Gli scherzi della santità
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Gli scherzi della santità
IMP. ITALIA FEBBRAIO_italiano.qxp 16/01/17 14.10 Pagina 3 don Livio Tonello, direttore EDITORIALE Gli scherzi della santità Nella foto a destra: particolare del Reliquiario che contiene la lingua incorrotta di sant’Antonio. È opera di Giuliano da Firenze (14341436), in argento fuso, traforato e inciso. Alto 81 cm, è situato nella Cappella delle Reliquie in Basilica. In copertina: Sant’Antonio sul noce, di Dionisio Gardini, chiesa di Casalserugo (PD) Per scrivere a don Livio: [email protected] Carissimi associati, mi permetto di assecondare l’aria carnevalesca del mese di febbraio in riferimento alla figura del nostro grande santo Antonio. Lo spunto mi viene da uno dei più significativi avvenimenti legati alla sua figura, che ricordiamo proprio in questo mese: la festa della traslazione delle reliquie (15 febbraio), popolarmente detta festa della lingua. L’8 aprile 1263, nell’aprire la cassa di ruvido legno che conteneva le spoglie, il ministro generale dei francescani, Bonaventura da Bagnoregio, si accorse con stupore che la lingua di Antonio era ancora intatta, senza i segni di decomposizione che avevano consumato il resto del corpo. Mostrando la preziosa reliquia ai fedeli, san Bonaventura esclamò: «O lingua benedetta, che hai sempre benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora appare a tutti quanto grande è stato il tuo valore presso Dio». Un prodigio che sembra quasi uno scherzo della natura e che invece possiamo attribuire alla santità della sua vita. Grande predicatore e oratore, non si è risparmiato nell’annunciare il Vangelo e nel commentarlo in modo sublime ai fedeli del suo tempo. Da qui il titolo di Dottore della Chiesa (Doctor Evangelicus) con il quale è stato insignito nel 1946 a motivo della profondità e della competenza nell’insegnamento. Di questo prodigio siamo ancora spettatori e la sua lingua continua a “parlare”. Anche se frate Antonio non vive più, la sua figura continua a essere una parola per l’uomo di ogni tempo. Me ne accorgo quotidianamente nella devozione che vedo fiorire in tantissime forme. La voce del Santo non è imbalsamata. Parla ancora attraverso i suoi discorsi (i Sermones), i suoi miracoli, la sua testimonianza di fede. Ci parla non solo di consolazione e di guarigione, ma anche di conversione, di preghiera, di fedeltà al Signore. La sua lingua incorrotta ci comunica parole di speranza e di incoraggiamento: parla il linguaggio della carità e della attenzione agli ultimi, ci invita all’accoglienza, a perdonare, a pregare, ci esorta a essere discepoli di Gesù. Questi inviti non subiscono la corruzione del tempo perché ci richiamano il Vangelo. Questi sono gli “scherzi della santità”: la memoria dei santi rivive nei posteri anche dopo la loro partenza da questo mondo. Ma diventare santi non è uno scherzo! È un arduo cammino che dura una vita. Perché l’impegno a credere, a vivere il Vangelo con coerenza, a essere caritatevoli non è uno scherzo. A volte vien da pensare che non ci sia più spazio per le verità che Gesù ci ha lasciato, per i valori trasmessi ai discepoli. Il mondo odierno sembra andare verso un’altra direzione. La lingua più parlata è quella economica, del profitto, dell’interesse personale, della prevaricazione, delle armi. È una lingua che esclude, che provoca sofferenza, che allontana. Non ci avviliamo né scoraggiamo di fronte a questo. I cristiani credono alla forza del linguaggio dell’amore e si impegnano a parlare la lingua della carità. Questo abbiamo imparato dal Verbo (la Parola) che si è fatto carne (storia, vita). L’alfabeto dell’amore non ci è sconosciuto ed è lingua universale. Accomuna tutti e da tutti è compreso. Gesù si è fatto parola d’amore per essere conosciuto da ogni uomo. Sant’Antonio ha assimilato questo linguaggio e ha continuato a ripeterlo con le parole e le opere: quanto è richiesto a ognuno di noi per continuare a parlare la lingua del Vangelo. 3