il trionfo del sole

Transcript

il trionfo del sole
1
In anteprima alcune pagine del nuovo romanzo di
WILBUR
IL
SMITH
TRIONFO
L O N G A N E S I
MILANO
DEL
&
C .
SOLE
2
REBECCA appoggiò i gomiti al davanzale dell’ampia finestra senza
vetri, mentre il calore del deserto le soffiava in faccia come le esalazioni di un altoforno. Anche dal fiume sottostante sembrava salire del vapore, quasi fosse un calderone. In quel punto il grande
corso d’acqua era largo quasi un miglio, poiché era la stagione della piena del Nilo, e la corrente era cosı̀ forte da creare vortici e gorghi luccicanti su tutta la sua ampia distesa. Il Nilo Bianco era verde, adesso, e fetido del marciume degli acquitrini dove era appena
passato, una zona di paludi che occupava una regione vasta quanto il Belgio. Gli arabi chiamavano quel grande pantano Bahr el
Ghazal. Per gli inglesi, era il Sudd.
Un anno prima, nei mesi freschi, Rebecca insieme a suo padre
aveva risalito la corrente fin dove il fiume riprendeva il suo corso
emergendo dalle paludi. Oltre, i canali e le lagune del Sudd non
avevano mai conosciuto una pista, erano inesplorati, con il loro
tappeto fitto e fluttuante di erbe in perpetuo ondeggiare che li nascondeva agli occhi di chiunque non fosse un navigatore dei più
capaci ed esperti.
Rebecca si voltò, e nel movimento una treccia folta e bionda le
venne a coprire un occhio. Scostò la treccia e il suo sguardo fu di
nuovo a valle, là dove i due grandi fiumi confluivano l’uno nell’altro.
Non si era ancora stancata del fascino di quella visione, anche se erano ormai due lunghi anni che ogni giorno contemplava il medesimo
paesaggio. Un folto groviglio di erbe galleggiava al centro del canale.
Si era staccato dalle paludi, e avrebbe seguito la corrente fino a disperdersi, lontano, nel nord, nel turbinio delle cateratte, le rapide
che di tanto in tanto interrompevano lo scorrere monotono del Nilo.
Rebecca lo seguı̀ nel suo pesante incedere fino alla confluenza.
L’altro Nilo scendeva da est, fresco e dolce come il ruscello di
montagna che ne era la sorgente. In questa stagione di piena le sue
acque erano colorate del grigioazzurro pallido del limo che aveva
dilavato dalle catene montuose dell’Abissinia. Il colore gli aveva
dato il nome, Nilo Azzurro, un fiume un po’ meno ampio del
suo gemello, ma che pure formava un maestoso serpente d’acqua.
I fiumi confluivano al vertice del triangolo di terra su cui si trovava
la Città della Proboscide, perché era questo il significato del suo
nome, Khartum. I due rami non si mescolavano subito, ma, per
quanto a valle Rebecca potesse spingere il suo sguardo, essi scor-
3
revano fianco a fianco nello stesso letto, ognuno mantenendo il
proprio colore e le proprie caratteristiche finché non precipitavano insieme sulle rocce all’entrata della gola di Shabluka, venti miglia più avanti, e non cominciavano a ribollire in un tumultuoso
abbraccio.
« Ma tu non mi stai ascoltando, cara », la apostrofò un po’ bruscamente suo padre.
Rebecca sorrise mentre si girava a guardarlo. « Perdonatemi,
padre... ero distratta. »
« Lo so, lo so. Non sono tempi facili, questi, ma hai il dovere di
affrontarli. Non sei più una bambina, Becky. »
« Certo che non lo sono », ribatté lei, quasi inalberandosi. Non
era nelle sue intenzioni lamentarsi; non lo faceva mai. « Dalla settimana scorsa ho diciassette anni. Tu e la mamma vi siete sposati
che lei aveva la mia stessa età. »
« E adesso tu occupi il suo posto come signora della mia casa. »
Al ricordo dell’amata moglie e delle terribili circostanze della sua
morte il padre aveva assunto un’espressione quasi scorata, triste.
« Padre caro, vedete come il vostro ragionamento non si regge... » obiettò Rebecca ridendo. « Se sono quello che dite, allora
perché volete costringermi ad abbandonarvi? »
David Benbrook guardò disorientato la figlia, quindi scacciò il
dolore e si mise a ridere con lei. Era cosı̀ acuta d’ingegno, e cosı̀
graziosa, che quasi mai sapeva resisterle. « Sei proprio come tua
madre. » Tale giudizio coincideva di solito con la bandiera bianca
della resa, ma invece questa volta egli continuò a discutere e a portare le sue ragioni. Rebecca si era nuovamente girata verso la finestra; lo ascoltava, non lo ignorava del tutto, ma era attenta solo in
parte. Adesso che suo padre le aveva ricordato in quale terribile
pericolo versassero, proprio mentre era lı̀, a guardare dall’altra
parte del fiume, cominciò a sentirsi ghermire la bocca dello stomaco dai freddi artigli della paura.
Gli edifici disordinati della città indigena di Omdurman arrivavano fin sulla riva opposta del fiume, anch’essi del colore della terra come il deserto che li circondava, minuscoli a quella distanza
come case di bambola, e fluttuanti nel miraggio. Eppure emanavano pericolo: un pericolo feroce come il calore del sole, in quanto
notte e giorno i tamburi non smettevano mai, a costante memoria
della minaccia mortale che incombeva su di loro. Poteva sentire il
loro rimbombo dall’altra sponda, come il battito del cuore del mostro. Lo immaginava seduto al centro della sua rete, che al di là del
4
fiume teneva lo sguardo famelico fisso su di loro, quel fanatico dall’inestinguibile sete di sangue umano, che presto con l’aiuto dei
suoi fidi sarebbe venuto a prenderli. Ebbe un fremito di paura,
e tornò a concentrarsi sulla voce del padre.
« Ravviso in te lo stesso cieco coraggio e la medesima ostinazione di tua madre, è vero... ma pensa alle gemelle, Becky. Pensa alle
bambine. Sono le tue bambine, ora. »
« So qual è il mio dovere nei loro confronti in ogni momento
della mia giornata: dall’alba al tramonto », s’infiammò Rebecca,
ma fu subito lesta a nascondere la collera e a sorridere ancora: quel
sorriso che sempre raddolciva il cuore di suo padre. « E penso anche a voi. » Si mosse dalla finestra per porsi di fianco alla sua sedia,
in piedi, e gli posò una mano sulla spalla. « Se venite anche voi,
padre, andremo anch’io e le bambine. »
« Io non posso, Becky. Il mio compito è qui. Sono il console generale di Sua Maestà e il mio dovere è sacro. Il mio posto è a Khartum. »
« Ebbene, allora anche il mio », si limitò a ribattere Rebecca, e
gli accarezzò il capo. I capelli di suo padre erano ancora fitti ed
elastici sotto le dita, ma ormai il nero aveva quasi lasciato il posto
all’argento. Era un bell’uomo, e spesso lei gli spazzolava i capelli e
gli spuntava e arricciava i baffi con il medesimo orgoglio che un
tempo aveva avuto sua madre.
Lui diede un sospiro, e proprio mentre si preparava a insistere
di nuovo, un coro lacerante di strilli infantili penetrò dalla finestra
aperta. Si irrigidirono, poiché avevano riconosciuto le voci, ed ebbero entrambi un tuffo al cuore. Rebecca attraversò la stanza mentre David balzava in piedi dalla scrivania dov’era seduto: ma poi,
quando gli strilli risuonarono ancora e in essi riconobbero il tono
dell’eccitazione, non del terrore, la tensione si allentò.
« Sono nella torretta di guardia », disse Rebecca.
« Ma non hanno il permesso di salire », esclamò David.
« Ci sono molti posti dove non hanno il permesso di andare, e
sono proprio quelli dove di solito vanno a cacciarsi. » In un attimo
fu alla porta, e poi fuori, nel corridoio lastricato in pietra, all’estremità opposta del quale una scala a chiocciola si avvitava all’interno
della torretta. Rebecca si sollevò le gonne e salı̀ gli scalini di corsa,
agile e sicura, con il padre che la seguiva a passo più tranquillo.
Uscı̀ nello sfavillare del sole sulla terrazza in cima alla torretta.
Le gemelle erano lı̀ che danzavano, pericolosamente vicine a un
parapetto basso, tanto che Rebecca fu costretta a tirarle indietro
5
afferrando una bambina con la destra e l’altra con la sinistra. Dall’alto del palazzo del console guardò giù: i minareti e i tetti di
Khartum si stendevano ai suoi piedi, e per miglia e miglia in ogni
direzione si poteva abbracciare un perfetto panorama dei due rami
del Nilo.
Intanto Saffron cercava di liberare il braccio dalla presa di Rebecca. « L’Ibis! » strillava. « Guarda, che arriva l’Ibis. » Delle due
gemelle era la più alta, e la più scura. Selvaggia e testarda come un
maschio.
« L’Intrepid Ibis », saltò su Amber a voce alta. Era una bambina
bionda e delicata, con un timbro melodioso di voce anche quando
era eccitata. « C’è Ryder, sull’Intrepid Ibis! »
« Per te, è il signor Ryder Courteney », la corresse Rebecca.
« Non devi mai chiamare gli adulti con il loro nome di battesimo.
Non ho alcuna intenzione di ripetertelo. » Nessuna delle bambine
però prese sul serio la sgridata, perché tutte e tre le sorelle si erano
già messe a fissare avidamente a monte del Nilo Bianco, dove la
graziosa nave a vapore bianca scendeva col favore della corrente.
Saffron alzò lo sguardo verso Rebecca e i suoi occhi color del
miele si illuminarono di un bagliore malizioso. « Ryder è il tuo bello, eh? Il tuo beau. » Beau era l’ultima acquisizione del suo vocabolario, e poiché veniva riservata soltanto a Ryder Courteney, Rebecca la trovava pretenziosa e stranamente esasperante.
« No di certo! » le rispose di botto la sorella maggiore, con una
punta di superbia a dissimulare l’irritazione. « E non essere sfacciata, signorina Sputasentenze. »
« Porta un sacco di cibo! » Saffron stava indicando con il dito la fila
di quattro capaci barconi dal fondo piatto che l’Ibis aveva al traino.
Rebecca lasciò andare le braccia delle gemelle e con entrambe le
mani davanti agli occhi schermò la luce per vedere meglio. Saffron
aveva ragione: su almeno due delle chiatte vi erano alte cataste di
sacchi di dhurra, il cereale che serviva come alimento base nel Sudan, e le altre due avevano un carico di merci assortite, poiché Ryder era uno dei più ricchi mercanti che battevano i due fiumi. Le
sue stazioni commerciali erano in fila a intervalli regolari di circa
un centinaio di miglia lungo le rive dei due Nili, dalla confluenza
dell’Atbara a nord fino a Gondokoro e alla lontana Equatoria a
sud, e poi verso est da Khartum lungo il Nilo Azzurro fino all’interno degli altopiani dell’Abissinia.
Proprio in quel momento, anche David usciva sulla terrazza.
« Grazie al buon Dio è arrivato », fece con voce sommessa. « È
6
l’ultima possibilità che avete per fuggire. Courteney sarà in grado
di portare voi e centinaia di nostri profughi a valle del fiume, fuori
dalla minaccia delle mortali grinfie del Mahdi. »
Mentre parlava poterono udire un solitario colpo di cannone provenire dall’altra sponda del Nilo Bianco; si girarono all’istante tutti e
quattro e scorsero del fumo che usciva da uno dei cannoni Krupp
dei dervisci in posizione sulla riva. Un istante più tardi un getto enorme di spruzzi d’acqua si alzò dalla superficie del fiume a un centinaio
di metri dal vapore che ormai si stava avvicinando all’attracco. La
liddite dello scoppio aveva colorato la schiuma di giallo.
Rebecca si portò una mano alla bocca per soffocare un grido
d’allarme mentre David si limitò a una caustica osservazione: « Voglia il cielo che la loro mira sia sempre quella solita... »
Uno dopo l’altro gli altri cannoni delle batterie dei dervisci produssero il lungo rimbombo di una salva, mentre le acque intorno
alla piccola nave schizzavano e ribollivano per gli scoppi delle granate e gli shrapnel sferzavano la superficie del fiume come pioggia
tropicale.
Poi tutti i grandi tamburi dell’esercito del Mahdi si misero a
tuonare in una sfida a gola spiegata, accompagnati dagli squilli
dei corni ombeyya. Dalle strade tra le case di fango sciamarono
in un baleno cavalli e cammelli, guidati al galoppo lungo la riva
al medesimo passo dell’Ibis.
Rebecca era corsa al lungo cannocchiale di ottone che suo padre
teneva sempre fisso sul treppiede all’estremità del parapetto e puntato al di là del fiume sulla roccaforte nemica. Dovette alzarsi in
punta di piedi per raggiungere la lente e mettere rapidamente a fuoco l’obiettivo; solo cosı̀ poté far spaziare lo sguardo sullo sciame della cavalleria dei dervisci, per metà nascosta dalle rosse nuvole di polvere sollevate dai cavalli lanciati in corsa. Li vedeva cosı̀ vicini che
poteva distinguere le espressioni di ferocia e crudeltà dei loro volti
scuri, ed era quasi in grado di leggere sulle labbra le imprecazioni e
le minacce, e sentire quel terribile grido di guerra: « Allah Akbar!
Non c’è altro Dio al di fuori di Allah, e Maometto è il suo profeta ».
Quei cavalieri erano gli Ansar, gli Aiutanti, la guardia personale
del Mahdi, l’élite del suo esercito. Indossavano tutti la jibba, la tunica a toppe, simbolo degli stracci che erano stati gli unici indumenti in loro possesso all’inizio di questa jihad contro gli empi, i
miscredenti, gli infedeli. Armati solo di lance e di pietre, negli ultimi sei mesi avevano distrutto tre eserciti degli infedeli e massacrato i loro soldati fino all’ultimo uomo. Adesso tenevano sotto as-
7
sedio Khartum, e si pavoneggiavano in quelle tuniche, il segno del
loro indomito coraggio e della loro fede in Allah e nel suo Mahdi,
l’Atteso. Nelle cavalcate brandivano i pesanti spadoni a due mani
e facevano fuoco con le carabine Martini-Henry che avevano preso
ai loro nemici sconfitti.
Rebecca spostò il cannocchiale da loro e lo fece ruotare verso l’altra sponda del fiume, attraversando con lo sguardo la selva di tonfi
di granate e di schizzi di schiuma, finché la plancia scoperta del vapore non venne messa pienamente a fuoco. La figura familiare di Ryder Courteney era appoggiata alla battagliola della plancia e sembrava considerare i gesti grotteschi degli uomini che cercavano di ucciderlo con una punta di vago divertimento. Nel momento in cui venne inquadrato da Rebecca, Ryder si raddrizzò e si tolse dalle labbra il
lungo sigaro nero per dire qualcosa al suo timoniere: questi, obbediente, impresse un rapido movimento alla ruota del timone e la lunga scia dell’Ibis cominciò a curvarsi verso la riva di Khartum.
Nonostante la canzonatura di Saffron, Rebecca non provò spasimi d’amore alla vista di Ryder... e del resto, sorrise tra sé e sé,
dubitava che li avrebbe riconosciuti. Si considerava immune da
emozioni mondane come questa, e tuttavia aveva provato una improvvisa fitta di ammirazione per la compostezza che quell’uomo
sapeva mantenere nel bel mezzo di un simile pericolo, un sentimento a cui aveva fatto prontamente seguito l’ardore caldo dell’amicizia. « Be’, non c’è niente di male ad ammettere che siamo amici », si disse, e mentre rassicurava se stessa provò anche un’immediata preoccupazione per la sua sorte: « Ti prego, Signore, proteggi Ryder che si trova nell’occhio della tempesta », sussurrò, e sembrò che il Signore fosse in ascolto.
Sotto i suoi occhi infatti una scheggia d’acciaio di shrapnel aprı̀
un buco dai contorni frastagliati nella ciminiera appena sopra la
testa di Ryder, facendo erompere il fumo nero della caldaia. Egli
non si guardò nemmeno intorno, ma riportò il sigaro alle labbra
emettendo una lunga scia di fumo grigiastro di tabacco, che il vento si incaricò di spazzar via. Indossava una camicia bianca tutt’altro che fresca di bucato, aperta sul collo, e teneva le maniche arrotolate alte sul braccio, e anche un cappello a tesa larga di foglie
di palma intrecciate che con un colpetto di pollice fece inclinare
all’indietro sulla nuca. A un rapido sguardo dava l’impressione
di una struttura fisica tarchiata, ma si trattava di un’illusione favorita dall’ampiezza e dalla postura delle spalle e anche dalla circonferenza delle braccia, rese muscolose dal duro lavoro: ma poi la
8
vita stretta e la differenza di statura con il timoniere arabo che gli
stava di fianco smentivano questa prima impressione.
David intanto aveva preso per mano le figlie più piccole e si era
curvato sul parapetto per intrecciare una conversazione fatta di
grida con qualcuno di sotto, nel cortile del palazzo consolare.
« Mio caro generale, credete di poter convincere i vostri artiglieri a rispondere al fuoco e a impegnarli per sviare l’attenzione dal
battello del signor Courteney? » Il tono era di deferenza.
Rebecca guardò giù e vide che suo padre parlava con l’ufficiale
comandante della guarnigione egiziana che difendeva la città, il generale Gordon detto « il Cinese », uno degli eroi dell’impero, colui
che aveva vinto guerre in ogni parte del mondo, anche in Cina, dove il suo leggendario « Esercito Sempre Vittorioso » gli aveva procurato il soprannome. Era uscito dal suo quartier generale nell’ala
sud del palazzo, ed era riconoscibile per il fez rosso dalla caratteristica forma a vaso di fiori.
« L’ordine è già stato impartito agli artiglieri, signore. » La replica di Gordon suonò vivace e determinata, con una punta di fastidio. Non aveva bisogno che gli ricordassero qual era il suo dovere.
La sua voce era giunta nitida dove si trovava Rebecca, ma del
resto si diceva che fosse in grado di farsi sentire senza sforzo da
una parte all’altra di un campo di battaglia mentre infuriava il
combattimento.
Qualche minuto più tardi l’artiglieria egiziana apriva un fuoco
irregolare dalle postazioni lungo il fiume: avevano dei cannoni
da montagna Krupp, pezzi di piccolo calibro e di modello obsoleto, e munizioni scarse e già vecchie, facili a fare cilecca: tuttavia,
per chi conoscesse l’inettitudine della guarnigione egiziana, la loro
precisione era sorprendente. Cosı̀ nel cielo limpido si videro nuvole di fumo nero di shrapnel proprio sopra le batterie dervisce: in
effetti gli artiglieri di entrambi gli schieramenti avevano potuto curare l’alzo di tiro gli uni a bersaglio degli altri durante i lunghi mesi
trascorsi dall’inizio dell’assedio. La conseguenza di questi colpi fu
che il fuoco dei dervisci si indebolı̀ visibilmente. Intanto, ancora
illeso, il piroscafo bianco aveva raggiunto la confluenza dei due
fiumi e la fila delle chiatte l’aveva seguito finché, con una brusca
virata a dritta, si era portato all’imboccatura del Nilo Azzurro.
Qui, grazie agli edifici della città, aveva potuto quasi subito trovare
un riparo dai cannoni della riva occidentale. Prive ormai della loro
preda, le batterie nemiche avevano taciuto.
« Possiamo scendere al molo per andargli incontro? » Era Saf-
9
fron che cercava di trascinare suo padre a un capo della scala.
« Sbrigati, Becky, corriamo ad accogliere il tuo beau. »
Mentre attraversavano di corsa i trascurati giardini del palazzo,
sbiancati dal sole, si accorsero che anche il generale Gordon si stava recando al porto con un gruppo di ufficiali egiziani che gli
sgambettavano dietro. Appena al di là delle porte la carogna di
un cavallo ostruiva a metà il passaggio: giaceva lı̀ da dieci giorni,
ucciso da una granata vagante sparata dai dervisci. La pancia si
era enfiata e le ferite aperte brulicavano di una massa informe di
vermi bianchi. Non mancavano le mosche, che ronzavano sopra il
corpo in una fitta nuvola azzurra, e anche il fetore della carne in
putrefazione era spaventoso, mescolato com’era a tutti gli altri
odori della città assediata. Ogni respiro sembrava prendere Rebecca alla gola, e lo stomaco le si rivoltava; tuttavia riuscı̀ a reprimere
la nausea per non recare vergogna a se stessa e alla dignità della
carica di suo padre.
Invece le gemelle facevano a gara in una pantomima a chi esprimeva il maggiore disgusto. « Puah! » « Uhhh! Che puzza! » gridavano, e come non bastasse si piegavano in due, mimando dei realistici conati di vomito e accompagnando le rispettive esibizioni
con urletti di divertimento.
« Alla larga da qui, piccole selvagge!... » David le guardò minaccioso brandendo il suo bastone dal pomo d’argento. Le bambine
si misero a urlare, simulando allarme, poi corsero via in direzione
del porto scavalcando le pile di detriti di case bombardate e bruciate. Rebecca e David le seguirono di buon passo, ma prima ancora di superare la sede della dogana incontrarono una moltitudine che proveniva dalla città e andava nella loro stessa direzione.
Era un fiume compatto di umanità, mendicanti e storpi, schiavi
e soldati, ricche signore servite dai loro schiavi e baldracche galla
vestite di niente, madri con i piccini fasciati sulla schiena e trascinanti da ambo i lati mocciosi in lacrime; e ancora funzionari del
governo e grassi mercanti di schiavi pieni di diamanti e anelli d’oro
alle dita. Tutti con uno scopo: scoprire quale fosse il carico che
trasportava il battello e se poteva offrire anche solo una debole
speranza di fuga da quel piccolo inferno che era Khartum.
Le gemelle erano state subito sommerse dalla folla, e cosı̀ David
si era visto costretto a sollevare Saffron sulle spalle mentre Rebecca teneva stretta la mano di Amber. Faticarono a farsi strada, finché la folla non riconobbe la figura alta e maestosa del console inglese e gli cedette il passo. Guadagnarono la riva soltanto qualche
10
minuto dopo il generale Gordon, che li chiamò perché lo raggiungessero.
Intanto l’Intrepid Ibis solcava la corrente, e quando ebbe raggiunto le acque più tranquille e protette a circa novanta metri dalla
riva mollò le cime di traino, e i quattro barconi si misero all’ancora
allineati da poppa, le prue rivolte alla robusta corrente del Nilo
Azzurro. Ryder Courteney, dopo aver schierato delle guardie armate su ogni chiatta a protezione del carico contro eventuali saccheggi, si mise al timone del battello e manovrò per accostarlo al
molo.
Non appena egli fu alla loro portata, le gemelle strillarono il
benvenuto: « Ryder! Siamo noi! Ci hai portato un regalo? » Lui
le sentı̀ al di sopra del tumulto della folla, e individuò subito Saffron appollaiata sulle spalle di suo padre. Si tolse il sigaro di bocca
e lo buttò fuori bordo, nel fiume: poi, allungata una mano per
prendere la cima della sirena, lanciò in aria un sonoro getto di vapore mandandole un bacio.
Saffron andò in brodo di giuggiole mettendosi a ridacchiare e a
dimenarsi come una cucciolotta. « Non è il beau più affascinante del
mondo? » esclamò, lanciando un’occhiata alla sorella maggiore.
Rebecca la ignorò, ma gli occhi di Ryder adesso erano già posati
su di lei e l’uomo si era tolto il cappello dai folti riccioli neri, lustri di
sudore. Il viso e le braccia abbronzati dal sole del deserto erano del
colore del tek lucidato, eccetto una striscia di pelle più chiara appena sotto l’attaccatura dei capelli, che era stata protetta dal copricapo. Rebecca ricambiò il saluto con un sorriso e un inchino. Saffron
aveva ragione; Ryder era davvero un bell’uomo, specialmente quando sorrideva, ma aveva delle grinze agli angoli degli occhi: era vecchio, pensò Rebecca, dimostrava tutti i suoi trent’anni.
« Ti fa gli occhi dolci, credo... » Pure Amber le aveva espresso
con severità la sua opinione.
« Non osare mai più... non tirare più in ballo questa diabolica
assurdità, mademoiselle », la redarguı̀ Rebecca.
« Diabolica assurdità, mademoiselle », ripeté a bassa voce Amber, e si mise a fare le prove per usare queste parole al primo litigio con Saffron.
Sul fiume, Ryder Courteney era tutto preso dalle manovre di attracco del vapore. Lo fece virare con la prua nella corrente, e ve lo tenne
grazie a un abile tocco impresso alla valvola: quindi mollò la ruota
11
del timone e, in lenta deriva di lato, il battello si mise di traverso al
corso del fiume finché la sua fiancata d’acciaio non andò a sfiorare i
parabordi di stuoia che riparavano il molo. L’equipaggio lanciò le
cime di ormeggio agli uomini sulla banchina che ne presero i capi
e le assicurarono. Ryder chiamò con l’interfono la caldaia, e Jock
McCrump fece capolino dal boccaporto della sala macchine, il viso
striato di grasso nero. « Signorsı̀, capitano? »
« Tieni in pressione la caldaia, Jock. Non si sa mai che si debba
tagliar la corda. »
« Signorsı̀, capitano. Non voglio a bordo nessuno di quei selvaggi puzzolenti. » Jock si ripulı̀ il grasso dalle mani, enormi e callose,
con uno stoppaccio di cascami di cotone.
« Hai tu il comando », gli disse Ryder, e scavalcando la battagliola della nave atterrò sul molo. Si diresse dove il generale Gordon lo stava aspettando con il suo stato maggiore, ma non aveva
fatto ancora una dozzina di passi che la folla gli si serrò attorno
intrappolandolo come un pesce nella rete.
Un groviglio confuso e agitato di egiziani e di altri arabi lo circondò afferrandolo per i vestiti. « Effendi, ti prego, Effendi, ho
dieci bambini e quattro mogli. Prendici a bordo della tua bella nave. Al sicuro! » lo pregavano, in arabo e in un incerto inglese. Gli
sventolavano in faccia rotoli di banconote. « Cento sterline egiziane. È tutto quello che ho. Prendi, Effendi, e pregherò Allah che ti
doni una lunga vita. »
C’erano donne che si toglievano i gioielli: pesanti bracciali d’oro, anelli e collane con pietre scintillanti. « Me e il mio bambino.
Prendici con te, padrone. » Gli spingevano davanti i loro figlioletti, miseri piccini che squittivano appena, le guance incavate per la
fame, alcuni straziati dalle lesioni e dalle ulcere aperte dello scorbuto, le fasce che li coprivano piene di macchie giallo-tabacco tipiche delle feci liquide del colera. Si spingevano e lottavano tra di
loro per giungere fino a lui. Una donna fu travolta e cadde in ginocchio, lasciandosi sfuggire il bambino sotto i piedi della marea
montante della folla. Le sue urla diventarono sempre più deboli
man mano che veniva calpestato finché, in ultimo, un sandalo
chiodato gli spaccò il cranio come un guscio d’uovo e il bambino
di colpo smise di piangere, restando immobile – un bambolotto
abbandonato – nella polvere.
Ryder Courteney lanciò un muggito di rabbia e con i pugni serrati prese a menare colpi all’impazzata. Abbatté con un solo pugno
alla mascella un grasso mercante turco, poi abbassò le spalle e ca-
12
ricò proprio in mezzo a quella umanità tumultuante. Si dispersero
per lasciarlo passare, ma alcuni invece avevano preso la direzione
dell’Intrepid Ibis e cercavano di arrampicarsi sul ponte.
Ad aspettarli alla battagliola c’erano Jock McCrump, con una
chiave inglese in pugno, e cinque dell’equipaggio alle sue spalle armati di ganci d’accosto e asce da incendio. Jock spaccò il cranio al
primo che cercava di salire a bordo, e costui cadde dentro la stretta manica d’acqua tra la nave e il molo di pietra per sparire subito
sotto la superficie. Non risalı̀ più.
Ryder si rese conto del pericolo e tentò di tornare alla nave, ma
perfino lui non riusciva a farsi strada in mezzo a quella massa compatta di corpi.
« Jock, salpa e mettiti all’ancora con le chiatte! » gridò.
Jock lo udı̀ al di sopra dello strepito e fece segno di aver capito
agitando la chiave inglese. Poi con un salto fu sulla plancia e lanciò
un ordine secco all’equipaggio, che non perse tempo nell’operazione di levare gli ormeggi e tagliò le cime che assicuravano la nave
alla riva con alcuni precisi colpi d’ascia. L’Intrepid Ibis si mosse
immettendosi di prua nella corrente ma, prima che prendesse
un abbrivio sufficiente a governare il timone, altri rifugiati cercarono di saltare al di là dello spazio che separava il battello da terra.
Quattro non ce la fecero ad arrivare fino alla nave e furono spazzati via, a valle, dalla forza della corrente. Uno si aggrappò alla battagliola e restò penzoloni lungo la fiancata, tentando di tirarsi a
bordo e implorando l’equipaggio sopra di lui di avere pietà.
Bashid, il nostromo arabo, si avvicinò alla battagliola sormontando quel disgraziato, e con un solo movimento dell’ascia gli
mozzò di netto quattro dita della mano destra. Le dita caddero
sul ponte d’acciaio mentre la vittima lanciava un urlo e cadeva
nel fiume. Bashid buttò le dita fuori bordo con un calcio e ripulı̀
la lama sulla tunica, poi andò a liberare l’ancora di prua dal suo
alloggiamento. Jock mise il vapore di traverso alla corrente e uscı̀
per ancorarsi in testa alla fila delle chiatte.
Un gemito di disperazione si sollevò dalla folla, ma Ryder continuò a guardarla torvo, sempre con i pugni chiusi. Avevano imparato senza ombra di dubbio che cosa volesse dire quel gesto, e arretrarono di fronte a lui. Nel frattempo il generale Gordon aveva
dato l’ordine a uno squadrone di soldati di sedare il tumulto, e
quelli stavano avanzando con le baionette inastate usando il calcio
dei fucili per bastonare chiunque sbarrasse loro la strada. Davanti
a questa carica la folla si sparpagliò scomparendo negli stretti vi-
13
coli della città. Avevano lasciato indietro solo il bambino morto,
con la madre ferita che piangeva accasciata su di lui, e una mezza
dozzina di rivoltosi che si lamentavano seduti in pozzanghere del
loro stesso sangue, ancora tramortiti; il turco che Ryder aveva abbattuto se ne stava tranquillo riverso sulla schiena a russare sonoramente.
Ryder cercò con lo sguardo David e le figlie, ma con suo grande
sollievo capı̀ che il console al primo segnale di tumulto aveva avuto
il buon senso di portare al sicuro la famiglia nel palazzo. Poi però
scorse il generale Gordon che veniva verso di lui passando in mezzo ai rifiuti e ai corpi stesi. « Buon pomeriggio, generale. »
« Salve, signor Courteney. Sono lieto che siate arrivato. Spero
abbiate fatto buon viaggio. »
« Ottimo, signor generale. Il passaggio attraverso il Sudd non ci
ha creato difficoltà. In questa stagione il canale è ripulito. Non c’è
bisogno di tonneggiare per aprirsi la strada. » Non si peritò di ricordare che il suo battello era passato attraverso il fuoco incrociato
delle batterie dei dervisci; e nemmeno che a dargli il benvenuto in
città c’era stato il tumulto appena concluso.
« È un carico pesante, il vostro? » Gordon, che rendeva a Ryder
un buon quindici centimetri di statura, lo guardò da sotto in su
con quei suoi occhi leggendari: erano del colore azzurro acciaio
che aveva il cielo di mezzogiorno sopra il deserto, ipnotici, irresistibili, il segno esteriore della ferrea fede di Gordon in se stesso e
nel suo Dio. Pochi che avessero cercato di penetrare in quello
sguardo li potevano dimenticare.
Ryder comprese all’istante che cosa volesse dire la domanda.
« Ho millecinquecento sacchi di sorgo dhurra sui miei barconi, e
ogni sacco pesa dieci qantar. » Il qantar era una misura di peso araba, pari a circa cinquanta chilogrammi.
Gli occhi di Gordon mandarono bagliori come di zaffiri tagliati,
e poi si batté con il bastone sulla coscia. « Bene, signore, bene. La
guarnigione e l’intera popolazione sono già sfinite per la penuria di
viveri, e quindi il vostro carico potrebbe esserci di grande utilità
fino all’arrivo della colonna dei soccorsi dal Cairo. »
Ryder Courteney sgranò gli occhi per la sorpresa di fronte a una
stima cosı̀ ottimistica. C’erano quasi trentamila persone intrappolate nella città, e persino con razioni da fame quella moltitudine
avrebbe divorato un centinaio di sacchi al giorno. Le ultime notizie che avevano ricevuto, prima che i dervisci interrompessero la
linea del telegrafo verso nord, erano che la spedizione di soccorso
14
era ancora in fase di organizzazione nella zona del delta, e non sarebbe stata pronta a cominciare il viaggio per il sud prima di parecchie settimane. E anche allora avrebbe dovuto affrontare più di
mille miglia di viaggio per arrivare a Khartum, e sul percorso navigare sulle cateratte e attraversare lo spaventoso deserto della Madre delle Pietre... e poi, prima di raggiungere la città e togliere l’assedio, avrebbe dovuto aprirsi la strada combattendo contro le orde dei dervisci che sorvegliavano in tutta la loro lunghezza le regioni di confine sulle rive del Nilo. Millecinquecento sacchi di
dhurra non erano neanche lontanamente sufficienti a mantenere
gli abitanti di Khartum per un periodo la cui lunghezza non era
prevedibile. Ma poi comprese che l’ottimismo era la migliore armatura che Gordon potesse trovare, e che un uomo come lui
non poteva permettere nemmeno a se stesso di riconoscere che
la situazione era tragica, e di arrendersi alla disperazione.
Annuı̀, come per dire che era d’accordo. « Ho il vostro permesso di cominciare le vendite di grano, generale? » La città era soggetta alla legge marziale, e non era consentita nessuna distribuzione di vettovaglie senza la personale approvazione di Gordon.
« Non posso permettere che distribuiate voi quelle provviste.
La popolazione della mia città è alla fame. » Ryder notò che Gordon aveva usato il possessivo. « Se vendeste quel grano, sarebbero
i ricchi mercanti ad accaparrarselo, a tutto svantaggio dei poveri.
Non ho altra scelta se non di requisire l’intero carico. È naturale
che vi verrà pagato un prezzo equo. »
Per un momento Ryder lo guardò interdetto, senza parole. Poi
ritrovò la voce. « Un prezzo equo, generale? »
« Terminato l’ultimo raccolto, il prezzo della dhurra nei suq di
questa città era di sei scellini al sacco. Un prezzo equo: e per quel
che mi riguarda lo è ancora, signore. »
« Terminato l’ultimo raccolto non c’erano né la guerra né l’assedio », ribatté Ryder. « Generale... sei scellini non tengono conto
del prezzo esorbitante che sono stato costretto a pagare. E nemmeno mi compensano delle difficoltà del trasporto del sorgo e
del giusto profitto a cui mi sento di avere diritto. »
« Quanto al profitto sono certo, signor Courteney, che sei scellini vi restituiranno un guadagno del tutto soddisfacente. » Gordon lo squadrava con il suo sguardo ferreo. « La città è sotto la
legge marziale, signore, e la speculazione e l’accaparramento sono
entrambi crimini che portano sulla forca. »
Ryder sapeva che non era una minaccia teorica. Aveva visto
15
molti uomini frustati o giustiziati in maniera sommaria per una
qualsiasi mancanza al proprio dovere, o anche solo per aver manifestato disprezzo di fronte ai decreti di quel piccolo uomo.
Gordon si sbottonò il taschino dell’uniforme ed estrasse un taccuino. Vi scarabocchiò sopra qualcosa in fretta, strappò il foglio e
lo consegnò a Ryder. « È il mio personale ’pagherò’ per una somma di quattrocentocinquanta sterline egiziane. Si possono riscuotere presso la cassa del khedivè al Cairo », disse in tono sbrigativo.
Il khedivè era chi in quel momento governava l’Egitto. « In che cosa consiste il resto del vostro carico, signor Courteney? »
« Avorio, uccelli e animali selvatici vivi », fu l’amara risposta di
Ryder.
« Quelli li potete scaricare nel vostro deposito. Per ora non ho
alcun interesse per questi animali, anche se più avanti può darsi
che sorga la necessità di macellarli per rifornire di carne la popolazione. In quanto tempo sarete pronto a ripartire di nuovo con il
battello e le chiatte? »
« Partire, generale? » Ryder impallidı̀ sotto l’abbronzatura: aveva intuito che cosa stava per accadere.
« Vi confisco le imbarcazioni per il trasporto dei profughi a valle », gli spiegò Gordon. « Potete richiedere tutto il legname che vi
serve per il funzionamento delle vostre caldaie, e io vi rimborserò
per questo viaggio al prezzo di due sterline a passeggero. Secondo
i miei calcoli potete imbarcare cinquecento donne, bambini e capifamiglia. Esaminerò personalmente le necessità di ognuno e deciderò chi deve avere la precedenza. »
« Mi pagherete con un’altra cambiale, generale? » domandò Ryder, non senza ironia.
« Precisamente, signor Courteney. Resterete in attesa a Metemma finché la spedizione di soccorso non vi avrà raggiunto. I miei
battelli sono già là. Ci sarà un gran bisogno della vostra famosa
abilità di pilota per il passaggio dalla gola di Shabluka, signor
Courteney. »
Gordon il Cinese non nascondeva tutto il suo disprezzo per ciò
che considerava rapacità e venerazione di Mammona. « Portate
dunque le vostre chiatte lungo il molo e le mie truppe saranno
di sorveglianza mentre gli uomini le scaricano e trasportano la
dhurra nel magazzino della dogana. A dirigere l’operazione sarà
il maggiore al-Faruk, del mio stato maggiore. » Gordon fece un
cenno all’ufficiale egiziano al suo fianco, che salutò distrattamente
Ryder. Al-Faruk aveva profondi occhi scuri, ed emanava un poten-
16
te profumo di brillantina. « E ora mi dovete scusare, signore. Ho
molto da fare. »
In qualità di padrona di casa ufficiale del console generale di Sua
Maestà Britannica nel Sudan, Rebecca aveva la responsabilità della
conduzione della casa e della servitù. Quella sera, sotto la sua supervisione, i servitori avevano apparecchiato la tavola per la cena
sopra la terrazza che dava sul Nilo Azzurro, in modo che gli ospiti
di David potessero godere della brezza che veniva dal fiume. Al
tramonto i servitori avrebbero acceso i bracieri di rami e foglie
di eucalipto perché il fumo tenesse alla larga le zanzare, e per l’occasione sarebbe arrivato anche l’intrattenimento offerto dal generale Gordon: ogni sera c’erano un concerto della banda dell’esercito e uno spettacolo di fuochi d’artificio che, nelle intenzioni del
generale, dovevano impedire alla popolazione di Khartum di pensare troppo ai rigori e alle difficoltà dell’assedio.
Rebecca aveva preparato una tavola che era uno splendore, ma
non perché Ryder Courteney era uno degli invitati... come peraltro
aveva sostenuto punzecchiandola sua sorella Saffron. L’argenteria
e i cristalli della dotazione del consolato erano stati lucidati fino a
risplendere e le tovaglie erano uscite dal bucato bianche come l’ala
di un angelo. Solo che, sfortunatamente, i cibi da servire non erano della stessa qualità, perché avrebbero avuto come prima portata una zuppa di lappola e di frutti di rosa canina provenienti dalle
rovine del giardino del palazzo consolare, cui sarebbe seguito un
pâté di cuori di palma lessati e dhurra macinata a pietra; ma come
piatto forte avrebbero servito una suprême di pellicano.
Quasi tutte le sere David si metteva alla posta sulla terrazza che
guardava il fiume con una delle sue doppiette Purdey in posizione
di tiro, e aspettava che gli uccelli acquatici si levassero in volo e gli
passassero sopra per posarsi nei loro rifugi notturni. Alle sue spalle
anche le gemelle erano in attesa con gli altri fucili. Un terzetto di
armi da fuoco cosı̀ ben assortito veniva definito un contorno di fucili. David era dell’opinione che una donna che viveva in Africa,
un continente pieno di animali selvaggi e di uomini ancora più selvaggi, dovesse essere esperta nell’uso di armi da fuoco. Sotto i suoi
insegnamenti infatti Rebecca era già diventata un’abile tiratrice
con la pistola, e di solito era capace con i sei colpi del pesante revolver Webley di buttar giù dal muro in fondo alla terrazza alme-
17
no cinque scatolette di carne vuote da dieci passi, scaraventandole
a roteare sulle acque del Nilo.
Le gemelle erano ancora troppo piccole per reggere il rinculo di
un Webley o di un Purdey, e cosı̀ le aveva addestrate a caricare le
doppiette di riserva, col risultato che erano diventate svelte e precise come un addetto ai fucili nella caccia al gallo cedrone nello
Yorkshire.
David era un famoso tiratore, e di rado sprecava una cartuccia:
egli sapeva all’occasione abbattere in rapida successione cinque o
sei alzavole da uno stormo che lo sorvolava a velocità sostenuta.
Nelle prime settimane dell’assedio erano regolarmente venute a tiro
della terrazza le anatre selvatiche, alzavole e mestoloni, e specie più
esotiche, come le oche selvatiche egiziane e le marzaiole: e tutte queste prede avevano costituito aggiunte non trascurabili alla dispensa
di palazzo. Ma le anatre scampate al pericolo avevano presto imparato la lezione. Ora gli stormi si tenevano abitualmente alla larga
dalla terrazza e l’abilità nel tiro di David poteva ancora portare sulla
tavola solo gli uccelli più stupidi e meno appetitosi: una coppia di
pellicani dal becco possente erano stati le vittime più recenti.
La portata di accompagnamento che Rebecca aveva in mente di
servire erano foglie e gambi della ninfea sacra egiziana. Raccomandandole questa pianta, Ryder Courteney le aveva detto che il suo
nome botanico era Nymphaea alba. In quell’occasione lei aveva usato i bei fiori azzurri in insalata perché il loro gusto un po’ pepato
aiutava a nascondere il forte sapore di pesce della carne di pellicano.
Le cantine del palazzo consolare erano quasi vuote, eccetto che
per una sola cassa di champagne Krug che David teneva da parte
per celebrare l’arrivo dei soccorsi da sud. Tuttavia Ryder Courteney, quando aveva mandato Bashid al consolato per far sapere che
accettava l’invito a cena, gli aveva dato da portare tre zucche a fiaschetto piene di tej, il forte idromele degli indigeni che aveva il gusto di un sidro di scarsa qualità. Rebecca aveva intenzione di servirlo nelle caraffe di cristallo usate per i vini rossi, quasi a conferirgli un’importanza che di norma non era giustificata.
Adesso era al lavoro per gli ultimi tocchi ai preparativi della cena
e alla decorazione floreale della tavola allestita con gli oleandri del
povero giardino del palazzo. Gli ospiti erano attesi di lı̀ a un’ora, e
suo padre non era ancora tornato dall’appuntamento giornaliero
con il generale Gordon: Rebecca era un po’ timorosa che David potesse arrivare in ritardo e rovinarle la serata. D’altra parte, però, si
era anche sentita segretamente sollevata dal fatto che il generale
18
Gordon non avesse accettato l’invito: era un grand’uomo, un santo,
un eroe dell’impero, ma privo di talento per la vita di società. La sua
era una conversazione pia, infarcita di parole misteriose, e quanto al
suo senso dell’umorismo si poteva dire, a essere benevoli, che era
un po’ debole, se non del tutto mancante.
In quel momento udı̀ il passo familiare di suo padre che risuonava sotto i portici del palazzo e la sua voce che si alzava a chiamare uno dei servitori. Corse a salutarlo quando uscı̀ sulla terrazza, ma egli rispose all’abbraccio della figlia in maniera distratta,
quasi fosse un obbligo. Lei fece un passo indietro e si mise a studiargli il viso. « Che cosa c’è, padre? »
« Dobbiamo andarcene domani notte. Il generale Gordon ha
ordinato che tutti i cittadini inglesi, francesi e austriaci lascino subito la città. »
« Questo vuol dire che verrete con noi, papà? » In quel periodo
usava di rado l’appellativo affettuoso dei bambini.
« Ma certo. »
« Come viaggeremo? »
« Gordon ha requisito il vapore e i barconi di Ryder Courteney.
Gli ha ordinato di scendere a valle con tutti noi a bordo. Ho cercato di oppormi alla sua decisione, ma senza risultato. Quell’uomo
è intrattabile e nessuno può smuoverlo dal sentiero che ha scelto. »
Ma poi David le sorrise, l’afferrò alla vita e la fece ruotare, come in
un giro di valzer. « A dire il vero, sono molto sollevato che la decisione sia stata presa senza di me, e che tu e le gemelle sarete condotte in salvo. »
Un’ora dopo David e Rebecca erano in piedi sotto il candelabro
nell’atrio del palazzo ad accogliere i loro invitati, che nella quasi
totalità erano maschi, poiché già da alcuni mesi quasi tutte le donne bianche erano state evacuate a nord, verso il delta, a bordo dei
poco affidabili battelli a vapore del generale Gordon. Ora quelle
navi erano in secca ben più a sud, a Metemma, ad aspettare l’arrivo della spedizione di soccorso. Rebecca e le gemelle erano tra le
poche donne europee rimaste in città.
Le gemelle si tenevano modestamente dietro il padre. Erano riuscite a farsi concedere dalla sorella maggiore di rimanere lı̀ fin quando Ryder fosse arrivato e di guardare con lui i fuochi d’artificio prima che Nazira, la loro bambinaia, le portasse a dormire.
Con grande disappunto delle gemelle, Ryder Courteney arrivò
per ultimo: ma quando comparve, da parte loro fu un unico ridacchiare e bisbigliare.
19
« È un cosı̀ bell’uomo... » commentò Saffron, e fece quasi la
mossa di cadere in deliquio.
« Non l’avevo mai visto vestito da ricevimento. » Questa era
Amber, che completava il giudizio della sorella. In effetti, Ryder
indossava una di quelle nuove giacche da sera recentemente consacrate alla moda dal principe di Galles, con i risvolti di satin marezzato e la vita stretta. L’aveva fatta copiare da una illustrazione
sul London Illustrated News da un sarto armeno al Cairo, e la portava con eleganza disinvolta ben lontana dal fustagno sgualcito che
indossava ogni giorno. Per di più era rasato di fresco e i suoi capelli risplendevano alla luce delle candele.
« E poi, guarda, ci ha portato dei regali! » Amber aveva notato
l’eloquente rigonfiamento in corrispondenza del taschino. Aveva
già l’occhio di una donna per quei particolari.
Ryder strinse la mano a David e fece un inchino a Rebecca. Parecchi membri del corpo diplomatico arrivati prima di lui le avevano baciato la mano atteggiandosi nel gesto alla francese, ma lui
invece si trattenne, e preferı̀ strizzare l’occhio alle due gemelle, che
a loro volta si coprirono la bocca per reprimere un riso nervoso
quando gli fecero una riverenza in risposta al suo saluto.
« Posso avere l’onore di scortare queste due belle dame fino alla
terrazza? » chiese lui con un inchino.
« Uı̀, uı̀, messiè », fu la risposta grave di Saffron, che ebbe quasi
l’effetto di far perdere il controllo a Amber.
Ryder le prese entrambe sottobraccio, chinandosi un poco perché ci potessero arrivare, e le guidò in terrazza attraverso le portefinestre. Uno dei servitori in livrea bianca e turbante azzurro servı̀
loro dei bicchieri di limonata fatta con i pochi frutti che restavano
sugli alberi del frutteto, e Ryder consegnò alle gemelle i doni, che
erano delle collane di grani d’avorio lavorati in forma di minuscoli
animali: leoni, scimmie e giraffe. Allacciò i fermagli dietro il collo,
e loro ne rimasero incantate.
Come se fosse stata imbeccata, la banda militare che si trovava
giù sul maidan, accanto al vecchio mercato degli schiavi, cominciò
a suonare. La distanza attutiva il suono mantenendo un volume
piacevole, e i musicisti ebbero un certo successo nell’abbellire il
repertorio familiare di polke, valzer e marcette dell’esercito britannico con fascinose cadenze orientali.
« Canta per noi, Ryder, ti prego! » lo pregava Amber, e quando
lui, mettendosi a ridere, scosse la testa, lei fece appello a suo padre: « Fallo cantare, papà, ti prego ».
20
« Mia figlia ha ragione, signor Courteney. Una voce accrescerebbe oltre misura il piacere della serata. »
Ryder si mise a cantare senza alcun imbarazzo, e ben presto tutti
furono costretti a battere i piedi o le mani a tempo di musica, e addirittura ci furono alcuni che pretendendo di dimostrare le loro capacità vocali si unirono al coro di Sul mare fino a Skye.
Poi cominciò lo spettacolo dei fuochi artificiali, il festeggiamento
notturno del generale Gordon. Il cielo si riempı̀ delle cascate di
scintille azzurre, verdi e rosse dei razzi segnaletici, e gli spettatori
espressero con lunghe esclamazioni tutto il loro stupore.
Le due gemelle erano già state condotte nella loro camera tra
vane proteste quando gli invitati furono chiamati a tavola da
uno dei valletti arabi in livrea, che batté su un tamburello. L’appetito non mancava: se non erano ancora ridotti alla fame, ci erano
vicini. Le porzioni risultarono minuscole, ognuna quasi un boccone, ma Herr Schiffer, il console austriaco, dichiarò che la zuppa
era proprio eccellente, il pâté di cuori di palma nutriente e il pellicano arrosto « veramente straordinario ». Rebecca si convinse che
lo diceva per farle un complimento.
Mentre la cena si avviava alla conclusione, Ryder Courteney fece un altro gesto che confermò la sua condizione di eroe della serata. Batté le mani e Bashid, il suo nostromo, uscı̀ in terrazza sorridendo con stampato un ghigno simile a quello di una gargolla, e
un vassoio d’argento in mano dove troneggiavano una bottiglia di
cognac Hine di qualità superiore e una scatola di cedro di sigari
cubani. Per merito dei bicchieri pieni fino all’orlo e dei sigari fumati fino a farne brillare la punta, lo stato d’animo dei signori
presenti divenne più espansivo, e anche la conversazione divagò,
almeno finché non si unı̀ ai discorsi il signor Le Blanc.
« Mi meraviglia che Gordon il Cinese abbia rifiutato l’invito a
un cosı̀ grazioso intrattenimento. » E intanto ridacchiava, in una
maniera puerile e irritante. « Certamente, non è possibile salvare
la potenza dell’impero britannico ventiquattro ore al giorno. Perfino Ercole fu costretto a riposarsi dopo le sue fatiche. » Le Blanc
era il capo della delegazione del Belgio inviata da re Leopoldo per
avviare relazioni diplomatiche con il Mahdi, ma fino a quel momento i suoi sforzi non erano stati coronati da successo, e anche
lui era finito prigioniero in quella città insieme con tutti gli altri.
Gli inglesi presenti lo guardarono con un certo compatimento;
tuttavia dato che era uno straniero e non sapeva come regolarsi
fu scusato per la sua frase malaccorta.
21
« Il generale ha rifiutato di presenziare a un banchetto mentre la
popolazione è ridotta alla fame », s’inalberò Rebecca, in difesa di
Gordon. « Credo sia stato un gesto veramente nobile da parte
sua. » E poi, per troncare il discorso, affermò modestamente:
« Anche se l’umile intrattenimento che vi offro non è certo un banchetto grandioso; né ne ha la pretesa ».
Seguendo il suo esempio, David iniziò a recitare un panegirico
dell’inflessibile carattere del generale e delle sue meravigliose imprese. A Ryder Courteney, invece, bruciava ancora l’ultima dimostrazione del carattere irremovibile di Gordon, e pertanto non si
unı̀ al coro di lodi.
« Esercita un potere quasi messianico sui suoi uomini », diceva
tutto infervorato David. « Lo seguiranno ovunque, e se non lo faranno li trascinerà con sé per il codino, come fece con l’Esercito
Sempre Vittorioso in Cina... o li prenderà a calci finché il loro didietro non diventerà viola, come fa con la marmaglia egiziana con
la quale è costretto al presente a difendere la città. »
« Che linguaggio, papà », lo redarguı̀ Rebecca, che ci teneva alla
forma.
« Mi dispiace, cara, ma è la verità. È un uomo che non conosce
la paura. Da solo, montato su un cammello e in alta uniforme, entrò a cavallo nel campo dei ribelli di quel furfante criminale di Suleiman, e poi riuscı̀ ad arringarli. Invece di eliminarlo subito Suleiman preferı̀ abbandonare la rivolta e tornarsene in patria. »
« Fece lo stesso con gli Zulu in Sudafrica. Quando passò da solo
in mezzo ai loro bellicosi reggimenti, gli impi, e posò su di loro i
suoi occhi straordinari, essi lo venerarono come un dio. Al che egli
fece fustigare i loro comandanti, gli induna, per empietà. »
E un altro disse: « Re e potenti di molte nazioni hanno fatto a
gara per assicurarsi i suoi servigi: l’imperatore della Cina, re Leopoldo del Belgio, il khedivè d’Egitto e il primo ministro della colonia del Capo ».
« È un uomo di Dio prima di essere un guerriero. Disprezza lo
strepito degli uomini e prima di prendere una decisione risolutiva
egli chiede in preghiera solitaria che cosa voglia da lui Dio. »
Mi chiedo se il suo Dio voleva che sequestrasse la mia dhurra, pensò amaramente Ryder, ma invece di dar voce al suo stato d’animo impresse un’enfatica svolta al discorso. « Non vi pare degno di nota
che, per tanti aspetti, l’uomo che gli sta di fronte sull’altra sponda
del Nilo abbia in comune molte caratteristiche con il nostro eroico
22
generale? » Un silenzio di tomba tenne dietro all’osservazione affatto
indegna di un uomo del calibro di Ryder Courteney.
Perfino Rebecca fu inorridita all’idea che si potesse paragonare
il santo con il mostro, ma intanto osservò che gli altri avevano prestato attenzione alle parole di Ryder: anche se era il più giovane al
tavolo, gli invitati lo guardavano con deferenza perché la sua fortuna e la sua reputazione erano eccezionali. Aveva raggiunto le
Montagne della Luna e navigato su tutti i grandi laghi dell’interno
dell’Africa; era amico e confidente di Giovanni, il Negus d’Abissinia; e il Mutesa di Buganda e il Kamrasi di Buyoro intrattenevano
relazioni con lui e gli avevano concesso privilegi di commercio
esclusivi nei loro regni.
Il suo arabo era fluente al punto che poteva discutere sul Corano con i mullah di una moschea. Parlava una dozzina di altre lingue più primitive, ed era in grado di mercanteggiare con i Dinka
che vivono sempre nudi e gli Shilluk. Aveva cacciato e catturato
ogni specie conosciuta di animale selvaggio e di uccello dell’Equatoria, e li aveva venduti ai serragli di re e imperatori e ai giardini
zoologici di tutta Europa.
« Mi sembra un’opinione stravagante, Ryder », aveva osato dichiarare David, non senza cautela. « La prima cosa che mi viene
in mente è che il Mahdi, in tutta la sua follia, e il generale Charles
Gordon si trovano l’uno agli antipodi dell’altro. Ma forse potreste
essere voi a mettere in rilievo alcune delle caratteristiche che li avvicinerebbero. »
« Primo, David, sono entrambi degli asceti che praticano la negazione di sé e che si astengono da ogni piacere mondano », rispose
senza difficoltà Ryder. « Ed entrambi sono uomini di Dio. »
« Ma non è lo stesso Dio », obiettò David.
« Sissignore! L’unico e medesimo Dio: il Dio degli ebrei, dei
musulmani e dei cristiani è lo stesso Dio. Solo che lo venerano
in modi differenti. »
David sorrise. « Forse ne potremo discutere in un altro momento. Per ora, diteci, che cos’altro hanno in comune?
« Essi credono entrambi che sia Dio a parlare direttamente con
loro e, di conseguenza, si ritengono infallibili. Una volta che hanno
preso una decisione, essi rimangono incrollabili e sordi a qualsiasi
obiezione. Inoltre, come molti grandi uomini e donne bellissime,
sono traditi entrambi dalla loro fede nel culto della personalità.
Credono che ogni loro azione sarà coronata da successo per l’az-
23
zurro dei loro occhi, o per la fessura tra i loro denti davanti e per
la loro eloquenza », disse Ryder.
« Sappiamo chi ha occhi azzurri e irresistibili », sogghignò sotto
i baffi David, « ma a chi appartiene il sorriso con una fessura in
mezzo ai denti? »
« A Mohamed Ahmed, il Mahdi, Colui che è Guidato da Dio.
La fessura a forma di cuneo si chiama falya, e i suoi Ansar la considerano segno della divinità. »
« Parlate come se lo conosceste », disse Le Blanc. « Lo avete incontrato? »
« Sı̀ », confermò Ryder, mentre tutti lo guardavano come se
avesse ammesso di cenare con Satana in persona.
Rebecca fu la prima a riprendersi dalla sorpresa. « Allora raccontateci, signor Courteney, dove e quando? Com’è davvero, a vedersi? »
« L’ho conosciuto per la prima volta quando viveva in un buco
sulla riva dell’isola di Abbas, a monte del Nilo Azzurro, a quaranta
miglia da dove ora siamo seduti. Spesso quando i miei viaggi mi
facevano passare davanti a quell’isola scendevo a riva per sedermi
insieme a lui e parlare di Dio e delle cose degli uomini. Non potrei
pretendere che fossimo amici, né che l’avrei mai desiderato. Ma
c’era qualcosa in quell’uomo che mi affascinava. Intuivo che era
diverso dagli altri, e quando riprendevo il viaggio ero sempre impressionato dalla sua devozione religiosa, dalla sua forza tranquilla
e dal sorriso imperturbabile che mostrava. È un vero patriota, come il generale Gordon... un altro tratto che hanno in comune. »
« Lasciamo stare il generale Gordon. Conosciamo tutti le sue
virtù », si inserı̀ Rebecca. « Parlateci piuttosto di questo terribile
Mahdi. Come fate a dire che ha in sé anche solo un granello della
stessa nobiltà? »
« Sappiamo tutti che la dominazione del Sudan da parte del khedivè d’Egitto è stata iniqua e brutale. Dietro la magnifica facciata del
dominio imperiale hanno prosperato una crudeltà e una corruzione
indicibili. La popolazione indigena è stata sottoposta al comportamento rapace e inumano dei pascià, e a un esercito di occupazione
forte di quarantamila uomini, che veniva usato per raccogliere le tasse esorbitanti imposte dai pascià. Solo la metà finiva al khedivè al
Cairo, e il resto invece negli scrigni privati degli stessi pascià. La terra era governata con la baionetta e il curbascio, la crudele frusta di
pelle di ippopotamo, e dei pascià effeminati sedevano qui a Khartum e si deliziavano a progettare le torture e le esecuzioni più selvag-
24
ge. Villaggi interi erano rasi al suolo e i loro abitanti venivano massacrati. Arabi e negri insieme si facevano piccoli per il terrore all’ombra dell’odiato ’turco’, ma nessuno osava protestare.
« E mentre gli egiziani dicevano di aspirare a rendere più civili
questi popoli, promuovevano e incoraggiavano il commercio degli
schiavi, perché questo era il modo con cui si pagavano le tasse. Ho
visto questi orrori con i miei stessi occhi, e allora mi stupivo della
sopportazione dei sudanesi. Discutevo di tutto questo con l’eremita nel suo tugurio sulla riva del fiume. Eravamo tutti e due uomini
in giovane età, anche se io ero più giovane di lui di qualche anno.
Cercavamo nelle nostre conversazioni di scoprire come mai questa
situazione non cambiava, perché l’arabo è uomo orgoglioso e non
gli erano mancate le provocazioni. La conclusione era che non c’erano i due elementi essenziali di una rivoluzione, e il primo era la
conoscenza di condizioni migliori. Il generale Charles Gordon, come governatore del Sudan, l’ha fornito. L’altro elemento mancante
era un catalizzatore che portasse gli oppressi a unirsi, e a suo tempo Mohamed Ahmed l’ha fornito. Ecco dunque la nascita della
nuova nazione mahdista. »
Restarono tutti in silenzio, finché non fu ancora Rebecca a intervenire, e la sua fu una domanda da donna. Le sfaccettature politiche, religiose e militari della storia del Mahdi le interessavano ben
poco. « Ma com’è veramente quest’uomo, signor Courteney? Qual
è il suo aspetto, e com’è il suo comportamento? Che voce ha? E dateci qualche altra informazione su quella strana fessura tra i denti. »
« Ha lo stesso immenso carisma di Charles Gordon, un altro
elemento che hanno in comune. È di media statura e piuttosto
snello. Ha sempre indossato tuniche di un bianco immacolato, anche quando viveva nel tugurio scavato nel terreno. Sulla sua guancia destra c’è una voglia che ha la forma di un uccello o di un angelo, e i suoi discepoli e i fedeli la considerano come l’impronta del
divino. La fessura tra i denti attira l’attenzione quando parla. È un
oratore travolgente, con una voce morbida e sibilante, ma quando
si incollerisce, allora parla con la voce tonante dei profeti biblici
pur continuando a sorridere anche al colmo dell’ira. » Ryder aveva
estratto dal taschino l’orologio d’oro. « Manca solo un’ora a mezzanotte; vi ho fatto attardare. Dovreste tutti andare a riposare; e
riposare bene, perché come vi è stato detto è mio dovere, assegnatomi dal generale Gordon, di assicurarmi che nessuno di voi che
siete qui stanotte sia mai costretto ad ascoltare la voce di Mohamed Ahmed. Vi prego di ricordare che dovete trovarvi a bordo
25
del mio vapore al molo della Città Vecchia prima della mezzanotte
di domani. È mia intenzione di salpare quando sarà ancora troppo
buio perché gli artiglieri dervisci possano individuarci chiaramente. Riducete al minimo il vostro bagaglio. Con un po’ di fortuna,
potremo battercela prima che riescano a sparare un solo colpo. »
David sorrise. « Ci vorrà proprio una gran bella fortuna, signor
Courteney, visto che la città formicola di spie dei dervisci. Il Mahdi conosce con precisione ogni nostra mossa quasi prima che la conosciamo noi. »
« Forse stavolta riusciremo a giocarlo. » Ryder si alzò a metà
dalla sedia per fare un inchino a Rebecca. « Vi prego di scusarmi
se ho abusato della vostra ospitalità, signorina Benbrook. »
« Ma è ancora troppo presto perché ci lasciate. Nessuno di noi
ha intenzione di andare a dormire. Sedetevi ancora, signor Courteney, vi prego. Non ci potete abbandonare cosı̀, senza dirci più
nulla. Adesso che ci avete cosı̀ affascinati dovete finire la storia. »
Ryder fece un gesto rassegnato e si sprofondò di nuovo nella
poltrona. « Come posso resistere a un vostro ordine? Ma temo
che conosciate già tutti il resto della storia, perché è già stata raccontata spesso e io non voglio annoiarvi. »
Mormorii di protesta corsero lungo tutta la tavola. « Suvvia, signore. La signorina Benbrook ha ragione. Dobbiamo ascoltare fino in fondo la vostra versione, poiché a quanto pare è molto diversa da quelle che ci è capitato di sentire finora. »
Ryder Courteney fece un cenno d’assenso e continuò: « Presso i
popoli illetterati e incolti l’ignoranza è essa stessa fonte di una
grande energia perché è proprio l’ignoranza a costituire un irresistibile incentivo al fanatismo. Qui in Sudan ci sono stati tre giganteschi passi sulla via della ribellione. Il primo fu la miseria di tutte
le popolazioni indigene del paese. Il secondo avvenne quando,
guardando intorno a sé, esse riconobbero che la fonte di tutti i loro mali era l’odiato turco, i favoriti del khedivè al Cairo. Vi era
dunque bisogno di un solo altro passo prima che la potente onda
del fanatismo si frangesse sul paese, e quello fu il momento in cui
spuntò dal nulla l’uomo che sarebbe diventato il Mahdi... »
« Ma certo! » lo interruppe David. « Il seme era già stato gettato
da tempo. La credenza shukri che un giorno, nel tempo della vergogna e della discordia, sarebbe stato inviato da Allah un secondo
grande profeta che avrebbe riportato i fedeli a Dio e avrebbe difeso l’Islam. »
26
Rebecca lanciò a suo padre un’occhiata severa. « È la storia del
signor Courteney, padre. Lasciatelo raccontare. »
I presenti sorrisero di fronte a quell’intervento cosı̀ vivace, e
David assunse un’espressione colpevole. « Non volevo rubarvi il
racconto. Continuate pure, signore. »
« Invece avete ragione, David. Sono cent’anni che il popolo del
Sudan spera sempre nella comparsa di qualche asceta che emerga
dall’oscurità. Quando si diffuse la fama di quest’uomo i pellegrini
cominciarono a venire a frotte all’isola di Abbas. Recavano doni di
valore, che Mohamed Ahmed distribuiva ai poveri. Ascoltavano le
sue prediche, e quando se ne andavano per tornare alle loro case
portavano con sé gli scritti di quel sant’uomo. La sua fama raggiunse ogni angolo del Sudan finché giunse all’orecchio di un individuo che aspettava bramosamente da tutta una vita la venuta
del secondo profeta. Abdullahi, il figlio di un umile prete, il più
giovane di quattro fratelli, intraprese un viaggio pieno di febbrili
aspettative fino all’isola di Abbas, dove infine arrivò su un asino
scorticato dalla sella e riconobbe nel giovane e devoto eremita il
vero messaggero di Dio. »
David non riuscı̀ più a trattenersi. « Oppure riconobbe lo strumento che l’avrebbe portato a un potere e a una ricchezza impensabili. »
« Forse cosı̀ è più corretto », gli fece eco Ryder, ridendo. « Come che sia, i due uomini costituirono una saldissima alleanza. Ben
presto giunse alle orecchie di Rauf Pascià, il governatore egiziano
di Khartum, la notizia che questo pazzo prete predicava l’odio
contro il khedivè del Cairo. Mandò un messo all’isola di Abbas
perché Mohamed Ahmed venisse qui in città a giustificarsi. Il prete ascoltò il messo, poi si alzò in piedi e proclamò con le parole di
un vero profeta: ’Per grazia di Dio e del suo Profeta, io sono il padrone di questa terra. In nome di Dio dichiaro la jihad, la guerra
santa, contro i turchi’.
« Il messo fuggı̀ dal suo padrone e Abdullahi raccolse attorno a
sé una piccola banda di miserabili, che poi armò con pietre e bastoni. Rauf Pascià inviò due compagnie dei suoi migliori soldati a
risalire il Nilo su un vapore e a catturare quel prete cosı̀ turbolento. Credeva nel metodo di incentivare chi conduce la guerra. Aveva infatti due capitani e promise la promozione e una lauta ricompensa a chi dei due avesse arrestato il Mahdi. Di notte il capitano
del battello sbarcò i soldati sull’isola e le due compagnie, ora in
competizione l’una con l’altra, marciarono per strade diverse allo
27
scopo di circondare il villaggio ove si diceva che il prete avesse trovato rifugio. Nella confusione di quella notte illune le due compagnie si lanciarono furiosamente l’una contro l’altra, poi si ritirarono verso il punto di approdo. Il capitano del battello, spaventato,
si rifiutò di imbarcarli a meno che non si recassero a nuoto fino
alla sua nave. Furono in pochi ad accettare l’offerta, perché i
più non sapevano nuotare e quelli che erano in grado di farlo avevano paura dei coccodrilli. Cosı̀ finı̀ che il capitano li abbandonò
al loro destino e fece ritorno a Khartum. Mohamed Ahmed e Abdullahi, con il loro esercito di miserabili, piombarono sugli egiziani
demoralizzati e li massacrarono.
« La notizia di questa straordinaria vittoria si propagò in tutto il
paese: degli uomini armati di bastoni avevano messo in rotta l’odiato turco. Di certo la loro guida doveva essere il Mahdi, l’Atteso.
Sapendo che truppe egiziane ancora più numerose sarebbero state
mandate a ucciderlo, l’uomo che si era autoproclamato Mahdi cominciò una hegira, una fuga simile all’esodo dell’Unico Vero Profeta dalla Mecca a Medina, un migliaio di anni prima. Tuttavia,
prima che cominciasse la ritirata, egli nominò il fedele Abdullahi
suo khalifa, califfo, suo luogotenente di fronte a Dio. Si trattava di
una nomina in accordo con i precedenti e la profezia, e ben presto
la ritirata divenne un’avanzata trionfale. Il Mahdi veniva preceduto da racconti di miracoli e di segni premonitori. Una notte
un’ombra nera nascose la mezzaluna, il simbolo dell’Egitto e della
Turchia, e ogni uomo in Sudan poté vedere chiaramente questo
messaggio da parte di Dio alto nel cielo di mezzanotte. Quando
il Mahdi raggiunse una roccaforte in montagna molto a sud di
Khartum, a cui secondo la profezia egli cambiò il nome in Jebel
Masa, giudicò di essere finalmente al sicuro da Rauf Pascià. Tuttavia era ancora alla portata di Fashoda: Rashid Bey, il governatore
della città, era più coraggioso e intraprendente della maggior parte
dei governatori egiziani. Egli marciò dunque su Jebel Masa con
millequattrocento uomini armati alla pesante. Ma poiché disprezzava questa moltitudine di contadini non prese troppe precauzioni, e cosı̀ l’intrepido califfo Abdullahi gli tese un’imboscata nella
quale Rashid Bey si cacciò dritto filato: né lui né nessun altro
dei suoi uomini sopravvissero a quella giornata. L’Ansar, un esercito male armato e miserabile, li massacrò fino all’ultimo uomo. »
Il sigaro di Ryder si era spento. Lui si alzò, prese un ramoscello
che bruciava dal braciere dei rami di eucalipto, lo riaccese, e solo
dopo che si fu rimesso a tirare allegramente tornò a sedersi.
28
« Adesso che Abdullahi si era impadronito di fucili e di un cospicuo arsenale militare, per non parlare del tesoro di Fashoda in cui
era depositato quasi mezzo milione di sterline, era diventato una
potenza formidabile. Il khedivè del Cairo diede ordine che fosse
radunato un nuovo esercito qui a Khartum e ne affidò il comando
a un ufficiale inglese in pensione, il generale Hicks. Era uno degli
eserciti più abissalmente inetti che mai siano comparsi sul campo,
e l’autorità di Hicks era indebolita e i suoi ordini revocati dall’incompetente Rauf Pascià, il quale era già il responsabile di due disastri militari. »
Ryder fece una pausa e mentre si versava il fondo della bottiglia
di Hine scosse tristemente la testa. « Adesso son trascorsi quasi
due anni dal giorno in cui il generale Hicks uscı̀ dalla città con settemila uomini di fanteria e cinquecento soldati di cavalleria. Era
sostenuto da artiglieria someggiata, cannoni Krupp e mitragliatrici
Nordenfelt. I suoi uomini erano per lo più musulmani e avevano
sentito parlare della leggenda del Mahdi, cosı̀ cominciarono a disertare quando non avevano ancora coperto cinque miglia. Hicks
mise in catene cinquanta uomini della batteria dei Krupp per costringerli a mostrare più coraggio, ma anch’essi disertarono portando con sé le loro manette. » Ryder aveva gettato indietro il capo
e rideva, e sebbene il racconto fosse stato per certi versi terrificante, la risata risultò cosı̀ contagiosa che anche Rebecca si trovò a ridere con lui.
« Quello che Hicks non sapeva, e a cui non credette nemmeno
quando il tenente Penrod Ballantyne – l’ufficiale addetto alle informazioni – lo ebbe messo sull’avviso, era che adesso sotto la bandiera verde del Mahdi si accalcavano quarantamila uomini. Uno
degli emiri che avevano portato la loro tribù a unirsi allo schieramento di Abdullahi altri non era che Osman Atalan dei Beja. »
Alla menzione di quel nome gli uomini intorno al tavolo diedero
qualche segno di agitazione: era un uomo di grande influenza, dato
che i Beja erano i più fieri e i più temuti di tutti i combattenti arabi
e Osman Atalan il più terribile dei loro comandanti.
« Il 3 di novembre del 1883 la forza raccogliticcia di Hicks si
buttò a testa bassa contro l’esercito del Mahdi, e fu fatta a pezzi
dalle cariche dell’Ansar. Hicks stesso fu ferito a morte mentre si
poneva a capo dell’ultimo quadrato delle sue truppe: quando lui
cadde il quadrato si ruppe e l’Ansar sciamò sopra l’esercito. Penrod Ballantyne, che aveva avvertito Hicks del pericolo, vide il generale svuotare interamente il suo revolver contro la carica degli
29
arabi prima che la testa gli venisse mozzata da un veloce roteare di
spadone. Il diretto superiore di Ballantyne, il maggiore Adams, era
a terra colpito alle gambe, e gli arabi stavano massacrando e mutilando i feriti. In quel frangente Ballantyne balzò a cavallo e riuscı̀
a issare il maggiore Adams dietro la sella; poi si aprı̀ la strada tra
gli assalitori e, liberatosi dall’accerchiamento, fu in grado di raggiungere la retroguardia egiziana, in quel momento in fuga verso
Khartum. Era il solo ufficiale europeo sopravvissuto, e dunque
prese il comando. Chiamò a raccolta gli uomini e li guidò nelle scaramucce della ritirata fino al loro arrivo in città. Ballantyne riportò
indietro duecento uomini, compreso il maggiore Adams ferito;
duecento uomini, dei settemila e cinquecento che erano partiti
col generale Hicks. La condotta del tenente Ballantyne fu il solo
raggio di luce in una giornata altrimenti buia, che vide il Mahdi
e il suo khalifa diventare padroni di tutto il Sudan: calarono con
i loro vittoriosi quarantamila uomini su questa città portando
con sé i cannoni catturati che ci hanno tormentato fino a oggi.
E cosı̀ la popolazione langue e muore di fame, o perisce di peste
e colera mentre aspetta il destino che il Mahdi ha in serbo per
Khartum. »
C’erano delle lacrime negli occhi di Rebecca quando Ryder smise
di parlare. « Sembra davvero un giovane valoroso, questo Penrod
Ballantyne. Non l’avete mai incontrato, signor Courteney? »
« Chi? Ballantyne? » Ryder sembrò sorpreso per questo brusco
cambio d’argomento proprio al culmine del suo racconto. « Sı̀, ero
qui quando tornò dal campo di battaglia. »
« Diteci, per favore, qualcosa di più su di lui. »
Ryder diede una scrollata di spalle. « Quasi tutte le signore con
le quali ho parlato mi assicurano che lo trovano uno splendido cavaliere. Sono innamorate specialmente dei suoi baffi, che si dicono
formidabili. E forse il capitano Ballantyne sarebbe anche troppo
disponibile a trovarsi d’accordo con l’opinione generale che le
donne hanno su di lui. »
« Ma non ne avete parlato come di un tenente? »
« Nel tentativo di salvare qualche minuscolo granello di gloria
da quella terribile giornata, il comandante delle truppe inglesi al
Cairo sollevò un gran polverone sul ruolo di Ballantyne nella battaglia. Si dà appunto il caso che Ballantyne fosse un ufficiale subalterno del Decimo Ussari, che è il vecchio reggimento di Lord Wolseley. Wolseley è sempre pronto ad aiutare la carriera di un collega, cosı̀ Ballantyne fu innalzato addirittura al grado di capitano e,
30
come se questo non fosse sufficiente, gli fu conferita la Victoria
Cross. »
« Perché il capitano Ballantyne non incontra la vostra approvazione? » chiese Rebecca.
Per la prima volta David ebbe modo di scoprire nell’atteggiamento di sua figlia verso Ryder Courteney un chiaro segno di freddezza. Notò anche con stupore l’interesse invero eccessivo che ella
mostrava nei confronti di Ballantyne, il quale doveva essere per lei
un estraneo, quando improvvisamente, e non senza una leggera
sorpresa, si ricordò che il giovane Ballantyne aveva fatto visita al
consolato alcune settimane prima che l’esercito di Hicks si mettesse in marcia andando incontro alla sua completa distruzione a El
Obeid. Il ragazzo era venuto a consegnare personalmente un dispaccio da parte di Evelyn Baring, il console inglese al Cairo: un
messaggio troppo delicato per una spedizione via telegrafo, perfino in linguaggio cifrato. Sebbene allora non si fosse detto nulla al
proposito, egli aveva tuttavia immaginato che Ballantyne fosse un
ufficiale del servizio informazioni dello stato maggiore di Baring, e
che il suo appoggio all’eterogenea armata di Hicks fosse solo una
copertura.
Maledizione, sı̀! Adesso ricordo tutto, pensò David. Rebecca
era entrata nel suo studio mentre lui era impegnato con Ballantyne. Quando li aveva presentati, i due giovani si era scambiati alcune espressioni di circostanza, e poi Rebecca li aveva lasciati. Ma
poi, nell’accompagnare Ballantyne alla porta, l’aveva notata che disponeva dei fiori nella sala, e appena dopo, nel dare un’occhiata
fuori dalla finestra dello studio, aveva visto sua figlia passeggiare
con Ballantyne diretta all’ingresso del palazzo. Ballantyne gli era
sembrato assai premuroso. Ora tutto tornava. Forse non era puro
caso se Rebecca si era attardata nella sala quando Ballantyne era
uscito dal suo studio. Sorrise tra sé e sé, pensando al modo in
cui sua figlia aveva finto di non aver mai incontrato Ballantyne
quando aveva chiesto a Ryder Courteney cosa ne pensasse di quell’uomo.
Cosı̀ giovane, ma già uguale a sua madre, rifletté David. E subdola come un palazzo pieno di pascià.
Ryder Courteney doveva ancora rispondere alla provocazione
di Rebecca. « Sono certo che Ballantyne sia un autentico eroe, e
anche i peli che gli adornano il viso mi fanno una certa impressione. Tuttavia non ho mai rilevato in lui un eccesso di umiltà. Ma io
ho sempre sentimenti ambivalenti verso i soldati. Quando hanno
31
finito di far fuori i pagani, prendere d’assalto le città e impadronirsi dei regni, essi semplicemente se ne vanno, con le sciabole e le
medaglie che tintinnano. Tocca poi a degli amministratori, a dei
civili come vostro padre, tentare di mettere ordine nel caos che i
militari hanno prodotto, e agli uomini d’affari come me riportare
la prosperità tra una popolazione rovinata. No, signorina Benbrook, non ho alcuna divergenza con il capitano Ballantyne, ma
non sono cosı̀ innamorato di quel ramo dell’apparato statale al
quale egli appartiene. »
L’occhio di Rebecca restò freddo e la sua espressione severa
quando Ryder Courteney si alzò di nuovo per andarsene, questa
volta con maggiore determinazione. Rebecca non cercò più di rinviare la sua partenza.
# Wilbur Smith 2005
# Longanesi & C. 2005
Riproduzione vietata
se non per uso personale