Sulle possibili interpretazioni dei criteri che la Commissione (all

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Sulle possibili interpretazioni dei criteri che la Commissione (all
Sulle possibili interpretazioni dei criteri che la Commissione (all’unanimità od a
maggioranza) deve dare nella seduta preliminare delle Valutazioni Comparative
a professore universitario a proposito dell’ Art. 4 del DPR 117 del 2000. Qualche
riferimento al SSD SECS/S03
Lettura della norma
Art. 4 del DPR 117 del 2000
Lavori delle Commissioni giudicatrici
1. Le Commissioni giudicatrici predeterminano i criteri di massima e le procedure della valutazione
comparativa dei candidati. Tali determinazioni sono comunicate senza indugio al responsabile del
procedimento di cui al 11 dell’articolo 2, il quale ne assicura la pubblicità almeno sette giorni prima
della prosecuzione dei lavori della Commissione.
2. Per valutare le pubblicazioni scientifiche e il curriculum complessivo del candidato la
Commissione tiene in considerazione i seguenti criteri:
a) originalità e innovatività della produzione scientifica e rigore metodologico;
b) apporto individuale del candidato, analiticamente determinato nei lavori in collaborazione;
c) congruenza dell'attività del candidato con le discipline ricomprese nel settore scientificodisciplinare per il quale è bandita la procedura ovvero con tematiche interdisciplinari che le
comprendano;
d) rilevanza scientifica della collocazione editoriale delle pubblicazioni e loro diffusione all'interno
della comunità scientifica;
e) continuità temporale della produzione scientifica, anche in relazione alla evoluzione delle
conoscenze nello specifico settore scientifico-disciplinare.
3. Per i fini di cui al comma 2 la Commissione fa anche ricorso, ove possibile, a parametri
riconosciuti in ambito scientifico internazionale.
4. Costituiscono, in ogni caso, titoli da valutare specificamente nelle valutazioni comparative:
a) attività didattica svolta anche all’estero;
b) i servizi prestati negli atenei e negli enti di ricerca, italiani e stranieri;
c) l'attività di ricerca, comunque svolta, presso soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri;
d) i titoli di dottore di ricerca e la fruizione di borse di studio finalizzate ad attività di ricerca;
e) il servizio prestato nei periodi di distacco presso i soggetti di cui all’articolo 3, comma 2, del
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297;
f) l'attività in campo clinico e, con riferimento alle scienze motorie, in campo tecnico-addestrativo,
relativamente ai settori scientifico-disciplinari in cui siano richieste tali specifiche competenze;
g) l'organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca;
h) il coordinamento di iniziative in campo didattico e scientifico svolte in ambito nazionale ed
internazionale.
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Commenti alla norma
PREMESSA
Secondo qualcuno tra i due blocchi di criteri, (a)-(e), del comma 2, da un lato e (a)-(h), del comma
4, dall’altro vi sarebbe un ordinamento del primo blocco sul secondo.
Se la Commissione desse questa interpretazione significherebbe, ad esempio, che solo se vi sia una
notevole prossimità fra i candidati potenziali vincitori sulla base del primo insieme di criteri - che
sono soggetti ad interpretazioni (modificazioni) da parte della Università e da parte delle singole
Commissioni – entrerebbe in gioco una serie di ulteriori elementi dati dai secondi criteri per i quali
si può aver meno bisogno di interpretazioni, e che non sono modificabili dalle Università e dalle
Commissioni.
I “titoli che, in ogni caso, sono da valutare specificamente” nelle valutazioni, sono come tali diversi
dai criteri che attengono alla valutazione della produzione scientifica dei candidati riguardanti il
primo gruppo dei criteri ma non è detto da nessuna parte che tali “titoli” non contribuiscano, se non
in subordine, alle valutazioni complessive. L’espressione i “titoli, in ogni caso, sono da valutare
specificamente” che può ispirare a qualcuno un valore gerarchico ai due gruppi di criteri, in verità
deve essere colta come una frase del tipo: “Fino ad ora sono stati dati i criteri di valutazione della
produzione scientifica, ora vi sono dei titoli da valutare obbligatoriamente; ecco quali sono”. Si
tratta, alla fine, di andare a fondere armonicamente, e quindi, non certamente, in subordine le
valutazioni derivanti dalle interpretazioni dei primi criteri con la valutazione dei titoli dei secondi.
La dichiarazione di gerarchia dei criteri da parte di una Commissione darebbe luogo a ricorsi
fondati da parte dei soccombenti, in quanto la norma deve essere considerata al più un richiamo, un
ricordo ai commissari di non fermarsi alla sola valutazione delle pubblicazioni ma anche, a pieno
titolo, al set dei “titoli” del secondo gruppo.
Naturalmente il punto nevralgico è costituito dalla valutazione ponderata, non nel senso aritmetico,
delle varie attività documentate (scientifica, didattica, gestionale) e delle eventuali prove, orali
(associati e ricercatori) e scritte (ricercatori). Di massima la valutazione delle attività documentate
dovrebbe essere prevalente rispetto a quella delle prove orali esperite per i concorsi di associato ed
eventualmente di ordinario, visto che, come detto, dette prove orali sostanzialmente servono a
verificare l'attività scientifica e didattica svolta; all'interno delle attività documentate, pur non
ammettendo gerarchia tra blocchi di criteri, va detto che la valutazione delle pubblicazioni
scientifiche dovrebbe mantenere un certa rilevanza.
Va segnalato anche il funzionamento dei criteri, in verità in maniera molto farraginosa, in termini di
punteggi – riguardanti, però, le prove - se proposti e chiariti dalla Commissione nella seduta
preliminare, impegnandosi a dare le motivazioni specifiche dei punteggi ma atti ad assicurare “che i
provvedimenti finali e le motivazioni dei procedimenti concorsuali siano motivati con il solo
richiamo agli atti del procedimento1.
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Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 3204 del 2005 - Attribuzione del solo punteggio numerico agli elaborati svolti
nell’ambito di una valutazione comparativa – possibile solo in presenza di predeterminazione dei criteri.
L’orientamento prevalente del giudice di seconda istanza, in forza del quale l’onere della motivazione imposto all’amministrazione
dall’art. 3 della legge n. 241/1990, per quanto riguarda i giudizi sulle prove di esame, è sufficientemente adempiuto anche solo con
l’attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come formula sintetica, ma non per questo non eloquente, di
esternazione della valutazione tecnica compiuta, anche in considerazione dell’assenza di carattere provvedimentale in tale
valutazione. Peraltro, un siffatto orientamento ha subito, di recente, più di un temperamento, da parte della giurisprudenza, con la
considerazione che la questione relativa alla idoneità della motivazione va risolta non già in astratto, ma in concreto, con riguardo ad
una serie di aspetti, tra cui, soprattutto, la tipologia dei criteri di massima fissati dalla Commissione, potendosi ritenere sufficiente il
punteggio laddove i criteri siano rigidamente predeterminati e insufficiente nel caso in cui si risolvano in espressioni generiche (cfr.
Sez. VI, sent. n. 2331 del 2003; Sez. V, sent. n. 6007 del 2004). Tale orientamento è rivolto, invero, a coniugare l’esigenza di
assicurare la speditezza del lavoro delle Commissioni (la cui attività sarebbe gravemente intralciata dalla necessità di esternare
analiticamente le ragioni delle singole valutazioni in procedure, come quelle concorsuali, per lo più caratterizzate da un elevato
numero di candidati) con il diritto di questi ultimi di conoscere, almeno in via indicativa, gli errori, le inesattezze o le lacune ascritte
loro, anche tenuto conto che appare discutibile l’affermazione circa la sottrazione dei giudizi dall’ambito di applicazione dell’art. 3
della legge n. 241 del 1990, atteso che, se è vero che detti giudizi non hanno natura provvedimentale, è vero, altresì, che i
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Per inciso, è insegnamento giurisprudenziale acquisito che i giudizi individuali confluiscono e
restano assorbiti nel giudizio collegiale, né, nei concorsi universitari, come è risaputo, occorre una
valutazione analitica di tutte le pubblicazioni e titoli, in quanto il giudizio è globale sull'attività
scientifica dei singoli candidati e la valutazione investe solo i lavori ritenuti maggiormente
qualificanti. (Sentenza del TAR Lazio, Sez. III, n. 3392 del 2004) La seconda parte della sentenza
che è semplificatrice non collima con la prassi seguita nel nostro SSD che punta su una valutazione
analitica dei singoli lavori. D’altra parte, in alcuni casi, i bandi prevedono la consegna di pochissimi
lavori.
art. 4 COMMA 2 DPR 117/2000 punti da a) ad e) Secondo il Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza
n. 1656 del 2002, questi criteri di legge – cioè quelli ex art. 4, comma 2 – a differenza di quelli ex
art. 4, comma 4 possono essere modificati dalla Commissione oltre che dalle Università stesse negli
Statuti2.
a) Originalità e innovatività della produzione scientifica e rigore metodologico
E’ un criterio importante che presiede alla definizione dei parametri sulla base dei quali va
propriamente condotta la valutazione comparativa. È il criterio principe tradizionale che di per sé si
presta a valutazioni discrezionali abbastanza ampie, sì da essere quello che richiede più di ogni altro
di essere specificato e dettagliato a cura delle Commissioni. L’ “originalità e innovatività” si muove
all'interno di una fascia delimitabile, in senso negativo, in base alla natura meramente ricostruttiva,
compilativa o espositiva, casistico-pratica e, in senso positivo, in ragione della novità dei punti di
vista prescelti e delle tesi prospettate rispetto allo stato dell'arte esistente al momento della
pubblicazione, nonché della ricaduta eventuale sull'evoluzione successiva della disciplina. A sua
volta il criterio de “il rigore metodologico” implica l'dentificabilità del metodo scelto, valutabile in
base alla serietà, completezza e coerenza dell'impianto, della congruità e sufficienza
dell'argomentazione, della completezza e precisione dell'apparato delle fonti e delle citazioni.
La Commissione di un Concorso può interpretare di assorbire anche in questo punto oltre che nel
punto d) il criterio 3, nel senso che l’originalità e l’innovatività della produzione scientifica ed il
provvedimenti finali dei procedimenti concorsuali sono motivati con il solo richiamo agli atti del procedimento, sicché escludere
l’obbligo di motivazione dai giudizi valutativi equivarrebbe ad espungere la motivazione dall’intero ambito di questi procedimenti, in
contraddizione con l’esplicita menzione delle procedure concorsuali, recata dalla norma sopra citata. In conclusione, l’onere di
motivazione può ritenersi assolto solo allorché, indipendentemente dalla formula adoperata (che può risolversi anche nella semplice
attribuzione del punteggio), la stessa consenta, sia pure in via sommaria, attraverso l’integrazione con altri elementi concorrenti, di
risalire alle ragioni che hanno determinato il giudizio espresso.
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Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 1656 del 2002. Concorsi universitari - Criteri di legge - Impossibilità per la
Commissione di modificare quelli ex art. 4, co. 4 – Possibilità di modificare quelli ex art. 4, co. 2
Le commissioni giudicatrici dei concorsi a posti di professore e di ricercatore universitario, hanno la possibilità di modificare
soltanto l'elenco dei criteri di cui al comma 2, ma non anche quelli di cui al comma quattro. Ciò risponde ad un'evidente esigenza di
uniformità delle valutazioni delle commissioni giudicatrici a posti di professore e di ricercatore universitario, senza alcuna
distinzione nell'ambito di tali due categorie. Il bando del concorso per cui è causa ha correttamente indicato tutte le voci di cui al
citato comma quattro. Viceversa, la commissione giudicatrice ha sostituito le voci ivi previste alle lettere f) e g), con quelle relative a
titoli conseguiti in scuole di specializzazione o perfezionamento presso atenei italiani e stranieri, ed alla partecipazione a convegni e
seminari in qualità di relatore. Nessuna di tali due voci è tuttavia riconducibile a quelle previste alle corrispondenti lettere del citato
regolamento, riguardanti rispettivamente l'organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca ed il coordinamento di
iniziative in campo didattico e scientifico svolte in ambito nazionale ed internazionale. Questa modifica dei titoli valutabili indicati,
con valore vincolante, dal citato regolamento, si rivela illegittima, sia per violazione della tassatività dell'elenco dei titoli valutabili di
cui al citato nono comma, sia per essere stata introdotta durante il procedimento concorsuale, allorquando erano ormai noti in i nomi
dei candidati ed i relativi titoli presentati, con evidente compromissione del principio di imparzialità e della par condicio tra
quest'ultimi.
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rigore metodologico vanno appurati facendo anche ricorso, ove possibile, a parametri riconosciuti
in ambito scientifico internazionale. Alcuni colleghi vogliono far riferimento, a piene mani, agli
Indici bibliometrici della riviste in cui sono pubblicati i lavori ma si comprende - intanto non sono
riconosciuti affatto dai giudici amministrativi (vedi sentenza citata in seguito) - che gli Indici
bibliometrici non possono essere i soli parametri, come l’“ove possibile” del criterio 3 ricorda.
Infatti, gli Indici bibliometrici si caratterizzano per il funzionamento chiaramente lacunoso e
non solo nel campo della statistica economica. Un lavoro va valutato intrinsecamente a prescindere
dalla circostanza che esso sia “quotato” o meno da Indici bibliometrici. Infatti, per non discriminare
parte dei candidati (o meglio continuare a discriminare visto che vi sono casi in cui finora alcune
Commissioni non si sono attenute strettamente al criterio della “pertinenza” di cui alla lettera c) del
comma 2) rispetto a quelli che sono più sul versante metodologico ed econometrico - i cui lavori
sono più probabilmente citati dagli Indici bibliometrici - deve essere lasciata aperta la possibilità
che la Commissione stessa, sovrana, valuti, ed è competente a farlo, le pubblicazioni dei candidati
sulla base di questo criterio a) anche, se del caso, considerando la misura degli Indici
bibliometrici non quale unico parametro e da usare solo eventualmente. In altre parole, la
Commissione deve interpretare per la Statistica economica il “combinato” dei criteri lettera a) del
comma 2) e comma 3, in maniera tale da poter giudicare, se del caso, anche più positivamente un
paper apparso su un Quaderno di Dipartimento rispetto a quello pubblicato su una rivista
internazionale quotata o non quotata liberandosi dai “lacci” degli Indici bibliometrici – si tenga
conto, a tale proposito, anche del commento del comma 3 – .
Un’interpretazione da dare al criterio a) potrebbe essere quella che la Commissione non valuti i
lavori abilmente redatti a “matrioska”, (se non addirittura ripetitivi) ma solo quello tra essi più
“compiuto”.
Un’ulteriore interpretazione al criterio a), o se si vuole un ulteriore criterio in quanto non legato a
questo, potrebbe essere quello che la Commissione non debba valutare gli stessi titoli - in
particolare pubblicazioni scientifiche – presentati per superare un concorso di accesso a una fascia
superiore e con i quali è entrato nella fascia inferiore; in pratica dovrebbe valutare solo i titoli
addizionali. Considerata la maggiore dinamica temporale di questo sistema concorsuale, rispetto ai
medio-lunghi periodi di stasi del passato, ovviamente a parità di velocità d’incremento della
produzione scientifica dei candidati, questa interpretazione consentirebbe di assicurare la parità di
trattamento tra generazioni di studiosi diverse: la maggiore disponibilità di concorsi, rispetto ad ieri
è un’opportunità che va compensata con il maggiore dinamismo produttivo che andrebbe
evidenziato, in sede di passaggio al “grado” superiore, non considerando la vecchia produzione.
Altrimenti, lo studioso se più lento, ma anche più profondo ed attento, dovrebbe saltare le occasioni
di partecipazione per allinearsi ai “tempi” dei colleghi della generazione precedente. Va detto che
questa interpretazione della produzione addizionale andrebbe debitamente motivata per non
contrastare con il criterio della continuità della produzione, di cui alla lettera e) del comma 2, e che
pur bisogna valutare.
b) Apporto individuale del candidato, analiticamente determinato nei lavori in collaborazione
Questo criterio serve essenzialmente a individuare l’insieme della produzione scientifica rilevante
per la valutazione comparativa, in quanto costituita appunto da contributi attribuibili al candidato e
pertinenti al settore scientifico-disciplinare.
Tale criterio richiede che nei lavori di collaborazione l'apporto individuale deve essere non solo
identificabile, ma tale da potere essere oggetto di una autonoma valutazione in forza dei criteri
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generalmente adottati. Il principale è la suddivisione delle parti indicate nel lavoro stesso3. Talune
Commissioni interpretano anche ammissibile un’apposita dichiarazione congiunta di tutti gli autori
presso un notaio, a condizione che essa sia consegnata dal candidato, con i titoli, insieme alla
domanda di partecipazione al Concorso. Il concetto di cui si fa uso tra le interpretazioni dei criteri
nel nostro SSD secondo cui il Commissario per individuare l’apporto individuale deve basarsi sulla
riconoscibilità, sulla base della coerenza con il resto dell’attività scientifica e della specifica
competenza del candidato rispetto a quella dei coautori, si è rivelato nell’esperienza di difficile
attuazione applicativa se i lavori non sono interdisciplinari e, quindi, se tutti gli autori si
interessano dello stesso argomento. Tale interpretazione può nascondere non ponderate attribuzioni
da parte di commissari favorevoli al candidato de quo. La Commissione, invece, non potendo
applicare quella che sembra essere la principale interpretazione del criterio potrebbe attribuire in
modo paritetico la responsabilità del lavoro a tutti gli autori – si intende per lavori non
interdisciplinari - 4 o, solo per i lavori interdisciplinari, la riconoscibilità sulla base della coerenza
3
E’ costante l’orientamento per il quale: «Nei concorsi universitari, la valutazione delle pubblicazioni effettuate in collaborazione è
subordinata alla previa individuazione dello specifico ed autonomo apporto del candidato» (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentt. n.
1283 del 1998 e n. 2045 del 2000);
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Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 5732 del 2001 - Lavori collettanei – necessità di individuare l’apporto del singolo candidato
Esiste un consolidato orientamento secondo cui, nei concorsi universitari, la valutazione delle pubblicazioni effettuate in
collaborazione è subordinata alla previa individuazione dello specifico ed autonomo apporto del candidato; a tal fine non basta che la
Commissione, piuttosto che procedere ad enucleare ed individuare gli apporti dei singoli candidati, nei lavori svolti in collaborazione,
si limiti a certificare la mera possibilità di enucleare detti contributi, senza specificare in che cosa essi si concretino, con ciò rendendo
impossibile all’interprete la ricostruzione logica delle ragioni che hanno condotto alla valutazione e, dunque, di effettuare il
necessario riscontro della legittimità dell’operato, sotto il profilo del corretto uso del potere tecnico-discrezionale spettante alla
commissione giudicatrice; per i fini che interessano, non può ritenersi sufficiente ed idonea la mera indicazione, genericamente
assunta, del settore di ricerca e di attività scientifica nel cui ambito il candidato ha svolto la propria attività, non essendo ciò di per sé
giustificativo di concreti ed individuali contributi al lavoro scientifico svolto in collaborazione, in relazione alle differenti e svariate
tipologie di compartecipazione ipotizzabili ed alla valenza assunta dal contributo medesimo nel contesto della produzione scientifica.
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Consiglio di Stato, sentenza n. 4881 del 2002 - Lavori collettanei – necessità di individuare l’apporto individuale del
singolo autore candidato
Secondo un pacifico orientamento (Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. 1283 del 1998), è illegittima la mancata predeterminazione di
criteri, anche solo orientativi, riguardanti la valutazione dei titoli scientifici, giacché l’ampia discrezionalità riconosciuta dalla legge
alla Commissione giudicatrice dei concorsi universitari, se non consente di costringere i giudizi di valore sulla maturità scientifica
sulla materia scientifica dei candidati entro parametri rigidamente predeterminati, non tollera neppure l’omissione di qualsiasi
criterio, anche solo orientativo, idoneo ad indirizzare le valutazioni dei candidati in modo omogeneo e rispettoso delle regole della
trasparenza. Alla stregua di tale principio non sembra dubbio che l’art. 8 del bando imponeva alla Commissione di predeterminare in
via generale tali criteri anche con riferimento alla valutazione delle pubblicazioni collettive e ciò anche alla stregua della circolare
ministeriale, citata nel verbale n. 2 del 25 maggio 1999, secondo cui la Commissione, nel compiere la preliminare valutazione di cui
all’art. 8 del bando, ha l’obbligo di “esternare con il massimo rigore i parametri logici seguiti per valutare l’autonomia dell’apporto
del candidato, parametri che devono essere obiettivamente indicati e non ricavati esclusivamente dal giudizio del singolo
commissario, specie se per conoscenza personale”. In ogni caso, anche prescindendo dalle suesposte considerazioni, deve escludersi
che i criteri di individuazione dell’autonomia dell’apporto dei candidati siano stati specificati nei singoli giudizi in modo puntuale e
rigoroso.
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Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 1615 del 2003 - Valutazione delle pubblicazioni collettanee
Il principio “rigido” è fonte di tormenti applicativi, fra l’altro denunciati dal giudice di primo grado (che ammette la difficoltà di
enucleare i singoli apporti in concreto) per cui nei concorsi pubblici le pubblicazioni dovute a più autori possono formare oggetto di
valutazione a favore di uno solo di essi quando sia possibile enucleare l’effettivo contributo arrecato dal soggetto al lavoro, con la
conseguenza che , in caso di impossibilità di individuare con un buon margine di esattezza l’apporto dato dal concorrente al lavoro la
Commissione deve astenersi dalla valutazione (Tar Lazio, Sez. I , sent. n. 574 del 1999) va quindi temperato con la considerazione
della possibilità per la Commissione - in presenza di peculiari caratteristiche del settore disciplinare (in questo caso Merceologia),
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con il resto dell’attività scientifica. E, ancora, se ciò non fosse possibile, aggiungere
l’interpretazione che porti la Commissione a non valutare in alcun modo l’attribuzione ai singoli
Autori delle singole parti. In conclusione, la Commissione potrebbe approvare in sequenza le
seguenti interpretazioni del criterio: divisioni in parti indicate nella pubblicazione, dichiarazione
congiunta di tutti gli autori presso un notaio, parti uguali per lavori non interdisciplinari,
riconoscibilità dell’apporto per lavori interdisciplinari e, infine, non valutazione della pubblicazione
stessa. La individuazione delle parti “costituisce un obbligo” della Commissione5, ma ci devono
essere le condizioni per farlo; i candidati devono pure doverosamente, oltre che gentilmente, porre
le condizioni a che i Commissari possano fare il loro mestiere. L’attribuzione di parti da parte dei
Commissari quando non è possibile obiettivamente farlo, e ciò contribuisce alla promozione di
candidati, comporta reati amministrativi, civili e penali di una certa rilevanza, non solo su denuncia
degli interessati esclusi ma anche in riferimento all’interesse pubblico a cui sono connesse le
valutazioni comparative.
c) Congruenza dell'attività del candidato con le discipline ricomprese nel settore scientificodisciplinare per il quale è bandita la procedura ovvero con tematiche interdisciplinari che le
comprendano
Questo criterio serve essenzialmente a individuare l’insieme della produzione scientifica rilevante
per la valutazione comparativa, in quanto pertinente al settore scientifico-disciplinare.
Il giudizio è aperto a tutte le pubblicazioni ricadenti all'interno del settore scientifico disciplinare di
cui alla denominazione del bando. All'interno di questo criterio può essere ricondotto
l’orientamento consolidato di esaminare pubblicazioni scientifiche tali da dare prova di varietà e
pluralità di interessi. Questo punto è connesso con la definizione di statistica economica, usata da
quasi tutte le Commissioni del SSD, reiterando l’uso di un termine non elegante qual è l’impasto:
“Il tratto che caratterizza l’intero settore scientifico-disciplinare della Statistica Economica è
nell’impasto tra teorie economiche, metodi e modelli statistici, analisi empirica attenta alle
caratteristiche dell’informazione disponibile e al suo processo di produzione”. Questa definizione
va ribadita nei criteri da parte della Commissione. Essa non deve dunque assecondare la vera e
propria necessità di alcune sedi di far shiftare in statistica economica personale in servizio e/o con
titoli di altri SSD confinanti, in contrasto aperto con questo criterio. In altre parole, la Commissione
non dovrebbe prendere in considerazione lavori non pertinenti di Statistica metodologica ed
Econometria. La valutazione positiva di lavori non pertinenti, da parte dei Commissari, che
contribuisce alla promozione di candidati comporta reati amministrativi, civili e penali di una certa
rilevanza, non solo su denuncia degli interessati esclusi ma anche in riferimento all’interesse
pubblico a cui sono connesse le valutazioni comparative.
d) Rilevanza scientifica della collocazione editoriale delle pubblicazioni e loro diffusione
all'interno della comunità scientifica
Anch’esso è un criterio importante che presiede alla definizione dei parametri sulla base dei quali
va propriamente condotta la valutazione comparativa. Per quanto riguarda il criterio della "rilevanza
scientifica della collocazione editoriale delle pubblicazioni", richiede una valutazione e graduazione
quali la dominanza e prevalenza dei lavori scientifici di equipe nella ricerca - dopo la verifica di possibilità di enucleazione specifica
dei singoli apporti, di attribuire paritariamente ai coautori i lavori collettivi, dovendosi l’equivalenza dell’apporto dei coautori in
assenza di diversi elementi di giudizio. La volontà della commissione di voler seguire il criterio della pari attribuzione a tutti gli
autori di lavori in comune deve essere esplicitato all’atto della fissazione dei criteri.
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In casi del genere, infatti, l'enucleazione del contributo personalmente dato dal candidato alla singola pubblicazione assicura
innanzitutto il rispetto del principio della par condicio fra i concorrenti, sicché si risolve in un obbligo della Commissione, la quale,
con la fattiva partecipazione di ciascuno dei suoi componenti, deve in primo luogo verificare e, quindi, attestare che tale specifico
apporto è autonomamente apprezzabile sia nella fase dello studio e della ricerca sia nel momento di redazione della pubblicazione.
(Cfr. TAR Lazio, Sez. III, sent. n. 769 del 1996).
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delle "sedi", cioè delle collane in cui le monografie sono edite, delle direzioni o curatele delle opere
collettanee e delle riviste in cui i contributi, saggi e articoli sono pubblicati, delle case editrici. In
particolare per le riviste sarebbe possibile pensare a una loro graduazione in relazione a parametri
riconosciuti a livello internazionale, mentre a livello di pubblicazioni nazionali alla regolarità dei
numeri, l'esistenza di comitati di lettura stabili o ad hoc, la partecipazione al dibattito scientifico in
base alla ricaduta dei contributi in esse pubblicati (a tale scopo è ipotizzabile una rilevazione delle
citazioni di tali contributi ospitate in altre pubblicazioni scientifiche, da aggiornare a debite
scadenze temporali) e soprattutto l’autorevolezza dei collaboratori.
C’è chi propone, nel nostro SSD, sempre con “riferimento a parametri riconosciuti in ambito
scientifico internazionale”, per quanto riguarda le pubblicazioni di/in volumi, un’articolazione in
cinque categorie a seconda che i volumi pubblicati lo siano da parte di case editrici di: a) alto livello
internazionale; b) buon livello internazionale; c) alto livello nazionale; d) buon livello nazionale; e)
altre case editrici nazionali. Non sempre l’applicazione di questo criterio, pur apprezzabile può
essere condivisa.
Come si è già affermato, nel commento della lettera a) del comma 2, la Commissione di un
Concorso può interpretare di assorbire anche in questo punto, d), il criterio 3, nel senso che ai fini
della rilevanza scientifica della collocazione editoriale delle pubblicazioni e loro diffusione
all'interno della comunità scientifica – ci si riferisce a quelle internazionali - vanno appurate, ove
possibile, i parametri riconosciuti in ambito scientifico internazionale. Occorre ribadire che
alcuni colleghi vogliono far riferimento, a piene mani agli Indici bibliometrici delle riviste in cui
sono pubblicati i lavori ma si comprende che, non riconosciuti affatto in qualche sentenza citata nel
seguito, comunque gli Indici bibliometrici non possono essere i soli, come l’”ove possibile” del
criterio 3 ricorda. Infatti, gli Indici bibliometrici si caratterizzano per il funzionamento
chiaramente lacunoso e non solo nel campo della statistica economica. Già si è detto che un lavoro
va valutato intrinsecamente a prescindere dalla circostanza che esso sia “quotato” o meno da Indici
bibliometrici. Infatti, per non discriminare parte dei candidati rispetto a quelli che sono più sul
versante metodologico ed econometrico i cui lavori sono più probabilmente citati dagli Indici
bibliometrici deve essere lasciata aperta la possibilità che la Commissione stessa, sovrana, valuti, ed
è competente a farlo, le pubblicazioni dei candidati sulla base di questo criterio d) anche, se del
caso, considerando la misura degli Indici bibliometrici ma non beninteso quale solo parametro
e da usare eventualmente. In altre parole, si ripete la conclusione che la Commissione deve
interpretare per la statistica economica il “combinato” dei criteri lettera d) del comma 3 in maniera
tale da poter giudicare, se del caso, anche più positivamente un paper apparso su un Quaderno di
Dipartimento rispetto a quello pubblicato su una rivista internazionale quotata o non, liberandosi dai
“lacci” degli Indici bibliometrici. – si tenga conto, a tale proposito anche del commento del comma
3–.
Quanto al criterio della “diffusione” che evidentemente sconta qualcosa di già esistente ma, talvolta,
sistematicamente aggirato: cioè la preventiva pubblicazione e circolazione delle pubblicazioni
presentate al Concorso sì da permetterne almeno la conoscenza da parte di tutti gli studiosi. Se una
volta l'aggiramento era comprensibile, se non giustificabile, data la estrema rarefazione e casualità
delle cadenze concorsuali, oggi non più, per la prevista convocazione delle necessarie consultazioni
elettorali due volte all'anno, come sempre passando da un estremo all'altro sì da creare una sorta di
“concorsualità permanente”. Come si vede non basta la pubblicazione intesa in senso formale del
deposito delle copie previste alle sedi competenti, ma occorre l'effettiva diffusione, cosa questa che
ovviamente sconta un qualche margine di anticipazione rispetto alle scadenze concorsuali e di
circolazione effettiva quale deducibile dalle copie vendute, dalle recensioni effettuate (anche tramite
la rete informatica di cui sopra), dalle citazioni fattene, dalle influenze dottrinali rintracciabili.
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e) Continuità temporale della produzione scientifica, anche in relazione alla evoluzione delle
conoscenze nello specifico settore scientifico-disciplinare
Questo è un altro criterio già noto ma non sempre valorizzato debitamente, che tende
inevitabilmente a penalizzare quegli studiosi più anziani, che per essere stati o per essersi creduti
tagliati fuori dal circuito selettivo, non hanno più ripreso la loro iniziale attività scientifica o l'hanno
fatto con grandi e ripetuti vuoti temporali.
E’ essenziale che sia assicurata una produttività periodica (annuale, biennale) senza considerevoli
interruzioni e, soprattutto, in presenza di lavori recenti, allineati con le nuove conoscenze ed
acquisizioni nello specifico settore scientifico-disciplinare.
In altre parole, la continuità temporale deve essere effettiva; deve essere sincronica rispetto
all'evoluzione della disciplina, cioè con contributi aggiornati allo stato dell'arte esistente al
momento della loro stesura e della loro pubblicazione, a scanso di qualsiasi rapido riciclaggio di
manoscritti rimasti più o meno intoccati nei cassetti per lungo tempo. Quando nel bando c’è il
vincolo del numero massimo delle pubblicazioni l’applicazione di questo criterio emerge solo
esaminando l’elenco delle pubblicazioni, in quanto i candidati, ovviamente scelgono, si presume
solo le migliori pubblicazioni scientifiche che non sono, in generale, cadenzate.
art. 4 COMMA 3 DPR 117/2000.
Per i fini di cui al comma 2 la Commissione fa anche ricorso, ove possibile, a parametri
riconosciuti in ambito scientifico internazionale. Dopo l’elenco dei criteri contenuto nel comma 2
dell'art. 4, il comma 3 si è già detto che sancisce che "per i fini di cui al comma 2 si fa anche
ricorso, ove possibile, a parametri riconosciuti in ambito scientifico internazionale", con una
apertura indubbiamente di maggiore importanza per i SSD, scientifici in senso stretto, rispetto a
quelli non strettamente scientifici, ma che, comunque, può essere tenuta presente, non tanto di nuovi
criteri, quanto come specificazione operativa dei criteri già considerati.
Circa la estrema relatività di questo indice si riporta, come esempio, l’Impact Factor (IF) o il
Citation Index (CI) per il comparto informatico, che unanimemente classificheremmo strettamente
scientifico. La Commissione Degano http://tosca.dmi.unict.it/~vs/GRIN/ testando questi due indici
per le classificazioni di lavori di informatica afferma che se l'obiettivo era quello di fornire uno
strumento per la valutazione della ricerca esso deve essere indipendente da parametri quali I.F. o
C.I. che penalizzano la comunità scientifica informatica.
In generale, l’interpretazione da parte di una Commissione di concorso di questo criterio è che si
potrebbe far riferimento eventualmente all’indice di I.F. o C.I. per la rilevanza scientifica delle
pubblicazioni “valutata in base alla diffusione internazionale della rivista” a patto che venga
assicurata la comparabilità tra tutti i lavori dei candidati, cioè al fine di non pregiudicarne la parità
di trattamento dei concorrenti stessi. Il giudizio della Commissione non può essere basato su un
mero calcolo aritmetico basato sul numero di citazioni del candidato, peraltro non rilevabili a parità
di qualità dei lavori, e quindi la Commissione, in sede di fissazione delle interpretazioni dei criteri
può decidere di assorbire il contenuto del comma 3 nelle interpretazioni dei criteri di cui al comma
2 in particolare alle lettere a) e d).
Nella fattispecie del s.s.d. SECS/S03, le riviste specializzate del settore, come peraltro quelle
informatiche, non hanno un impact factor molto elevato. A tale proposito mi si consenta una
cattiveria: se si operasse con gli indici di citazione internazionale sull’attuale e pregressa
produzione di ordinari, associati e ricercatori, anche quelli ritenuti bravi dalla comunità scientifica
italiana della Statistica economica, potrebbero risultare non idonei se sottoposti a valutazione
comparativa in cui campeggi il criterio del comma 3.
Agosto 2005 - Claudio Quintano ([email protected])
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Tuttavia, proprio nel s.s.d. SECS/S03 ci sono colleghi, anche se pochi, che credono molto a questi
indici per cui il punto di partenza delle valutazioni è la rilevazione degli Indici bibliometrici del
candidato X e poi del candidato Y, ecc. ma spesso i conti non tornano essendoci un sfasamento di
graduatoria, riferito ad un certo insieme di candidati, della lista dei “quotati” e quella che verrebbe
fuori da valutazioni più generali, comprese le esigenze di sede, per cui sono proprio queste ultime,
spesso, a non creare una condivisione degli Indici bibliometrici. Poi gli indici bibliometrici non
sono pochi e, così, se si vuole concludere che un gruppo di candidati “prediletti” valutati in base ad
un certo numero di Indici con risultati non esaltanti debba raggiungere livelli di quotazione
tranquillizzanti si può far leva sul numero degli Indici. Si potrebbero fare degli esempi sui candidati
ai prossimi concorsi di I fascia.
Ma un maggiore dettaglio sulla delicata questione del SSD va dato. Gli indici più usati ai quali fa
riferimento un gruppo di colleghi sono: l’IF ed il Wien Journal Rating che forniscono indici
bibliometrici i quali fanno riferimento alla valutazione della qualità, mentre EconLit (la banca dati
bibliografica dell’American Economic Association), ed il Current Index to Statistics dell’ISI per
valutazioni di produttività. Chiaramente chi mette queste interpretazioni dei criteri su una bandiera
appartiene alla categoria che vuole “imbarcare” nel nostro settore metodologi ed econometrici.
Infatti, costoro scrivono su riviste di statistica metodologica, di economia e di economia applicata
più numerose e più “quotate” delle riviste di statistica applicata che, a loro volta ospitano, spesso,
per inciso, anch’esse lavori a contenuto econometrico. E’ stato appurato, infatti, ad esempio, che
uno statistico ed un econometrico hanno molte più probabilità che le loro pubblicazioni ottengano
un Indice bibliometrico alto. Perché non dire esemplificativamente poi che le riviste italiane
Statistica, Statistica Applicata e Statistical Methods and Applications della Società Italiana di
Statistica, ma anche le riviste internazionali Survey methodology e Journal of Official Statistics,
(ambedue redatte dalle più prestigiose Sezioni dell’ISI - Istituto Internazionale di Statistica -) non
hanno impact factor? Quindi l’IF è poco affidabile, e non è generalizzabile a tutti gli ambiti
disciplinari potendo produrre evidenti distorsioni. Infatti, in diversi ambiti di valutazione della
produzione scientifica non viene utilizzato o solo molto parzialmente. Senza contare, poi, che altri
indicatori misurano distanze e forniscono graduatorie diverse da quelle date sia dall’I.F. sia da altri
Indici bibliometrici nel confronto di medesimi studiosi. Quindi, si può affermare che sia poco utile
fare riferimento agli Indici bibliometrici se non come elemento secondario di graduazione della
qualità della produzione.
Inoltre, vanno fatte alcune precisazioni:
• L’IF è dominato dalla letteratura medica e paramedica, mentre la letteratura economica e
statistica è la meno rilevante a livello internazionale;
• La correlazione tra media dell’IF dei lavori schedati e numero degli autori è elevata,
circostanza poco favorevole per i lavori di statistica economica che nella maggior parte
vedono impegnati autori singoli; la valutazione dell’Indice andrebbe fatta, più propriamente
sulla base di un sottoinsieme di riviste.
In conclusione la Commissione a questo punto, se vuole dimostrare a tutti che è a conoscenza di
questi strumenti di misurazione, nonostante non siano stati applicati in occasione della promozione
dei singoli componenti e nonostante le riviste in cui generalmente pubblicano non vengano quotate
(!), può precisare che valuterà la diffusione ed il prestigio delle riviste stesse nell’ambito della
comunità scientifica, non contestando a priori dal punto di vista logico gli Indici bibliometrici
(bensì il loro funzionamento lacunoso non solo nel campo della statistica economica6), criterio che
– bisogna affermarlo chiaramente - non può essere l’unico criterio bensì uno soltanto, ed eventuale,
fra una pluralità.
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E’ come se si trattasse di un metro, o senza l’origine e senza la fissazione dell’unità di misura, o che cambia da un oggetto misurato
all’altro.
Agosto 2005 - Claudio Quintano ([email protected])
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Evidentemente, come si è detto, la soluzione di far assorbire l’applicazione del comma 3 dalle
lettere a) e d) del comma 2 elimina a monte ogni dubbio.
La sentenza del TAR Toscana, Sez. I, n. 1042 del 20017, è illuminante in quanto conferma la bontà
dell’interpretazione del criterio 3 fissato da una Commissione nel verbale della riunione preliminare
che recita: “eventualmente” avrebbe potuto far riferimento “anche all’indice dell’impact factor per
la rilevanza scientifica delle pubblicazioni valutata in base alla diffusione internazionale della
rivista; nella specie, poiché le riviste specializzate del settore avrebbero un impact factor non molto
elevato, la Commissione ha specificato che avrebbe valutato la diffusione e il prestigio delle riviste
stesse nell’ambito della comunità scientifica”.
Ancora più illuminante la sentenza del TAR Lombardia, Sez. di Brescia, n. 872 del 2001, che
boccia la pretesa del ricorrente – destituita di fondamento di “quantizzare la qualità scientifica dei
canditati sulla base della somma aritmetica dei fattori di impatto attribuiti alle riviste sulle quali
sono edite le pubblicazioni”. Il TAR poi precisa “Solo in via indiretta, ad integrazione, tale
parametro può concorrere ad individuare la qualità scientifica intrinseca di contenuto della specifica
pubblicazione edita nella singola rivista a cui si riferisce l’impact factor”. Infine la sentenza
chiarisce la finalità degli strumenti bibliometrici: “Il fattore d’impatto, di derivazione anglosassone,
così come la Citation Index da cui esso si ricava, dà la misura della frequenza con cui un “articolo
medio” è stato citato in un giornale in un particolare lasso di tempo. Esso attesta il prestigio della
rivista nei quali gli autori hanno pubblicato. Coerentemente la sua principale finalità è quella di
fornire un criterio per l’acquisto, la gestione e raccolta delle riviste di cui dotare la biblioteca”. Mi si
consenta di far riferimento ad un caso isolato, paradossale ma realmente accadute: I tornata del
concorso riservato agli associati, uno studioso di materie quantitative – non statistiche - diventa
idoneo nella sua disciplina con una serie di pubblicazioni in riviste di primaria importanza
internazionale, prevalentemente statunitensi. Dopo qualche anno viene diffuso pubblicamente che
tutti i lavori erano stati copiati, refusi inclusi, da pubblicazioni redatte in un Paese allora non del
tutto isolato dal mondo occidentale, almeno nel campo scientifico delle discipline quantitative. Che
affidabilità segnavano quelle riviste di rilevanza internazionale?
art. 4 COMMA 4 DPR 117/2000. Punti da a) ad h)
Costituiscono, in ogni caso, titoli da valutare specificamente nelle valutazioni comparative:
a) attività didattica svolta anche all'estero;
b) i servizi prestati negli atenei e negli enti di ricerca, italiani e stranieri;
c) l'attività di ricerca, comunque svolta, presso soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri;
d) i titoli di dottore di ricerca e la fruizione di borse di studio finalizzate ad attività di ricerca;
e) il servizio prestato nei periodi di distacco presso i soggetti di cui all'articolo 3, comma 2, del
decreto legislativo 27 luglio 1999, n.297;
f) l'attività in campo clinico e, con riferimento alle scienze motorie, in campo tecnico-addestrativo,
relativamente ai settori scientifico-disciplinari in cui siano richieste tali specifiche competenze;
g) l'organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca;
h) il coordinamento di iniziative in campo didattico e scientifico svolte in ambito nazionale ed
internazionale.
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“La successiva censura attiene all’errata valutazione dell’impact factor, cioè della diffusione della pubblicazione presso la comunità
scientifica, dovendosi, ad avviso dei ricorrenti, operare un mero calcolo matematico basato sul numero di citazioni del candidato e
sulla sua posizione nel gruppo degli autori.
Il motivo è infondato perché nei criteri generali è precisato che la commissione avrebbe potuto "eventualmente" far riferimento anche
all’indice di impact factor per la rilevanza scientifica delle pubblicazioni "valutata in base alla diffusione internazionale della rivista";
nella specie, poiché le riviste specializzate del settore avrebbero un “impact factor non molto elevato”, la commissione ha specificato
che avrebbe valutato "la diffusione e il prestigio" delle riviste stesse nell’ambito della comunità scientifica. Non essendo quello in
contestazione (impact factor) l’unico criterio, ma uno soltanto eventuale, l’operato della commissione si sottrae alle censure.
Agosto 2005 - Claudio Quintano ([email protected])
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Secondo il Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 1656 del 2002, questi criteri di legge – cioè
quelli ex art. 4, comma 4 – a differenza di quelli ex art. 4, comma 2 non possono essere modificati
dalla Commissione.
Come ci si può rendere conto da una rapida lettura di questo elenco esso sottintende l'espletamento
di attività di ricerca, di attività didattica, di attività di gestione. Si parta dall’attività di ricerca, di cui
alle lettere c), f) e g), che, evidentemente non sono tali da tradursi in pubblicazioni scientifiche, in
quanto, per fare una valutazione apposita di questo punto, le "classiche" pubblicazioni scientifiche
non possono essere considerate in tutto e per tutto assorbenti. Trattasi, dunque, di un'attività che
consiste in una partecipazione a gruppi o progetti di ricerca non individualizzabile in termini di
specifici di contributi scritti; oppure che investe in un ruolo di direzione, cura, coordinamento. A
prescindere dal fatto che tali lettere paiono essere state pensate e predisposte con particolare
riferimento al settore scientifico in senso stretto dove il lavoro collettivo costituisce spesso la
regola, la loro rilevanza nel nostro SSD non può che essere subordinata al fatto che tale attività, di
mera “partecipazione” o di “direzione”, non sia solo quella conclusa con pubblicazioni scientifiche
comunque meritevoli di considerazione in base ai criteri di cui all'elenco del comma 2.
Sempre nell'ambito dell'attività di ricerca può essere considerata la lettera d) con la menzione di
dottorati e borse di studio finalizzate alla ricerca, non senza l'ovvia avvertenza che tutto questo può
aver rilievo in un concorso di ricercatore, ma non certo in uno di professore di I o II fascia, se non
in termini strettamente burocratico-formali.
Poi v’è l'attività didattica, di cui alle lettere a) b) e) f), che riguardano rispettivamente “l'attività
didattica svolta” e, in generale, i “servizi prestati negli Atenei”, l’”organizzazione, direzione e
coordinamento di gruppi di ricerca” ed infine “il coordinamento di iniziative in campo
didattico...svolte in campo nazionale e internazionale”.
Concentrandosi sull'attività didattica “maggiore”, della lettera a) cioè quella che implica
responsabilità formale di corso, di esami, e di tesi, - come scrivono alcuni bandi, “effettuata in forza
di provvedimenti ufficiali e non già quella effettuata in sostituzione di docenti ufficiali” - è vero che
c’è da scontare la difficoltà in sé di una valutazione che vada oltre il dato meramente quantitativo,
costituito dal numero degli anni di servizio ed eventualmente dal numero degli esami e delle tesi
annuali. Infatti, il dato qualitativo di norma va oltre l’attestato del Preside, della cui signorile
compiacenza non è dato talvolta dubitare.
Fermo restando che laddove sia prevista una prova didattica, sarà inevitabilmente questa a dare la
"vera" misura delle capacità di insegnamento del candidato, in questo caso con un inevitabile
ridimensionamento del peso dell'attività didattica pregressa; tuttavia, dovrebbe essere incoraggiata
la tendenza delle sedi universitarie a far ricorso a strumenti standardizzati e oggettivi di rilevazione
del rendimento della didattica, così come valutata dagli stessi studenti (strumento che pesa
moltissimo nella riconferma nella docenza nelle Università straniere) facendo, in prospettiva, dei
risultati ottenuti con tali strumenti, i referenti principali di valutazione in sede concorsuale.
Ma il punto importante è che, qualcuno del nostro SSD nell’interpretazione da dare alla lettera a)
non riesce a percepire come l’assolvere ai propri doveri possa configurare un titolo di merito per i
concorsi anche perché nei criteri fissati dal legislatore non vi è alcun richiamo all’anzianità di
servizio.
L’interpretazione da dare alla lettera a), sulla base della valutazione del servizio dal punto di vista
quantitativo, invece, è l’importanza del carico complessivo delle attività didattiche. Qui non si pone
tanto il problema in termini di “doveri di ufficio” e/o “all’anzianità di servizio” ma per l’attività
didattica che va oltre quella obbligatoria. Che dire di un impegno derivante dall’espletamento di
Agosto 2005 - Claudio Quintano ([email protected])
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numerosi corsi in un anno per assicurare la presenza delle discipline del raggruppamento per poi
lasciarle ad altri o acquisire meriti e “titoli” per bandire posti? E poi l’impegno da sostenere nelle
sedi piccole, che spesso sono sotto organico, e in proporzione con molti studenti, è diverso da
quello delle sedi grandi fornite di organico e con pochi studenti. Questa circostanza deve senza
dubbio influire sull’interpretazione del criterio?
Circa poi l'attività di gestione di cui alla lettera b) che parla genericamente di "servizi prestati negli
atenei e negli enti di ricerca negli atenei italiani e stranieri" sì da farvi ricadere lo svolgimento di
incarichi di membro del Consiglio di Amministrazione, Direttore di Dipartimento, Preside,
Direttore di corso di laurea, Direttore di istituto, ecc; tali incarichi indubbiamente meritano una
considerazione importante nell'esperienza consolidata, visto che rivestono un ruolo determinante
nell'organizzazione di quelle autentiche imprese culturali che sono le Università italiane. La fiducia
dei colleghi, l’impegno ed il lavoro da espletare vanno sicuramente presi in considerazione in
quanto l’Università vive bene solo grazie a queste attività, se svolte bene, altro che “irrilevanza”.
Ma direi di più, a questo proposito, anche se il testo del D.P.R. non ne fa parola, ma potrebbe essere
una delle interpretazioni della Commissione al criterio della lettera b) quello dell'eventuale
valutazione del titolo di ricercatore e di associato e di professore a contratto per concorsi delle fasce
superiori rispetto a chi non è fornito. Se ne dovrebbe dedurre che, pur non avendo rilievo formale di
per sé, ma solo attraverso i compiti gestionali e didattici che in tale veste il candidato abbia svolto
ed in termini di gradimento da parte della sede.
Agosto 2005 - Claudio Quintano ([email protected])
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