Il giorno dei Remigini

Transcript

Il giorno dei Remigini
Con te partirò
(racconti “liberi di
viaggiare”)
IL GIORNO DEI REMIGINI
Lo aspettavo da tempo, sono sincero, con curiosità e con un pizzico di impazienza.
La curiosità era di verificare direttamente se tutto quello che si dice dell’effetto del primo giorno
di scuola sia vero con l’impazienza di vedere Chiara vestita da scolara.
E così , lunedì 15.9.14, mi faccio trovare pronto per l’appuntamento alle 9,30.
Raggiungo a piedi la destinazione e per strada incontro papà, mamma, Chiara ed il fratellino
Matteo (un anno e poco più, tanti riccioli biondi ed il nomignolo brevettato dalla mia fantasia di
“pacioto”) sul passeggino.
Il grembiule bianco con il colletto, i capelli a coda di cavallo fermata da un fascia elastica color
rosa e sulle tempia due fermacapelli colorati, lo zaino sulle spalle con cinture in rosa decorato con
spille colorate, sandali aperti color rosa e calzini rosa: il viso tirato e sorridente di chi non sa che
cosa deve aspettarsi e comunque, per me, bellissima.
Matteo invece sorride con il suo faccione e mostra la macchinina che tiene gelosamente in mano
dicendo : “Brum, brum”.
Il tragitto è breve ed il marciapiede è un piccolo ruscello di persone, di grida ,di richiami fatti con
tono dolce.
Pochi passi e siamo arrivati al cortile di ingresso, che si presenta come una piazza del “mondo”:
gente di chiara provenienza asiatica, africana ,sudamericana e poi slavi etc: un melting pot, che i
remigini guardano senza probabilmente vedere le differenze.
La disposizione all’inizio è per provenienza geografica, a gruppetti, poi l’arrivo di altri bambini fa
ingrossare il gruppo e spesso fa saldare fra loro gruppi diversi: in breve tempo il cortile è saturo e
si leva un brusio timoroso.
Alle spalle si vedono zaini sproporzionati, che certamente dovranno sopravvivere alla durata delle
elementari, che fanno sembrare i portatori alpinisti di antica memoria.
E’ una giornata d’estate , l’aria è mista di festa e di sentimenti resa colorata dai saluti dei bambini e
dagli incontri fra genitori, che si confidano consigli, timori e speranze.
I maschietti prendono confidenza con il cortile cominciando a rincorrere qualche amico di gioco,
mentre le bambine sembrano essere più attente a non sciupare il prezioso look di giornata stando
vicine alla gonna della mamma.
Chiara sembra essere paralizzata e l’invito a fare un grande sorriso per la fotografia di rito viene
declinato con una posa di circostanza.
All’improvviso arriva Pietro, l’amico del cuore fin dall’asilo nido, che è stato assegnato alla
medesima classe, già sudato nonostante i continui richiami di papà e mamma.
Immediatamente scompare lo zaino dalle spalle ed inizia il reciproco scappare per ritrovarsi.
I papà sono pochi e sembrano a disagio, come i classici pesci fuor d’acqua per via dei discorsi al
femminile: qualcuno fuma nervosamente e qualcuno fa comunella per parlare delle partite della
domenica.
Qualche mamma meriterebbe di essere fotografata come esempio di immaturità palese per via del
cattivo gusto dell’abbigliamento improprio per circostanza ( stivali estivi e minigonna mascherata
da sovragonna - si dice così?- trasparente).
Tutte hanno avuto il tempo di non dimenticarsi di rifare il trucco , come se fossero loro le remigine
.
Si, c’è emozione e per qualcuna anche commozione: forse per lo strappo che si consuma, forse
per la gioia di sapere che un primo tratto della educazione è stato compiuto, forse per il senso di
solitudine che una casa vuota inevitabilmente procura soprattutto se quel vuoto è dovuto alla
lontananza –pur temporanea- dei figli.
Questo miscuglio di sentimenti ne fa tornare in mente , quasi all’improvviso, un altro provato in
primavera a Lisbona, durante la serata di spettacolo del fado.
E’ una musica di gioia malinconica, dove il miscuglio di sentimenti è forse dovuto ai ricordi ,alla
lontananza, al desiderio di rivivere momenti felici, al canto per estrarre con la voce quello che è
nel cuore: ovviamente la cosa importante non è l’esatta definizione del miscuglio, ma il sentirlo
come proprio.
Arriva il sindaco, che con grandi saluti e strette di mani fa salire il volume sempre più intenso del
vociare e l’atmosfera diventa simile a quella di un mercato all’aperto : così si scioglie il nodo
delicato della emozione.
Ora c’è solo l’attesa che la campanella possa farsi sentire e mettere fine all’attesa.
Sembra di essere al via di una corsa ciclistica, quando l’impazienza diventa frenesia e così
e’ impossibile mettere d’accordo gli orologi:ognuno dice la propria ora e fa la sua previsione,
ovviamente trovando sempre motivo per giustificare l’eventuale errore.
Finalmente la campanella suona decisa con un tempo prolungato, diverso da quello di tutti i giorni,
proprio perché non è come tutti i giorni.
Sciamano genitori e bambini verso l’ingresso di una porta che risulta inevitabilmente stretta con
l’ovvia conseguenza di una calca disordinata.
Tutti si accomoderanno sul piccolo emiciclo di ingresso, dove riceveranno il saluto ufficiale del
sindaco, prima di accedere alle aule come amici di una lunga avventura ( tra vent’anni lo saranno
ancora?).
Osservo il progressivo smaltimento della coda e scappa qualche commento circa l’abitudine
antica di non aspettare, circa il polveroso giardino con erbacce , circa la poca lusinghiera
previsione dello stato dei bagni (saranno funzionanti, puliti, tinteggiati oppure…?).
Ritorno da solo verso casa a passo lento e così tento di mettere in funzione il “gioco” dei ricordi:
l’emozione provata mi ha toccato, ma non mi ha aiutato a rivivere il mio giorno da remigino.
Ho frugato in tutti cassetti della memoria: non ho trovato nulla; non ricordo neppure se sono
andato da solo oppure accompagnato da mio fratello maggiore o dalla nonna.
Allora ripenso alla maestra, alla sua figura magra con occhi azzurri, che venivano sbarrati durante
i momenti di indisciplina (i maestri dove sono andati a finire? Forse sono stati rottamati?)
Il pensiero va ai coetanei: ricordo il nome di una ventina, ma saprei riconoscerli? Come stanno (
troppi se ne sono già andati definitivamente)? Cosa hanno fatto in questi lunghi anni?
Soprattutto torna inevitabile il ricordo dei genitori, dei tempi tremendi da loro vissuti , ma
nonostante tutto la famiglia è rimasta come scuola e scudo sicuro per i figli, esempio di una
generazione capace di donarsi per un futuro migliore.
Gli interrogativi arrivano quasi come esami di coscienza; per fortuna, ho solo il tempo di entrare in
casa che lo squillo della prima telefonata di lavoro interrompe il “gioco” dei ricordi.
Ai remigini spetta, di diritto, il bellissimo augurio di una massima di Aristotele:
AMARE SONO LE RADICI DELLA EDUCAZIONE, MA DOLCE NE E’ IL FRUTTO.
Effigi46-Settembre 2014.
Iil giorno dei remigini.doc
Pag. 2/2