SCUOLA CATTOLICA: TRA FASCINO E NECESSITÀ

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SCUOLA CATTOLICA: TRA FASCINO E NECESSITÀ
SCUOLA CATTOLICA: TRA FASCINO E NECESSITÀ
Cari amici,
parlare oggi della scuola cattolica, anche dal piccolo ma effervescente osservatorio della
scuola “V. Chizzolini” di Sarezzo, è parlare di libertà di educazione e di verità. Virtù tra loro
inscindibili, se è vero, come dice Giovanni, che “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32).
► Lo faremo Venerdì 17 alle 20.30 con DON RAFFAELE MAIOLINI, teologo e
Direttore dell’Ufficio Educazione, Scuola e Università della Diocesi di Brescia.
Titolo dell’incontro:
SCUOLA CATTOLICA: TRA FASCINO E NECESSITÀ.
La ricchezza gioiosa di un’educazione cristiana nella difficile sfida dei tempi
…Aspettando l’oratoria immaginifica e potente di don Raffaele (da non perdere
assolutamente!) azzardiamo anche noi, dal di dentro, qualche piccola considerazione.
In questi giorni tutti gli istituti scolastici - Chizzolini compresa - celebrano i riti degli “Open
Day”, in cui vengono presentati nuovi indirizzi di studio, laboratori, materie, iniziative. Tutto
importante e doveroso. Ma è davvero solo di questo che hanno bisogno i nostri figli?
La scuola, lo sappiamo per esperienza, è prima di tutto altro. E’ il tentativo d’afferrare (e di
porgere) il senso della vita, in una compagnia di amici e di insegnanti desiderosa di
“prendere il largo”. La scuola è l’incontro con “qualcuno che non censuri la domanda di
felicità” di un adolescente. E per far ciò, piaccia o no, si è obbligati a partire da noi stessi, a
trovare il coraggio di rivivere i passaggi fondamentali della propria vita, gli incontri che ci
hanno rigenerato e allargato mente e cuore, le ragioni che sostengono la nostra esperienza
umana. C’è bisogno insomma di mettersi in gioco. Letteralmente. Al di là di formule o
paraventi. Questo dev’essere l’orizzonte di un insegnamento autentico, poiché nella scuola,
come nella vita, c’è innanzitutto bisogno di verità.
Risuona ancora forte il “grido” degli studenti del Liceo “Spedalieri” di Catania .
Ricordate? Era il 2 febbraio 2007 e durante gli scontri tra tifosi nel derby col Palermo venne
ucciso l’Ispettore di polizia Filippo Raciti, colpito allo stadio da un masso di cemento. Molti
studenti assistettero sgomenti alle sassaiole e ai violenti scontri contro la polizia (chiaro segno
di un disagio giovanile), tanto da partorire una commuovente lettera aperta ai loro
professori che per mesi e mesi risuonò sulla stampa nazionale, specie negli editoriali dei
nostri più sensibili intellettuali. Lettera infuocata, quella degli studenti, quasi una preghiera
ardente, lettera che non può lasciare tranquillo chi vive nella scuola. Eccola:
“I fatti accaduti allo stadio ci hanno turbato profondamente. Non ci sentiamo però di
fermarci alla rabbia e alla vergogna, né vogliamo unirci al coro di tutti gli “indignati”.
L’indignazione non serve a capire il motivo di tanta violenza (..). Questi fatti ci interpellano
personalmente (…) e ci invitano a una riflessione riguardo alla coscienza che abbiamo della
realtà (…). Se il cosiddetto “partito degli onesti” che si vergogna, la società perbene e
moralista, dalla quale peraltro provengono tanti dei ragazzi teppisti e violenti, non ci offre
se non regole e principi astratti da una parte, e dall’altra il cinismo di chi, avendo
ormai rinunciato a cercare la verità e il bene, propone solo l’individualismo
sfrenato (…), noi ci sentiamo franare il terreno sotto i piedi e ci sentiamo soffocati
dal nulla che è attorno a noi. (…) “Si gioca con la morte quando la vita non vale niente”.
Dove dovremmo impararlo noi il valore della vita? Chi ce lo dovrebbe comunicare? Certo in
primis la famiglia e la scuola. E allora (…) occorre ripartire dall’educazione. Che non sono le
buone maniere o i comportamenti civili. (…) Noi abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti
a trovare il senso del vivere e del morire, qualcuno che non censuri la nostra
domanda di felicità e di verità. (…) Per questo chiediamo innanzitutto ai prof. e alla
scuola intera che prendano più sul serio le nostre vere esigenze. Che non debba accadere che
un ragazzo finisca male o che comunque perda il gusto del vivere perché a scuola si è trovato
attorno, soprattutto tra gli educatori gente rassegnata, opportunista e vuota”.
Non è, questa, una supplica? Un anelare “alla verità tutta intera”? Pochi però ricordano la
risposta dei docenti di quel liceo, tanto cinica quanto ammantata di politicamente corretto:
“Non possiamo né vogliamo darvi delle risposte (…). Proporvi o imporvi delle verità è
integralismo, cioè barbarie, e pertanto questo atteggiamento non può aver luogo nella scuola
pubblica, cioè democratica e laica. Vi rispettiamo troppo per sventolarvi Verità rivelate”.
Il relativismo imperante vuole che un insegnante non debba indicare ciò che è vero e ciò che
è falso, ciò che è buono e ciò che è cattivo: tutto questo sarebbe “barbarie”, anche davanti ad
alunni assetati di verità. Meglio allora lasciarli da soli nelle loro scelte di vita, magari con
risposte rubate alle chat o alle effimere compagnie del sabato sera. Peccato..
La nostra memoria allora non può non correre alle parole di Giovanni Paolo II , che
riguardo alle scuole cattoliche affermò deciso: “La verità che viene da Dio è il principale
nutrimento che ci fa crescere come persone, stimola la nostra intelligenza e irrobustisce la
nostra libertà. Da questa convinzione trae origine quella passione educativa che ha accompagnato la
Chiesa attraverso i secoli e che sta alla base della fioritura delle scuole cattoliche”. Era il 30 ottobre
1999: duecentomila persone, tra genitori, insegnanti e studenti, si trovarono a Roma a
conclusione dell'Assemblea Nazionale della scuola cattolica portando al Papa il fascino della
loro esperienza educativa. E in quel frangente “Karol il grande” sembrò proprio rispondere a
quel “pensiero debole”, a quella “dittatura del relativismo” e a quello sbandierato mito del
“dubbio” che non ha altra meta che il proprio smarrimento. “L'esperienza delle scuole cattoliche
- continuava infatti un accorato Giovanni Paolo II in una Piazza S.Pietro stracolma - porta in sé
un grande patrimonio di cultura, di sapienza pedagogica, di attenzione alla persona del bambino,
dell'adolescente, del giovane, di reciproco sostegno con le famiglie, di capacità di cogliere
anticipatamente, con l'intuizione che viene dall'amore, i bisogni e i problemi nuovi che sorgono col
mutare dei tempi. Un tale patrimonio vi mette nelle condizioni migliori per individuare risposte
efficaci alla domanda educativa delle giovani generazioni, figlie di una società complessa,(..) poco
capace di offrire ai suoi ragazzi chiari e sicuri punti di riferimento”.
Ma è poi vero che la cultura “laica e democratica” non impone nessuna “verità
rivelata”? Magari! Altro che “rispetto” e “neutralità”! E’ così neutrale e rispettosa da
imporre già a partire da questo 2014 la cultura gender nelle scuole di ogni ordine e grado (►
leggere il comunicato del 7/1/’14 della solitamente prudente Agenzia cattolica SIR).
E a ricordarci quanto l’esistenza delle scuole cattoliche rappresenti oggi una battaglia
di libertà che tutti dovrebbero sentire con bruciante urgenza, quel Papa Woityla che sarà
canonizzato il prossimo 27 aprile terminava così il suo storico discorso:
“Con lo stesso affetto mi rivolgo a voi alunni e alle vostre famiglie, per dirvi che la
scuola cattolica vi appartiene, è per voi, è casa vostra e quindi non vi siete sbagliati a
sceglierla, ad amarla e a sostenerla. Risulterà più agevole così far comprendere a tutti che
quella della scuola libera e della parità scolastica non è soltanto una rivendicazione particolare (..)
dei cattolici, ma è piuttosto una questione di libertà civile e di pubblico interesse”.
Ente Gestore: “SAN MARTINO Società Cooperativa Sociale - ONLUS”,
Indirizzo: P.zza Caduti della Libertà ,6; 25068 Zanano – Sarezzo
Tel. e Fax: 030 801898 E-mail: segreteria@scuolachizzolini
■ AZIONE GOVERNATIVA
LA TEORIA DEL "GENDER"
"GENDE ALLA CONQUISTA DELLA
LLA SCUOLA ITALIANA
Il Governo, tramite il Dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio,
ha varato una campagna contro "le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e
sull'identità di genere". Previste iniziative didattiche "in maniera adeguata e
sistematica" per docenti e alunni, utilizzando "l'expertise delle associazioni Lgbt".
Escluse dalla consultazione le organizzazioni dei genitori.
genitori
di Luigi Crimella (7 gennaio 2014)
Entra nel vivo, nel 2014, la “Strategia nazionale per combattere le discriminazioni
basate sull’orientamento
amento sessuale e sull’identità di genere”. Il titolo di questa azione, voluta
dal Governo italiano tramite il Dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio
dei ministri, è piuttosto lungo e complesso (www.pariopportunita.gov.it
(
e www.unar.it).
www.unar.it Dietro una
terminologia asettica, quasi avvocatesca, c’è una visione antropologica secondo la quale è finito il
tempo in cui l’umanità
tà si divide naturalmente in due sessi: i maschi e le femmine, gli uomini e le
donne. La visione “gender”,, su cui si fonda la “strategia” italiana, dice invece un’altra cosa: in realtà
ciò che conta non è il sesso biologico e la relativa azione educativa che
che normalmente si riceve in
famiglia, e poi nella scuola, in parrocchia o altrove. Tutto questo sarebbe superato da una nuova
auto-consapevolezza
consapevolezza di maschi e femmine che potrebbero scoprire di voler essere femmine in un
corpo maschile, o maschi in un corpo femminile, o omosessuali o lesbiche o bisessuali o altro
ancora.. Invocando una libertà assoluta di diventare ciò che si desidera essere, qualsiasi ostacolo o
condizionamento o concezione culturale che proponga un altro percorso educativo,
educativo anche
semplicemente
nte quello naturale di maschio o femmina, viene considerato sbagliato e addirittura
“discriminatorio”. La “strategia” in questione si propone quindi di agire nella società, con modalità
precise, perché nessuno in famiglia, nella scuola, nei mass media, in chiesa, si “permetta” di
proporre concezioni educative che dissentano da modelli “gender”.
“gender
“STRATEGIA” AFFIDATA SOLO A 29 ASSOCIAZIONI LGBT. Vediamo cosa dice il documento
governativo sulla “strategia” per combattere tali presunte discriminazioni. Anzitutto si è individuato
il campo di analisi della situazione italiana, istituendo un “Gruppo nazionale di lavoro Lgbt”,
acronimo che significa “lesbiche,
sbiche, gay, bisex e transgender”. Il Governo precedente (Monti) ha
radunato nel “gruppo nazionale” 29 associazioni di settore (es. Arcigay, Arcilesbica), non facendo
sapere nulla di questa operazione se non a cose fatte, provocando di fatto l’esclusione d
di
numerose altre associazioni e realtà educative che potevano dare un prezioso contributo (…).
ASSOCIAZIONI LGBT IN CATTEDRA? La strategia non si limita a produrre iniziative da attuare nelle
scuole, ma investe il mondo del lavoro, la sanità (donazione di sangue, riconversione chirurgica
del sesso ecc.), le prigioni, gli alloggi, i mass media.
Pertanto, ad esempio, a scuola verranno
verranno proposte iniziative didattiche “in maniera
adeguata e sistematica” per docenti e alunni, utilizzando “l’expertise delle associazioni
Lgbt”, cioè saliranno in cattedra direttamente coloro che vivono questa condizione
sessuale. Non si pensa di coinvolgere
coinvolgere i genitori o le associazioni familiari, chiedendo
loro un parere: lo si fa piovere dall’alto e basta.
basta
E poi, con quale autorevolezza didattica, poniamo, di un “transgender”: ci vorrà una laurea
specifica, oppure il solo fatto di essere un “trans” darà diritto a diventare docente? E
ancora: perché non affidare il tema del rispetto delle “diversità” agli stessi docenti che sono tenuti a
educare ai valori costituzionali di rispetto della persona? Infine: è giusto, sul piano didattico e
formativo, offrire agli
gli studenti un solo indirizzo culturale ed etico su una materia così
delicata per lo sviluppo completo della personalità?
Tutti questi interrogativi assillano i genitori come i docenti (…)