Sant`Antonio e i bambini

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Sant`Antonio e i bambini
DEVOZIONE ANTONIANA
La testimonianza della piccola Ester
Sant’Antonio e i bambini
Anche a distanza di oltre 780 anni dalla sua morte, i bambini
continuano ad essere i piú grandi devoti del Santo perché lo
sentono come un amico accogliente e un fratello confidente.
di Pierluigi Menato
ant’Antonio amava molto stare
con i bambini. Lo facevano sentire piú giovane e Dio gli sembrava piú vicino. Anche san
Francesco amava i bambini: si inteneriva pensando a Gesú Bambino e a Greccio, nel 1223, volle in qualche modo
rinnovare il Natale di Gesú. Tommaso
da Celano cosí descrisse l’evento: «Il
beato Francesco, in memoria del Natale
di Cristo, ordinò che si apprestasse il
presepe, che si portasse il fieno, che si
conducessero il bue e l’asino; e predicò
sulla natività del Re povero; e, mentre
il santo uomo teneva la sua orazione,
un cavaliere scorse il vero Gesú Bambino in luogo di quello che il santo aveva portato».
Sant’Antonio non dimenticò mai il
racconto di quel prodigio capitato al
Poverello di Assisi e, anche per questo,
si sentí sempre felice tra i bambini. Loro lo capivano e lui capiva loro. Ne ebbe sempre molti intorno. Quando era in
convento, arrivavano a sciami; le madri
sapevano dove erano e con chi erano. Il
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tempo che il Santo passava ad ascoltarli
e a guardare i loro occhi non era mai
tempo perso.
Una volta sant’Antonio stava predicando a Camposampiero, vicino a Padova, e venne ospitato nella casa dell’amico Tiso, il quale sapeva che dopo
aver predicato il Santo aveva bisogno
di riposare, di tacere e ascoltare il Signore senza alcuna distrazione. Di notte Tiso, passando davanti alla porta della stanzetta riservata al Santo, dalle fessure vide una gran luce. Subito aprí, temendo un incendio, e vide il Santo con
in braccio Gesú Bambino che lo accarezzava (illustrazione nella pagina accanto): il bagliore promanava da questa
apparizione. Tiso fu testimone di questa
grazia divina, donata all’amico pochi
giorni prima della morte. Da questo fatto, forse, la devozione popolare e l’arte
della pittura e della scultura, si sono nel
tempo ispirate a rappresentare sant’Antonio che stringe con tenerezza in braccio il Bambino Gesú. Dunque, un santo
umano e “sovrumano” nello stesso
tempo, vicino alla gente comune per
l’aspetto esteriore e vicino alla potenza
divina per i suoi miracoli.
Sant’Antonio amava tutti i bambini,
ma prediligeva quelli poveri e malati.
Le madri glieli portavano dalla città e
dalla campagna. Si era sparsa la voce
che li guariva e nessuno poteva arginare questo fiume di sofferenza e di speranza. Come dire loro di no? L’Assidua,
che è la prima biografia del Santo, narra di alcuni prodigi operati da sant’Antonio in favore dei bambini. La guarigione di una bambina di quattro anni,
figlia di Pietro, chiamata Padovana, incapace di camminare e costretta dalla
paralisi a strisciare per terra, è l’unico
miracolo tra quelli raccolti per il processo canonico padovano in vista della
sua canonizzazione.
E furono proprio i bambini, da
sant’Antonio tanto amati, i primi a dare
l’annuncio alla città di Padova della sua
morte, avvenuta al tramonto del 13 giugno, nel conventino dell’Arcella (illustrazione sotto). I frati che avevano assistito Antonio morente cercarono di tenere segreta fino all’indomani la sua
morte per evitare un sicuro affollarsi di
popolo ed avere tempo per decidere il
da farsi. Invece, prima ancora che si facesse sera, quasi nel momento stesso in
cui spirava il Santo, ecco i bambini e i
ragazzi uscire per le vie della città gridando: «È morto il padre santo! È morto sant’Antonio!». Come l’avevano saputo? Per l’indiscrezione di qualcuno?
Per un’involontaria fuga di notizie? La
“Benignitas”, la biografia che per prima descrive il primo irrompere del favoloso nella vita del Santo, parla di
“miracolo”. Saremmo propensi a credere a quest’ultima ipotesi, conoscendo
l’amore di sant’Antonio per i bambini.
E sono di loro, dei bambini, le parole
ispirate che per prime conclamano la
gloria di una santità. Viene in mente il
Salmo 8,3 che dice: «Voglio innalzare
sopra i cieli la tua magnificenza con la
bocca dei bambini e dei lattanti».
A distanza di 780 anni i bambini
continuano ad essere i piú grandi devoti
di sant’Antonio perché lo sentono come un amico e un confidente. Sono attratti dalla dolce immagine del Santo
che offre il Bambino Gesú benedicente
e accogliente.
Una testimonianza fra le tante. Nella
nostra Cappellina di Via Cappelli tra le
suppliche dei devoti del Santo abbiamo
trovato un bigliettino con questa scritta:
«Poesia d’amore per sant’Antonio da
parte di Ester: “Sant’Antonio, io ti scri-
Piccole preghiere
scritte da alcuni
ragazzi
● Dio del passato, del presente e
del futuro, il nostro tempo è nelle tue
mani. Ti preghiamo, veglia su di noi.
Paolo, 12 anni
● Ogni minuto di questa giornata,
resta con me, Signore! Ogni giorno
di questa settimana, resta con me,
Signore! Ogni settimana di quest’anno, resta con me, Signore!
Ogni anno di questa mia vita, resta
con me, Signore! Cosí, i giorni, le
settimane e gli anni siano legati su
una corda d’oro. E tutto proceda in
dolce armonia fino alla tua venuta,
Signore, cosicché, quando il tempo
sarà concluso, per la tua grazia io
possa finalmente stare con te, o Signore.
Riccardo, 17 anni
vo e ti chiedo di proteggermi. Firmato:
Ester”». Ester è una bambina di 6 anni
che, accompagnata dalla mamma, ogni
mattina passa davanti alla nostra Cappellina, per andare a scuola. L’ha scritta
in un’immaginetta piegata, dove nella
prima pagina, è raffigurata la scena di
Gesú che dà la Comunione ad un bambino. Ester l’ha abbellita con dei cuoricini rossi. Tutto è dentro una cornicetta
rossa da lei disegnata. Nella seconda e
terza pagina c’è la poesia, ancora con
dei cuoricini rossi. Nell’ultima è disegnato un aquilone con la scritta “Ester”,
al quale evidentemente ha affidato la
sua preghiera. Una preghiera semplice.
Un gesto delicato. Un cuore grande.
Tutte cose che il Signore, la Madonna e
il nostro Santo prediligono e accolgono.
Nel libro Scrittrici mistiche italiane
del 1988 c’è questo delizioso racconto
di fra’ Vito da Cortona: «Mentre la beata Umiliana de’ Cerchi giaceva per infermità nel suo letto, ecco un bambino
di quattro anni o poco meno, dal volto
bellissimo, che giocava con impegno
proprio nella sua cella, davanti a lei.
Quando lo vide, provò una grande
gioia, credendo che fosse un messaggero del sommo Re. Rivolgendogli la parola disse: “Carissimo bambino, non sai
far altro che giocare”. E il bambino:
“Che altro volete che faccia?”. La beata
Umiliana: “Voglio che tu mi dica qualcosa di bello su Dio”. E il bambino rispose: “Credi che sia bene e giusto che
uno parli di sé stesso?”».
La mistica fiorentina, quasi contemporanea di sant’Antonio, crede che in
quel piccolino si celi un angioletto e,
invece, è Dio stesso a scegliere di raffigurarsi non solo in un bambino ma in
un bambino che gioca. Non si dimentichi che già nel libro biblico dei Proverbi (8,30-31) la Sapienza divina era raffigurata come una giovane che danzava
nell’orizzonte del mondo deliziandosi e
divertendosi.
È suggestivo questo appello a ritrovare la capacità di sorridere e il gusto
della serena semplicità come doni divini. Nelle piccole cose può annidarsi una
scintilla di felicità superiore a certi godimenti freneticamente perseguiti. Persino l’acre sapiente biblico Qohèlet ripete per sette volte nel suo libro che è
necessario saper cogliere i piccoli frutti
di gioia disseminati in un’esistenza
amara e oscura. Dio ci attende, perciò,
non tanto nelle grandissime epifanie di
luce (certo, talora accade anche cosí)
ma nel gioco quieto e sereno di un
bambino o nella “Poesia a sant’Antonio” della piccola Ester, ossia nella
semplicità, nella purezza, nella quotidianità. Un Dio che sorride e che gioi●
sce in modo limpido e normale.
● Perché sono crollate quelle case? Perché sono morte tutte quelle
persone? Perché, dal momento che
avevano già cosí poco? Perché sono
stati privati di tutto? Perché quegli
uomini sono corsi ad aiutarli? Perché quella donna si prende cura dei
feriti? Perché noi abbiamo mandato
denaro? Perché io piango per quei
bambini che non conosco? Grazie, o
Dio, per tutte le persone che hanno
il coraggio e la capacità di offrire il
loro aiuto quando si scatena una calamità. Il mondo è migliore perché
ci sono loro.
Rebecca, 15 anni
● Nazione contro nazione, bianchi contro neri, ricchi contro poveri,
anziani contro giovani: ti offriamo il
nostro mondo diviso, o Gesú, e ti
chiediamo di guarirlo.
Filippo, 16 anni
● O Dio, che sei chiamato con
tanti nomi, che ami tutte le nazioni,
ti preghiamo di portare la pace nei
nostri cuori, nelle nostre case, nelle
nostre nazioni, nel nostro mondo. La
pace della tua volontà, la pace di
cui abbiamo bisogno.
Luana, 15 anni
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