifisso gli assicura: “Oggi sarai con me in paradiso”. Gesù, vincitore del
peccato, della morte, apre le porte del paradiso anche ai più grandi peccatori, e pure nel momento ultimo,
quello della loro morte. Del resto, ben conosciamo molte conversioni simili.
Il vangelo
Lc 23,35-43 Signore, ricordarti di me quando entrerai nel tuo regno.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano
Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo
deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te
stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla
croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo:
«Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché
riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E
disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con
me sarai nel paradiso»
Le parole
Il grande spettacolo si compie sul calvario, dinanzi al popolo che guarda e ai capi che deridono.
Noi, oggi, contempliamo silenziosi, con tensione acuta perché, pur sempre nella blasfema irrisione dei
capi, la questione in gioco è decisiva perché riguarda il tema della salvezza già operata: Gesù ha "salvato"
altri, tutti quelli che ha incontrato, evangelizzato, curato. Persino sulle labbra degli avversari, tutto
questo è stato "salvare".
Servo sofferente. Gesù è l'Eletto; un titolo inedito fatto proprio dai capi, ma già udito nella
Trasfigurazione, nella voce che si usciva dalla nube (riferito al canto del Servo di Isaia: "Ecco il mio
servo, che io sostengo, il mio eletto, di cui mi compiaccio"). I soldati sbeffeggiano, ma anche si
"avvicinano" a lui per offrirgli l'aceto: avversione e attrazione irresistibile.
Re. Il cartiglio reca la scritta "sopra di lui", è il libello di condanna e contraddittoriamente l’autentica
professione di fede e indicazione di regalità: "Quest'uomo è il re dei Giudei". Nell'umiliazione già si
manifesta la gloria del Signore. Lo aveva chiesto sulla montagna ("Amate i vostri nemici e pregate per i
vostri persecutori"); oggi lo fa lui stesso, mostrandone l'effetto, anzi la causa: "Perché siate-siete figli del
Padre vostro celeste". Gesù è re perché salva perdonando tutti.
Ladrone. J. L. Borges, non credente, scrisse: "Cristo non sta nel mezzo, è il terzo.... È un volto duro,
ebreo. Non lo vedo e insisterò a cercarlo fino al giorno dei miei ultimi passi sulla terra". "Ricordati di
me: io non ti capisco ma mi affido a te".
La teologia
2 Sam 5,1 3; Col 1,12-20; Lc 23, 35-43
1. «Questi è il re dei giudei». L'iscrizione messa sopra il Crocifisso «Questi è il re dei giudei» è stata
formulata da Pilato come provocazione nei riguardi dei giudei; i soldati che la leggono deridono lui
come anche i «capi del popolo» che gridavano verso l'alto: «Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso». Ma
nel Vangelo secondo Luca c'è almeno uno che prende sul serio questa iscrizione, uno dei due crocifissi
con Gesù, il quale si rivolge a lui e dice: «Ricordati di me, quando sarai giunto nel tuo regno» (o «con il
tuo regno»). L'iscrizione sulla croce ha qui l'effetto che il regno tramandato di Dio viene per la prima
volta inteso come un regno di Cristo e che l'antico «Dio è re» dei Salmi seriamente si muta in un
«Cristo è re». Come il ladrone si rappresenta questo re Gesù è indifferente, in ogni caso se lo
rappresenta così che questo re potrà aiutare lui, il povero morente, in modo efficace con il potere
attribuitogli. Primo presentimento dell'universale potere regale di Gesù.
2. «Essi unsero Davide re sopra Israele». La prima lettura ricorda brevemente che Davide come re è
l'antenato di Gesù. Davide era stato unto da Samuele già quando era un giovane pastore, in un tempo
in cui dominava ancora Saul. Qui egli viene riconosciuto e unto ufficialmente da tutte le tribù d'Israele
come il pastore di tutto il popolo. E un'immagine previa di ciò che avviene in croce: Gesù era fin dal
principio l'Unto (Messia), ma sulla croce viene pubblicamente (nelle tre lingue del mondo secondo
Giovanni) proclamato re.
3. «In lui tutto ha consistenza ... nella croce mediante il suo sangue». La seconda lettura amplifica il
presentimento del ladrone nell'illimitato, senza omettere il centro di questa regalità di Gesù, la sua
croce. Tutta la creazione è soggetta a lui come a re, perché senza di lui non esisterebbe affatto. Essa ha
in lui nella sua totalità la sua consistenza. Il Padre ha pensato per principio il mondo in modo che esso
dovrà diventare il «regno del suo Figlio diletto», e questo non per così dire da sé, ma espressamente così
che in lui tutto dev'essere «riconciliato» e che in lui abbiamo «la redenzione, la remissione dei peccati», e
che questa «pace» tra tutti gli esseri, in ultima analisi tra il cielo e la terra, non dev'essere «fondata»
altrimenti che «nella croce mediante il suo sangue». Solo in questa estrema dedizione, sotto l'ironia dei
giudei e dei pagani e la fuga e il rinnegamento dei cristiani, è diventato manifesto al mondo tutto
l'amore di Dio, così che questo divino amore nella figura del Figlio può ottenere il potere regale su tutte
le cose.
I Padri
1. Il paradiso aperto a un ladro
Vuoi vedere un’altra sua opera meravigliosa? Oggi ci ha aperto il paradiso, ch’era chiuso da piú di
cinquemila anni. In un giorno e in un’ora come questa, vi portò un ladro e cosí fece due cose insieme:
aprí il paradiso e v’introdusse un ladro. In questo giorno ci ha ridato la nostra vera patria e l’ha fatta
casa di tutto il genere umano, poiché dice: "Oggi sarai con me in paradiso" (Lc 23,43). Che cosa dici?
Sei crocifisso, hai le mani inchiodate e prometti il paradiso? Certo, dice, perché tu possa capire chi sono,
anche sulla croce. Perché tu non ti fermassi a guardare la croce e potessi capire chi era il Crocifisso, fece
queste meraviglie sulla croce. Non mentre risuscita un morto, o quando comanda ai venti e al mare, o
quando scaccia i demoni, ma mentre è in croce, inchiodato, coperto di sputi e d’insulti, riesce a cambiar
l’animo d’un ladro, perché tu possa scoprire la sua potenza. Ha spezzato le pietre e ha attirato l’anima
d’un ladro, piú dura della pietra e l’ha onorata, perché dice: "Oggi sarai con me in paradiso". Sí, c’eran
dei Cherubini a custodia del paradiso; ma qui c’è il Signore dei Cherubini. Sí, c’era una spada
fiammeggiante, ma questi è il padrone della vita e della morte. Sí, nessun re condurrebbe mai con sé in
città un ladro o un servo. L’ha fatto Cristo, tornando nella sua patria, v’introduce un ladro, ma senza
offesa del paradiso, senza deturparlo con i piedi d’un ladro, accrescendone anzi l’onore; è onore, infatti,
del paradiso avere un tale padrone, che possa fare anche un ladro degno della gioia del paradiso.
Quando infatti egli introduceva pubblicani e meretrici nel regno dei cieli, ciò non era a disonore, ma a
grande onore, perché dimostrava che il padrone del paradiso era un cosí gran Signore, che poteva far di
pubblicani e meretrici persone cosí rispettabili, da meritare l’onore del paradiso. Come, infatti,
ammiriamo maggiormante un medico, quando lo vediamo guarire le piú gravi e incurabili malattie, cosi
è giusto ammirare Gesú Cristo, quando guarisce le piaghe e fa degni del cielo pubblicani e meritrici.
Che cosa mai fece questo ladro, dirai, da meritar dopo la croce il paradiso? Te lo dico subito. Mentre
per terra Pietro lo rinnegava, lui in alto lo proclamava Signore. Non lo dico, per carità, per accusare
Pietro; ma voglio rilevare la magnanimità del ladro. Il discepolo non seppe sostenere la minaccia d’una
servetta; il ladro tra tutto un popolo che lo circondava e gridava e imprecava, non ne tenne conto, non
si fermò alla vile apparenza d’un crocifisso, superò tutto con gli occhi della fede, riconobbe il Re del
cielo e con l’animo proteso innanzi a lui disse: "Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno"
(Lc 23,42). Per favore, non sottovalutiamo questo ladro e non abbiamo vergogna di prendere per
maestro colui che il Signore non ebbe vergogna di introdurre, prima di tutti, in paradiso; non abbiamo
vergogna di prender per maestro colui che innanzi a tutto il creato fu ritenuto degno di quella
conversazione che è nei cieli; ma riflettiamo attentamente su tutto, perché possiamo penetrare la
potenza della croce. A lui Cristo non disse, come a Pietro: "Vieni e ti farò pescatore d’uomini" (Mt
4,19), non gli disse, come ai Dodici: "Sederete sopra dodici troni per giudicare le dodici tribú d’Israele"
(Mt 19,28). Anzi neanche lo degnò d’una parola, non gli mostrò un miracolo; lui non vide un morto
risuscitato, non demoni espulsi, non il mare domato; eppure lui innanzi a tutti lo proclamò Signore e
proprio mentre l’altro ladro lo insultava...
Hai visto la fiducia del ladro? La sua fiducia sulla croce? La sua filosofia nel supplizio e la pietà nei
tormenti? Chi non si meraviglierebbe che, trafitto dai chiodi, non fosse uscito di mente? Invece non
solo conservò il suo senno, ma abbandonate tutte le cose sue, pensò agli altri e, fattosi maestro,
rimproverò il suo compagno: "Neanche tu temi Dio?" (Lc 23,40). Non pensare, gli dice, a questo
tribunale terreno; c’è un altro giudice invisibile e un tribunale incorruttibile. Non t’affannare d’essere
stato condannato quaggiú; lassú non è la stessa cosa. In questo tribunale i giusti a volte son condannati e
i malvagi sfuggono la pena; i rei vengono prosciolti e gl’innocenti vengono giustiziati. Infatti i giudici,
volenti o nolenti, spesso sbagliano; poiché per ignoranza o inganno o per corruzione possono tradire la
verità. Lassú è un’altra cosa. Dio è giudice giusto e il suo giudizio verrà fuori come la luce, senza tenebre
e senza ignoranza...
Vedi che gran cosa è questa proclamazione del ladro? Proclamò Cristo Signore e aprí il paradiso; e
acquistò tanta fiducia, che da un podio di ladro osò chiedere un regno. Vedi di quali beni la croce è
sorgente? Chiedi un regno? Ma che cosa vedi che te lo faccia pensare? In faccia hai una croce e dei
chiodi, ma la croce, egli dice, è simbolo di regno. Invoco il Re, perché vedo il Crocifisso; è proprio del
re morire per i suoi sudditi. Questo stesso disse: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecore" (Gv
10,11). Dunque, anche un buon re dà la vita per i sudditi. Poiché dunque diede la sua vita, lo chiamo
Re. "Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno".
(Giovanni Crisostomo, Homilia de cruce et latrone, 2 s.)
2. Inno di adorazione della Croce
Quel Legno tre volte benedetto,
Quel dono che arrecava la vita
Fu dall’Altissimo in mezzo al paradiso
Piantato perché Adamo vi trovasse,
Eterno, la vita senza morte.
Ma questi non cercò di riconoscere
La vita che in dono gli era data,
Se la lasciò sfuggire inoculato
E assaporò la morte (cf. Gen 2,9; 3,22).
Per contro, il ladro nel veder la pianta
Felicemente dall’Eden trapiantata
Sul Golgota, la vita riconobbe
Insita in essa, entro di sé dicendo:
«Questo un dí perdette l’antenato mio».
Infatti, quand’egli sul Legno fu innalzato,
Giustificato dalla confessione della fede
Allor si apriva l’occhio del suo cuore (cf. Gen 3,7);
E le delizie contemplò dell’Eden.
Al centro vide splender la figura
Che della Croce gli parea sembiante.
Per lui io sono di lassú disceso,
Nell’amor mio per l’uomo;
Per misericordia volli riscattar suo seme.
Per lui maledizione mi son fatto,
Dalla Maledizion traendo Adamo e i suoi.
Dal legno la trasgression s’impose
All’antenato e per sua cagion dall’Eden
Da malfattore venne un dí scacciato;
Or vi rientra grazie al Legno della vita.
Pur tu, primo, rientravi con lui.
Quando erede nel Regno tuo sarai,
Chiama i mortali e accoglivi i fedeli:
Oggi, infatti, con me tu v’entrerai,
Con me nel paradiso in grande gioia
Oggi entrerai...
Il ladro a tali ordini obbedendo,
Come il tutto Misericordia aveva detto,
L’emblema della grazia sulle spalle pose;
Nel proceder il dono della Croce celebrava
E cantava ininterrotto un canto nuovo (cf. Sal 32,3):
«Tu dell’anime infeconde sei l’innesto,
Tu sei l’aratro, util strumento che purifica il pensiero,
Sana radice della vita mia risorta,
Di castigo la verga che colpisce Adamo
Nemico, e riapri la porta di delizie
D’Adamo un tempo dalla colpa chiusa,
Colpa da lui commessa in paradiso.
Vita totale in grazia ci hai donato,
O Legno per tre volte benedetto,
A me e all’uman specie che il possesso
Han di tua grazia. Il vincastro tu sei
Che conduce alla vita i peccatori
Pronti ad accoglierti in intima dimora;
Come lavoratore sei rivelato
Che la paglia, abile, sull’aia disperde
E sul fuoco Si getta mentre il grano
In granai capienti si raccoglie.
Tu degli Ebrei sei il giogo
Domatore che quei selvaggi frena.
Tu per la barca della santa Chiesa,
Che in Cristo siede, sei il divino remo
Che dritto al paradiso l’alme guida,
Giuste e fedeli...».
(Romano il Melode, Hymm., 39, 1-4.6 s.)
3. Vexilla Regis prodeunt
Del Re s’avanza il vessillo,
brilla il mistero della Croce
su cui la Vita soffrí la morte,
e con la morte diede la vita.
Egli, ferito
da crudele punta di lancia,
per toglierci dalle macchie dei peccati,
fece sgorgare acqua e sangue.
Compiuto è quello che profetò
David con fedele canto
dicendo alle nazioni:
Dio regnò dal legno.
Albero ammirabile e splendido,
ornato della porpora del Re,
scelto come degno sostegno
a toccare membra cosí sante.
O te beata, dalle cui braccia
fu sospeso il prezzo del mondo,
divenuta bilancia del corpo,
che strappò la preda all’inferno.
O Croce, unica speranza, salve!
In questo tempo di passione
accresci la grazia ai giusti,
togli i peccati ai colpevoli.
Te, o Trinità, fonte di salute,
lodi ogni spirito;
a coloro ai quali doni la vittoria della Croce,
aggiungi il premio. Amen.
(Venanzio Fortunato, Vexilla Regis prodeunt)
4. Crux fidelis
O Croce fedele,
sei l’unico albero glorioso.
Nessuna selva ne produce uguali,
per fronde, fiori e ceppo.
Amato legno, che regge
i dolci chiodi e il dolce Peso.
Ogni lingua canti la corona di vittoria
di una lotta gloriosa,
e proclami del trofeo della Croce
il grande trionfo:
poiché il Redentore del mondo,
benché immolato, ha vinto.
Del primo uomo ingannato,
quando assaggiò il frutto proibito
e precipitò nella morte,
ha avuto pietà il Creatore:
e fin da allora ha stabilito che un albero
riparasse il danno dell’altro albero.
Il disegno della nostra salvezza
comportava questa impresa:
che la sapienza divina superasse la scienza
del traditore sempre operante;
e cosí traesse la salute
da dove il nemico aveva recato il danno.
E quando si compí il tempo
prestabilito da Dio,
fu inviato dal seno del Padre
il Figlio, creatore del mondo:
ed egli venne tra noi incarnato
dal seno della Vergine.
Fa udire la sua voce il Bambino
dato allaa luce nella misera stalla;
la vergine Madre avvolge e ricopre
con panni le piccole membra,
e cosí con strette fasce
a Dio cinge le mani e i piedi.
Compiuti ormai i trenta anni,
terminata la vita mortale,
liberamente alla passione
si offre il Redentore:
l’Agnello sul tronco della Croce
viene innalzato per il sacrificio.
Abbeverato di fiele, cade in agonia:
spine, chiodi e lancia
hanno trafitto l’amabile corpo
e ne sgorgano acqua e sangue:
è un torrente che deterge
terra, mare, cielo e mondo.
Piega i rami, albero svettante,
allenta le tue fibre tese;
quella rigidità si fletta
che la natura ti ha dato:
e tendi con morbido tronco
le membra del Re celeste.
O albero, tu solo sei stato degno
di essere altare alla vittima per il mondo,
e di essere l’arca porto di salvezza
per il mondo in naufragio:
tu, cosparso del sangue prezioso
versato dal corpo dell’Agnello.
Alla Trinità beata
sia gloria in eterno,
al Padre e al Figlio e allo Spirito sia pari onore;
all’Uno in tre Persone
dia lode l’universo. Amen.
(Venanzio Fortunato, Crux Fidelis)
A cura di Gino Prandina, fraternità dell’Hospitale e AxA associazioni artisti per l’arte sacra Vicenza.
artesacravicenza.org
I commenti teologici sono tratti dai manoscritti di HG.U.V.Balthasar e e M.V. Speryr.