Dieta chetogenica nell`epilessia

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Nr. 245
dicembre 2013
Dieta chetogenica nell'epilessia
L'epilessia è un disturbo parossistico ricorrente delle funzioni cerebrali che di solito si manifesta tra i 2 e i
14 anni. E' caratterizzata da brevi e improvvisi episodi di alterazione dello stato di coscienza, attività
motoria e fenomeni sensoriali, causato da una scarica abnorme dei neuroni cerebrali. Le convulsioni, la
più comune forma di attacco, iniziano con la perdita della coscienza e del controllo motorio e poi con
contrazioni tonico-cloniche degli arti. Si tratta del disturbo neurologico più grave e frequente; in Italia, ha
una prevalenza di 4-5/1.000, con una incidenza annua di 52 nuovi casi ogni 100.000 persone. La prognosi
è buona. Il trattamento con farmaci anticonvulsivanti consente di ottenere la scomparsa delle crisi
(remissione) o una loro riduzione significativa nel 70% dei pazienti. Il restante 30% sviluppa una epilessia
cronica resistente a più farmaci associati che li espone ad un aumentato rischio di morte precoce, danni
fisici conseguenti alle cadute, disadattamento psico-sociale e ridotta qualità di vita. Una piccola parte dei
pazienti non responsivi alla terapia medica può essere sottoposta a resezione chirurgica dell'area di
funzionamento anomalo del cervello responsabile delle convulsioni (lobectomia temporale del focus
epilettico). Negli altri pazienti non resta che un'ultima possibilità: la dieta chetogenica.
Nel digiuno assoluto le crisi epilettiche scompaiono. L'osservazione ha portato a considerare e a
sperimentare diete ad elevato contenuto di grassi e povere di carboidrati, capaci di riprodurre condizioni
metaboliche simili a quelle del digiuno. L'effetto anticonvulsivante sarebbe dovuto alla formazione di
chetoni, prodotti terminali dell'utilizzo dei grassi come fonte energetica da parte dell'organismo. La dieta
chetogenica cerca perciò di simulare l'effetto del digiuno: molti grassi, adeguata percentuale di proteine,
pochi carboidrati, per formare acido acetoacetato e beta-idrossibutirrico (chetoni). La dieta va
accuratamente adattata alle esigenze nutrizionali del singolo bambino/adolescente, integrata con vitamine
idrosolubili (complesso B, folati, biotina e acido pantotenico) e mantenuta sotto stretto monitoraggio
clinico-laboratoristico. Di diete chetogeniche ne esistono alcune varianti come la Atkins modificata e la
MCT (a base di trigliceridi a catena media); quella classica fornisce il 90% delle calorie da acidi grassi a
catena lunga, una quota minima di 1g/kg di proteine e una ridotta percentuale di carboidrati, con un
rapporto tra grassi e proteine più carboidrati di 4:1 (o 3:1, 2:1, quando l'apporto proteico è necessario per
la crescita, come nei bambini e negli adolescenti). Introdotta per la prima volta negli anni '20, la dieta
chetogenica è stata abbandonata con l'avvento della fenitoina e degli altri antiepilettici. La diffusa
refrattarietà ai farmaci antiepilettici e il loro pesante carico di effetti indesiderati l'hanno resa di crescente
attualità come testimoniato anche dalla presenza in commercio di prodotti dietetici specifici (ketolac e
ketolac Infant Nutricia). L'efficacia della dieta chetogenica nel ridurre la frequenza degli attacchi convulsivi,
dapprima rilevata in studi osservazionali, è stata documentata anche da due studi controllati, randomizzati,
che ne hanno sancito la dignità terapeutica. Il più grande dei due studi ha coinvolto bambini/ragazzi
epilettici di età compresa tra 2 e 16 anni che nonostante il trattamento con 2 o 3 farmaci avevano 7 crisi
alla settimana: dopo 3 mesi di dieta, le crisi convulsive si sono più che dimezzate. Per stabilire se la dieta
chetogenica funziona (ed è ben tollerata), servono 3 mesi: se durante questo periodo di prova i benefici
sono evidenti (si ottiene cioè una riduzione di almeno il 50% delle crisi) la dieta viene in genere proseguita
per 2 anni. In caso di risposta particolarmente favorevole e in assenza di eventi avversi, la dieta può
essere protratta oltre i 2 anni (in letteratura sono descritti casi di durata superiore ai 6 anni). Nell’80% dei
bambini, i benefici si mantengono anche dopo la sospensione del trattamento.
La dieta chetogenica deve essere iniziata e mantenuta sotto la supervisione di un neurologo e un
nutrizionista, che seguano il paziente apportando i dovuti adattamenti “in corso d'opera”. Ad esempio,
l'eventuale comparsa di calcoli renali (dovuti a demineralizzazione ossea, aumentata eliminazione di calcio
e acidosi), che interessa un bambino su cinque - sette, va prevenuta con la somministrazione di citrato di
potassio. All'inizio del trattamento possono presentarsi problemi, come il vomito da chetosi, il reflusso
gastroesofageo, la stanchezza, il rifiuto del cibo o l'ipoglicemia, che devono essere affrontati e risolti
tempestivamente. Le controindicazioni sono rappresentate da rari disordini metabolici come la porfiria o il
deficit di carnitina.
Bibliografia
1. Ketogenic diets in the treatment of epilepsy. DTB 2012; 50:66-8. 2. Neal EG et al. The ketogenic diet for the treatment of childhood
epilepsy: a randomized, controlled, trial. Lancet Neurol 2008; 7:500-6. 3. Raju KNV et al. Efficacy of 4:1 (classic) versus 2,5:1 ketogenic
ratio diets in refractory epilepsy in young children: a randomized open labelled study. EpilepsY Res 2011; 96:96-100. 4. Neal EG. Efficacy of
dietary treatments of epilepsy. J Hum Nutr Diet 2010; 23:113-9. 5. Payne NE et al.The ketogenic diet in adolescent and adults- a review.
Epilepsia 2011; 52:1941-8.
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Crampi notturni nell'anziano: attenzione anche ai farmaci
I crampi sono contrazioni involontarie, improvvise, molto dolorose e di breve durata (da pochi secondi ad
alcuni minuti), di un muscolo o di un gruppo muscolare, accompagnate da indurimento e impotenza
funzionale. In genere colpiscono il polpaccio o i piccoli muscoli del piede (flessori) e si manifestano di
notte, soprattutto negli anziani. L'unico trattamento utile per interromperli è lo stretching, che consiste nel
distendere il muscolo coinvolto tirandolo in direzione opposta alla contrazione con una tensione costante.
Ad esempio, in caso di crampi al polpaccio è necessario piegare il piede verso il ginocchio tenendo la
gamba tesa. Se frequenti, i crampi possono essere fastidiosi e avere conseguenze negative sulla qualità
di vita.
Non del tutto chiari sono i meccanismi che li determinano: sono state ipotizzate cause miopatiche,
neurologiche e metaboliche. Molteplici condizioni mediche come l'ipomagnesiemia, l'ipocalcemia,
l'ipoparatiroidismo, disfunzioni renali o epatiche, l'insufficienza venosa periferica o malattie neuropatiche
sono associate ai crampi muscolari. I crampi possono essere dovuti ad estremo stress fisiologico quali
eccessivo esercizio fisico, caldo o disidratazione e sono frequenti durante il terzo trimestre di gravidanza.
Anche i farmaci, pur se limitatamente, possono rappresentare un fattore scatenante. Pertanto, quando le
cause dei crampi non sono evidenti (es. fatica muscolare da attività sportiva, disidratazione), prima di
procedere ai controlli clinici e laboratoristici volti ad identificare una possibile causa sottostante, è
opportuno verificare se il paziente sta assumendo dei farmaci, specie se anziano e di sesso femminile.
Quest'ultima precisazione deriva dal fatto che molti farmaci responsabili di crampi trovano applicazione
esclusiva nelle donne in menopausa. Basandosi sulle rilevazioni effettuate nel corso degli studi clinici
registrativi, i crampi alle gambe risultano infatti il principale effetto indesiderato di raloxifene (Evista,
Optruma) e bazedoxifene (Conbriza) impiegati nel trattamento dell'osteoporosi postmenopausale: più di
una donna su dieci trattate con i due modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni ha lamentato il
problema. I crampi muscolari sono un evento avverso comune (incidenza 1%-10%) anche della
teriparatide (Forsteo), un altro farmaco anti-osteoporotico. Per gli estrogeni orali utilizzati nella terapia
ormonale sostitutiva (es. Activelle), la frequenza riportata di crampi scende sotto l'1%.
Negli studi di popolazione che hanno correlato le prescrizioni di chinino (in alcuni paesi, l'unico farmaco
registrato per il trattamento dei crampi idiopatici, senza cioè una causa sottostante) con la terapia in corso,
i farmaci più frequentemente associati alla comparsa di crampi sono i beta2-agonisti inalatori, i diuretici e
le statine. Per quanto riguarda i beta2-agonisti, i crampi derivano dalla attivazione dei recettori beta2 dei
muscoli scheletrici in seguito all'assorbimento sistemico del farmaco. Si tratta di una reazione avversa che
secondo quanto indicato dai rispettivi RCP ha maggiori probabilità di presentarsi (incidenza 1%-10%) con i
composti a lunga durata d'azione formoterolo e salmeterolo sia soli (es. Foradyl e Serevent) che associati
ai corticosteroidi rispetto ai composti a breve durata d'azione come il salbutamolo (es. Ventolin). Nel caso
dei diuretici, i crampi sono stati rilevati soprattutto con i risparmiatori di potassio spironolattone (es.
Aldactone) ed eplerenone (Inspra) con una incidenza stimata inferiore all'1%. Per le statine si tratta di una
delle componenti del quadro clinico di presentazione degli eventi avversi muscolari che interessano meno
di 1 paziente su 100. La miopatia causata dalle statine si manifesta per lo più come dolore diffuso
intermittente agli arti inferiori (cosce e polpacci); tra gli altri sintomi segnalati vi sono la pesantezza, la
rigidità muscolare e appunto i crampi.
Bibliografia
1. Garrison SR et al. Nocturnal legs cramps and prescription use that precede them: a sequence symmetry analysis. Arch Intern Med 2012;
172: 120-6. 2. Butler JV et al. Nocturnal leg cramps in older people. Postgrad Med J 2002; 78:596-8. 3. Allen R E et al. Nocturnal leg
cramps. Am Fam Physician 2012; 86:350-5. 4. Miopatia indotta da statine nell'anziano-Parte II. Adverse Drug Reaction Bulletin 2009; n.
189:757-60. 5. Symptomatic treatment of muscle cramps (an evidence-based review) Report of the Therapeutics and Technology
Assessment Subcommitte of the American Academy Neurology. Neurology 2010; 74:691-6. 6. Guida all'uso dei farmaci. Agenzia Italiana
del Farmaco, n.5 2008. 7. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) delle specialità citate nell'articolo.
A cura del dott. M. Miselli
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