La Musicoterapia al servizio della malattia genetica
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La Musicoterapia al servizio della malattia genetica
UNIVERSITE EUROPEENNE JEAN MONNET ASSOCIATION INTERNATIONALE SANS BUT LUCRATIF BRUXELLES - BELGIQUE THESE FINALE EN “Musicothérapie” “Il Carillon di Licia” La musicoterapia al servizio della malattia genetica Relatore: Prof. Gianni Mastella Specializzanda: Barbara Tarozzi Co-relatore: Dott.ssa Roberta Frison Bruxelles 7 ottobre 2011 Matr. 2823 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 INDICE DEI CONTENUTI 1. RINGRAZIAMENTI .................................................................................................... 6 2. INTRODUZIONE ........................................................................................................ 7 3. LA MUSICOTERAPIA ................................................................................................. 8 3.1 Teoria di riferimento ................................................................................................... 9 4. IO E LICIA ................................................................................................................. 10 4.1 Primi approcci con la musica. L’ISO di Licia ................................................................ 11 4.2 La malattia di Licia ....................................................................................................... 12 4.3 La diagnosi................................................................................................................... 12 4.4 Dopo qualche anno… ................................................................................................. 13 5. UNA GIORNATA TIPO DI LEONTINA .......................................................................... 16 6. PROGETTO INDIVIDUALIZZATO................................................................................. 20 9.1 Esercizi finalizzati ........................................................................................................ 20 7. LE CANZONI SULLE QUALI LAVORAVAMO ................................................................. 30 8. IL CANTO PER LICIA .................................................................................................. 41 8.1 Licia mi parla della sua malattia .................................................................................. 41 9. IL MIO SGUARDO DI OGGI ........................................................................................ 42 10. VERIFICA DEL PERCORSO .......................................................................................... 43 10.1 Il parere dei genitori.................................................................................................. 44 10.2 Il parere del medico – Prof. Gianni Mastella ............................................................ 47 10.3 Il parere della psicologa – Dott.ssa Rosanna De Sanctis........................................... 49 10.4 Il parere di Licia ......................................................................................................... 52 11. BREVE STORIA DELLA MUCOVISCIDOSI ..................................................................... 55 11.1 Cos’è la fibrosi cistica ................................................................................................ 55 11.2 Cause e trasmissione ereditaria ................................................................................ 56 11.3 Incidenza e modalità di trasmissione della malattia ................................................ 57 11.4 Gene CFTR ................................................................................................................. 58 11.5 Come si manifesta la fibrosi cistica ........................................................................... 59 11.6 La diagnosi................................................................................................................. 62 11.6.1 La diagnosi in età neonatale ............................................................................. 62 11.7 Come si cura la fibrosi cistica .................................................................................... 62 11.8 Il destino del paziente con fibrosi cistica .................................................................. 66 11.9 Le prospettive della ricerca scientifica ..................................................................... 66 11.10 Problemi psicologici, familiari, economici e sociali................................................. 67 11.11 Assistenza Sanitaria ................................................................................................ 68 12. CENNI DI FISIOLOGIA DELL’APPARATO RESPIRATORIO .............................................. 70 12.1 Le funzioni ................................................................................................................. 71 13. IL CANTO COME ATTIVITÀ PSICOFISICA NEI PAZIENTI MALATI DI FIBROSI CISTICA ..... 73 14. LA VOCE ................................................................................................................... 76 14.1 La produzione della voce: l’apparato vocale ............................................................ 76 14.1.1 Il mantice .......................................................................................................... 76 14.1.2 Il vibratore (il laringe) ....................................................................................... 80 14.1.3 Il risuonatore (faringe e cavità orale) ............................................................... 80 14.2 Le tre qualità acustiche della voce ............................................................................ 81 14.3 Registri ...................................................................................................................... 83 14.4 Circolo vizioso dello sforzo vocale ............................................................................ 83 2 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 15. CONCLUSIONI .......................................................................................................... 85 16. BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................... 87 17. SITOGRAFIA ............................................................................................................. 87 3 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 “Un angelo vero oh Licia sei tu uniti al tuo canto saremo nel blu Il soffio di vita mutato si è è nata una stella che brilla nel ciel Ed ecco che nella mente c’è un mondo d’amor saremo per sempre qui con te vicini al tuo cuor!” Ho pensato d’intitolare la tesi “Carillon” perché, senza rendermi conto fino in fondo del significato del mio gesto, un giorno ho donato a Licia (la “protagonista”di questo scritto) un piccolo oggetto musicale, in un momento particolare della sua vita. Si rendeva conto che ormai le rimaneva poco da vivere: presto sarebbe giunta là dove “non ci sarebbero più stati reparti con persone che tossiscono con dolore fino alla tomba”. La paura più grande, nell’arco della giornata, la assaliva nel momento in cui doveva coricarsi: le pareva di entrare in una bara, l’orribile cosa che l’avrebbe accolta molto presto. La musica del carillon (Momenti di gloria) le serviva da ninna nanna: era per lei, questo Carillon, la“coperta di linus”da cui non si staccava mai. Ed è per questo che sulla canzone “Momenti di gloria” ho pensato di scrivere un testo dedicato a lei. 4 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 5 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 1. RINGRAZIAMENTI Desidero ringraziare la Dott.ssa Roberta Frison, che nel mio percorso formativo effettuato presso l’Istituto Meme, mi ha fortificata e aiutata a superare le iniziali incertezze e timori. Un ringraziamento va anche al Prof. Gianni Mastella, medico curante di Licia e direttore della Fondazione Italiana per la Fibrosi Cistica dell’Ospedale di Verona, per la sua accoglienza e le preziose delucidazioni in merito alla mucoviscidosi. Grazie anche alla Dott.ssa Rosanna De Sanctis, per avermi fornito elementi psicologici utili alla gestione degli individui affetti da malattie degenerative. Infine un grazie particolare va a Leontina e Renato, i genitori di Licia, per avermi dato la possibilità di elaborare la presente tesi. Senza di loro questo lavoro non sarebbe stato possibile. 6 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 2. INTRODUZIONE Alla luce delle tecniche apprese durante il mio percorso, ho sentito una profonda necessità di “rivedere” o “riconsiderare” un caso del passato nel quale ho scoperto di avere adottato modalità operative e tecniche proprie della musicoterapia, pur non avendo ancora tutte le conoscenze teoriche. Questa esperienza ha segnato profondamente la mia vita ed ha stimolato la mia scelta verso il percorso formativo della musicoterapia che ora sto concludendo; inoltre ho avuto modo di verificare che tutte le modalità di lavoro usate, si ritrovano nel ruolo del musicoterapeuta: un ruolo, in questo caso, di accompagnatore di Licia fino alla conclusione della sua vita. La presente tesi nasce da un‟esperienza svolta all‟interno della “Sala Polivalente” del Centro Civico Comunale di Calderara di Reno, dove insegnavo canto e collaboravo, per la musica d‟insieme, con il mio insegnante di percussioni e solfeggio, il Prof. Gianpaolo Salbego, docente del Conservatorio di Bologna e di Rovigo. Era stato predisposto un centro di musica diviso in varie sezioni che attivavano corsi di: flauto, clarinetto, saxofono, fagotto, tromba e trombone, pianoforte, chitarra, percussione, batteria, violino voce e canto. La destinataria dell‟intervento, Licia, era una ragazza di 18 anni, che viveva a Calderara di Reno, affetta fin dalla nascita da una patologia rara di origine genetica chiamata “Fibrosi Cistica o Mucoviscidosi”. Le sedute erano state precedute da alcuni incontri di preparazione con i genitori di Licia coi quali viveva, la mamma ha rivestito il ruolo di care-giver principale, queste sedute sono state importanti per raccogliere informazioni circa il vissuto della ragazza, gli eventi salienti della sua esistenza, gli aneddoti più importanti e, soprattutto, i suoi gusti musicali. Tali incontri con i genitori, si sono rivelati fondamentali per la ricostruzione dell‟ISO (Identità SOnora) della paziente e per raccogliere informazioni indispensabili a ricostruire un “sentire comune”. Era stata effettuata una serie di sedute a frequenza bisettimanale, della durata di un‟ora o più con una progettualità di sette mesi, per un totale di 28 sedute. I mezzi che avevo a disposizione, oltre alla voce, erano il suono, il corpo e il silenzio, utilizzati per creare un contesto “sicuro e protetto”. Ho ritenuto opportuno inserire in un‟apposita sezione, elementi di conoscenza teorica ed approfondimenti scientifici, ritenendoli necessari per la miglior chiarezza del lavoro eseguito. 7 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 3. LA MUSICOTERAPIA La musicoterapia non è solo un incontro fra due parole (musica e terapia) ma è la fusione di due mondi ritenuti per tanto tempo troppo distanti fra di loro: se fusi in un unico insieme, sono in grado di creare emozioni e dare risposte inimmaginabili. Da un lato la musica rappresenta il tempo che regola il mondo: dove vi è un cuore che batte regolarmente, là vi è la vita che è scandita dal tempo e dalla musica. Il cuore è lo strumento-guida della grande orchestra della vita. Il nostro essere è musica e il ritmo del cuore è testimone del nostro vivere. La musica coinvolge, fa sognare, genera emozioni ed aiuta a non sentirsi mai completamente soli. Dall‟altro “terapia”, è un termine che incute spesso timore, perché si pensa ad una eventuale carenza del nostro organismo. Non si può distinguere la terapia dalla musica, sono un tutt‟uno volto all‟aiuto per la soluzione di problemi, per placare paure, o solitudini, o accompagnare le persone durante la malattia. Poiché, come diceva Cervantes, “Dove c’è musica non può esserci niente di male”. Con la forza della musica il corpo vibra ed emette emozioni, impara a parlare una lingua diversa e ad esprimersi pienamente diventando terapeuta di se stesso. Il cuore e l‟occhio attenti del musicoterapeuta devono saper cogliere le più piccole sfumature di questo nuovo linguaggio. Ed ecco allora che persone non in grado di parlare, riescono attraverso il corpo e la musica, a riconsiderare se stessi in altre forme non sperimentate. Ecco allora che escono paure nascoste, traumi dimenticati, il “rumore” si trasforma in suono alla ricerca della giusta vibrazione. Ogni essere umano è unico e meraviglioso; la musicoterapia è una tecnica-strumento che sa piantare un seme nel complesso campo della mente e del cuore umano: attraverso pochi e semplici strumenti, è in grado di far vibrare le corde delle risorse sopite, è una testimonianza di come ogni persona può essere stimolata a conoscere meglio se stessa e ad accettarne limiti e talenti. Il musicoterapeuta è un amante del movimento che cerca di stimolare le persone nella ricerca di un equilibrio perso o “schiacciato” dagli eventi della vita. Il concetto di musicoterapia, secondo Massimo Borghesi, è ampio e ha implicazioni molto vaste, si riferisce ad ambiti operativi profondamente differenziati tra loro. Ciò che tuttavia accomuna chiunque operi nel campo musicoterapico è la tensione a cercare, se già c‟è, altrimenti a favorire un‟armonia interna alla persona sintonizzandosi con essa, per consentire una qualche forma di relazione. A questo ampio spettro di competenze proprie corrisponde un repertorio di figure professionali: riabilitatori, educatori, insegnanti... sono figure professionali diverse che operano in condizioni e contesti diversi ma che si uniscono in un unico obiettivo e nell‟operatività collettiva. Chi è il musicoterapeuta? È una figura che collabora alla formulazione di un progetto terapeutico-riabilitativo all‟interno di una èquipe multidisciplinare, proviene da un rigoroso percorso formativo e mette in campo la sua professionalità in strutture sanitarie, pubbliche, private, riabilitative, assistenziali. 8 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 3.1 Teoria di riferimento Mi ha guidato, in questa elaborazione, la teoria di Rolando Benenzon, pietra miliare della musicoterapia. R. Benenzon (Buenos Aires 1939). Considerava la musicoterapia una disciplina paramedica che usa il suono, la musica ed il movimento per aprire canali di comunicazione volti ad iniziare un processo d‟ aiuto. Fondamentali restano i suoi studi sul principio dell‟ISO (termine nel quale la lettera I sta per “identità” e le lettere SO stanno per “sonoro”). ISO significa in greco “uguale”, e l‟ISO (Identità Sonora) si struttura in ogni essere umano seguendo una legge definita e uguale, però la dinamica energetica che si sviluppa è definitivamente diversa tra un essere umano e l‟altro. La storia di ogni essere umano contiene un mondo sonoro soggettivo e unico, un insieme di energie sonore che appartengono ad un individuo e lo caratterizzano distinguendolo da qualsiasi altro. L‟ISO rappresenta il vissuto sonoro e l‟immagine sonora di ogni individuo. Per aprire i canali di comunicazione fra paziente e musicoterapeuta, fondamentali per la buona riuscita della terapia, è necessario che ciascuna delle parti del processo comunicativo individui e riconosca l‟ISO dell‟altro. Solo attraverso questo riconoscimento la comunicazione diventa possibile. Il principio ISO è presente anche nei processi di comunicazione più precoci, come ad esempio quello che avviene tra mamma e bambino. L‟ISO universale “IU”, è il vero archetipo corporeo-sonoro-musicale, formato dall‟eredità ontogenetica e filogenetica. Dobbiamo supporre che durante i millenni, i fenomeni corporeo-sonoro-musicali hanno stimolato in forma ripetitiva e quotidiana l‟essere umano; questi stimoli provocarono percezioni, sensazioni che si andavano annidando dinamicamente nell‟inconscio di ogni individuo. In questo modo si andò formando l‟Identità Sonora Universale che caratterizza la razza umana e che è stata tramandata da individuo a individuo fino ai nostri giorni. Sarebbe come un deposito energetico di suono, movimento e silenzio forgiatosi nel corso dei millenni che contiene i modelli originali e primari, i veri prototipi che tutti possediamo e che, nella pratica clinica, osserviamo in quegli esseri umani che la sofferenza psicologica trascina verso la psicosi, l‟autismo, la demenza o gli stati di coma. L‟ISO Universale è quindi l‟Identità Sonora che caratterizza tutti gli esseri umani, indipendentemente dai contesti sociali, culturali e storici a cui la persona appartiene. 9 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 4. IO E LICIA Primo incontro (la conoscenza) Insegnavo canto e musica d‟insieme alla “Sala Polivalente Centro Civico Comunale” di Calderara di Reno (Fig. 1). Fig. 1 Un giorno una signora mi avvicinò per chiedere alcune informazioni riguardo al corso di canto, dicendomi che a sua figlia piaceva cantare. Poiché la ragazza era affetta da una “malattia”, non precisata inizialmente, chiedeva se il canto avrebbe potuto crearle dei problemi. “Sono stanca di vederla sempre in casa a pensare solamente alle medicine da prendere”. Da quelle parole si capì che vi era qualcosa di strano ma non ebbi il coraggio di chiedere nulla, le dissi che il canto era una risorsa sulla quale chiunque poteva fare affidamento. Quando chiesi alla madre di portarmi la ragazza per conoscerla, sentii un colpo di tosse provenire dal lato opposto, mi girai e vidi sbucare una ragazzina paonazza in volto che ci venne incontro; quella era la figlia. La cosa fu talmente buffa che mi fece sorridere. Era così timida che stava dietro l‟angolo ad ascoltare cosa dicesse la mamma nei suoi riguardi. Appena si avvicinò, la madre si giustificò dicendo: “Stavamo passeggiando, abbiamo letto la pubblicità e siamo entrate per avere informazioni”. 10 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Ricordo che la ragazza parlava tra un colpo di tosse e l‟altro, si passava con forza la lingua nelle gengive e sulle labbra, sfregandosi continuamente le mani. Invitai la ragazza a rimanere; avremmo fatto due chiacchiere, ci saremmo conosciute e le avrei dato tutte le informazioni inerenti il corso di canto. La mamma rispose che l‟avrebbe riportata più tardi, poiché a casa l‟attendeva una terapia urgente. Dopo un‟ora la vidi ritornare. 4.1 Primi approcci con la musica. L’ISO di Licia. Il nostro primo incontro fu di conoscenza; la tensione e la timidezza erano evidenti, così pensai di alleggerire la nostra prima conversazione portandola a visitare gli spazi dove avremmo lavorato. Era emozionata: la tensione portava Licia a muovere il corpo come un unico blocco senza articolazioni; ma, nel corso della nostra passeggiata e della conversazione, il suo portamento cambiò e la ragazza, dapprima raccolta in sé stessa, trovò il modo di rilassarsi sempre più. Ebbi la sensazione che si sentisse importante, come se nessuno l’avesse mai trattata in quel modo. Stabilito un rapporto di confidenza maggiore, mi fu possibile farle le solite domande, quelle che ero abituata a porre a chiunque s’iscrivesse al corso. Le seguenti risposte sono state trascritte in modo letterale. “Barbara - Hai mai frequentato una scuola di canto/musica? Licia – No, a parte cantare nel coro della chiesa. B - Perché hai deciso di cantare? L – Mi è sempre piaciuto. B - Qual’ è il genere di musica che preferisci? L – Anni sessanta, il liscio di Casadei e di Castellina Pasi. B - A qualcuno della tua famiglia piace la musica? L - A mio nonno, è lui che mi ha trasmesso l‟amore per queste canzoni, è un modo per ricordarmi di lui. B - Qual è il tuo o i tuoi cantanti preferiti? L - Cristina D‟avena, perché le sue canzoni parlano di Licia. B - Quali sono i brani che preferisci? L - Il cielo in una stanza, Il mio mondo, La gatta, Io che non vivo. B - Qual è il tuo strumento preferito? L - La voce. B - Oltre a cantare che cosa ti piacerebbe fare? L - Tante cose che non posso permettermi. B – Cosa pensi della tua voce? L – Blee che schifo! B – Ti pare bella o t’infastidisce? L – Se potessi la fucilerei! B – Puoi fare tutto quello che vuoi con la voce? L – Con sto schifo poco! B – C’è sempre o qualche volta sparisce? L – E chi lo capisce, fa così schifo! B – Ti dà fastidio che la tua voce non sia bella? L – Mia mamma mi poteva fare con una voce diversa, più bella. B - Hai mai sentito parlare di un diaframma? L - No.” 11 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Le spiegai l‟importanza del diaframma nell‟emissione della voce, le dissi che se voleva potevamo iniziare un lavoro insieme; al suo assenso decidemmo di ritrovarci la settimana seguente. 4.2 La malattia di Licia L‟intervallo settimanale servì per documentarmi sulle problematiche e sulla malattia di Licia Ero rimasta colpita da diversi elementi: tosse insistente; un rigonfiamento della parte alta del torace che risultava un po‟goffo; la respirazione “alta” o “clavicolare”; un respiro affannoso e ansimante (gonfiava il petto a pieni polmoni, ma l‟inspirazione risultava affrettata e incompleta); una voce “sporca” che si spezzava subito; disfonia; un particolare stato d‟animo e atteggiamento caratterizzati da ansia, tensione muscolare e chiusura del corpo ; le dita con i polpastrelli grossi e le unghie incurvate. Alcune affezioni polmonari come pleurite, polmonite, fibrosi cistica e tubercolosi polmonare, possono generare delle sequele che favoriscono l’insorgenza della disfonia. Tutte queste affezioni, provocano a volte un comportamento respiratorio particolare. Si può parlare di una psicologia del malato polmonare. Infatti gli individui come Licia, che attraversano dei periodi segnati da eventi di malattia, possono generare delle contrarietà o dei traumi psicologici più o meno gravi che determinano il processo della disfonia a causa della “tensione psicomotoria” che si manifesta in tale occasione a livello dell’apparato fonatorio. Pensai di contattare subito la madre per avere ulteriori informazioni sulla figlia; accolse la mia proposta chiedendomi di incontrarci col marito e fuori di casa perché Licia non era a conoscenza della sua situazione. Ci incontrammo a Calderara di Reno, in un bar, dove passammo due ore, durante le quali mi raccontarono la storia di Licia fin dall‟inizio. 4.3 La diagnosi 1 È la madre che parla: “Licia aveva sei anni al momento della diagnosi. A tre, ebbe il morbillo, con febbre alta e tosse stizzosa. Sapendo che in alcuni casi la malattia, molto comune fra i bambini, può tuttavia causare complicanze anche gravi come la broncopolmonite e la bronchiolite, portammo Licia dal pediatra per fare un controllo: il medico ci rassicurò sullo stato di salute della bambina e prescrisse una cura farmacologica. Nei due anni seguenti, però, Licia presentò episodi molto frequenti di tosse e febbre alta: abbiamo dato la colpa al morbillo, o a un “fatto nervoso”. Giorno per giorno ci siamo accorti che la tosse diventava sempre più insistente e stizzosa; la bambina soffriva spesso di diarrea e problemi digestivi. Una sera, all‟ennesimo attacco di febbre alta, la portammo ancora dal medico, il quale, questa volta, ritenne necessaria una visita specialistica da uno pneumologo. Il racconto è stato riportato in forma integrale per non alterare la spontaneità della testimonianza. 1 12 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Cominciò un lungo iter di visite, esami e radiografie, da Villa Alba dove l‟avevo partorita, fino al ricovero all‟Ospedale Maggiore. L‟attesa in quel reparto si faceva angosciante: nessun medico dava spiegazioni circa la situazione della bambina. Finalmente, o per sfortuna, una notte, mentre assistevo Licia all‟ospedale, venni chiamata dal medico il quale mi comunicò che mia figlia aveva una malattia molto grave. Erano necessari ulteriori accertamenti. Il camice bianco se ne andò senza lasciarmi il tempo di fargli domande. La notte successiva mi chiamò nuovamente, per dirmi che Licia aveva una malattia incurabile, la “Mucoviscidosi”. Rimasi senza parole, non ne avevo mai sentito parlare prima, non sapevo di che cosa si trattasse, ricordo solamente che chiesi quanto tempo avrebbe avuto da vivere. Sedici anni, rispose lui. Fu un fulmine a ciel sereno. Da quel giorno iniziò il nostro calvario.” 4.4 Dopo qualche anno…. … giornate tutte uguali: “alle 7.00, quando entro nella stanza per svegliare Licia, respiro l‟odore di umidità che ha impregnato lenzuola, muri e armadio. La prima cosa che faccio è quella di staccare il nebulizzatore che ho messo in funzione la sera prima: questo crea una nube che le permette non solo di respirare meglio, ma l‟aiuta pure a sciogliere il muco presente nei polmoni. Dopo averla svegliata non troppo bruscamente, l‟accompagno a sedere dove ho già preparato “l‟aerosol:” è un momento difficile, non sempre accetta volentieri questa operazione, ma prevale sempre la sua volontà di essere collaborativa. In quei venti minuti preparo la colazione e saluto mio marito che va a lavorare. Come tutti i giorni rimaniamo io e lei ad affrontare la malattia. Seguono quarantacinque minuti di drenaggio bronchiale: le batto il petto e la schiena per aiutarla ad espellere il muco. Dopo la prima seduta di drenaggio, già stanca, si siede per fare colazione, mezz‟ora a tavola, per far prima la devo imboccare. Si inizia con la prima medicina del mattino, dopo l‟aiuto a lavarsi, a vestirsi e l‟accompagno a scuola. Licia ha frequentato le scuole fino alla quinta elementare poi, data la sua situazione, decidemmo di tenerla a casa perché la vita di classe diveniva sempre più difficile e faticosa per lei e per noi. Non riuscivamo mai ad arrivare in tempo. Entrava sempre mezz‟ora dopo. Alle ore 10.00, momento della merenda, impiegava molto tempo, i suoi compagni avevano già finito di mangiare e lei doveva ancora iniziare. Non solo, la tosse era insistente e fastidiosa, attirava sempre l‟attenzione degli altri e, ogni volta doveva dare spiegazioni o uscire per andare in bagno a tossire e ad espettorare. Si ammalava spesso, e quando i suoi coetanei andavano a giocare, lei non poteva: sudare significava ammalarsi. Mentre Licia era a scuola, coglievo l‟occasione per fare le commissioni. Una mattina andavo a pagare le bollette, un‟altra andavo dal medico a farmi prescrivere le medicine. Ricordo che quando mi avviavo verso l‟ambulatorio, speravo non ci fosse da aspettare troppo, non solo, desideravo non incontrare nessuno. Per finire andavo in farmacia e a fare la spesa. Come tutti i giorni, per uscire, mi devo mettere la “mascherina” sulla bocca: le persone che mi incontrano per strada mi fermano per chiedermi informazioni sulla salute della bambina. La loro curiosità mi infastidisce, non riesco neppure a parlare. E‟ dura, a volte mi sembra d‟impazzire. Quando rientro a casa ammucchio la quotidiana biancheria da lavare, disinfetto accuratamente il nebulizzatore, operazione noiosa ma indispensabile. Metto nel recipiente l‟acqua distillata, aggiungo l‟acido acetico ed avvio il nebulizzatore. A giorni alterni disinfetto tutta la casa. Ricordo, come se fosse ora, che una volta mi cadde l‟acido acetico per terra, mi ero vista di morire, sono scappata in terrazza perché non riuscivo più a respirare. 13 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Mentre riordino le stanze, non posso fare a meno di pensare ad anni fa e alla vita che facevo prima di questa, quando le mie giornate erano divise fra il lavoro, che mi dava tanta soddisfazione, la casa, la famiglia e le gite; ma si tratta solamente di un pensiero fugace. A mezzogiorno inizio a pensare a che cosa fare da mangiare: l‟unica compagnia è lo sgocciolamento della pentola dell‟acqua distillata che devo usare in giornata. Per preparare il pranzo ci sono tante difficoltà: la dieta di Licia deve essere priva di grassi ma ricca di proteine, non è sempre facile. Quando frequentava la scuola, alle 12.30 uscivo per andare a prenderla. Spesso mi chiamavano per dirmi che la bambina aveva la febbre alta. Doveva fare tante cose: assumere le medicine, la fisioterapia, mangiare cinque volte al giorno, eseguire i compiti ecc. Non riuscivo a seguirla, la giornata era fatta di dodici ore, ecco perché decidemmo di tenerla a casa. Tra l‟altro, quando tornavamo da scuola, ci si metteva a tavola sapendo che prima di due ore e mezza non ci saremmo alzate. Non le piace nulla di quello che va in tavola, a parte il gelato che mangia sempre volentieri. I medici dicono che non assimila, ecco perché deve mangiare cinque volte al giorno. Se tornassi indietro non so se lo farei! Tutti i giorni mangia la pasta, l‟uovo e la bistecca. Terminiamo il pranzo con il frullato e la polverina ricostituente, che solo a sentire l‟odore mi viene da vomitare. Non ha ancora finito di pranzare che è già ora di fare la merenda. Dopo, è solita andare nella sua stanza per ascoltare della musica: è l‟unico svago che ha. Prima di cena chiamo Licia a fare i soliti venti minuti di aerosol seguiti dai quarantacinque minuti di drenaggio. Intanto che preparo da mangiare, mio marito rientra dal lavoro. C‟è solo la sera: durante il giorno lavora, un buon lavoro. Fa il muratore: per pagare le medicine della bambina deve fare ore ed ore di straordinario. Io non mi posso permettere di lavorare, altrimenti chi sta accanto a Licia? Manca poco alle ore 19.30: ci si mette a tavola sapendo che ci staremo fino alle 22.00 per dar modo a Licia di finire. Le giornate sono queste. Dopo cena portiamo sul viso i segni di una stanchezza rassegnata, manca anche la voglia di parlare. Cosa potrei del resto raccontare a mio marito se non di una giornata trascorsa nel fare sempre le stesse cose? È ora di mettere Licia a letto, il suo fisico deve riposarsi, la adagio nel letto e le rimbocco le coperte. Prima di uscire dalla stanza, dopo averle dato il bacio della buonanotte, metto in funzione il nebulizzatore che immediatamente inonda la stanza di una nebbia leggera che la fa respirare meglio. Il mio essere, si è talmente immedesimato nella situazione che per me la vita è questa, non esiste nient‟altro. Mio marito ogni sera prima di andare a dormire, brontola, vuole che mi riposi, ma come faccio? E pensare che per me dormire è sempre stato importante: quasi sempre si fanno le tre. E‟ nel silenzio della notte che faccio mille lavori, mi porto avanti per l‟indomani, la notte è la mia. Non sono capace di stare a letto, ho sempre il pensiero di lei. La paura che Licia possa stare male mi tiene sveglia, non so nemmeno dire da quando. Non mi sembra che debba morire, la mia testa dice che andrà avanti così per tutta la vita. Sono diventata apatica, tutto tace, non so come dire, sembra che debba durare in eterno, non vai giù di testa, ma ci manca poco. Alla mattina mi sveglio alle sei e trenta. L‟angoscia non mi permette di stare a letto ed ecco che mi accingo ad iniziare un nuovo giorno uguale agli altri giorni. Le medicine che deve prendere Licia nell‟arco della giornata sono: tre pastiglie al giorno di Pancrease, prima dei pasti; tre iniezioni al giorno per via intramuscolare di antibiotico, ogni volta cambiamo il dosaggio, più forte meno forte, dipende dalla situazione. Come conseguenza le è venuto il diabete, deve fare quindi anche l‟insulina, per cui deve limitarsi anche nel gelato, la cosa che mangia più volentieri. 14 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 In tutti questi anni sono diventata una fisioterapista, un‟infermiera e perché no, anche una dottoressa. Le sono venute meno le difese immunitarie e ha iniziato ad avere problemi di circolazione. Uno strazio poverina! Quando le vengono le crisi, urgentemente si deve partire per portarla all‟Ospedale di Verona dove sta ricoverata qualche giorno. Non vorrei mai andare in quel centro: è straziante entrare in quel reparto, vedere bambini e ragazzi di tutte le età, nessun paziente sopra i trent‟anni, tutti attaccati alle macchine. Sai che prima o poi tutti se ne vanno, tua figlia compresa. Il loro sguardo ti paralizza nel corpo e nella mente. I medici e le infermiere sono sempre gentili, spiegano ogni cosa a tal punto che anche noi siamo diventati degli esperti. La conseguenza è che a Licia come agli altri bambini, i bronchi, il pancreas, l‟intestino, le vie biliari e altri organi, progressivamente si occludono, si logorano fino a non funzionare più.” Dopo aver ascoltato questa storia dolorosa chiesi ad entrambi se qualcuno delle rispettive famiglie avesse la stessa malattia della loro figlia. Risposero di no. 15 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 5. UNA GIORNATA TIPO DI LEONTINA (la mamma di Licia) Dall’alba al tramonto Sono le 6.30 del mattino. Dormirei volentieri, ma l’angoscia non me lo permette, anche oggi inizia un giorno uguale agli altri giorni. Sono le 7.00. Licia, mia figlia, dorme ancora, Cerco di non svegliarla troppo bruscamente. Per prima cosa stacco il nebulizzatore che è stato attaccato tutta la notte. Non solo serve a sciogliere il muco dai polmoni, l’aiuta a respirare meglio. Anche stamane le lenzuola sono umide, tutta la camera è umida. Licia deve fare l’aerosol, è un momento difficile, non sempre accetta volentieri questa operazione ma la sua volontà la porta ad eseguire. Ogni mattina la stessa storia, ma poi da brava (o rassegnata) la fa. Intanto preparo la colazione quanto mai sostanziosa, penso al fatto che anche oggi ci aspetta, come tutti i giorni, una giornata intensa. 16 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Saluto mio marito che va al lavoro, anche oggi rimaniamo io e Licia ad affrontare l’intera giornata. Seguono i quarantacinque minuti di drenaggio bronchiale: battiture sul petto e sulla schiena per aiutarla ad espettorare e a liberare i suoi bronchi dal muco. Finito il drenaggio, Licia già stanca, fa colazione. Quaranta minuti a tavola. Terminata la colazione iniziamo con la prima medicina del mattino. Dopo di che l’aiuto a lavarsi e a vestirsi. Sono già le 8.30, la scuola è già iniziata, anche questa mattina arriva mezz’ora dopo. Dopo averla accompagnata, vado a fare tutte le commissioni, oggi passo dal medico a farmi prescrivere delle medicine, mi avvio verso l’ambulatorio, sperando di non dovere aspettare troppo e di non incontrare nessuno. Come tutti i giorni per uscire mi metto la maschera, è difficile, le persone mi danno fastidio, chi fa domande, chi telefona a casa. Fare due chiacchiere non me lo posso più permettere. Dopo essere andata in farmacia a prendere le medicine e a fare la spesa, il dovere mi chiama, corro a casa di corsa a fare i lavori e a preparare il pranzo. Come di consueto ammucchio la quotidiana biancheria da lavare. Disinfetto accuratamente il nebulizzatore e la stanza. Anche questa è un’operazione noiosa, ma indispensabile. Mentre riordino, non posso fare a meno di pensare ad anni fa, quando la mia giornata era divisa fra il lavoro, che mi dava tante soddisfazioni, la casa e la mia famiglia; ma è solo un pensiero fugace. Che cosa farò da mangiare oggi? Mentre preparo da mangiare, mi fa compagnia lo sgocciolamento nella pentola dell’acqua distillata che userò in giornata per Licia. È già mezzogiorno, ci sono tante difficoltà, perché conciliare una dieta con pochi grassi ed iperproteica, non è sempre facile. Il pranzo è pronto, alle ore 12.30 esco per andare a prendere Licia da scuola. Ci mettiamo a tavola, Licia per mangiare impiega sempre due ore e trenta, devo insistere, non solo, anche imboccarla se necessario, se fosse per lei non mangerebbe nulla perché nulla le piace. E’ pronta la pasta, l’uovo, la bistecca ed infine il frullato con dentro quella polverina puzzolente (solo a sentire l’odore mi viene da vomitare). I medici dicono che deve mangiare molto perché non assimila nulla. Ecco perché sono indispensabili cinque pasti al giorno. 17 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Passiamo alle medicine che deve prendere, ogni volta cambia il dosaggio, più forte, meno forte; preferirei morire più che dargliele. Dai tre ai sei grammi di antibiotico al giorno, dipende dalla situazione. Alle ore 15.30 dopo averla imboccata, si alza da tavola per andare in bagno, subito dopo va in camera sua ad ascoltare la musica. Intanto lavo i piatti e mi porto avanti con la cena. Alle 16.30 la chiamo per la merenda. Povera bambina, ha appena finito di pranzare! Dopo la merenda, essendo una giornata magnifica, decido che non è giusto privare Licia di una passeggiata, così le propongo di uscire. Non possiamo trattenerci a lungo e, seppure a malincuore, rientriamo a casa. Rimonto il nebulizzatore che avevo disinfettato la mattina e apparecchio la tavola per la cena. Ore 18.00, segue l’aerosol e subito dopo un’altra ora di drenaggio, dopodiché Licia torna ad ascoltare la musica in camera sua. Alle 19.30 chiamo Licia e, assieme a mio marito che è rientrato da poco, ci mettiamo a tavola. La nostra giornata volge al termine. Per aspettare che Licia finisca di mangiare ci alziamo da tavola che sono già le 22.00. E’ così tutte le sere. Sul viso portiamo i segni di una stanchezza rassegnata, non abbiamo più neanche voglia di parlare. Avrei tante cose da dire a mio marito, parlargli della giornata, ma finirei col ripetermi: sono tutte uguali. Sono le 23.00, è ora di portare Licia a dormire. Una volta sdraiata le rimbocco le coperte, le do il bacio della buonanotte e prima di uscire metto in funzione il nebulizzatore che inonda la stanza di nebbia leggera avvolgendola, domani mattina sarà tutto umido. Il mio essere si è talmente immedesimato che per me la vita è questa, non esiste nient’altro. Sono diventata una fisioterapista, un’infermiera e perché no, anche un dottore. Torno in cucina a lavare i piatti, dopodiché inizio a stirare, la casa è avvolta dal silenzio, la notte è la mia. La giornata dovrebbe essere finita, sono le 3.00, non ho sonno ma vado comunque a coricarmi. 18 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Dimmi, come fai a dormire? E pensare che per me è sempre stato importante. Nella mia mente si affollano mille pensieri: e se Licia sta male? sarà sempre così? Avremo la forza e la costanza di andare avanti? Per quanto tempo? Potrò un giorno parlare di questo periodo con Licia come di un lontano ricordo? Tutte domande a cui nessuno sa e può rispondere. La speranza è la nostra migliore alleata. È là che attingiamo la forza per continuare la nostra silenziosa lotta giornaliera. LEONTINA e RENATO 19 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 6. PROGETTO INDIVIDUALIZZATO Dopo aver parlato con la mamma, ebbi la conferma dei limiti di Licia, così, pensai di sottoporla ad un percorso musicale non faticoso, soprattutto divertente e che tenesse conto delle sue propensioni al canto e alla musica. L‟obiettivo era quello di riuscire ad ottenere una respirazione che permettesse di raggiungere una maggior forza vocale con relativo sforzo, trovando un equilibrio più o meno armonioso. Licia e il canto Gli esercizi sotto elencati venivano proposti in ogni seduta a seconda delle condizioni generali psicofisiche di Licia ed hanno costituito la base di lavoro a cui attingere. 6.1 Esercizi finalizzati 1° Esercizio di rilassamento La feci stendere sul dorso, con le gambe allungate, le braccia orizzontali, i palmi aderenti al suolo, le spalle abbassate, il collo rilassato e i reni ben appoggiati al pavimento. L‟esercizio comportava quattro movimenti successivi, ognuno dei quali durava un secondo circa ed era seguito da un intervallo della medesima lunghezza prima di passare al movimento seguente: 1. la gamba destra si sollevava in verticale, l‟altra restava tesa; 2. la gamba scendeva verso il lato sinistro avvicinandosi il più possibile alla mano sinistra ben aderente al suolo; 3. la gamba risaliva in verticale; 4. la gamba ritornava nella posizione di partenza. Stesso movimento con la gamba sinistra che scendeva in direzione della mano destra. L‟esercizio si ripeteva per due o tre volte. 20 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 2°Esercizio di rilassamento Licia si trovava nella medesima posizione richiesta dall‟esercizio precedente ma con gli arti inferiori piegati, le cosce verticali, le gambe orizzontali, le ginocchia a squadra ben unite. Le cosce verticali rappresentavano le gambe anteriori della sedia; le gambe orizzontali costituivano il sedile propriamente detto; i piedi sollevati rappresentavano lo schienale della sedia le cui gambe posteriori non erano materializzate. Lo svolgimento dell‟esercizio era il seguente: 1. le ginocchia venivano portate leggermente a destra, i talloni venivano coinvolti in questo movimento (le gambe dovevano infatti restare parallele fra loro); 2. le ginocchia venivano riportate nella posizione di partenza; 3. le ginocchia venivano riportate leggermente a sinistra; 4. le ginocchia venivano ricondotte alla posizione di partenza. Ogni movimento durava circa un secondo e, come nel precedente esercizio, era separato dal movimento seguito da un intervallo dello stesso tempo. L‟esercizio si ripeteva per due o tre volte. Ogni movimento veniva effettuato in espirazione. L‟inspirazione veniva eseguita durante l‟intervallo fra ogni movimento. La respirazione doveva essere, nel limite del possibile, addominale. 3° Fonemi Chiesi a Licia di alzarsi lentamente e di sedersi sulla sedia che avevo posizionato vicino al pianoforte; Le proposi altri esercizi di riscaldamento per sciogliere i muscoli facciali: fonemi con vocali e consonanti. 21 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Per le labbra: Per le labbra e i denti: Per le labbra e il naso: Per la punta della lingua e i denti: Per la punta della lingua e il palato: Per il dorso della lingua, palato, denti e naso: Per il dorso della lingua e il palato: Gruppi consonantici: Ba/Ba – Pa/Pa Va/Va - Fa/Fa Ma/Ma Da/Da – Ta/Ta – Za/Za – Sa/Sa – Na/Na La/La – Ra/Ra Gna/Gna Ga/Ga Bla/Bla - Bra/Bra - Cla/Cla - Cra/Cra Gra/Gra - Sbra/Sbra - Scra/Scra Sdra/Sdra - Sfa/Sfa Sda/Sda Sfra/Sfra - Sgra/Sgra Sla/Sla Sma/Sma - Sna/Sna - Spa/Spa Spla/Spla - Spra/Spra - Sta/Sta Stra/Stra - Sva/Sva - Tra/Tra - Gna/Gna Gli/Gli - Glo/Glo - Glu/Glu. Ogni volta che Licia doveva fare questi esercizi di riscaldamento si divertiva e ridendo rilassava la fascia addominale raggiungendo così, inconsapevolmente, l‟obiettivo che mi ero proposta. 4° Inspirazione – Espirazione Posizionai una mano sul ventre di Licia ed iniziai a massaggiarlo delicatamente chiedendole di respirare in quel punto. La fascia addominale, che pareva un mattone, iniziò a sciogliersi solamente dopo aver fatto alcuni cicli di inspirazione ed espirazione. Questi esercizi diventarono la base di lavoro in ogni seduta. L‟esercizio consisteva: - nell‟espirazione, svuotando tutta l‟aria dai polmoni; - nel rimanere per qualche istante a polmoni completamente vuoti (apnea); - nell‟inspirare con il naso pensando di avere una palla nell‟addome e di doverla riempire d‟aria. Per far si che interiorizzasse meglio ciò che si stava dicendo, le posizionai sul ventre, al posto della mia mano, tre libri. Licia aveva una voce completamente priva di respiro e bloccata; era evidente che per respirare non usava i muscoli addominali; vi era anche una contrattura diaframmatica, e tutto questo, insieme ai conati per espettorare il muco (drenaggio) e alle terapie alle quali era sottoposta, le causava un timbro rotto, crepitato, soffocato, sordo e velato. Parlava con un tono monocorde, non vi era nessun tipo di spostamento laringale, e nessun tipo di vibrazione. Correggere la respirazione clavicolare (insufficiente per il canto), per poi portare Licia a quella addominale–diaframmatica, fu un’impresa difficile. L’applicazione di questo nuovo atteggiamento respiratorio le sembrava innaturale e perché divenisse automatico, avrebbe dovuto metterlo in pratica più volte durante la giornata, il che significava aggiungerle altre cose da fare oltre a quelle che aveva già e temevo fosse troppo gravoso per lei. 5° Lettura in soffiato Il terzo esercizio proposto fu da me ribattezzato Lettura in soffiato. Lasciai Licia seduta sulla sedia, dopo essermi accertata che a livello muscolare (spalle, collo, gola, mandibola) fosse rilassata; 22 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 le chiesi d‟inspirare e di espirare leggendo una parola alla volta in “soffiato”, sul testo di seguito ricordato “La tramontana e il sole”, perché particolarmente indicato al tipo di esercizio. Si bisticciavano un giorno il vento di tramontana e il sole, l’uno pretendendo di’essere più forte dell’altro, quando videro un viaggiatore, che veniva innanzi, avvolto nel mantello. I due litiganti convennero allora, che sarebbe ritenuto più forte, chi fosse riuscito a far sì, che il viaggiatore togliesse il mantello di dosso. Il vento di tramontana cominciò a soffiare con violenza, ma più soffiava, più il viaggiatore si stringeva nel mantello, tanto che alla fine il povero vento dovette desistere dal suo proposito. Il sole allora si mostrò nel cielo, e poco dopo, il viaggiatore, che sentiva caldo, si tolse il mantello. E la tramontana fu costretta così, a riconoscere che il sole era più forte di lei. Il registro soffiato è difficile da farsi, ma molto importante per mettersi in contatto con la parte addominale bassa, potenziando così tutta la muscolatura diaframmatica. Per pronunciare una parola in soffiato il laringe viene schiacciato in basso ed è completamente allargato; necessita, inoltre, di un flusso d’aria notevole. Una parola emessa in soffiato per essere perfetta, deve durare almeno tre secondi, così il mantice polmonare si svuota completamente. 6° Esercizio delle candeline Per continuità proposi a Licia l‟esercizio delle candeline. In piedi, le chiesi di portare le braccia a cerchio all‟altezza del petto congiungendo la punta delle dita e ottenendo, così, una forma che richiamava una torta con le candeline da spegnere, una alla volta. L‟obiettivo era quello di far sentire il rumore del fiato emesso più volte, a seconda dell‟indicazione, potenziando così la fascia addominale. 7° Battiture sul petto E‟ stato proposto a Licia un esercizio di respirazione con le battiture sul petto, questo consisteva: - nell‟ inalare aria molto lentamente e gradatamente; nel trattenere il respiro; durante la fase di espirazione, mentre emetteva una “F”, si eseguivano dolcemente percussioni ritmiche sul torace, percorrendolo in tutta la sua estensione con la punta delle dita. 23 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Ogni volta che faceva questo esercizio, doveva correre in bagno ad espellere il muco che per reazione le saliva in bocca. Quando tornò mi disse: “E pensare che a casa devo fare un’ora di sforzi per espellere il muco, in questo esercizio è salito da solo”. 8°Suono di caduta Per far capire e sentire a Licia come si attivano le giunture labiali, il velo palatino e la mandibola proposi un suono di caduta: In piedi, alzava un braccio e poi lo abbassava all‟altezza del ventre, accompagnandolo con un giro di fiato glissato per cercare il suono personale, inteso come il suono più naturale che si poteva emettere senza sforzo. Una volta trovato questo suono, lo si emetteva sette volte inclinando il capo avanti, indietro, lateralmente a destra e lateralmente a sinistra. In questo modo Licia seppure con sforzo, era in grado di cogliere, “la pulizia del suono” rispetto a quello iniziale. 9° La bolla In piedi, chiesi a Licia di emettere il suono naturale prodotto nell‟esercizio del suono di caduta. Lo doveva immaginare come una bolla che si poteva allargare o comprimere. Mi doveva passare il suono-bolla con l‟obiettivo di non perdere il legame sonoro, mantenendo la stessa altezza musicale variandone però l‟intensità dell‟emissione (bolla grande, piccola, lunga, stretta, che rimbalza..). Lei lo trovava molto divertente… 10° AEIOU Nell‟esercizio delle vocali AEIOU, con l‟ausilio dell‟inspirazione e dell‟espirazione. Le cinque vocali venivano emesse più volte con un solo fiato: serviva a scaldare l‟apparato laringale, a posizionare bene la bocca e a masticare bene le vocali. 11° HA Un altro tipo di esercizio, sempre utile per la fascia addominale, è stato l‟HA: in piedi, chiesi a Licia di far rientrare il ventre ad ogni emissione di ha! rilassandolo subito dopo. Chiedendo di accentuare spontaneamente l’h aspirata e proiettare il suono nella sua direzione. Il ventre doveva ritrarsi e dilatarsi per la brevissima durata di ogni emissione. La forza del respiro, così ottenuta, salendo lungo la colonna d‟aria, faceva vibrare le corde vocali, permettendo così di affermare efficacemente la voce. Terminata questa serie di esercizi di riscaldamento per la mimica facciale, si proseguiva con una serie di vocalizzi. 24 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 12° Vibrazione delle labbra con il suono “UH” 14° Vibrazione delle labbra con il suono “UH” 15° Vibrazione della lingua con il suono “R” 25 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 16° Vibrazione della lingua con il suono “R” 17° Esercizio con il suono “Mm” 18° Esercizio con il suono “Mm” 26 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 19° Suono con il suono “Mm” 20° Suono con il suono “Mm” 21° Suono con il suono “Mm” 27 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 22° Esercizio di laringe alta con il suono “nay” 23° Esercizio di Laringe Alta con il suono “nay” 24° Esercizio di Laringe Bassa con i suoni “Oo, Oh, Uh, Ee, Ah”, 28 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 25°Esercizio di Laringe Bassa con i suoni “Oo, Oh, Uh, Ee, Ah”, 29 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 7. Le canzoni sulle quali lavoravamo 30 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 LICIA DOLCE LICIA Un sogno stupendo In te sta vivendo Licia, mia dolce Licia È un sole l'amore Illumina il cuore Licia, mia dolce Licia. Sorridono gli occhi all'amore L'amore che hai dentro al tuo cuore Dolce, dolce, dolce Licia. Licia dolce Licia Sogni tu l'amore Forse il sogno diverrà realtà Se si avvererà, che felicità. Licia, dolce Licia Sai che in ogni cuore Prima o poi il sole splenderà Ed il sole dà, la felicità Questo è l'amore per te. Tu sai che sognare È un po' come amare Licia, mia dolce Licia L'amore si accende Il cuore risplende Licia, mia dolce Licia. 31 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 LOVE ME LICIA Lo sguardo è tenero e splendente Il viso sorridente Tu Licia sei così. Rimangono tutti affascinati Perché gli hai conquistati Con la semplicità. Hai sempre sul viso Un dolce sorriso Che scalda ogni cuore Amore, amore, amore, amore. Licia love me, love me Licia Come un fiore dal tuo cuore Sboccia ora in te l'amore Amore nel cuore c'è in te. Licia love me, love me Licia Questo fiore dell'amore Sta sbocciando in ogni cuore Di quelli che son vicini a te. Andrea con Mirko e Giuliano Ti tengono per mano E vivono per te. È bello star sempre tutti insieme Volersi tanto bene E non lasciarsi mai Hai sempre sul viso Un dolce sorriso Che scalda ogni cuore Amore, amore, amore, amore. Licia love me…… (2 volte) 32 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 TENERAMENTE LICIA Un soffio d‟amore lo sai non si spegne mai Licia che sguardo dolce hai Così innamorata sei poi che negli occhi tuoi Sono riflessi sempre i suoi. Per Mirko batte forte il tuo cuore Tutta la sua vita sei tu Soffia dolcemente questo grande amore E vi amate sempre più. Teneramente volerà, volerà Questo amore con voi Teneramente crescerà, crescerà Questo amore con voi crescerà. Oh oh oh oh oh oh oh oh Oh oh oh Oh oh oh oh oh oh. Oh oh oh oh oh oh oh oh Oh oh oh Oh oh oh oh oh oh. Ad ogni mattino tu dai un colore sai Licia che grande cuore hai E con tenerezza lo sai ogni cosa fai Licia tu non cambiare mai. Per Mirko …… Teneramente volerà …. Oh oh oh oh oh oh oh oh Teneramente volerà, volerà Questo amore con voi Teneramente crescerà, crescerà Questo amore con voi crescerà. 33 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 BALLIAMO E CANTIAMO CON LICIA Com‟è bello stare assieme a te E scoprire che ogni istante dà Un momento di gioia e di felicità. Com‟è bello stare assieme a te Nel tuo abbraccio tanto amore c‟è Che dipinge il mio cuore di colori magici. È la magia dell‟amore sai Non ci lascia mai Ogni notte poi Si addormenta sognando assieme a noi. Rit: L‟amore sai Dipinge i cuori Dei suoi colori. L‟amore sai Disegna un fiore In ogni cuore. Com‟è bello stare assieme a te Nel tuo sguardo tanto amore c‟è Che dipinge il mio cuore di colori magici. È la magia dell‟amore sai Non ci lascia mai Ogni notte poi Si addormenta sognando assieme a noi. 34 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 KISS ME LICIA Un giorno di pioggia Andrea e Giuliano incontrano Licia per caso poi Mirko finita la pioggia incontra e si scontra con Licia e così il dolce sorriso di Licia nel loro pensiero ora c'è. Rit: Kiss me, kiss me Licia certo il loro cuore palpita d'amore, amore si per te. Kiss me, kiss me Licia sono affezionati ed innamorati e pensan sempre a te. Ma pure Satomi che è un buon amico del biondo ed atletico Mirko si è già innamorato di Licia ma pure lo sa che anche Mirko lo è ed ecco che la gelosia di già in questa storia entrerà. Ritornello Il tempo sistema un po' tutte le cose e Mirko e Satomi fan pace l'amore ha bussato alla porta di Licia e forse ora lei gli aprirà, chissà chi sarà il fortunato che Licia così sposerà. 35 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 LA GATTA C'era una volta una gatta che aveva una macchia nera sul muso e una vecchia soffitta vicino al mare con una finestra a un passo dal cielo blu. Se la chitarra suonavo la gatta faceva le fusa ed una stellina scendeva vicina, vicina poi mi sorrideva e se ne tornava su. Ora non abito più là, tutto è cambiato, non abito più là, Ho una casa bellissima, bellissima come vuoi tu. Ma, io ripenso a una gatta che aveva una macchia nera sul muso a una vecchia soffitta vicino al mare con una stellina, che ora non vedo più. ...... Ma, io ripenso a una gatta che aveva una macchia nera sul muso a una vecchia soffitta vicino al mare con una stellina, che ora non vedo più... 36 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 ATTENTI AL LUPO C'e' una casetta piccola cosi' con tante finestrelle colorate E una donnina piccola cosi' Con due occhi grandi per guardare E c'e' un omino piccolo cosi' che torna sempre tardi da lavorare E ha un cappello piccolo cosi' con dentro un sogno da realizzare E piu' ci pensa, piu' non sa aspettare Amore mio non devi stare in pena questa vita e' una catena qualche volta fa un po' male Guarda come son tranquilla io anche se attraverso il bosco con l'aiuto del buon Dio stando sempre attenta al lupo, attenti al lupo attenti al lupo... living together living together... Laggiu' c'e' un prato piccolo cosi' con un gran rumore di cicale e un profumo dolce e piccolo cosi' 37 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 IL MIO MONDO Il mio mondo è cominciato in te la mia notte arriverà con te, un sorriso ed io sorriderò un tuo gesto ed io piangerò, la mia forza me l'hai data tu ogni volta che hai creduto in me, tu mi hai dato quello che il mondo non mi ha dato mai. Il mio mondo è cominciato in te il mio mondo finirà con te un sorriso ed io sorriderò un tuo gesto ed io piangerò la mia forza me l'hai data tu ogni volta che hai creduto in me e se tu mi lascerai in un momento cosi il mio mondo è cominciato in te il mio mondo finirà con te e se tu mi lascerai in un momento così, tutto per me quello che ho qui finirà con te... 38 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 IO CHE NON VIVO Siamo qui noi soli come ogni sera ma tu sei più triste ed io lo so perché forse tu vuoi dirmi che non sei felice che io sto cambiando e tu mi vuoi lasciar RIT: Io che non vivo più di un'ora senza te come posso stare una vita senza te sei mia sei mia mai niente lo sai separarci un giorno potrà Vieni qui ascoltami io ti voglio bene te ne prego fermati ancora insieme a me Ritornello Io che non vivo più di un'ora senza te come posso stare una vita senza te sei mia sei mia Ritornello 39 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 IL CIELO IN UNA STANZA Quando sei qui con me questa stanza non ha più... pareti, ma alberi... alberi infiniti. Quando sei qui vicino a me questo soffitto viola no... non esiste più. Io vedo il cielo sopra... A noi... che restiamo qui abbandonati come se, se non ci fosse più niente... più niente al mondo. Suona un'armonica: mi sembra un organo che vibra per te, per me su nell'immensità del ciel. ...... Suona un'armonica: mi sembra un organo che vibra per te, per me su nell'immensità del cielo. Per te... e per me Per te... per me... nel cielo. (Con questa canzone Licia ha affrontato il saggio finale…) 40 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 8. IL CANTO PER LICIA E dunque, che cos’è stato il canto per Licia? Un incontro molto importante, che probabilmente non ha rallentato il percorso della malattia ma le ha donato più energia per lottare, ha rinforzato le sue risorse personali. L’approccio con gli altri era indubbiamente migliorato. Licia salutava più cordialmente i frequentatori della scuola, aveva partecipato al saggio finale del corso portando la sua canzone preferita, “Il cielo in una stanza”, e riscuotendo anche applausi che l’avevano resa molto felice. Se si considera la situazione di isolamento in cui viveva, poiché assorbita dalle varie terapie, mi sembra di poter dire che i risultati ottenuti siano stati significativi. Inoltre, il canto, le ha consentito di stabilire un legame di profonda amicizia con me. Licia non aveva alcun supporto psicologico, io ero l’unica persona della quale si fidava e alla quale si raccontava. Mi aveva scelta. 8.1 Licia mi parla della sua malattia Dopo un mese che frequentava il corso di musica e canto, pensai di invitarla in gelateria. Non gliel‟avessi mai detto, cominciò ad agitarsi in modo buffo, la sua timidezza mi faceva sorridere. Mi presentò al gelataio come “la mia migliore amica”. Ci fermammo a fare due chiacchiere sulla panchina, avere un‟amica per lei era molto importante, poiché tutti i coetanei, data la sua situazione, l‟avevano abbandonata e poi gradualmente evitata. Ebbi la sensazione che presto mi avrebbe parlato di sé. La madre, man mano che passavano le settimane, acquisiva sempre più fiducia nel “mio”sostegno e speranza nei confronti delle risorse della figlia. Dopo gli incontri di musica, riuscivamo a stare insieme e capire sempre un po‟più di noi. Ogni settimana terminata la seduta, eravamo solite andare a bere qualcosa al bar. Un giorno, mentre passeggiavamo, passò davanti a noi un carro funebre e vidi in Licia una trasformazione. Si fece triste, buttò le mani alla fronte, chinò il corpo in avanti e chiuse gli occhi, si tappò le orecchie e iniziò a respirare velocemente e a sudare. Rimasi in silenzio, sentivo di non poter fare altro, volevo trasmettere a Licia tutto il mio calore in un abbraccio. Dopo dieci minuti sollevò il capo, aveva tutti i capelli bagnati di sudore e incollati al viso. Piano piano glieli tolsi, uno ad uno, guardandola negli occhi e accarezzandola. Licia chiese di non dire nulla alla mamma di ciò che avevo visto e iniziò a parlarmi di lei. Si soffermò a raccontarmi che era affetta fin dalla nascita da una malattia grave che si chiamava fibrosi cistica. Soffriva perché doveva espellere, attraverso un colpo di tosse, il muco che le procurava un senso di soffocamento; la sua frase fu molto efficace: “Il mio corpo si sta riempiendo di catarro. Questo, nel tempo, mi porterà alla morte, poiché non vi sono cure per debellare la malattia, quelli come me non arrivano ai 30 anni”. Ci fu un minuto di silenzio e poi aggiunse: “Ecco perché, ogni volta che mi passa davanti agli occhi un carro funebre, vado in crisi: è perché so che prima o poi toccherà a me”. Si poneva degli interrogativi: “Io che ci faccio su questa terra? Che scopo ha la mia vita? Che scopo ha vivere? A nessuno piace parlare della morte, ti sembra lontana nel futuro. Certo che non sai cosa potrà accadere, ma non puoi fare a meno di pensarci, eviti in tutti i modi di fronteggiare la realtà, ma per quanto mi riguarda quel tempo si avvicina. Non mi resta che pensare alla morte come il cancello di ingresso per il regno di Dio”. Rimasi turbata, tutto avrei pensato ma non che era così consapevole di dover morire. Provai una dolorosa emozione e da quel momento in poi fui pervasa da una forza che non era più solo mia e che mi accompagnò per tutto il periodo in cui le rimasi: fino al giorno del suo funerale. 41 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 9. IL MIO SGUARDO DI OGGI Alla luce delle competenze acquisite grazie ai miei studi di musicoterapia, oggi ritengo che l‟organizzazione dell‟intervento fosse stata così strutturata: Obiettivi: favorire lo sviluppo dell‟attenzione, della concentrazione, la capacità di operare scelte personali indipendenti. favorire la crescita della fiducia e dell‟autostima, la riduzione di paure, ansie, tensioni. far riscoprire la consapevolezza di sé. migliorare le capacità relazionali. Modalità di lavoro: rilassamento ed educazione alla respirazione. uso della voce come strumento espressivo e di comunicazione (controllo del soffio, la postura e l‟emissione vocale). mettere in rapporto il corpo con gli strumenti musicali, in particolare quelli a percussione. Setting: All‟interno della scuola musicale, vi erano diverse stanze ciascuna riservata ad un corso: quella adibita al canto aveva un pianoforte per eventuali esercizi vocali e accompagnamenti; un tavolo per appoggiarvi il materiale; un registratore per riprodurre le canzoni. Materiali utilizzati: I mezzi che avevo a disposizione, oltre alla voce, erano il suono, il corpo e il silenzio, utilizzati per creare un contesto “sicuro e protetto”. Tempi: Era stata effettuata una serie di sedute a frequenza bisettimanale, della durata di un‟ora o più con una progettualità di sette mesi, per un totale di 28 sedute. 42 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 10. VERIFICA DEL PERCORSO A completamento del percorso mi sono confrontata con il parere di specialisti e con figure che l‟hanno conosciuta. Il parere dei genitori Il parere del Dott. Gianni Mastella Il parere della psicologa Il parere di Licia 43 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 10.1 Il parere dei genitori Da quando Licia ha cominciato a frequentare il corso di canto, i genitori hanno avvertito preziosi cambiamenti, gli stessi che io avevo rilevato e verificato. Riguardavano: - Cambiamenti di carattere. Mutamenti di abitudini. Adesione alle terapie. Il racconto della mamma continua: “Il canto l‟ha aiutata molto, Licia viveva per quello, stava sempre in camera ad ascoltare i dischi, cantava sempre. È certo che tutto questo l‟ha aiutata ad aprirsi, dalla mattina alla sera ascoltava la musica. Il canto, per noi, l‟ha aiutata nella malattia, una piccola parte di lei era rinata. Ultimamente diceva: “Mamma, se potessi mi strapperei i polmoni”. Il sabato sera mi chiedeva di portarla a ballare il liscio, le piaceva tanto. Ti ricordi, (rivolgendosi a me), che qualche volta ti venivamo ad ascoltare nelle tue serate di canto?. Aveva imparato a cantare sulle canzoni di Cristina d‟Avena, le sentiva sempre. Il corso lo frequentava due volte la settimana, era l‟unica cosa che faceva volentieri, esisteva solamente quello. Pensa! non ha mai voluto fare sport, solo all‟età di otto anni la mandammo a scuola di pattinaggio, ma dopo un anno si stancò, lo considerava una fatica, ma per venire a cantare si è fatta comprare la bicicletta, che forza! Quando doveva andare a canto era più veloce a fare tutto: mangiare, lavarsi, vestirsi, non solo, ma a volte le si permetteva di saltare l‟aerosol e il drenaggio. All‟inizio non avevamo molta fiducia, pensavamo avesse preso l‟attività con leggerezza, come un qualche cosa di passeggero. Non fu così, più passavano i giorni, più cresceva in lei la forza mentale, non solo aveva trovato in te un‟amica, con la quale condividere tutto. Nei momenti liberi, cantava, cantava ed ancora cantava. Finalmente la casa si era riempita di qualcosa di positivo, la musica! Musica tutto il giorno, a forza di ascoltare le canzoni anch‟io le avevo imparate a memoria. Mi diceva: “Dai mamma! devo fare presto, Barbara mi aspetta”. Quando seppe di doversi esibire al saggio finale programmato, non la si teneva più. La sua timidezza la portava a dire: “Non ce la faccio!”. Vederla impegnata in questa attività che a lei piaceva tanto, dava modo a noi di essere più sereni, non solo, avvertivamo un lieve benessere. Quando una figlia sorride, dentro te è come se ti sentissi riempire di tante “bollicine sorridenti”. Al saggio finale doveva portare la canzone “Il cielo in una stanza” di Mina, l‟ascoltava continuamente. Ricordo che quel giorno era agitatissima, nonostante ciò ci fece sbalordire, non avrei mai pensato che Licia, riuscisse ad andare sul palco e cantare davanti a tante persone. Io e Renato rimanemmo a bocca aperta. Grazie a quel fatidico giorno, Licia continuò a cantare tutte le volte che glielo si chiedeva. Quando andavamo a fare le cure termali a Riolo Terme, il musicista che era lì per tutta la stagione, a fare piano-bar, la chiamava sul palco a cantare. Un giorno Licia chiese se potevamo mandarla a dormire a casa tua. Sapevamo che non stavi dietro l‟angolo, bensì a quaranta km da Bologna, in mezzo ai monti; se fosse stata male, come avresti fatto? Il primo ospedale era a Vergato, mezz‟ora di strada. Data la gravità della sua situazione, pur sapendo che era un rischio, sentivamo che ci saremmo potuti fidare e che nulla di 44 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 male sarebbe accaduto. E poi pur di vederla felice, avremmo fatto qualsiasi cosa. Così, decidemmo di lasciarla venire! Felicissima, si sbrigò a fare tutto e pranzò in quaranta minuti. Il giorno dopo venimmo a prenderla, in macchina sentimmo che piangeva in silenzio, non avrebbe più voluto staccarsi da quel pezzettino di paradiso. Mi disse che aveva sempre cantato, io e mio marito ci chiedevamo come facesse, poiché non aveva neanche il fiato per respirare. Cosa significa la “forza mentale!!! Lei ti avrebbe voluto sempre accanto, ecco perché aveva la tua fotografia, il carillon, i tuoi dischi sul comodino, guai a chi glieli toccava, per lei erano oggetti preziosi, eri talmente importante che neppure noi ne avevamo capito il significato. Eri quasi più importante di noi”. Continua la testimonianza della madre “Noi abbiamo sempre tenuto segreto a Licia la sua gravità, non si è mai resa conto di quello che aveva. Non le abbiamo mai fatto trasparire nulla, era sempre sorridente, collaborava in tutto, poi era giovane, non ci pensava alla morte. E‟stata molto brava, forte, paziente, buona, non si lamentava mai, era lei che faceva coraggio a noi. (In realtà Licia, come citato sopra, era al corrente della sua situazione!!). È diventata triste quando ha cominciato ad espellere muco scuro, lo guardava sempre, aveva capito che se diventava nero era vicina alla morte, oramai sapeva tutto, stando in Ospedale sentiva gli altri parlare: ultimamente entrava ogni 15 giorni. I ragazzi non sono stupidi, anzi, sono molto attenti a non farsi scappare nulla. Faceva domande dalla mattina alla sera, uno strazio! diceva che era troppo giovane per morire, non faceva altro che parlare della sua malattia, aveva bisogno di sfogarsi, a letto non ci voleva più stare. Alla fine diceva sempre: “Mamma, io sono giovane!”. “Perché?”. “Perché devo morire io?”. “Com’è che devo morire?”. “Sono giovane”. Il giorno prima della sua morte mi disse due cose strazianti: “Mamma grazie, siete stati due genitori bravissimi”. “Mamma il mio tempo è finito, il mio tempo è finito!”. “Mio Dio Licia cosa dici mai?”, le dicevo io. Da scoppiare il cuore! Non ce la facevi più, ci perdevi anche di testa. Come facevi a stare lì ad ascoltare una bambina, tua figlia, che ti parlava di una cosa del genere, sapendo che aveva ragione?. Noi cercavamo d‟incoraggiarla e di distrarla parlando d‟altro. Che vita ha avuto questa figlia? Una sera pregando dissi: “Signore se vuoi che viva, ci vuole un miracolo”. Licia aveva tanta fede, era commovente quanto credeva”. Dopo la morte di Licia un pomeriggio decisi di farla finita; in quel momento più critico, mi telefonasti per salutarmi. Quel gesto non l‟ho più compiuto perché penso che Licia attraverso te abbia voluto fermarmi! Infatti, sono ancora qui”. Interviene il padre “Per dieci anni, continua il padre, di notte mi alzavo perché Licia mi chiamava, andavo nella stanza e stavo con lei fino a che non si riaddormentava. Abbiamo perso tre figli, uno deceduto pochi giorni dopo la nascita, poi nacque Lucio che morì di Bronchiolite (così ci dissero) infine Licia. Solo con lei, da un test del sudore, venimmo a conoscenza di essere portatori sani di questa malattia. Se avessimo saputo prima, non avremmo mai messo al mondo la bambina. Non sarebbe stata qui a soffrire. Io mi trovo ad avere dei bypass al cuore a causa di quel dolore. Aggiungiamo: il non dormire, l‟angoscia, mia moglie che per poco non è impazzita… eppure, noi siamo ancora qui… la nostra Licia se ne andata. La fibrosi cistica è come una metastasi, prima o poi si estende dappertutto. Tutto questo è durato sedici anni, continua la madre, ora hai un vuoto dentro che non sai più come colmare. 45 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Chiedeva sempre di te, sulle labbra aveva il tuo nome, io e mio marito ci chiedevamo chi fossi! un angelo per caso?. Per Licia il terrore più grande era quello di morire affogata nel proprio muco; si sa che il destino di questa malattia porta a spegnersi in quel modo. Grazie a Dio è morta per un infarto. Il Signore aveva ascoltato le nostre preghiere! La sera stessa, prima di morire, voleva che ti chiamassimo, ho il rammarico di non averlo fatto. Chi lo sapeva che sarebbe deceduta poco dopo? Pensare che ero stato con lei a farle compagnia fino alle quattro del mattino, poiché non riusciva a dormire. Una volta assopita, sono andato a riposare nel mio letto fino alle 6.30. Quando la sveglia ha suonato, mi sono alzato e sono entrato nella sua stanza per accertarmi che fosse tutto a posto. Purtroppo, notai che la mascherina era spostata, quando mi avvicinai al letto per sistemargliela, misi la mia mano sul suo volto e lo sentii freddo. Da lì capii che ci aveva lasciato. Grazie per tutto quello che hai fatto!” 46 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 10.2 Il parere del medico – Prof. Gianni Mastella Nell‟intervista gli ho rivolto le seguenti domande: - nella fibrosi cistica in generale e nello specifico nel caso di Licia, un intervento di canto può dare benessere? - per quanto riguarda la fisioterapia respiratoria, il canto può essere considerato una forma di fisioterapia? - quali sono le possibili controindicazioni? - quale importanza hanno gli aspetti psicologici? - nella sua esperienza con i malati affetti da fibrosi cistica, quali sono le problematiche psicologiche rispetto alla relazione con i propri familiari, le persone care che l‟hanno accompagnata in questo percorso difficile? - lei ha avuto qualche caso in cui ha notato che il supporto musicale è stato di qualche aiuto per alcuni dei suoi pazienti? Non si deve chiedere troppo alla medicina, però le si può chiedere di tener conto del modo per resistere alla malattia e per viverla meglio. Io ho sempre aggiunto che più ancora dell‟attività fisica e dello sport, serve soprattutto poter far esprimere il proprio corpo, creare gioia e realizzare se stessi in questa libertà di movimento. Vengono raccomandati, per chi ama la musica, l‟uso di strumenti a fiato perché hanno lo stesso meccanismo della PEP-MASK, ad esempio quando si suona la tromba la si deve suonare contro una resistenza. Anche il canto nella visione di educare il proprio respiro diventa un meccanismo favorevole a questa condizione. Nel momento in cui si fanno vibrare le corde vocali, siamo costretti naturalmente a tenere dentro la via aerea una pressione positiva più alta per poter modulare la vibrazione delle stesse e quindi si può immaginare che il canto ben educato realizzi un respiro non troppo profondo. Questo è l‟aspetto fisiologico che può avere un significato riabilitativo: il canto, suonare uno strumento, usare il proprio corpo come movimento, ed esprimere sé stessi, sono tecniche che portano benessere e una situazione psicologicamente positiva. I medici non valorizzano mai questo aspetto in generale, ma io credo che la parte fondamentale del cantare e fare musica, oltre ad ascoltarla, sia quello della gioia che crea: questo è un aspetto vivificante. Viene molto raccomandato per questa malattia il movimento, lo sport, l‟attività fisica ecc.. perché hanno un significato fisiopatologico, infatti facendo attività fisica si deve respirare e ci si deve muovere; inoltre il respirare più frequentemente e profondamente, massaggia le secrezioni interne che si svuotano più facilmente, tanto è vero che l‟attività fisica e sportiva può sostituire in parte la fisioterapia. I nostri malati fanno fatica ad entrare in questo ordine di idee perché sono chiusi nella loro stanza, si confrontano soltanto con le proprie terapie, con i propri familiari, chiudendosi alla vita stessa. È questo il processo educativo che è parte della medicina, la concezione del canto va interpretata in questo senso; qui c‟è anche la fisiologia e la fisiopatologia ma c‟è questo aspetto dell‟espressione di vita che non è poesia ma può diventarlo. C‟è gente che pur soffrendo riesce a trovare, nelle cose da fare, varie espressioni di vita, a cercare il proprio movimento. Cimentarsi in questo può essere un riscatto dalla propria malattia. 47 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Gentile Barbara la Sua visita mi ha fatto molto piacere: ho apprezzato la grazia e la passione con cui si è dedicata a Licia. Ho fatto una lettura un pò affrettata del pezzo di tesi che mi ha lasciato. Le informazioni che vi ha raccolto sono nel complesso corrette. Rimane da dimostrare la parte che descrive la fisiologia del canto con l'ipotesi che esso possa costituire un elemento della pratica riabilitativa di un paziente con FC. Le suggerisco di tener conto del concetto che Le avevo riassunto: le vibrazioni della glottide socchiusa (resistenza terminale intermittente o vibrante), con espirazione non forzata, possono costituire un meccanismo che eleva nell'espirazione la pressione endobronchiale, prevenendo il collasso dei bronchi e quindi l'intrappolamento di aria e di secrezioni bronchiali. Tenga presente peraltro anche quanto scritto nella review Cochraine che Le ho stampato. La mia convinzione è che l'aspetto riabilitativo del canto possa fondarsi più sulla gioia e quindi sull'armonia che il canto conferisce alla persona che sugli effetti fisici a livello respiratorio, anche se questi hanno senz'altro la loro parte, pur di difficile dimostrazione. Le auguro un buon completamento di tesi ed ogni cosa buona per il suo futuro. Un caro saluto Gianni Mastella -:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:- Prof. Gianni Mastella (Scientific Director) Italian Cystic Fibrosis Research Foundation c/o Ospedale Civile Maggiore 48 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 10.3 Il parere della psicologa – Dott.ssa Rosanna De Sanctis L‟intervento della psicologa ha risposto alle seguenti domande poste dalla tesista: Com‟è il rapporto con la morte da parte del paziente terminale? Che importanza hanno gli “stimoli esterni”? Le malattie degenerative sono malattie che necessitano di tempi lunghi e intensi, che sconvolgono i ritmi di vita. Ammalarsi è, quindi, riorganizzarsi: è riorganizzare se stessi, le proprie attività, il proprio tempo, la propria famiglia. Ammalarsi significa organizzare la propria vita compatibilmente con i tempi che l‟iter di malattia richiede. La diagnosi di malattie degenerative aprono una profonda crisi esistenziale. Un equilibrio viene spezzato; cambia la percezione di sé, del mondo circostante e del proprio corpo, invaso da una presenza che porta con sé sofferenza, angoscia, paura, incertezza, ansia. L‟esperienza di malattia ed i conseguenti cambiamenti dell‟immagine corporea influenzano così il modo di porsi nei confronti delle persone alle quali si è legati affettivamente (familiari, partner, amici) riducendo al minimo i rapporti e credendo in questo modo di proteggere e proteggersi dal disagio. Ma non possiamo dimenticare che comunicare è importante e non solo con le parole . La diagnosi è un‟informazione o una rivelazione che il medico dà, a proposito di un cambiamento provocato dalla malattia. Un cambiamento e una riorganizzazione che riguardano tutta la famiglia (riorganizzazione in termini di tempi e di attività quotidiane, ma anche di ruoli e di interazioni interne). Ma riorganizzarsi non significa solo cambiare tempi e attività, ma significa anche adattarsi emotivamente e psicologicamente ai cambiamenti provocati dalla malattia: ai cambiamenti del proprio corpo, del proprio futuro, della propria vita che arriva ad assumere un valore molto diverso e molto più intenso rispetto a prima. Ogni famiglia nel reagire alla diagnosi di un congiunto attraversa un processo simile a quello del paziente: alla fase di shock con sentimenti di stupore ed angoscia fa seguito il rifiuto di quanto sta accadendo. Nella maggior parte dei casi la famiglia riesce a superare la crisi iniziale e ricompone la sua funzionalità. I fattori che interagiscono nel modo di reagire alla malattia propria o di un congiunto sono fattori personali, fattori che riguardano la natura della malattia e fattori dovuti al contesto sociale e fisico in cui si vive. Queste dimensioni incidono su numerosi fattori psicologici: tra questi abbiamo il modo in cui viene valutata e vissuta emotivamente la malattia, l‟adattamento ai cambiamenti prodotti da essa e alle minacce che da essa derivano (di morte, di dolore, alla propria immagine di sé e ai progetti per il futuro, alla realizzazione dei normali ruoli e impegni sociali). Nel momento in cui una persona diventa „malata‟, quindi, l‟organizzazione famigliare è obbligata a riaggiustarsi, infatti: il paziente perde il suo ruolo di soggetto autonomo e indipendente; gli altri famigliari diventano responsabili della sua vita e della sua malattia; gran parte delle risorse emotive (e concrete) della famiglia devono essere utilizzate per affrontare la nuova realtà; la famiglia stessa ,rispetto alle istituzioni sanitarie e ai medici, diventa dipendente e in posizione di soggezione. L‟adattamento emotivo del paziente risulta fortemente influenzato dalla risposta emotiva e dal comportamento dei familiari significativi. L‟adattamento è influenzato dalle caratteristiche cliniche della malattia e di intervento terapeutico e dipende dall‟atteggiamento sia del paziente che dei familiari nei riguardi della malattia, ma soprattutto è tanto maggiore quanto migliore era la relazione con i familiari prima della diagnosi. L‟accettazione o il rifiuto del paziente e della sua situazione da parte dei familiari si riflettono nell‟accettazione e rifiuto di sé del malato. 49 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 I bisogni del malato terminale espressi dall‟OMS sono: Sicurezza • È il bisogno di essere protetti da sensazioni di minaccia che porta la persona e chi la circonda a tendere all‟evitamento della realtà, soprattutto in fase avanzata il lento abbandono delle terapie più pesanti ed invasive tende ad aumentare la sensazione di minaccia senza controllo, e quindi il bisogno di sicurezza è spesso soddisfatto da un continuo affidarsi a qualsiasi tipo di terapia venga paventato. Appartenenza • Bisogno fortemente legato alla realtà precedente la malattia. La diminuita autonomia rende la persona morente sempre più bisognosa di cure ed attenzioni e sempre meno in grado di fornire essa stessa supporto ed aiuto. Laddove il legame precedente è molto forte, il trovarsi in questa situazione porta a paure di essere di peso, un problema o di essere di troppo che suscitano sofferenza e tentativi di distacco che spesso appesantiscono ancora di più il lavoro dei familiari. Amore • Diviene difficile la gestione nella fase terminale, è intuibile quanto possano essere intrisi di angoscia i momenti di scambio affettivo intenso minacciati da una fine certa. Quindi se vi è consapevolezza da entrambe le parti è comunque un scambio bello e doloroso. Se il paziente non è consapevole il dolore viene vissuto solo da parte della persona cara che spesso vivendolo come intollerabile e difficilmente mascherabile, tende ad evitarlo. Accettazione • Da parte degli altri ma anche di se stessi. La fase terminale vede il malato fronteggiare una serie gravosa di difficoltà e modificazioni, e l‟atteggiamento il più possibile positivo ed adattivo da parte degli altri diviene fonte di forza e coraggio che la persona può e deve utilizzare nei momenti più difficili che si presenteranno. Autostima • Se c‟è una traiettoria di avvicinamento alla morte in termini di consapevolezza è possibile soddisfare questo bisogno consentendo alla persona di prendere decisioni e coinvolgendola sia nella cura sia nella preparazione dello scenario futuro. Quando non c‟è consapevolezza la persona viene immersa in una culla protettiva che presuppone la convinzione che la persona morente non sia in grado di prendere decisioni sulla propria vita. Questa fondamentale mancanza di stima si riflette sul paziente lasciandolo in balia degli eventi futuri e con una sensazione crescente di inutilità ed inefficacia. Fiducia • Direttamente correlata al discorso dell‟autostima. In fase terminale ci si trova a fare i conti con un progressivo peggioramento che ostacola il tentativo di minimizzare e mistificare. Spesso i familiari diventano persone di cui non ci si può fidare perché si è pienamente consapevoli del loro tentativo di proteggere dalle cattive notizie, e quindi le figure professionali tornano a svolgere un 50 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 ruolo fondamentale nell‟acquisizione di elementi utili a soddisfare il bisogno di lasciarsi andare nelle braccia di qualcuno che possa condividere le paure e le incertezze e possa dare spiegazioni credibili rispetto alle modificazioni che avvengono. L‟individuo gravemente malato riflette e si confronta con il pensiero della fine della vita, dapprima percepita come “rischio” e secondariamente sentita quanto più presente possibile in base al concorrere di più meccanismi, che vedono l‟integrazione dei segnali fisici del corpo, con i risultati degli esami medici di accertamento o valutazione. La consapevolezza di cronicità garantisce ancora temporaneamente il pensiero di poter vivere, ma introduce in modo angoscioso l‟interrogativo del tempo che resta. Il pensiero della morte ha carattere di fluttuazione e si articola attraverso la dinamica del fare (cure, esami, accertamenti, visite, ecc.), e quella che si può definire con il termine: “gestione della speranza”. Il paziente primariamente sperimenta un crescente senso di perdita riconducibile al corpo e della propria immagine psicologica. Al senso di perdita si associa spesso la percezione di un‟impotenza generale, difficilmente esprimibile, che il paziente vive nella quotidianità di una solitudine emotiva, infatti raramente tali pensieri trovano ascolto o attenzione nelle persone che circondano il paziente. Il senso di impotenza è difficilmente tollerabile ed ancora una volta il paziente trova nella difesa psicologica del “fare” le cure ed i trattamenti una via di uscita. Spesso a livello clinico si assiste ad un alternarsi di emozioni e pensieri legati al tema della gestione della speranza, quando cioè, l‟attività razionale è saldamente legata al tema del miglioramento per tenere lontano la disperazione, stato emozionale difficile da tollerare. Il malato opera una costante integrazione dei suoi vissuti e delle sue caratteristiche, non sempre in una logica di accettazione, quanto piuttosto in una aumentata tolleranza, che si avvale della possibilità di trovare un senso ed un significato alla propria esistenza. Tale atteggiamento funziona da contenimento psicologico alla disperazione. La speranza è sempre di sfondo anche quando il paziente esprime pensieri di morte o di abbandono delle cure; in realtà si nasconde la ricerca di conferma e rassicurazione che deve venire dall‟esterno, specialmente dai curanti. L‟ascolto, la condivisione, il riconoscimento dell‟affetto, il valore della relazione appaiono in grado di consentire una migliore tolleranza del peso emotivo sperimentato. Non è sempre facile per il paziente poter esprimere le proprie emozioni o i propri pensieri. Il contenimento del dolore psichico richiede un particolare contesto di ascolto, attenzione, valorizzazione, e supporto. Non esiste un modo giusto o sbagliato per affrontare la malattia, è opportuno trovare la propria strada personale per gestire al meglio una situazione difficile. 51 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 10.4 Il parere di Licia 52 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 In questa lettera vi è il SENTIRE, il PENSARE ad un mondo ancora pieno di SPERANZE, nell‟ESPRIMERE un profondo senso di gratitudine: “Tu sei il mio conforto”. Vi è anche una VOGLIA di FARE che nutre questo momento della sua malattia. 53 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Approfondimento 54 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 11. BREVE STORIA DELLA MUCOVISCIDOSI La malattia è stata scoperta nel 1936 da un medico svizzero, il dr. Guido Fanconi ed è stata descritta dettagliatamente nel 1938 dalla dottoressa Dorothy Andersen di New York che per prima propose la definizione “Fibrosi Cistica del Pancreas”. Infatti tutti i bambini da lei esaminati presentavano lesioni fibrose e dilatazioni cistiche a carico del pancreas Il termine “Mucoviscidosi” è preferito in Europa perché esprime meglio la particolarità del muco denso e viscido che caratterizza questa malattia. Nel 1952 il dr. Paul Artom di Sant‟Agnese, un medico italiano emigrato negli Stati Uniti d‟ America, scoprì che il sudore di questi pazienti aveva un'alta concentrazione di Sali minerali: ciò ha permesso di diagnosticare facilmente la malattia con un semplice test sul sudore. 11.1 Cos’è la mucoviscidosi fibrosi cistica La fibrosi cistica (o mucoviscidosi) (FC) è una malattia genetica, il cui difetto di base consiste nella produzione di una proteina alterata chiamata CFTR (Fig. 2). Questa proteina provoca una anomalia nelle secrezioni esocrine dell‟organismo, con il risultato di una anormale produzione delle stesse, che sono dense e viscose. Fig.2 Proteina CFTR Ghiandole salivari, ghiandole intestinali, pancreas, ghiandole bronchiali producono secreti molto densi e viscosi, inadatti a scorrere lungo i condotti e le cavità dell‟organismo, che pertanto vengono progressivamente ostruite. La presenza di queste secrezioni anormali determina un danno progressivo degli organi coinvolti. Il pancreas perde la sua funzione digestiva sugli alimenti, poiché gli enzimi digestivi non riescono a confluire nel canale intestinale: si hanno così difetti di assorbimento alimentare, difetti di nutrizione, arresto della crescita. 55 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 I bronchi vengono intasati da muco denso e diventano sede d‟infezioni croniche, con progressiva compromissione delle funzioni respiratorie, alle quali è principalmente imputata l‟alta mortalità della malattia. Il fegato, le vie biliari e l‟apparato genitale possono essere colpiti in diversa misura dalla stessa anomalia fondamentale. Il cuore può essere compromesso secondariamente a causa delle complicanze broncopolmonari. L‟eccessiva perdita di sale con il sudore (nella febbre, nella stagione calda) può portare a pericolosi collassi. In tutti i casi, la fibrosi cistica è una malattia cronica: ciò significa che la persona che ne è affetta deve convivere con la malattia per tutta la vita. 11.2 Cause e trasmissione ereditaria La fibrosi cistica è dovuta ad un difetto genetico: mutazioni del gene per la proteina CFTR sul cromosoma 7 sono alla base della malattia. La proteina si trova sulla membrana cellulare e regola il passaggio di elettroliti (cloro in particolare) e quindi di acqua, dall‟interno all‟esterno delle cellule epiteliali, le cellule che rivestono molti organi del nostro corpo (Fig. 3). Affinché la malattia si manifesti occorre che entrambi i geni codificanti la proteina CFTR siano mutati. Nella persona malata il gene è mutato su entrambe le copie del cromosoma 7: la proteina che ne deriva, difettosa, non riesce ad assicurare il corretto scambio di acqua ed elettroliti fra cellula e ambiente extracellulare e ciò determina la produzione di secrezioni povere di acqua, dense e poco scorrevoli, il “muco viscido”, da cui l‟antico nome di “Mucoviscidosi”. Fig. 3 56 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Il sudore ha un‟ alta concentrazione di sale, 4-5 volte il normale. Nel pancreas le secrezioni stagnanti possono formare lesioni cistiche e il tessuto circostante tende ad infiammarsi, indurirsi e diventare fibrotico: di qui il nome di fibrosi cistica. Gli organi più colpiti sono i bronchi e i polmoni: all‟interno dei bronchi il muco tende a ristagnare e questo predispone il paziente ad infezioni respiratorie. Il secondo organo più colpito è il pancreas, che è ostruito dalle sue stesse secrezioni e non svolge l‟azione normale di riversare nell‟intestino gli enzimi per la digestione dei cibi. Altri organi interessati l‟intestino, il fegato, i dotti deferenti nel maschio. 11.3 Incidenza e modalità di trasmissione della malattia La fibrosi cistica è la malattia genetica più diffusa nella razza bianca: un bambino ogni 10001500 nati vivi ne è colpito. Si ritiene che in Italia nascano ogni anno da 700 a 1000 nuovi pazienti affetti. Nella popolazione generale una persona su 20-30 è portatrice del gene della malattia. Il cosiddetto “portatore” è una persona sana: nel suo corredo cromosomico egli ha una coppia di geni preposta a caratterizzare il muco delle sue ghiandole, un gene normale ed un gene patologico. Se due individui “portatori” si uniscono per la procreazione essi possono dare al figlio o il gene normale o il gene patologico. Si possono verificare diverse situazioni (Fig. 4): - 1 bambino su quattro erediterà da entrambi i genitori il gene patologico e sarà dunque malato di fibrosi cistica; - 2 bambini su quattro saranno portatori sani, avendo ereditato il gene patologico da un solo genitore; - 1 bambino su quattro sarà completamente sano e non portatore. La combinazione dei geni è regolata dal caso e così si possono avere coppie di portatori che hanno tutti figli ammalati, accanto ad altre che hanno tutti i figli sani. Fig. 4 57 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 11.4 Gene CFTR Il gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane regulator) normale agisce attraverso la produzione di una proteina CFTR normale, localizzata sulla membrana apicale delle cellule epiteliali che rivestono dotti e cavità di molti organi del nostro corpo, costituendo una specie di canale che favorisce il passaggio di cloro dall‟interno all‟esterno di tali cellule, con conseguente difetto di secrezione di acqua. Il gene CFTR difettoso produce una proteina CFTR difettosa. Il gene CFTR è difettoso quando la sequenza del DNA che lo compone contiene una mutazione. Si conoscono oggi più di 1500 mutazioni del gene CFTR. La più frequente in tutte le popolazioni è la mutazione DF508. In base al tipo di mutazione si hanno diversi effetti sulla proteina CFTR: alcune mutazioni fanno sì che essa non venga prodotta affatto, altre permettono che venga prodotta una proteina poco funzionante o ridotta in quantità. Sulla base dei diversi effetti noti sulla proteina CFTR, le mutazioni del gene sono state suddivise in cinque classi (da I a V). Le mutazioni appartenenti alle classi I, II e III alterano maggiormente il destino della proteina, non consentendone affatto la produzione (classe I) o producendo una proteina molto difettosa (classe II e III); le mutazioni di classe IV consentono la sintesi di una proteina difettosa ma capace di svolgere, seppure in piccolissima misura, la sua funzione; le mutazioni di classe V permettono la produzione di una certa quota, anche se piccola, di proteina normale. Si conoscono gli effetti delle mutazioni sul pancreas: le mutazioni di classe I e II e III determinano insufficienza pancreatica; quelle di classe IV e V permettono (con qualche eccezione) che il pancreas funzioni regolarmente. Non si conoscono ancora sufficientemente le relazioni fra le mutazioni e l‟interessamento di altri organi, quali polmoni, fegato, intestino, apparato riproduttivo. In particolare, non si conoscono ancora sufficientemente gli effetti delle mutazioni sul polmone. Dal momento che le mutazioni di classe I, II, III provocano un difetto maggiore nella proteina CFTR, si può ritenere in linea di massima che provochino maggiori sintomi polmonari. In realtà, è stato dimostrato come la correlazione fra genotipo e fenotipo, nel singolo paziente, dipenda, in primo luogo, dalla classe di appartenenza delle mutazioni presenti sulle singole copie del gene e, in secondo luogo, dall‟influsso di geni modificatori delle mutazioni del gene CFTR, di recente scoperti. Questi geni possono aggravare o alleggerire l‟effetto delle mutazioni CFTR. Si può dire, in base a quello che oggi sappiamo, che l‟evoluzione della malattia polmonare e quindi nella maggior parte dei casi la durata della vita della persona con fibrosi cistica, dipende da un insieme di fattori, che sono in parte genetici e in parte di altra natura: le cure che vengono praticate e il livello di aderenza ad esse, l‟ambiente, la famiglia, la scuola, il gioco, lo sport, il lavoro, la socializzazione e il clima, in cui la persona con fibrosi cistica vive, lo stile di vita che adotta. Data la grande varietà delle combinazioni di questi fattori, ogni malato è diverso dall‟altro e un‟accurata previsione individuale dell‟andamento della malattia non ha sufficienti basi scientifiche. 58 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 11.5 Come si manifesta la fibrosi cistica La fibrosi cistica è caratterizzata da una grande variabilità clinica. A un estremo, troviamo forme paucisintomatiche, che possono restare misconosciute fino all‟età adulta. L‟estremo opposto è rappresentato dai neonati che presentano alla nascita il quadro tipico dell‟ileo da meconio: l‟alterazione delle secrezioni intestinali rende il meconio, ovvero il materiale fecale che si trova abitualmente nell‟intestino del feto e del neonato, così spesso da causare quadri di ostruzione intestinale presenti al momento della nascita. Abitualmente la malattia ha un inizio subdolo; le manifestazioni sono graduali e si prestano facilmente ad errori diagnostici od a pericolosi ritardi di diagnosi. La tosse ricorrente è il disturbo più comune e può incominciare fin dai primi giorni di vita; è una tosse frequente, secca, ostinata, che fa pensare spesso alla pertosse, per i suoi accessi, talora violenti e per la resistenza ai comuni trattamenti (Tabella 7). Il paziente presenta ripetute infezioni delle vie aeree, diarrea persistente, feci abbondanti, maleodoranti e untuose. Il bambino cresce pochissimo di peso a dispetto di un appetito vorace. Questi pazienti appaiono ben presto come bambini magrissimi con una grossa pancia ed un aspetto triste e sofferente. Se riescono a sopravvivere ai primi mesi di vita e se non si interviene con adeguati trattamenti, la storia di questi bambini è caratterizzata da un continuo ripetersi di bronchiti e broncopolmoniti. Essi trascinano la loro breve esistenza con un respiro affannoso, con una tosse continua, con un appetito che non sazia un organismo incapace di crescere, ed un intestino che perde quanto introduce. Il loro colorito grigio-cianotico esprime la mancanza di ossigeno nel sangue. Essi divengono precocemente incapaci di ogni gioco, di ogni attività, di ogni gioia, a dispetto di una intelligenza spiccata, di una vivace sensibilità e di una grande voglia di vivere. Il pancreas è interessato in circa l‟85% dei malati di fibrosi cistica (Fig. 5). I suoi condotti sono ostruiti e gli enzimi che produce non scorrono nell‟intestino per digerire i cibi. Questo causa diarrea con perdita di grassi e malnutrizione, che si manifesta nell‟infanzia con difficoltà di crescita in peso e in altezza e nell‟adolescenza con pubertà ritardata. Nei malati in età più avanzata il progredire del danno pancreatico può portare ad una mancata produzione di insulina. Perciò alcuni soggetti possono sviluppare diabete e avere necessità di terapia con insulina per controllare i livelli di zucchero nel sangue. Questo accade molto raramente nei bambini con fibrosi cistica. In circa il 1015% dei bambini che nascono con fibrosi cistica si verifica fin dalla nascita una ostruzione intestinale, che viene chiamata ileo da meconio. In questi casi il meconio (che è il materiale presente nell‟intestino di tutti i neonati) è troppo denso e invece di progredire per essere espulso si blocca e ostruisce l‟intestino. Bisogna intervenire urgentemente, anche chirurgicamente, per rimuovere il blocco e normalizzare il funzionamento intestinale. L‟ostruzione intestinale, dovuta e secrezioni intestinali dense ed occludenti, può manifestarsi anche in età successive e addirittura rappresentare una condizione che fa portare alla diagnosi. 59 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Fig. 5 In una certa quota di persone con fibrosi cistica si può avere in varia misura interessamento del fegato, con ristagno di bile densa nei condotti biliari (Fig. 6). In un ristretto numero di casi questa complicanza determina cirrosi epatica con ipertensione portale: il problema può essere grave e rendere necessario un trapianto di fegato. Fig. 6 60 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Altri organi interessati: una sudorazione particolarmente abbondante (nella stagione calda e negli episodi febbrili) può portare alla sindrome da perdita di sale, perché il sudore della persona con fibrosi cistica contiene un eccessivo contenuto di sale. La perdita acuta si Sali con il sudore può essere un quadro grave che ha necessità di diagnosi e intervento immediato nel bambino piccolo. Le persone con fibrosi cistica hanno tendenza a sviluppare con il passare del tempo disturbi alle ossa, che hanno una impalcatura debole e sono povere di calcio (osteoporosi): possono esserne causa condizioni non brillanti di nutrizione o frequenti cicli di terapia cortisonica per il controllo dei sintomi polmonari. Tabella 7 61 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 11.6 La diagnosi Purtroppo ancora oggi la malattia non viene riconosciuta in gran parte dei casi o viene riconosciuta troppo tardi perché le cure possano veramente giovare. La diagnosi deve essere fatta precocemente, nei primi giorni o nelle prime settimane di vita. La fibrosi cistica deve essere sospettata in ogni bambino che abbia feci con caratteristiche anormali, un insufficiente aumento del peso corporeo, tosse ricorrente senza cause apparenti, o infezioni respiratorie continue. Il sudore “salato” è caratteristico di questi bambini e le mamme spesso se ne accorgono per il “bacio che sa di sale”. La prova del sudore permette la diagnosi. Si tratta di un esame molto semplice ed innocuo, basato sulla determinazione della concentrazione di cloruro di sodio nel sudore raccolto da una piccola area di pelle opportunamente stimolata. L‟esame può essere praticato anche nelle prime settimane di vita. In generale, è consigliabile eseguire il test in tutti i bambini nei primi mesi di vita e in soggetti di qualsiasi età, al minimo sospetto della malattia. In un secondo tempo si possono praticare ulteriori accertamenti diagnostici ed in particolare: Radiografia del torace; Dosaggio degli enzimi digestivi nel succo duodenale e nelle feci; Prove di assorbimento intestinale dei grassi. 11.6.1 Diagnosi in età neonatale È oggi possibile riconoscere l‟80% dei malati appena nati mediante un esame semplicissimo e per nulla costoso. Una striscia di plastica ricoperta di reattivo, viene posta a contatto con il meconio del neonato: la striscia assume colore blu se nel meconio vi sono proteine indigerite, come avviene nella mucoviscidosi. Altri esami sono allo studio per la diagnosi precoce. Si sta conducendo una campagna per attuare in tutte le maternità, pubbliche e private, la prova del meconio. L‟identificazione della malattia alla nascita permette infatti di attuare precocemente trattamenti atti a prevenire le gravissime complicazioni respiratorie. 11.7 Come si cura la fibrosi cistica Non esiste a tutt‟oggi una cura che possa correggere definitivamente la causa della malattia ma esistono mezzi efficaci per controllare e correggere gli effetti della malattia stessa, tanto più efficaci quanto più precocemente attuati. Il maggior impegno viene richiesto per la prevenzione e la cura delle complicanze respiratorie. Le infezioni ricorrenti e l‟infiammazione cronica dei polmoni determina infatti un progressivo deterioramento della funzionalità respiratoria fino al quadro conclamato di insufficienza respiratoria (limitazione critica dell‟assunzione di ossigeno e di eliminazione di anidride carbonica nel sangue). Anche la parte più alta dell‟albero respiratorio, naso e seni paranasali, può manifestare sintomi: rinosinusite cronica, poliposi nasale e talora mucocele (occlusione e dilatazione di qualche seno paranasale). Ogni regione d‟Italia dispone di un Centro specializzato per la diagnosi e la cura della fibrosi cistica. All‟interno del centro vi è quasi sempre un team multidisciplinare composto da personale specializzato nella malattia: medici, infermieri, fisioterapisti, dietiste, assistenti sociali, psicologi, consulenti per particolari complicanze. Le cure attuali della fibrosi cistica consistono principalmente in: - Antibioticoterapia - Aerosolterapia - Fisioterapia e riabilitazione respiratoria - Terapia digestivo – nutrizionale - Altre cure 62 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Antibioticoterapia: viene praticata regolarmente per bocca, per via inalatoria o per via endovenosa, a cicli o per periodi molto prolungati, al fine di contenere la carica batterica e scongiurare il proliferare di batteri pericolosi, quali Pseudomonas aeuriginosa e lo Stafilococco aureo. Gli antibiotici vengono selezionati sulla base dell‟isolamento di batteri tramite le colture di sputo che ogni paziente esegue periodicamente e sulla sensibilità specifica che tali batteri mostrano nelle prove in vitro (antibiogramma). La modalità endovenosa è la più efficace perché consente di ottenere le più elevate concentrazioni di antibiotici nei polmoni, ed è indispensabile soprattutto in caso di lesioni polmonari importanti e nelle esacerbazioni in corso di infezione respiratoria cronica. Aerosolterapia: è indispensabile per fluidificare il muco e somministrare antibiotici per controllare le infezioni respiratorie. Alcuni bambini vengono abituati precocemente a dormire sotto una tenda che viene continuamente alimentata da una fittissima nebbia acquosa per mezzo di uno speciale nebulizzatore ultrasonico. Altri bambini respirano direttamente dal tubo del nebulizzatore la densissima nebbia. Le goccioline di acqua che compongono la nebbia penetrano nei bronchi e sciolgono il muco, che così si libera più facilmente. Per tutte le vie di somministrazione comunque, va ricordato che il dosaggio degli antibiotici è più elevato (fino al doppio), rispetto a quello utilizzato per paziente non affetti da fibrosi cistica. Il dosaggio elevato ha soprattutto lo scopo di favorire la penetrazione dell‟antibiotico nell‟albero respiratorio occupato da secrezioni purulente (Fig. 8). Fig.8 Fisioterapia e riabilitazione respiratoria: è un‟importante terapia di supporto, che ha lo scopo di mantenere le vie aeree libere dalle secrezioni: in fibrosi cistica rimuovere il muco denso e appiccicoso dalle vie aeree significa prima di tutto ridurre la possibilità di infezioni (numerosi germi trovano infatti in questi accumuli di muco l‟ambiente ideale per svilupparsi). Inoltre mantenere l‟ albero respiratorio sgombro da secrezioni migliora il respiro e aiuta i farmaci a svolgere al meglio la loro azione. Esistono varie tecniche di fisioterapia respiratoria e tutte, con meccanismi diversi, aiutano a mobilizzare e rimuovere (= drenare) le secrezioni in eccesso dai polmoni. È molto importante che il programma di fisioterapia sia discusso e adattato al singolo paziente, coinvolgendo nelle scelte il medico, i fisioterapisti, i genitori: il trattamento deve essere individualizzato tenendo conto per i 63 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 bambini della loro età e capacità di collaborazione, del tipo di danno polmonare, della presenza o meno di complicanze, per gli adulti delle loro preferenze e dello stile di vita. Elenchiamo le principali tecniche di drenaggio delle secrezioni, ricordando che allo stato attuale non esistono evidenze della superiorità, in termini generali di efficacia, di una terapia rispetto all‟altra. Lavaggio nasale. Rientra nelle pratiche di terapia respiratoria la toilette delle cavità nasali. Il frequente ingorgo delle coane e delle cavità paranasali, legato al quadro di rinosinusite ed eventualmente di poliposi, rende necessario che anche il naso, come i bronchi, vengano liberati, per quanto possibile, dalle secrezioni stagnanti. La pratica più comunemente adottata, cui si dovrebbe abituare il malato fin dai primi mesi di vita, è quella dell‟irrigazione nasale. Si tratta di introdurre nelle cavità nasali (una per volta) soluzione fisiologica (anche ipertonica) in discreta quantità (20-30 cc per narice), usando una peretta o una siringa e mantenendo il capo inclinato in avanti. La pulizia delle vie aeree con la fisioterapia respiratoria, come quella del naso, deve essere prima di tutto eseguita con regolarità, allo scopo di eliminare quotidianamente i secreti bronchiali nasali, mantenendo una funzione respiratoria, per quanto possibile, stabile. Attività fisica sportiva. Per il bambino malato di fibrosi cistica non sarà mai abbastanza raccomandata l‟importanza di un‟educazione al gioco fin da piccolo, all‟attività fisica e al movimento, per quanto sia possibile, all‟aria aperta. Questo creerà l‟attitudine a coltivare l‟attività fisica ed anche allo sport nelle età successive. L‟attività fisica, anche intensa, ha molteplici azioni benefiche: aiuta a rimuovere le secrezioni bronchiali, tramite lo scuotimento impresso indirettamente al torace, favorisce e rinforza il buon funzionamento cardio–respiratorio, dà sicurezza al controllo del proprio corpo, sviluppa l‟autostima e la buona immagine di sé, facilita la socializzazione con altri. Tecniche di drenaggio bronchiale. Per rimuovere dalle vie respiratorie il muco che le ostruisce e favorisce le infezioni, sono a disposizione varie tecniche di rimozione (o drenaggio) delle secrezioni. Il trattamento deve essere individualizzato in base all‟età e alle condizioni respiratorie del soggetto, tenendo conto della compatibilità di tale terapia con le attività complessive del soggetto. La liberazione dai bronchi del muco stagnante viene favorita da trattamenti di “drenaggio bronchiale” ripetuti più volte al giorno, talora anche per qualche ora. Si applicano percussioni e vibrazioni sul torace del paziente in varie posizioni (Fig. 9). Il piccolo impara così a tossire efficacemente e a eliminare abbondantemente lo sputo. Fig. 9 – Il “drenaggio bronchiale” 64 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Questo è l‟aspetto più importante del trattamento, ma anche il più pesante, perché occupa molta parte del giorno ed è faticosissimo per il paziente e per la madre, su cui ricade di solito l‟onere di questa malattia. Inoltre speciali esercizi di ginnastica respiratoria e di ginnastica generale consentono al paziente di migliorare il rendimento respiratorio e la sua attività. Fra queste, la FET (Forced Expiratory Technique): si tratta di una singola espirazione forzata a glottide semichiusa. Utilizza il meccanismo della compressione dinamica per la risalita del muco, ma deve essere utilizzata in pazienti con un apparato respiratorio ancora in buone condizioni, dato il rischio di collasso delle piccole vie aeree. Per ovviare a tale effetto indesiderato possono essere utilizzati presidi come la “PEP MASK”, Positive Expiratory Pressure Mask (Fig. 10): l‟applicazione di una pressione positiva espiratoria esterna all‟apparato respiratorio consente di mantenere pervie le vie aeree durante l‟espirazione forzata; in pratica, la maschera nasce per ovviare al problema del collasso polmonare nella FET. È meno efficiente di questa nel provocare la risalita del muco, ma è più sicura. È la tecnica di scelta nella maggior parte dei Centri, ed è applicabile a qualsiasi età. Fig. 10 – Positive Expiratory Pressure Mask (PEP Mask) Nutrizione adeguata: l‟alimentazione deve essere ipercalorica e ricca di grassi. Sono importanti la somministrazione di enzimi pancreatici ad ogni pasto, in sostituzione di quelli che il pancreas non produce e l‟integrazione con vitamine liposolubili. Importante è infine la supplementazione con sali minerali, specie nel bambino piccolo, nella stagione calda e nell‟esercizio fisico sostenuto. Altri aspetti di terapia: l‟infiammazione polmonare si vale di qualche ciclo di terapia con cortisonici o altri farmaci antinfiammatori. Il cortisone è particolarmente impiegato nella complicanza “aspergillosi broncopolmonare allergica”. Negli adolescenti e negli adulti l‟interessamento del pancreas può provocare anche il diabete, che si cura con iniezioni quotidiane di insulina. Le varie complicanze hanno trattamenti specifici: fluidificazione del contenuto intestinale nelle sindromi ostruttive, fluidificazione della bile nell‟epatopatia, trattamenti per contrastare l‟osteoporosi. Per gli adulti che vogliono avere figli, l‟infertilità maschile può essere trattata con tecniche di procreazione medicalmente assistita. In caso di malattia polmonare molto avanzata, con insufficienza respiratoria irreversibile, il trapianto di polmoni offre la possibilità di allungare l‟aspettativa della vita. 65 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 11.8 Il destino del paziente con fibrosi cistica Negli anni ‟50, era improbabile che un bambino con fibrosi cistica potesse superare l‟anno di vita. Nel corso degli ultimi decenni l‟aspettativa di vita delle persone con fibrosi cistica è andata costantemente aumentando. Attualmente l‟età media di sopravvivenza è di circa 30 anni e continua ad aumentare di anno in anno. Alcune persone con fibrosi cistica hanno tuttavia già superato i 50, i 60 ed anche i 70 anni (Fig. 11). Fig. 11 Tutto dipende dalla precocità della diagnosi e dell‟inizio del trattamento, dalla scrupolosa osservanza di un metodo di cura che permetta a questi pazienti di superare la difficile fase dell‟infanzia. Il trattamento richiede un notevole impegno da parte del paziente e di chi lo cura. È possibile in tal modo concedere a questi ragazzi una vita quasi normale nelle loro famiglie, nella scuola, con i compagni di gioco. E man mano che l‟età cresce essi possono essere educati ad un inserimento pressoché completo nella vita sociale. 11.9 Le prospettive della ricerca scientifica Molto rimane ancora da scoprire in questa malattia. Ne conosciamo tutti gli aspetti clinici, ne conosciamo il modo di trasmissione, ma ignoriamo quale sia l‟intima essenza del male, il difetto molecolare che è alla base del disordine. Dalla conoscenza del difetto fondamentale si potrà risalire ai mezzi terapeutici per aggredire la malattia alla radice. Molti studiosi e scienziati lavorano intensamente in questa direzione ed alcuni passi importanti sono stati compiuti negli ultimi anni. 66 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Un aspetto importante della ricerca è quello di trovare un metodo sicuro per identificare i portatori sani della malattia, al fine di poter attuare la cosiddetta “profilassi eugenetica”. PTX3 “Acchiappabatteri”: ricercatori che operano presso la Fondazione Humanitas di Milano, in collaborazione con l‟Istituto San Raffaele, hanno scoperto la “Pentrassina lunga” (PTX3), una proteina prodotta da varie cellule dell‟organismo, che costituisce una componente essenziale dei meccanismi di difesa contro alcuni batteri (fra cui Pseudomonas aeuriginosa). PTX3 è una “proteina acchiappabatteri”: li lega e li rende riconoscibili, facilitando la loro eliminazione da parte dei globuli bianchi. È già stata sperimentata su topi fibrosi cistica, e ha dimostrato di ridurre la carica batterica, l‟infiammazione e il danno polmonare. PI3Kgamma: molto promettenti, anche se ancora in fase iniziale, sono gli studi condotti presso l‟Università e il Centro Biotecnologia Molecolare di Torino in collaborazione con l‟Università di Tubingen (Germania): i ricercatori studiano un‟altra proteina della cascata infiammatoria, chiamata PI3Kgamma, che ha il compito di richiamare in grande quantità i globuli bianchi nella sede dell‟infiammazione. Questi, nella malattia polmonare fibrosi cistica, hanno inizialmente un ruolo difensivo, ma diventano rapidamente eccessivi, inefficaci e dannosi. Gli esperimenti condotti nei topi hanno dimostrato che, in assenza di PI3Kgamma, l‟animale presenta una diminuzione della concentrazione di globuli bianchi nei polmoni e successivamente una riduzione delle lesioni polmonari. Si tratta ora di trovare un inibitore di PI3Kgamma per avere un farmaco antinfiammatorio del tutto nuovo. 11.10 Problemi psicologici, familiari, economici e sociali Il termine di “Lotta” si addice in pieno alla incessante fatica impiegata da familiari, medici, infermieri e fisioterapisti per recuperare alla vita questi pazienti. Nessuna malattia richiede, come la fibrosi cistica, un impegno totale, fisico ed emotivo, senza tregua, da parte di chi assiste e cura questi bambini. Ma la lotta più dura è quella combattuta dal bambino, che dapprima subisce passivamente una disciplina curativa che non capisce e non accetta e che poi abbraccia progressivamente e responsabilmente, a costo di grande sacrificio, per ottenere il diritto a “vivere come gli altri e tra gli altri”. La malattia incide profondamente sulla vita del nucleo familiare. Il senso della tara, la paura di generare nuovi figli malati, la logorante fatica quotidiana per curare il figlio ammalato, crea una situazione abnorme di rapporti familiari, incentrati in uno stato di ansia che toglie serenità all‟esistenza e che si ripercuote dannosamente sul paziente stesso, vittima spesso di un atteggiamento troppo protettivo da parte dei genitori, anche quando le condizioni di salute non lo richiedono. L‟impegno maggiore e la maggiore sofferenza emotiva gravano in genere sulla madre, che rischia di staccare il suo interesse dal marito e dagli altri figli sani e che è obbligata ad abbandonare ogni altra attività per fare l‟infermiera o la fisioterapista di suo figlio, a tempo pieno. Queste famiglie il più delle volte si isolano da parenti e da amici in un esistenza che non ha respiro e prospettive. Ed esistono anche i casi in cui più di un figlio nella stessa famiglia è colpito dalla malattia. Si aggiungano i gravissimi oneri finanziari che la malattia comporta. Il contributo degli Enti mutualistici ed assistenziali è modesto in rapporto alla necessità imposte dalla cura di tali ammalati. Ed allora vediamo numerose famiglie concentrare le loro scarse risorse economiche esclusivamente sulla cura del bambino malato, precludendosi ogni altra possibilità che alle normali famiglie è concessa. Per alcune famiglie la malattia significa la miseria, per altre l‟impossibilità di curare il bambino. 67 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 11.11 Assistenza Sanitaria Dal 1° gennaio 1994, con l‟emanazione della legge 548 del 23 dicembre 1993 “Disposizioni per la prevenzione della cura della Fibrosi Cistica”, le persone affette da fibrosi cistica hanno diritto a tutta l‟assistenza sanitaria di cui hanno bisogno, senza alcun onere di spesa. Grazie a tale legge, infatti, tutte le regioni hanno l‟obbligo di fornire gratuitamente, tramite le Aziende Sanitarie Locali di residenza del paziente, il materiale medico tecnico e farmaceutico occorrente per l‟aereosol terapia, l‟ossigeno terapia, l‟antibiotico terapia, la fisiochinesiterapia e la riabilitazione, la terapia nutrizionale enterale e parenterale e quanto altro possa essere ritenuto necessario per le cure domiciliari. La legge è rivolta principalmente a: favorire la prevenzione essenzialmente attraverso programmi di screening dei portatori sani, programmi di diagnosi precoce e diffusa e programmi d‟informazione e di educazione sanitaria. istituire un centro specializzato di riferimento (CRR) in ogni regione con compiti di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei malati; assicurare ai pazienti la completa gratuità di ogni mezzo terapeutico necessario per le cure domiciliari; assicurare l‟eventuale trapianto di organi e di servizio di trasporto immediato anche aerei, gratuitamente; sollecitare e sostenere programmi di ricerca rivolti alla conoscenza del difetto di base, alla prevenzione e alla cura della malattia; agevolare l‟inserimento sociale, scolastico e lavorativo delle persone affette da FC. Inoltre dal 1992, anno di emanazione della legge numero 104 sono stati introdotti agevolazioni fruibili sul posto di lavoro esplicitamente dirette ai genitori e ai familiari di persone con Handicap in situazioni di gravità. Questo testo è oggi in riferimento normativo per tutto ciò che riguarda le agevolazioni sul posto di lavoro per tutti i genitori lavorativi. 68 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 69 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 12. CENNI DI FISIOLOGIA DELL’APPARATO RESPIRATORIO L‟aria che respiriamo passa attraverso le vie aeree, costituite da: fosse nasali, faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli. Fig. 12 Dalle fosse nasali l‟aria attraversa il faringe ed entra in laringe (organo deputato alla fonazione). Dal laringe l‟aria continua il suo cammino attraverso la trachea, la quale si divide in due condotti, i bronchi principali che si diramano in una fitta rete di bronchi e bronchioli, nel parenchima polmonare. I polmoni sono costituiti da numerosissime cavità, chiamate alveoli, all‟interno dei quali avvengono gli scambi gassosi. Fig. 13 70 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 12.1 Le funzioni L‟atto respiratorio si compie attraverso due movimenti distinti: l‟inspirazione e l‟espirazione. L’inspirazione dell‟aria avviene grazie all‟espansione della gabbia toracica da parte della muscolatura respiratoria: i polmoni, solidali con i movimenti del torace, si dilatano anch‟essi: al loro interno si crea una “pressione negativa” rispetto all‟ambiente esterno, che attira il flusso d‟aria lungo le vie respiratorie fino agli alveoli. Gli scambi gassosi fra l‟aria inspirata e il flusso sanguigno avvengono nei polmoni, attraverso la parete degli alveoli stessi. Nella fase espiratoria, i polmoni tornano al loro volume originario con il ritorno del diaframma, delle coste e dello sterno alla posizione di partenza. 1) Ematosi La prima funzione dell‟apparato respiratorio è quella di assicurare l’ematosi, cioè la trasformazione del sangue venoso in sangue arterioso. L‟incessante alternanza del movimento inspiratorio, durante il quale l‟aria penetra nei polmoni, e del movimento espiratorio, durante il quale l‟aria fuoriesce dai polmoni verso l‟esterno, produce un costante rinnovamento dell‟aria contenuta negli alveoli polmonari. Questo rinnovamento permette l‟ossigenazione del sangue e l‟eliminazione dell‟anidride carbonica in modo da permettere alle cellule dell‟organismo l‟opportuna respirazione. 2) Fonazione Secondariamente, l‟apparato respiratorio serve a produrre il respiro necessario per l‟esecuzione di un certo numero di azioni quali il soffiare, lo sputare, il tossire, il fischiare, così come parlare, cantare, gridare. Nel momento dell‟esecuzione di tutte queste azioni, di cui il soffio è il motore, la primaria funzione dell‟apparato respiratorio – l‟ematosi – deve continuamente essere assicurata. Ugualmente, nella fonazione, l‟apparato fonatorio deve assicurare nello stesso tempo una duplice funzione: 1) continuare a garantire l‟ematosi; 2) fornire un respiro adatto alle necessità variabili della produzione vocale. 3) Protezione del polmone dagli agenti atmosferici nocivi L‟aria trasporta polveri sottili (dette anche particelle “PM5” e “PM10”) nocive per il tessuto polmonare: l‟apparato respiratorio è dotato di un sistema di filtraggio e depurazione dell‟aria dalle particelle nocive. Infatti, la mucosa (il rivestimento che tappezza ogni organo cavo: stomaco, trachea, faringe, bocca) che ricopre le vie aeree produce una sostanza iperdensa chiamata muco che, tra le altre funzioni, ha anche quella di intrappolare le particelle PM5 e PM10. Il muco viene trasportato verso la trachea dall‟apparato ciliare (Fig. 14), che riveste la superficie endocanalare delle cellule della mucosa respiratoria e che si muove con battito sincrono. Quando il muco si accumula in trachea attiva i recettori che innescano il riflesso della tosse. La tosse è un improvviso aumento di pressione delle vie aeree a glottide chiusa, al quale fa seguito l‟apertura del la glottide e l‟improvviso calo pressorio che fa espellere il muco. 71 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Fig. 14 – L’albero bronchiale 72 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 13. IL CANTO COME ATTIVITÀ PSICOFISICA NEI PAZIENTI MALATI DI FIBROSI CISTICA Inserirò una relazione dal titolo: “Il canto per bambini e adulti con fibrosi cistica” fornitami in lingua originale inglese, dal Prof. Mastella, suo medico curante e direttore della Fondazione Italiana per la Fibrosi Cistica dell’Ospedale di Verona. La fibrosi cistica, quindi, è una malattia ereditata geneticamente che colpisce i maggiori organi come i polmoni, il pancreas, il fegato e i reni. Gli individui con la fibrosi cistica producono un eccesso anomalo di muco denso nelle vie respiratorie, cosa che li rende più esposti alle malattie polmonari. Infezioni ripetute alle vie respiratorie portano ad un danno irreversibile ai polmoni2. La gestione della fibrosi cistica comporta un trattamento giornaliero su più fronti che di solito include fisioterapia per la pulizia delle vie respiratorie, esercizi fisici, prendere enzimi pancreatici ed altre medicine, come anche ricoveri ospedalieri. Un regime di cura così intenso può avere un impatto psicosociale negativo sui bambini e gli adolescenti 3 , ma particolarmente sugli adolescenti 4 . Studi precedenti hanno scoperto che gli individui affetti da fibrosi cistica hanno verosimilmente una scarsa qualità della vita (QoL)5. Diversi studi hanno rilevato che persone come i cantanti professionisti, che utilizzano la respirazione diaframmatica, mostrano una più efficiente capacità polmonare rispetto ai cantanti non professionisti6. Negli individui con malattie respiratorie, voci non confermate suggeriscono che terapie aggiuntive che includono esercizi di respirazione, come il canto, hanno un significativo effetto salutare sia per l‟evoluzione della malattia7 che per il benessere psicologico8. Il canto non è soltanto una forma di espressione vocale ma anche una complessa attività fisica. Il canto richiede un buon controllo della respirazione a causa del maggior intervallo di tonalità raggiunte durante il canto rispetto al parlato, della maggiore lunghezza delle frasi musicali rispetto al linguaggio parlato e della maggiore gamma dinamica utilizzata quando si canta una canzone. Per raggiungere queste prestazioni sia artistiche che fisiche, i cantanti utilizzano il metodo della respirazione diaframmatica. Il diaframma, come principale muscolo inspiratorio, genera la pressione subglottidale necessaria al canto. Suoni più forti e più alti sono associati ad un maggior volume polmonare9. I muscoli respiratori come l‟addominale trasverso, gli obliqui esterni ed interni e gli intercostali, devono essere pienamente utilizzati per regolare il flusso d‟aria durante il canto. Così, i cantanti di formazione classica mostrano una gestione più efficiente dei polmoni e un maggior utilizzo della loro capacità polmonare rispetto ai non cantanti10. Phelan 1994. Glasscoe 2008. 4 D‟Auria 2000. 5 Quittner 2008. 6 Collyer 2009; Formby 1987. 7 Stacy 2002. 8 Unwin 2002. 9 Sundberg 1987. 10 Collyer 2009; Leanderson 1988; Thomasson 1999. 2 3 73 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Anche i muscoli respiratori giocano un ruolo importante nel produrre una tosse efficace, che è essenziale per la salute dei polmoni negli individui affetti da fibrosi cistica. Per una tosse efficace, sono necessarie: un‟elevata pressione subglottidale e una grande forza espiratoria11. Per incrementare la propria capacità di produrre la massima pressione espiratoria, è necessario utilizzare la respirazione diaframmatica perché essa aiuta ad aumentare il volume polmonare e rinforza la capacità dei muscoli respiratori12. Il canto può anche ridurre la paura, l‟ansia e la percezione del dolore13 e migliora l‟umore14. Inoltre, il canto può dare non solo benefici alla salute ma anche divertimento. Alcuni studi hanno scoperto che, quando in un esercizio respiratorio venivano utilizzati anche il canto o la musica, i partecipanti asmatici mostravano una migliore disposizione al trattamento dovuta al divertimento che aumentava la motivazione15. In più, un certo numero di testimonianze, dimostrano i benefici del canto nell‟aumentare la QoL delle persone affette da malattie polmonari16. Alcuni studi volti ad analizzare gli effetti del canto o della musica sulla salute dei polmoni e la QoL di individui affetti da malattie polmonari ostruttive croniche (COPD), enfisemi e asma, indicano che il canto può essere un intervento di supporto divertente, economico e a basso rischio, per la salute dei loro polmoni e per il miglioramento della loro QoL17. L‟uso del canto come intervento nelle malattie respiratorie richiede l‟attivazione, oltre che delle corde vocali e dell‟apparato laringeo, anche dei muscoli di tutto l‟apparato respiratorio, attraverso la respirazione diaframmatica18. La respirazione diaframmatica può aumentare la forza dei muscoli respiratori e ciò apporta maggior volume polmonare e tosse efficace19. Molte canzoni contengono frasi musicali di lunghezza maggiore rispetto ai discorsi parlati, note di diversa altezza, e variazioni della dinamica (piani o forti), che coinvolgono attivamente i muscoli respiratori. Una seduta di canto può essere condotta in sessioni individuali o di gruppo, in un contesto senza critiche e giudizi e che sia di sostegno. Il programma bisogna che sia di sufficiente lunghezza e intensità per permettere ai partecipanti di apprendere bene la tecnica della respirazione diaframmatica. Ciò può variare da individuo a individuo a seconda dell‟età, del background, della gravità della malattia, dell‟esperienza che hanno avuto con il canto e la musica in generale, e dalla relazione tra l‟istruttore di canto e il paziente. Uno studio condotto su persone affette da enfisema (di oltre 60 anni di età) ha mostrato che almeno due sessioni di mezz‟ora ciascuna sono necessarie per imparare correttamente la tecnica della respirazione diaframmatica20. Kang 2006. Sapienza 2002; Wiens 1999. 13 Kenny 2004. 14 Unwin 2002. 15 Fukuda 2000; Lipawen 2000. 16 Stacy 2002. 17 Engen 2005; Griggs-Drane 1999; Irons 2010; Wade 2002. 18 Sundberg 1987. 19 Kang 2006; Wiens 1999. 20 Engen 2005. 11 12 74 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Perché è importante fare questa analisi Una recente analisi sistematica della Cochrane ha trovato pochissimi studi di ricerca sugli interventi non medici nel campo della Fibrosi Cistica 21 . Nonostante i progressi nel trattamento clinico della Fibrosi Cistica, non sono state approntate terapie psicologiche atte a migliorare il benessere emotivo22. Ad oggi, il trattamento della fibrosi cistica è stato dominato da rigorose cure mediche, che sono sicuramente essenziali. Tuttavia, la grande importanza data alle cure mediche per la fibrosi cistica può rispecchiare una visione orientata alla malattia, nella quale solo i sintomi fisici vengono trattati. Un trattamento medico da solo non è sufficiente a migliorare tutti gli aspetti della QoL dei pazienti affetti da fibrosi cistica. Un regime di trattamento multidisciplinare può essere efficace per soddisfare le molte (e complesse) necessità degli individui affetti da Fibrosi Cistica. Le ricerche in psicologia della salute supportano questo punto di vista e mostrano in maniera evidente che numerosi fattori influenzano sia la malattia che il benessere23. Bisogna tener conto di ciò quando si offre un servizio alla salute mirato ad ottenere i migliori risultati sia a livello medico che psico-sociale. Il canto è un intervento aggiuntivo relativamente poco costoso che può potenzialmente migliorare la QoL e ridurre almeno in parte i trattamenti medici per le persone affette da fibrosi cistica. Risultati principali Alcuni studi suggeriscono che la musica può essere benefica come strategia aggiuntiva di gestione dei pazienti malati di fibrosi cistica. Future ricerche circa l‟efficacia di una terapia a basso costo ma potenzialmente efficace sui muscoli respiratori e sul benessere psico-sociale, sono assicurate. Studi precedenti hanno dimostrato che il canto ha la potenzialità terapeutica di migliorare la qualità della vita di persone con malattie respiratorie croniche, come enfisema, asma e COPD 24. Il canto, almeno certuni tipi di canto che utilizzano la respirazione diaframmatica, può rinforzare i muscoli respiratori. Glasscoe 2008. Elgudin 2004. 23 Bernard 1994; Knight 1998. 24 Engen 2005; Griggs-Drane 1999; Irons 2010; Wade 2002. 21 22 75 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 14. LA VOCE La voce è uno strumento d‟espressione e di comunicazione e si presenta sotto aspetti infinitamente variabili. In base all‟espressività della voce, alle circostanze in cui essa si produce, allo stato d‟animo del soggetto, eccetera, si possono distinguere varie “specie vocali”, come ad esempio voce maschile, femminile, forte, debole, supplicante, decisa, calda, secca, confidenziale… tanto per citarne alcune. 14.1 La produzione della voce: l’apparato vocale Anche se alcuni autori come Grotowski affermano che la voce può essere prodotta da ogni parte del corpo umano (cioè dalle vibrazioni emesse in qualsiasi zona: spalle, nuca, reni…), di fatto la voce si origina nell‟apparato vocale, che viene classicamente suddiviso in tre parti (Fig. 15): - Il mantice Il vibratore Il risuonatore Fig. 15 14.1.1 Il mantice La voce può essere considerata come un‟espirazione sonora. Nella respirazione calma i polmoni si riempiono in misura variabile, per azione dei muscoli inspiratori e si vuotano parzialmente ad ogni atto espiratorio per il semplice ritorno dei medesimi muscoli in posizione di risposo. Nella fonazione, al contrario, l‟espirazione è attiva: l‟aria è spinta fuori dai polmoni grazie all‟azione dei muscoli espiratori. L‟espirazione attiva, necessaria alla produzione della voce, si chiama “soffio fonatorio”. L‟emissione del soffio fonatorio è preceduta all‟inizio da un‟inspirazione e da uno slancio respiratorio: è necessario immagazzinare aria nei polmoni perché questa è la materia prima della voce. Uno slancio respiratorio ben adattato è un importante elemento di buona salute dell‟atto vocale. Muscoli respiratori La respirazione avviene attraverso il coinvolgimento dei muscoli respiratori, che vengono suddivisi in vari gruppi, in base alla loro importanza. 76 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Il muscolo inspiratore principale è il diaframma, lama muscolare a forma di cupola che separa il torace dall‟addome. Esso assume un importante ruolo nella Proiezione vocale: ruolo inspiratorio nel momento dello “slancio vocale”, ruolo di regolatore del soffio fonatorio nel momento della produzione vocale propriamente detta. Meccanica toracica Nel suo insieme il torace è sottoposto a due modalità di movimento che possono essere eseguite isolatamente o congiuntamente in proporzione variabile secondo i casi. Si distinguono un movimento di elevazione-abbassamento e un movimento di dilatazione-restringimento. Il respiro detto “addominale”, che ha luogo nel momento della proiezione vocale, viene effettuato secondo la modalità: “dilatazione inspiratoria ↔ restringimento espiratorio”. La dilatazione inspiratoria corrisponde allo slancio che precede il respiro fonatorio, il restringimento espiratorio corrisponde al soffio fonatorio propriamente detto. La fonazione e i due tempi della respirazione La fonazione determina l‟adozione di un ritmo respiratorio particolare, fondamentalmente differente da quello della respirazione calma. Nella respirazione calma, infatti, il ritmo respiratorio è regolare, poiché la durata di ogni ciclo varia di poco da uno all‟altro. I due tempi respiratori sono di una durata comparabile, essendo l‟inspirazione solo un po‟ più lunga dell‟espirazione. Nella fonazione il ritmo della respirazione perde questa regolarità. L‟inspirazione si accorcia considerevolmente e prende il significato di uno slancio del gesto fonatorio. L‟espirazione diventa soffio fonatorio, è variabilmente prolungata, inframmezzata da pause con blocchi laringei corrispondenti alle esitazioni naturali che sottolineano la realizzazione della parola spontanea. Quando la funzione fonatoria passa in primo piano e diventa fattore determinante del comportamento respiratorio, le necessità dell‟ematosi passano in secondo piano. Questo sconvolgimento ritmico, dettato dall‟attività fonatoria può però determinare, quando non ben compensato, uno stato di ematosi insufficiente, che a sua volta provoca respiro affannoso, fastidioso per la fonazione. Tempo inspiratorio Nella respirazione calma, solamente il tempo inspiratorio necessita l‟attivazione di un lavoro muscolare che fa appello, in maniera variabile secondo gli individui, a tre sistemi muscolari distinti: elevatori del torace, dilatatori del torace e diaframma. Tempo espiratorio Il tempo espiratorio è, nella respirazione calma, il risultato del ritorno alla posizione di riposo del torace sotto l‟influenza di forze d‟elasticità toracica e polmonare, quando i muscoli inspiratori cessano la loro azione. 77 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Respiro addominale In questo respiro, l‟azione dei muscoli obliquo e traverso dell‟addome, produce congiuntamente una retrazione della parete addominale che provoca un allontanamento del diaframma verso l‟alto e un abbassamento costale che comporta il restringimento laterale della gabbia toracica. Questi due movimenti combinati producono una compressione della parte inferiore del polmone. In questo movimento il diaframma, antagonista degli addominali, contiene e controlla l‟azione di questi muscoli, permettendo un dosaggio preciso del respiro secondo la necessità della voce. Gli addominali spingono e il diaframma trattiene, nello stesso modo in cui un operaio manovra una macchina per pulire i pavimenti: con una mano la spinge e con l‟altra la trattiene; questo gli permette di effettuare un lavoro nello stesso tempo energico e preciso. Ciò permette al laringe di distaccarsi dal suo ruolo di sfintere e di funzionare unicamente come vibratore in maniera molto più dolce. Si osserva che nel momento del respiro addominale, il torace non cede al momento dell‟emissione di aria. Al contrario, il manubrio sternale sembra leggermente proiettato in alto e in avanti. L‟esecuzione del respiro addominale suppone uno slancio inspiratorio toraco-addominale. Dissociazione costo-addominale Si osserva a volte che una dissociazione del movimento della parete addominale e del movimento di restringimento della base toracica provoca ciò che si può definire un respiro addominale stretto. In questo atto la parete addominale esegue un importante movimento di retrazione, quando il torace non si chiude lateralmente o, a volte, si può anche dilatare paradossalmente. Questa dilatazione paradossale delle coste si osserva sovente nel momento di realizzazione della voce cantata, in cui essa è sotto la dipendenza dell‟espressività. Il comportamento toracico è particolarmente sensibile all‟azione delle emozioni, che si esprimono, fra l‟altro, attraverso l‟intermedianza della voce. Il problema dell‟economia acustica passa allora in secondo piano, in beneficio dell‟espressività. Respiro vertebrale I movimenti d‟estensione e di flessione della colonna vertebrale toracica hanno un‟azione respiratoria importante che si manifesta in particolare nel momento dell‟affanno. Nella fonazione, la flessione vertebrale interviene nella voce d‟insistenza o di pericolo. Questa, interviene quando il soggetto sente che il proprio atto vocale non raggiunge il proprio scopo, come nel caso dell‟effettuazione di un secondo richiamo quando la persona chiamata non ha sentito o, in un secondo esempio, quando cioè l‟interlocutore sembra non voler capire. La flessione vertebrale necessita l‟attuazione del lavoro di tutta la muscolatura del tronco, in particolare dei muscoli intercostali medi e del grande retto dell‟addome. Tale movimento provoca la perdita della verticalità con accentuazione delle curve dorsali superiori e cervicali. Il meccanismo della voce d‟insistenza o di pericolo è perfettamente fisiologico ed efficace in alcune circostanze, ma il suo utilizzo troppo prolungato rischia di provocare irritazioni laringee e l‟inizio di un circolo vizioso di sforzo vocale che sfocia in distonia disfunzionale. 78 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Fig. 16 – Visione globale degli organi della voce e della parola 79 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 14.1.2 Il vibratore (il laringe) Il laringe rappresenta l‟estremità superiore del tubo tracheale, nel momento in cui esso sfocia nella parte posteriore della gola (faringe). La funzione primaria del laringe è quella di permettere l‟otturazione della trachea. Secondariamente, esso costituisce l‟organo principale per la produzione della voce (fig. 16). È costituito da cartilagini collegate fra loro, da legamenti, lamelle aponeurotiche (sono lamelle tendinee che legano e avvolgono gli organi interni) e da muscoli ricoperti da mucosa. Le pliche vocali (corde vocali) fanno parte del laringe e sono costituite da due di questi muscoli e dalla mucosa che li ricopre. Le pliche vocali si presentano come due labbra orizzontali posizionate all‟estremità superiore della trachea, costituenti una sporgenza nella parte interna del laringe, l‟una a destra e l‟altra a sinistra. Si riuniscono anteriormente e possono aprirsi ed avvicinarsi l‟una all‟altra posteriormente. Accollandosi possono vibrare (come labbra vere e proprie) grazie all‟azione del soffio polmonare. La glottide costituisce lo spazio compreso fra le pliche vocali nel momento in cui esse sono lontane l‟una dall‟altra. Sotto alle pliche vocali esistono due ripiegamenti simili, le pliche vestibolari (o false corde vocali), che non rivestono alcun ruolo nella produzione della voce normale. L’epiglottide sormonta tutto l‟insieme di questi organi. È una valvola che abbassandosi posteriormente nel momento della deglutizione, forma un coperchio sul laringe in modo che gli alimenti passino dall‟esofago allo stomaco (e non nella trachea, per continuare verso i polmoni). Più esattamente l‟insieme del laringe sale mentre l‟epiglottide si abbassa su di esso. Un‟aspirazione di alimenti o di saliva è possibile se l‟epiglottide non si abbassa abbastanza velocemente, ma tale eventualità provoca altrettanto velocemente un accesso di tosse, che ha come scopo quello di espellere dalla trachea e dal laringe le particelle estranee che si sono introdotte accidentalmente. Il laringe è in fin dei conti l‟insieme composto dalla pliche vocali, l‟epiglottide e le cartilagini che servono da supporto e protezione. Le più importanti di queste cartilagini corrispondono al pomo d‟Adamo. Nel momento della fonazione, il pomo d‟Adamo è animato da movimenti verticali costanti, indispensabili all‟articolazione delle vocali “per la i il laringe s‟innalza, per la u s‟ abbassa”. 14.1.3 Il risuonatore (faringe e cavità orale) Il laringe superiore sfocia nel faringe. Il faringe o “incrocio aereo - digestivo”, non è nient‟altro che la cavità che fa seguito alla bocca, posteriormente alla lingua. È una cavità muscolare capace di restringersi lateralmente e in direzione postero-anteriore. Il volume del faringe è ugualmente suscettibile di variazioni verticali. Queste vibrazioni sono dipendenti dai movimenti d‟elevazione e abbassamento del laringe di cui abbiamo appena parlato. Tali movimenti intervengono in maniera molto importante nell‟articolazione delle vocali (fig. 17). 80 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Fig. 17 – I sei luoghi della parola Quando il velo palatino è abbassato, il faringe comunica con la zona posteriore delle cavità nasali, detta rinofaringe. Il velo palatino può essere immaginato come una valvola che alzandosi, impedisce alla‟aria di fuoriuscire dal naso. Durante la parola, il velo palatino resta abbassato per le vocali e le consonanti nasali: “an – on – in – un – m - n”, e si alza per gli altri suoni. Produzione fonica – Produzione fonetica Gli organi della parola sono suscettibili di produrre una gran quantità di suoni (produzione fonica). Un certo numero di questi suoni sono utilizzati nella parola (produzione fonetica). Si può considerare che i fenomeni sonori prendono vita in sei punti determinanti che chiamiamo i “rubinetti della parola”. I movimenti della lingua, delle labbra, della mascella, del velo palatino e del laringe, sono infatti in grado in ognuno di questi punti, di creare degli ostacoli capaci di opporsi alla corrente d‟aria sia frenandola, sia fermandola completamente, sia vibrando sotto la sua azione. Incidenza del funzionamento laringeo sulle qualità della voce La voce dipende da modificazioni fisiche che coinvolgono le pliche vocali (allungamento, spessore, ecc.). 81 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 14.2 Le tre qualità acustiche della voce Una moltitudine di fenomeni intervengono ed interagiscono a livello laringeo per dare alla voce umana una variabilità estremamente marcata che le permette di adattarsi con precisione alle molteplici circostanze in cui essa si deve manifestare. Ogni variazione della voce si riconduce tuttavia a delle modificazioni delle tre qualità acustiche del “suono vocale”: - Intensità Altezza Timbro Intensità L‟intensità di un suono vocale traduce l‟ampiezza della variazione di pressione corrispondente a tale suono. Sappiamo che un suono risulta dalla trasmissione di una variazione periodica di pressione, nella misura in cui il periodo si situa nello spettro udibile (fra 30 cicli e 16000 cicli al secondo). Altezza (o altezza tonale, o frequenza) L‟altezza di un suono esprime la frequenza della variazione di pressione corrispondente al suono stesso. Si traduce alla registrazione oscillografica, attraverso la caratteristica più o meno chiusa delle onde del tracciato. L‟insieme delle frequenze utilizzabili da un soggetto è chiamata estensione della voce. L‟insieme delle frequenze utilizzabili nella voce cantata è chiamata tessitura. In un cantante ben allenato, la tessitura può essere coincidente con l‟estensione. Timbro Rappresenta una caratteristica molto importante del “suono vocale”. Infatti, è essenzialmente dal timbro che si può identificare una persona solo ascoltandone la voce. Tuttavia, sul piano estetico, la qualità di una voce si basa soprattutto sulle qualità del proprio timbro. Dal punto di vista delle fisica, il timbro di un suono a carattere musicale, come per esempio quello della voce cantata, è sotto la dipendenza del numero e dell‟intensità relativa delle armoniche contenute nel suono stesso. Le caratteristiche anatomiche individuali (fisse) delle cavità di risonanza scatenano alcune particolarità riconoscibili del timbro vocale di un determinano individuo. Insomma, si riconosce “all‟orecchio” una tal persona soprattutto dai particolari caratteri delle proprie cavità di risonanza, come nella stessa maniera accadrebbe con il riconoscimento visivo, dato dai caratteri particolari del volto. 82 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 14.3 Registri Quando si emette una sequenza di suoni, partendo dal suono più grave possibile per arrivare al suono più acuto realizzabile, si osserva che la qualità della voce tende a cambiare bruscamente una o più volte nel passaggio alle note più acute. È così che si definiscono numerosi registri corrispondenti ognuno ad una zona d‟emissione vocale omogenea per una parte più o meno grande dell‟estensione vocale. Si distinguono innanzitutto due principali registri: il registro grave (o di petto) e il registro acuto (di testa). Il registro grave corrisponde ad un funzionamento laringeo in cui le pliche vocali si presentano sotto l‟aspetto di labbra spesse. Il registro acuto corrisponde ad un funzionamento laringeo in cui le pliche vocali si presentano sotto l‟aspetto di lamelle relativamente sottili. Attacco vocale – Arresto vocale L‟emissione vocale può iniziare con un colpo di glottide e terminare con un blocco della glottide. Può al contrario iniziare con un attacco dolce e terminare per il semplice arresto del soffio. Nel primo caso il laringe riveste nello stesso tempo un ruolo di “rubinetto” e uno di strumento musicale. Prima dell‟emissione, il laringe è chiuso e controlla la pressione polmonare. L‟inizio dell‟emissione è realizzato con un rilassamento relativo a livello laringeo che passa così dallo stato di chiusura a quello di vibrazione. Questo sistema a regolazione approssimativa è conveniente all‟emissione della voce nonproiettata come nel momento della conversazione calma, con uso del respiro toracico superiore. A volte questo tipo d‟emissione si incontra nel momento di esitazione della parola, di rumori di sfrigolio o di “borbottii” che corrispondono ad una fuga d‟aria sonorizzata, attraverso la glottide non completamente bloccata. L‟attacco vocale con colpo di glottide si rileva ugualmente spesso durante l‟emissione della voce di insistenza o di pericolo. Nel secondo caso, il laringe non si prende carico del controllo del debito d‟aria. Prima dell‟emissione, il laringe è aperto (pliche vocali in abduzione). All‟inizio dell‟emissione, il soffio è messo in azione nel momento preciso in cui le pliche vocali si avvicinano (movimento d‟adduzione) provocando la loro vibrazione. Nello stesso modo, il soffio si ferma nel momento preciso in cui l‟emissione cessa. Il laringe passa così dallo stato d‟apertura a quello vibratorio e viceversa. Tale sistema necessita di una regolazione molto più precisa del soffio fonatorio, più facilmente realizzata dal respiro addominale in cui agiscono in sinergia addominali e diaframma; interviene nel momento della voce proiettata (o direttiva). 14.4 Circolo vizioso dello sforzo vocale La prima cosa che si fa inconsciamente quando la voce non “suona bene”, per qualsiasi ragione, è di forzarla affinché “esca” ugualmente. Tale sforzo vocale si traduce forse all‟inizio con un accrescimento momentaneo di efficacia, ma al prezzo di uno sforzo “smisurato” che sfocia in una progressiva diminuzione di rendimento (cioè del rapporto efficacia/dispendio d‟energia). Normalmente questo stato conduce ben presto ad una riduzione volontaria della produzione vocale. Così, da quando si prende più o meno coscienza della difficoltà vocale, questo primo tentativo inconscio di sforzo viene sostituito da un comportamento di moderazione: per qualche ora o qualche giorno ci si sforza di limitare la produzione vocale, o almeno di limitarne l‟intensità, fino al ritorno alle condizioni più favorevoli per la fonazione. Ma patologicamente, sotto l‟effetto di fattori favorenti (azioni tipo: chiamare qualcuno, dare un ordine, affermare, informare, interrogare, prodursi vocalmente in pubblico..), il soggetto può essere 83 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 condotto a continuare ad accrescere il proprio sforzo, proporzionalmente all‟abbassamento del rendimento vocale: in questo modo, meno facilmente si produce la propria voce, più egli si sforza… e più si forza, meno diventa facile produrre la voce. È il classico circolo vizioso di sforzo vocale. Tale aumento di sforzo finisce per divenire un‟abitudine e conduce a distorsioni durature del meccanismo della produzione vocale che alterano in particolare la meccanica della voce. Anche l‟emozione prende spesso alla “gola”, sovente è chiamata in causa, oppure, periodi segnati da eventi professionali o familiari che causano un affaticamento, o una malattia che indebolisce le capacità di resistenza fisica. Tutto questo partecipa alla costituzione del temperamento nervoso. Il soggetto nervoso ha difficoltà ad adattarsi ad un intralcio momentaneo della sua funzione vocale nella misura in cui egli non lascia a sé stesso il tempo di acquisire le disposizioni necessarie per gestire la propria voce. 84 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 15. CONCLUSIONI La rivisitazione del lavoro svolto con Licia, alla luce delle mie conoscenze attuali in materia di musicoterapia, mi ha permesso di evidenziare alcuni aspetti fondamentali. In primo luogo va considerato che Licia non è diventata una cantante professionista poiché, a causa della sua malattia, non le sarebbe stato possibile seguire un percorso vero e proprio di formazione canora. Se da un lato ciò potrebbe apparire come un limite al lavoro che mi ero apprestata a fare con lei, dall‟altro ha avuto dei risvolti positivi, forse addirittura migliori di quanto mi aspettassi. Il canto ha aperto a Licia delle strade nuove: ha fatto sì che migliorasse nella socializzazione, stringendo amicizia non solo con me ma anche con tutte le altre persone all‟interno della scuola. Alla fine del percorso, Licia è riuscita a salire su un palcoscenico, esibendosi di fronte a tante persone, ma c‟è di più. Lo stimolo positivo esercitato dalla voglia di cantare le aveva permesso di velocizzare tutte le sue attività quotidiane, dal magiare al lavarsi, vestirsi e sottoporsi alle terapie di drenaggio e aerosol. Alla fine non era più la madre a doverla stimolare a fare, ma lei stessa s‟impegnava al massimo, di sua iniziativa. Era arrivata al punto di chiedere che le comprassero una bicicletta per potersi recare da sola a scuola di canto, lei che era tutt‟altro che una sportiva! Durante i suoi soggiorni alle terme di Riolo, dove andava per le cure di routine, aveva cominciato ad esibirsi sul palco assieme al musicista del piano-bar. Pertanto, a ben guardare, Licia con la “scusa” del canto ha cominciato a concentrare la sua attenzione su altro che non fosse la sua stanza o la terapia quotidiana; l‟amicizia con me e con le altre persone, e la musica, erano diventate qualcosa di fondamentale per la sua vita. Tutto ciò ha sicuramente alleggerito le sue giornate, donandole benessere, maggiore autostima e maggiore forza mentale. In altre parole, il canto ha reso Licia meno emarginata di quanto non fosse prima. Anche i genitori sono stati aiutati dal percorso di Licia, sia dal punto di vista delle attività quotidiane, sia soprattutto dal punto di vista emotivo, come si legge nel racconto della madre: “Quando una figlia sorride, dentro te è come se ti sentissi riempire di tante bollicine sorridenti”. Ancor oggi, a distanza di vent‟anni, mi ritrovo a frequentare i genitori di Licia. E quando mi sono recata da loro per chiedere il permesso di fare questa tesi, il loro cuore si è riempito di gioia al solo pensiero che si parlasse ancora di Licia, loro che pensavano che lei fosse come “chiusa in uno scatolone”, come un capitolo ormai chiuso nella mente e nel cuore delle persone che l‟avevano conosciuta durante la sua esistenza. In conclusione, dopo aver esaminato i fatti, le testimonianze dei genitori e il parere degli esperti, ritengo di poter affermare che il percorso musicale e vocale che ho posto in essere con Licia abbia rappresentato sicuramente una forma di musicoterapia, che ha dato i suoi risultati. È chiaro che le malattie degenerative presentano aspetti complessi e pieni di sfumature. La personalità, il carattere e l‟umore di Licia non potevano non portare i segni della sofferenza e della consapevolezza, per quanto taciuta, di una morte sentita precoce, vicina e ingiusta. Non so quanto la musicoterapia abbia potuto agire sull‟andamento della sua malattia. Se abbia potuto o meno rallentarne il decorso. Credo, più verosimilmente, che le abbia restituito il piacere di vivere il suo presente, le abbia regalato una forza che le era sconosciuta e che l‟ha aiutata a cercare la felicità, quella a cui tutti abbiamo diritto. Ci sono cose che si possono cambiare e bisogna lottare per farlo. Altre, non si possono cambiare e bisogna saperle sopportare. Ma ancora più necessario è capirne la differenza. La musicoterapia, credo, le abbia dato il coraggio di accettarsi e l‟energia per scoprire risorse inesplorate. La musica ha cambiato il colore dei suoi giorni. E, forse, le ha dato un cuore più forte per sopportare una fine che nulla avrebbe potuto allontanare. La musica è una terapia e “la vita senza la musica sarebbe un errore”. 85 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 Dio soffiò nell’uomo l’Alito di Vita. Il Silenzio prima di nascere, il Silenzio dopo la morte, La vita è un puro rumore fra due insondabili silenzi. Il bambino inspira profondamente, sta in apnea per poi espirare in un vagito, così ha inizio la vita. L’anziano emette un debole sospiro e cessa di respirare così la vita ha termine. Lascio alla foto di Licia la conclusione della mia tesi perché ne è stata la “VERA PROTAGONISTA”, così come lo è stata nella mia vita. 86 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES BARBARA TAROZZI– SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2010 – 2011 16. BIBLIOGRAFIA - AA.VV., Il Canzoniere, Carisch, 2000. AA.,VV., Fibrosi costica (Mucoviscidosi), Associazione Veneta per la lotta contro la fibrosi cistica (a cura di), Verona. AA.VV., Notiziario FFC, Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica-Onlus, Verona, Dicembre, 2009. AA.VV., Notiziario FFC, Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica-Onlus, Verona, Agosto, 2010 AA.VV., Notiziario FFC, Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica-Onlus, Verona, Aprile, 2011. Benenzon R., Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, 1984. Borgo G., Buzzetti R., Mastella G., Fibrosi Cistica parliamone insieme. Parte seconda L’adolescenza, ffc fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica-onlus, Verona, 2010. 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