Società e Finanza

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Società e Finanza
Società e Finanza
2008/2
Fusioni intracomunitarie
Fusioni
intracomunitarie
Il 17 giugno scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il d.lgs. n. 108 del 30
maggio 2008, che recepisce la direttiva comunitaria 2005/56 relativa alle fusioni
transfrontaliere.
Novità in materia di
bilancio d’esercizio
Ambito di applicazione
Modifiche in arrivo
sul controllo
contabile
La direttiva si applica alle fusioni tra società di capitali (per l’Italia, s.p.a., s.r.l.,
s.a.p.a. e società cooperative non a mutualità prevalente) costituite in conformità
alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione
centrale o il centro di attività principale nella Comunità.
Atti eccedenti
l’oggetto sociale
Operazioni
infragruppo e
bancarotta per
distrazione
Il decreto amplia l’ambito di applicazione, a determinate condizioni, alle fusioni
transfrontaliere alle quali partecipino o dalle quali risultino società diverse dalle
società di capitali, ovvero società di capitali che non abbiano nella Comunità la sede
sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale.
La normativa non si applica alle società cooperative a mutualità prevalente, di cui
all’art. 2512 cod. civ., ed alle Sicav.
Legge applicabile
Le società partecipanti alla fusione rispettano le disposizioni e le formalità
dell’ordinamento d’origine. In caso di conflitto, prevale la legge applicabile alla
società risultante dalla fusione.
Procedimento
Di seguito vengono descritti atti ed adempimenti della fusione.
Progetto di fusione Gli organi di direzione o amministrazione delle società
partecipanti predispongono il progetto comune di fusione transfrontaliera (rispetto
all’art. 2501 ter, cod. civ., la direttiva dispone specifici contenuti aggiuntivi). Il
progetto viene iscritto nel Registro delle imprese ove sono iscritte le società e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale degli Stati membri interessati almeno trenta
giorni prima dell’assemblea convocata per approvare il progetto di fusione.
Relazione sulla fusione Gli organi di direzione o amministrazione delle società
partecipanti predispongono altresì una relazione nella quale illustrano la fusione e le
sue conseguenze per soci, creditori e dipendenti delle rispettive società, che viene
resa disponibile a soci e dipendenti almeno un mese prima dell’assemblea
convocata per approvare il progetto di fusione.
Relazione degli esperti
Ognuna delle società partecipanti nomina esperti
indipendenti, i quali redigono una relazione sulla congruità del rapporto di cambio,
che viene resa disponibile ai soci almeno un mese prima dell’assemblea convocata
per approvare il progetto di fusione. Per le società italiane quotate, gli esperti
devono essere scelti fra le società di revisione iscritte nell’albo tenuto dalla Consob,
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per le altre società italiane, fra i revisori contabili iscritti nell’albo tenuto dal
Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (ma v. infra
sub “Modifiche in arrivo sul controllo contabile” per la possibile unificazione degli
albi). Se la società risultante dalla fusione è una s.p.a., una s.a.p.a. o una società di
altro Stato di tipo equivalente, gli esperti delle società italiane coinvolte sono
designati dal tribunale del luogo in cui hanno sede. E’ possibile che le società
partecipanti alla fusione scelgano di nominare esperti comuni, i quali redigano una
relazione unica destinata ai soci di tutte. In tal caso, gli esperti vengono designati
dall’autorità giudiziaria o amministrativa competente ai sensi della legislazione dello
Stato di una delle società partecipanti o di quella risultante dalla fusione, su
richiesta congiunta delle società.
Approvazione dei soci La fusione viene approvata dall’assemblea di ogni società
partecipante. L’approvazione può essere subordinata ad una successiva delibera di
approvazione delle modalità di partecipazione dei lavoratori (v. infra sub
“Partecipazione dei lavoratori”). Nel caso in cui la società risultante dalla fusione sia
una società di altro Stato, i soci delle società italiane partecipanti hanno diritto di
recesso ai sensi delle disposizioni del codice civile.
Certificato preliminare ed attestazione finale di legittimità Le società partecipanti
alla fusione devono dotarsi di un certificato preliminare attestante il regolare
adempimento del procedimento di fusione. In Italia la competenza a rilasciare tale
certificato è attribuita al notaio. I certificati preliminari sono trasmessi all’autorità
designata dello Stato della società risultante dalla fusione, la quale verifica così la
regolarità, in ciascuno degli Stati membri interessati, degli adempimenti prescritti e
ne rilascia apposita attestazione entro trenta giorni dal ricevimento dei certificati
preliminari.
Diritti dei creditori Per espresso richiamo operato dal decreto, sono applicabili le
disposizioni dell’art. 2503 cod.civ.. Non viene richiamato l’art. 2503 - bis in tema di
obbligazioni, dalla cui applicazione, comunque, non pare si possa prescindere.
Atto di fusione La fusione deve risultare da atto pubblico. Se la società risultante
dalla fusione è una società italiana, è il notaio a redigerlo. Altrimenti, l’atto è redatto
dall’autorità competente del diverso Stato membro della società risultante dalla
fusione. Qualora in tale Stato non sia richiesta la forma dell’atto pubblico, l’atto di
fusione viene redatto anche in Italia dal notaio.
Deposito dei documenti Se la società risultante dalla fusione è italiana, entro trenta
giorni dalla stipulazione dell’atto di fusione, atto di fusione, certificati preliminari ed
attestazione di legittimità sono depositati per l’iscrizione presso il Registro delle
imprese del luogo ove hanno sede le società italiane partecipanti e la società
risultante dalla fusione. Se tale società ha sede in altro Stato, l’atto di fusione e
l’attestazione di legittimità sono depositati per l’iscrizione nel registro dove hanno
sede le società italiane partecipanti alla fusione.
Effetti Se la società risultante dalla fusione è italiana, gli effetti decorrono
dall’iscrizione dell’atto di fusione nel Registro delle imprese, il quale comunica
l’iscrizione ai Registri delle altre società partecipanti, al fine di disporne la
cancellazione. Se la società risultante dalla fusione non è italiana, la decorrenza
degli effetti della fusione è determinata dalla legge applicabile a tale società.
Quando il Registro delle imprese straniero comunica al Registro italiano che la
fusione è divenuta efficace, la società italiana viene cancellata.
Partecipazione dei lavoratori
Se almeno una delle società di altro Stato partecipanti alla fusione ha un numero
medio di lavoratori, nei sei mesi antecedenti la pubblicazione del progetto comune,
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sensi della legislazione ad essa applicabile, sono previste modalità per garantire a
tali lavoratori diritti equivalenti nella società italiana risultante dalla fusione, fra le
quali c’è anche la contrattazione collettiva. Viene così a realizzarsi, sebbene
nell’ambito di singole operazioni, l’importazione di un modello di organizzazione
societaria estraneo all’ordinamento italiano, con la presumibile estensione di tali
diritti anche agli altri dipendenti della società italiana.
Disciplina transitoria
Le nuove disposizioni si applicano alle fusioni transfrontaliere il cui progetto comune
sia approvato dopo il 3 luglio p.v., ovvero la data di entrata in vigore del d.lgs.
108/2008.
Novità in materia di bilancio d’esercizio
Il d.lgs. 32/2007, che ha recepito la direttiva comunitaria 2003/51 in materia di
bilancio d’esercizio, ha introdotto alcune novità riguardanti principalmente la
relazione di revisione e la relazione sulla gestione.
Tra le modifiche più significative, si segnalano quelle relative all’art. 2409 ter cod.
civ., concernente la relazione di revisione, che dovrà contenere:
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un paragrafo introduttivo che identifica il bilancio sottoposto a revisione e il
quadro delle regole di redazione applicate dalla società;
una descrizione della portata della revisione con l’indicazione dei principi di
revisione;
un giudizio sul bilancio che si esprime sulla conformità di questo alle norme
che ne disciplinano la redazione e sulla rappresentazione veritiera e corretta
della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico
dell’esercizio;
eventuali segnalazioni non costituenti rilievi rivolte ai destinatari del bilancio;
un giudizio sulla coerenza fra relazione sulla gestione e bilancio.
Nel caso in cui il revisore esprima giudizio con rilievi, giudizio negativo o rilasci
dichiarazione di impossibilità di esprimere giudizio, il nuovo art. 2409 ter prevede
che la relazione ne illustri analiticamente i motivi.
E’ stato modificato altresì l’art. 2429 cod. civ., con l’obbligo per il collegio sindacale
che eserciti il controllo contabile di redigere la relazione di cui all’art. 2409 ter.
Per quanto concerne la relazione sulla gestione allegata al bilancio, il novato
articolo 2428 cod. civ. stabilisce, tra l’altro, che essa sia integrata da informazioni
relative alla descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta. Ciò
comporterà, ad esempio, anche una valutazione dei modelli organizzativi adottati
per prevenire i rischi su salute e sicurezza.
Le disposizioni introdotte dal d.lgs. 32/2007 si applicano ai bilanci relativi agli
esercizi aventi inizio successivamente alla data del 12 aprile 2007.
Modifiche in arrivo sul controllo contabile
Il recepimento della direttiva comunitaria 2006/43, inizialmente previsto entro il 29
giugno scorso e quindi differito alla presentazione del ddl comunitaria 2008,
potrebbe introdurre significative novità in tema di revisione legale dei conti annuali
e consolidati. I principali interventi riguardano l’attività di revisione, e, in particolare,
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Modifiche in arrivo sul
controllo contabile
l’abilitazione, l’esercizio, l’istituzione di un controllo pubblico, la cooperazione fra
Stati (es. mutuo riconoscimento dell’abilitazione negli altri Stati membri, adozione di
principi di revisione comuni) e l’indipendenza.
Una delle proposte di attuazione della direttiva più significative contenute nel
Documento di consultazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze è quella
inerente al collegio sindacale, a cui potrebbe venire sottratta la funzione di controllo
contabile anche nelle sole società non quotate ed in quelle non tenute alla
redazione del bilancio consolidato, sulle quali il controllo contabile verrebbe affidato
ad un revisore esterno.
Dalla consultazione avviata dal Ministero sono emerse due posizioni. Consob,
Assonime e Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili
sono favorevoli al mantenimento dell’attuale assetto, in quanto il collegio sindacale,
dopo la riforma del diritto societario del 2003, soddisferebbe pienamente i requisiti
di terzietà ed indipendenza. Al contrario, Assirevi sostiene il cambiamento descritto,
temendo possibili conflitti di interesse e condizionamenti da parte del management.
Il Documento di consultazione propone inoltre di escludere dall’obbligo di revisione
le società di piccole dimensioni. Si tratta delle società che possono redigere il
bilancio in forma abbreviata, corrispondendo ad almeno due dei seguenti parametri
(come modificati dal d.lgs. 285/2006): stato patrimoniale inferiore a 3,65 milioni di
euro, volume d’affari non superiore a 7,3 milioni di euro, numero di dipendenti
inferiore a 50.
Tra le altre modifiche proposte, si segnala l’unificazione del registro delle società di
revisione, tenuto dalla Consob per le società quotate, e quello generale dei revisori
contabili, tenuto dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti
contabili, in un unico registro affidato ad una costituenda authority di controllo.
Molte delle proposte del Ministero vanno ben oltre il mero recepimento delle
disposizioni comunitarie, prefiggendosi invece una vera e propria rivisitazione delle
regole che presiedono all’attività di revisione e di controllo contabile.
Atti eccedenti l’oggetto sociale
La sentenza n. 9905 del 15 aprile 2008, pronunciata dalla prima sezione civile della
Cassazione, ha ribadito il principio secondo cui, in tema di società di capitali,
l’eccedenza dell’atto rispetto ai limiti dell’oggetto sociale, oppure il suo compimento
al di fuori dei poteri conferiti, non comporta nullità dell’atto medesimo.
Tale assunto deriva dall’applicazione dei principi generali che regolano la
rappresentanza, in quanto il rappresentato, ratificando l’atto non autorizzato del
rappresentante, regolarizza il suo operato, rimuovendo i limiti del potere
rappresentativo.
Su tali basi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da un gruppo
bancario avverso una sentenza pronunciata a favore di una S.r.l. Quest’ultima
aveva ottenuto la cancellazione di un’ipoteca su beni di sua proprietà da essa
concessa a garanzia dei crediti vantati dal gruppo bancario nei confronti di un
gruppo industriale con cui non aveva alcun legame diretto o indiretto. Nonostante
l’operazione fosse stata autorizzata da una delibera della società, la Corte d’Appello
aveva stabilito che questa non fosse sufficiente a rimuovere ogni limite al potere di
agire degli amministratori, in quanto si trattava di un’operazione estranea
all’oggetto sociale.
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Atti eccedenti l’oggetto
sociale
La Cassazione ha invece confermato la possibilità di fare salvi gli atti
esorbitanti l’oggetto sociale o comunque non autorizzati: “[…] posto che è
rimesso alla sola società, e solo ad essa, di respingere gli effetti dell’atto,
deve correlativamente essere riconosciuto alla società il potere di assumere
ex tunc quegli effetti, attraverso la ratifica, ovvero di farli preventivamente
propri, attraverso una delibera autorizzativa, capace di rimuovere i limiti del
potere rappresentativo dell’amministratore.”
Operazioni infragruppo e bancarotta per distrazione
Con la sentenza n. 7326 del 15 febbraio 2008, la quinta sezione penale della
Cassazione, conformemente alla prevalente giurisprudenza di legittimità, ha
stabilito che il trasferimento di risorse da parte di una società a favore di
società dello stesso gruppo in difficoltà economiche deve essere qualificato
come distrazione ex art. 216 della legge fallimentare.
Anche se le società appartengono allo stesso gruppo, esse hanno
personalità giuridiche distinte e ciò comporta che i creditori della società
depauperata non potrebbero rivalersi sui beni ceduti ad altra società.
La Suprema Corte ha altresì ritenuto che la previsione dell’art. 2634, comma
3 cod. civ. non è idonea ad escludere la bancarotta distrattiva. Ricordiamo
che tale disposizione esclude la responsabilità per infedeltà patrimoniale
degli amministratori di una società per le operazioni a vantaggio di una
società collegata o del gruppo, in quanto suscettibili di procurare vantaggi
indiretti alla società amministrata.
La Suprema Corte, richiamando alcuni precedenti, rammenta che il reato di
bancarotta fraudolenta per distrazione resta escluso solo se il trasferimento
infragruppo sia giustificato da un corretto rapporto obbligatorio, assistito da
adeguata contropartita e da garanzie idonee a salvaguardare gli interessi dei
creditori.