Sguardi di Natale

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Sguardi di Natale
SUPERIORE GENERALE
CONGREGAZIONE DEI SACERDOTI
DEL SACRO CUORE DI GESÙ
Dehoniani
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Prot. N. 0521/2016
Roma, 13 dicembre 2016
Ai Superiori Provinciali/Regionali/Distrettuali
A tutti confratelli dehoniani
Lettera di Natale 2016
Sguardi di Natale
Natale non è solo una festa religiosa, ma un’occasione di pausa, di riflessione, di ritrovo e
di ricordi non solo felici. Lo dicono duemila anni di storia, che ci consegnano il variegato
cammino di tanti che hanno sperato e lottato per una vita più dignitosa.
Uno sguardo per le strade
Accanto a molta gente che fatica perché segnata dalla povertà, si respira l’aria delle vigilie trascorse trascinandosi tra negozi intasati. Ci si perde nella lista dei regali ancora da fare a
persone di cui non si sa quasi nulla. Ci si lascia sedurre dalla sensazione di buttare dei soldi
per un oggetto inutilmente costoso che verrà magari riciclato.
In genere le persone ringraziano con un sorriso spontaneo per l’originalità di
quell’oggetto uguale a tanti altri che giacciono inanimati negli armadi di casa.
Se apri il telefono lo trovi invaso da centinaia di auguri che non si rivolgono direttamente
a te, ma all’intero elenco telefonico di chi invia messaggi augurali. Lui è sempre così spiritoso
e originale da impreziosire il messaggio con citazioni colte che ti consentono di ripassare le
espressioni più accattivanti di autori famosi.
È pur vero che si possono fare, e ci sono, cose più interessanti. Per esempio godere del
tempo di festa, governarne le situazioni e orientarle verso attenzioni rispettose delle persone.
Smettere di lamentarsi, di fare le vittime, di aspettarsi dagli altri la soluzione dei propri problemi. Diventare adulti. Profondi ma leggeri. Voler bene alle persone che la vita fa incontrare.
Uno sguardo in casa
È impossibile esaurire in poche righe, l’immensa festa del Natale e nemmeno le descrizioni che si tentano dicono pienamente la verità. È più giusto scoprire che natale è un dono. Il
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succo del Natale, quello vero è tutto qui, è il più stupefacente regalo della storia intera: Dio
dona se stesso.
Il dono occupa un posto centrale nella nostra Festa più bella. È un modo per insegnare la
bontà, fa uscire dall’essere avvitati su se stessi. Sono tanti i segni di benevolenza e i doni concessi alla nostra Congregazione nel corso dell’anno. Leggendo i fatti impariamo a scoprire
che alcune caratteristiche impreziosiscono la bontà del dono.
In genere ci piace che il dono sia personalizzato. Così facendo, sottolineiamo l’attenzione
per ciascuno, indistintamente. Ognuno di noi in questo anno ha trovato doni personali. Qualcuno ha assunto un nuovo incarico, diversi hanno raggiunto un traguardo, tutti hanno ricevuto
il programma per il sessennio e si sono incontrati con la figura di Abramo: “… credente che si
lascia dare forma da Dio, che ha il coraggio di mettersi in movimento, e che diventerà egli
stesso una benedizione per gli uomini e le donne (Gen 12,2), che sono incalcolabili come le
stelle del cielo e la sabbia del mare (Gen 15,5)”.
Vi sono, inoltre, regali che non finiscono mai. È bene che i regali siano duraturi. Sono
anche, i meno costosi. Qualche esempio: l’ascolto che è maturato all’interno delle nostre comunità, le preghiere che abbiamo condiviso per i momenti belli e quelli più difficili, le parole
buone che non abbiamo risparmiato a nessuno, la vicinanza vera alle situazioni più faticose. Il
cammino intrapreso con tutta la Congregazione vuole essere segnato dalla durata e non
dall’estemporaneità dei fatti e dei momenti. Questo è un compito che sentiamo di assumerci e
che chiediamo a tutti.
Per superare l’imbarazzo della scelta e il rischio di diventare incontentabili, siamo chiamati a sentire importanti i doni moderati. In questo ambito risulta bello il cammino che si sta
facendo per rendere più significativa la comunicazione all’interno della Congregazione. È una
strada ancora lunga, ma i passi che si stanno muovendo sembrano portare verso la strada giusta. I segni di cambiamento messi in atto depongono a favore di un servizio che può diventare
ricchezza per tutti. Il sito si è popolato di notizie, si sono cercati collaboratori, si è spaziato sui
continenti.
Ci sono poi regali che si desiderano. Sappiamo che molti si attendono segnali sul cammino della causa di beatificazione di p. Dehon. Perché il desiderio si compia abbiamo istituito
un comitato. Al gruppo si è chiesto di attivare una corretta dinamica di azioni e interventi:
mettere a fuoco il tema; aggiornare i dati in ordine alla beatificazione; definire un piano preciso di incontri; lavorare con tranquillità muovendo passi concreti di azione. Si desidera continuità per la Congregazione. Registriamo 51 novizi, 41 professi, 33 ordinazioni presbiterali.
Continua anche la famiglia del cielo, i confratelli che ci hanno lasciato sono stati 38. Li affidiamo alla bontà del Padre.
Ogni dono contrasta con la mentalità dell’avere. Una sola prova: a forza di “avere sempre
più”, si rischia di “non essere più”. All’interno della congregazione, in diversi ambiti siamo
stati chiamati a una purificazione, e alla ricerca di quello che è essenziale. La modalità per
arrivare a privilegiare quello che ci fa essere non è semplice. I processi che a volte si sviluppano in noi ci portano a giustificare tanta parte del nostro avere. Tutto sembra diventare necessario, ma più di tutto rimane necessaria una attiva vita comunitaria. Per “essere”, dobbia-
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mo cercare sempre più di “avere” una vita comunitaria. È forse l’unico “avere” che ci possiamo permettere di desiderare senza correre il rischio di impoverirci.
Infine il Bambino che festeggiamo a Natale ci aiuta a capire che il dono riscalda il cuore.
Sarà lui a consegnarci questa stupenda intuizione: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!»
(At 20, 35). L’anno santo della misericordia ci ha aiutata a dare concretezza a questa espressione. La nostra spiritualità ci ha permesso di valorizzare la forza del dono della misericordia
sgorgata dal cuore di Gesù. Tesoro consegnatoci da padre Dehon. È stato un anno particolarmente indovinato, e indubbiamente ricco di riscontri positivi nella vita delle persone che abbiamo avvicinato, e nella vita di ognuno di noi. Ci si è resi maggiormente conto che Dio lo
possiamo conoscere solo in un’esperienza passiva di misericordia, di amore e di riconciliazione, altrimenti diventa un idolo che ci fabbrichiamo su misura, il prodotto delle nostre proiezioni. La Giornata mondiale della gioventù a Cracovia è stato un segno di questo cammino.
Giovani vicini alle nostre comunità hanno condiviso nella gioia tempi di preghiera e di festa.
Uno sguardo sul mondo
Per tutte queste cose, e per le tante che potreste aggiungere voi, il Natale dovrebbe ispirare una storia intrisa solo di buoni sentimenti. Ma è pur vero che non manca la parte gelida della storia, che chiede di dire basta a neve, campane, angeli e stelle comete. Basta false buone
azioni, per dire di più le cose esattamente come stanno, denunciare l’atteggiamento di chi si
finge buono e tollerante. Basta con questa sospensione solo apparente delle ostilità reciproche
in occasione del Natale, una sospensione comoda, che dura solo le poche ore in cui dura la
festa.
Il Natale mette in luce le grandi guerre e contraddizioni della nostra storia, ma soprattutto
ci rivela che coviamo milioni di piccole guerre personali. Il conflitto parte dai nostri cortili.
La guerra siamo noi. Siamo chiamati a sopprimere orgoglio, certezze e dogmi e fare spazio
all’altro. Natale è una festa di famiglia. Non dobbiamo aver paura di uscire dalle nostre case
per condividere con chi ha meno di noi.
Se così fosse rischiamo di temere il diverso, quel Gesù bambino di colore, che diventa
l’immagine emblematica dei tanti stranieri che perdono la vita nei viaggi della speranza sulle
carrette del mare. Gesù di carne e ossa affondano nei mari, su barconi sgangherati, assieme a
genitori, fratelli, nonni, parenti e conterranei. Un presepe immenso si sposta e scompare negli
abissi. Due riferimenti ci aiutano a pensare questo fenomeno. Nel “programma del sessennio”
scriviamo: “Come figli di padre Dehon vogliamo dare risposte vere e un aiuto concreto ai
bisogni e alle necessità che si producono a causa dei fenomeni di migrazione e globalizzazione del nostro tempo” 1.
Papa Francesco ribadisce: «Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri
nella terra d’Egitto» (Dt 10,19). … la Chiesa incoraggia a riconoscere il disegno di Dio anche in questo fenomeno, con la certezza che nessuno è straniero nella comunità cristiana, che
abbraccia «ogni nazione, razza, popolo e lingua» (Ap 7,9) 2.
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Misericordia sulle tracce di Dio. Programma dell’amministrazione generale 2015-2021.
Messaggio per la giornata del migrante e del rifugiato (15 gennaio 2017). Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce.
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Gesù di stenti e privazioni continuano a soccombere nei regimi totalitari di questo mondo. Un mondo immenso di giovani alza con fatica lo sguardo per scrutare all’orizzonte la luce
di un futuro. Il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo3. Di conseguenza si rende necessaria un’educazione che insegni a pensare criticamente. Il vescovo di Macao, Stephen Lee Bun Sang, in un recente incontro ci chiedeva:
“Che cosa potete portare alla missione Asia al di là degli studi teologici?”
Verso tutti questi poveri “Cristi”, l’accoglienza diventa necessaria per noi Sacerdoti del
Sacro Cuore. In questi anni che ci vedono impegnati a vivere più direttamente i segni della
misericordia aiutiamoci insieme a scoprire sempre di più e meglio come essere risposta ai fallimenti dell’uomo e alle povertà che lo segnano. Il nostro natale sarà, allora, una festa per
strada, nelle case e dentro il mondo.
Un augurio a tutti, nel Cuore di Gesù, perché il bene del Natale sia tanto.
P. Heinrich Wilmer, scj
Superiore generale
e suo Consiglio
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Evangelii Gaudium, n. 64.
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