1 Contare - I numeri naturali
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1 Contare - I numeri naturali
1 Contare - I numeri naturali Contare è un'operazione che i lettori di questo libro sanno fare con tranquillità, anche se, probabilmente, di fronte a domande come Che cos'è un numero?, Perché la moltiplicazione funziona in questo modo?, Quali ipotesi sono alla base della maniera consueta di fare i conti?, Che cosa sta dietro alle tecniche più note?, non tutti hanno analoga sicurezza nel rispondere. In questo primo capitolo ci proponiamo di portare in evidenza le basi su cui la condenza con i numeri si appoggia e di rispondere a domande come quelle precedenti, comportandoci come i ragazzini che aprono un giocattolo con il quale ormai sanno giocare da tempo per vedere che cosa c'è dentro. Proprio perché non ci dimentichiamo di avere lettori che sanno contare useremo da subito il linguaggio più adeguato, senza preoccuparci di adoperare termini che non abbiamo denito in precedenza, purché appartengano al bagaglio normale di ...uno studente di terza media. Tuttavia, poiché in alcuni casi può essere utile un'attenzione maggiore ad alcuni aspetti, inseriremo talune osservazioni in box fuori dal corpo normale del discorso. Il lettore più avvertito potrà semplicemente non leggere questi inserimenti senza perdere il lo del discorso, mentre altri lettori vi troveranno alcune osservazioni o informazioni che potrebbero render loro più facile la lettura. Cominciamo con qualche osservazione che parte da lontano. Sono stati ritrovati, in varie località, degli ossi intagliati risalenti ad epoche remote; essi presentano delle tacche ed è lecito pensare che potessero essere usati in situazioni simili a quella che ora descriveremo: un pastore, la mattina, porta a pascolare i suoi animali e, a mano a mano che questi escono dal recinto, scorre con le dita le tacche dell'osso, in modo che ad ogni animale corrisponda una tacca e, ad animali diversi, corrispondano tacche diverse. Egli ricorda l'ultima tacca raggiunta e, la sera, quando gli animali rientrano, compie un'operazione analoga: se arriva alla stessa tacca del mattino, vuol dire che tutti gli animali sono rientrati. Questo modo di operare, semplice ed essenziale, non associa direttamente all'insieme degli animali alcun numero (e quindi si discosta da ciò che noi oggi chiameremmo contare), ma può ugualmente essere considerato un conteggio, relativamente allo scopo del pastore di assicurarsi che tutti gli animali siano rientrati al recinto. Inoltre esso presenta alcuni elementi di somiglianza con quello che anche noi facciamo, oggi, quando, per insegnare a contare ad un bambino, prendiamo per esempio delle macchinine e, posando la mano a turno su ognuna di esse, scandiamo: uno, due, tre, ... Non abbiamo tacche da scorrere, ma anche per noi ciò che è importante è il movimento della mano (o dello sguardo) accompagnato dalla contemporanea scansione dei nomi: uno, due, tre, ... Così risulta ben chiaro che, per contare, abbiamo bisogno di due strumenti: l'insieme campione dei numeri e una maniera standard di appaiare gli oggetti da contare ai numeri. Dobbiamo dunque porre attenzione proprio a questi due attori: l'insieme dei numeri e la corrispondenza oggetti-numeri. Nel prossimo 1 paragrafo ci occupiamo del primo (l'insieme N = {0, 1, 2, 3, ...}) dei numeri naturali), mentre rimandiamo al paragrafo 1.2 una presentazione un po' più accurata della seconda. 1.1 I numeri naturali Incominciamo sgombrando il campo da alcuni possibili fraintendimenti. Non ci occuperemo qui del singolo numero, di che cosa sia il numero naturale o di quale sia la sua natura, ma ci occuperemo dell'insieme dei numeri. Non ci interesseremo neppure delle altre accezioni con cui la parola numero entra nella nostra vita: per esempio, non ci occuperemo di situazioni come quella in cui il numero 16 indica il tram che ci porta in centro città, cioè situazioni in cui usiamo i numeri semplicemente come etichette. Ci interesseremo soltanto dei numeri in quanto servono per contare e delle proprietà dell'insieme N ={0, 1, 2, 3, .....} che essi formano (ben sapendo che quanto diremo fra poco non si applica ai numeri - etichetta per esempio). Se ci chiedessero quali sono gli aspetti più importanti di N, è probabile che risponderemmo: a) i numeri si possono confrontare fra loro; b) i numeri si possono addizionare e moltiplicare; c) i numeri sono inniti. La prima aermazione riassume il fatto che nell'insieme N è dato un ordine fra i numeri, ordine per il quale possiamo sempre confrontare due numeri fra di loro dicendo se sono uguali oppure se uno è più grande (è maggiore) dell'altro. Se introduciamo il simbolo > per indicare maggiore di (più grande di), la prima aermazione della nostra lista si traduce semplicemente nel fatto che, per ogni coppia di numeri m e n, vale m = n, oppure vale m > n, oppure vale n > m. Più semplicemente, se con ≥ indichiamo maggiore o uguale a, la stessa aermazione si traduce nel fatto che per ogni coppia di numeri m e n, vale m ≥ n oppure vale n ≥ m. Così, per esempio, possiamo scrivere in modo coerente 5 ≥ 3 e 5 ≥ 5, ma non possiamo scrivere 3 ≥ 5 perché 3 non è uguale a 5 e non è neppure più grande di 5. Naturalmente, se m ≥ n, diciamo anche che n è minore o uguale a m (n ≤ m). L'ordinamento ≥ di N ha quattro proprietà che riconosciamo come immediatamente intuitive ed una quinta proprietà importante, ma meno intuitiva. Le prime quattro proprietà sono: i) per ogni numero numero naturale n vale n ≥ n, in quanto ogni n è uguale a se stesso; ii) se un numero n è maggiore di un numero m, il quale a sua volta è maggiore di un numero k , allora n è maggiore di k . Il che, detto brevemente, diventa: se n ≥ m e m ≥ k , allora n ≥ k (n, m, k ∈ N); 2 iii) se per una coppia di numeri n ed m valgono contemporaneamente le due aermazioni n ≥ m e m ≥ n, allora n ed m sono uguali; iv) dati comunque n e m in N, si ha n ≥ m oppure m ≥ n. Quest'ultima proprietà può essere riformulata dicendo che ogni sottoinsieme di N formato da due elementi ha un elemento minimo. Ma se il sottoinsieme ha più di due elementi? La quinta proprietà cui accennavamo prima è proprio una generalizzazione della iv) e dice che: v) ogni sottoinsieme non vuoto di N ha un elemento minimo. Cioè dice che in ogni sottoinsieme non vuoto A di N esiste un elemento che è minore o uguale di ogni elemento dello stesso insieme (cosa che, usando i simboli tipici della scrittura matematica, diventa: se A ⊆ N, A 6= ∅, allora ∃a ∈ A : k ≥ a ∀k ∈ A) Diamo subito un esempio che ne mostra l'importanza. Preso un qualunque n ∈ N, consideriamo il sottoinsieme An di N costituito dagli elementi che sono maggiori e diversi da n: An = {k ∈ N : k > n} Per la proprietà v), l'insieme An ha un minimo che possiamo denotare con n+ : fra tutti i numeri che nell'ordinamento di N stanno dopo n (sono maggiori di n), n+ è quello più vicino ad n. Per esempio, se consideriamo A3 = {k ∈ N : k > 3} il suo elemento minimo 3+ è 4, mentre se consideriamo A1000 = {k ∈ N : k > 1000} il suo elemento minimo 1000+ è 1001, cioè quello che siamo soliti indicare con 1000 + 1 e chiamare il successore di 1000. Vale la pena guardare un po' da vicino la funzione f : N → N che ad ogni numero naturale associa il suo successore (quella che chiameremo la funzione successore). Non è dicile rendersi conto di alcuni fatti generali che la riguardano: - ogni numero ha un successore, cioè f è denita per ogni numero naturale; - due numeri diversi hanno successori diversi, cioè f è iniettiva; - ogni numero, tranne lo zero, è successore di un altro numero, cioè l'immagine di f è N \ {0}. E neppure è dicile osservare che essa permette di dare una buona ragurazione intuitiva dell'aspetto innito di N: partiamo da 0 e consideriamo il suo successore 1 = 0+ ; dato 1, consideriamo il suo successore 2 = 1+ ; dato 2, consideriamo il suo successore 3 = 2+ ; e così via.... Se, in questo procedimento di considerare i successori, capitasse che il successore di un numero fosse uno dei numeri già trovati (uno di quelli, cioè, di 3 cui abbiamo già considerato il successore), non potremmo certo garantire che l'insieme dei numeri così deniti sia innito, in quanto gireremmo in tondo sempre sugli stessi numeri. Ma ciò non può accadere, grazie al fatto che numeri diversi hanno successori diversi. E d'altra parte la produzione di numeri non si interrompe, grazie al fatto che ogni numero ha un successore. Questo procedimento ci porta ad un'altra osservazione. Che cosa abbiamo fatto? Dopo aver determinato un certo numero di volte il successore di un numero (ad esempio 1 = 0+ ; 2 = 1+ ; 3 = 2+ ), abbiamo detto e così via e ... ci è andata bene! Una situazione felice! Ma il buon esito avuto qui non deve farci dimenticare il fatto che in altre situazioni che coinvolgono i numeri naturali questo e così via... può essere insidioso e comunque chiede di essere maneggiato con cura. Consideriamo per esempio l'espressione n2 − n + 11 al variare di n ∈ N. Per n = 0 vale l'uguaglianza n2 − n + 11 = 0 − 0 + 11 = 11 per n = 1 vale per n = 2 per n = 3 n2 − n + 11 = 1 − 1 + 11 = 11 n2 − n + 11 = 4 − 2 + 11 = 13 n2 − n + 11 = 9 − 6 + 11 = 17 per n = 4 n2 − n + 11 = 23 per n = 5 n2 − n + 11 = 31 Tutti i numeri ottenuti n qui (al variare di n) come risultato dell'espressione n2 − n + 11 sono numeri primi: 11, 13, 17, 23, 31. Se applicassimo anche qui il nostro e così via..., potremmo aermare che tutti i numeri del tipo n2 − n + 11 sono primi. Ma ciò non è aatto vero: per n = 11, per esempio, si ha n2 − n + 11 = 112 − 11 + 11 = 11 × 11 che non è un numero primo. 4 Dobbiamo quindi individuare un procedimento formale che abbia la stessa forza del nostro e così via..., ma che nel contempo ci garantisca dai possibili errori: deve dirci sotto quali condizioni possiamo concludere e cosi' via... con la certezza di non fare aermazioni avventate. Un tale procedimento esiste ed è il cosiddetto principio di induzione. Esso dice: se A è un sottoinsieme di N che verica le seguenti due proprietà: 1) 0 appartiene ad A e 2) se il numero naturale k appartiene ad A, anche il suo successore k + 1 appartiene ad A, allora A = N. Cioè dice proprio che se P è una aermazione relativa a numeri naturali che vale per lo zero ed è tale che se vale per il numero naturale k , vale anche per il successore k + di k , allora P vale per tutti i numeri naturali, cioè per tutti gli elementi dell'insieme N. Basta infatti pensare che A sia l'insieme dei numeri naturali per i quali vale la proprietà P e rileggere in questo senso ciò che dice il principio di induzione. Il principio d'induzione sta in quello che facevamo prima: - per la 1) sappiamo che 0 ∈ A; - per la 2) ne possiamo dedurre che anche il successore di 0, 1 = 0+ , appartiene ad A; - ancora per la 2), possiamo dedurre che anche 2 = 1+ appartiene ad A, e così via... Vediamo un esempio. Sommiamo le potenze successive di 2. Otteniamo: 20 = 1 ; 20 + 21 = 1 + 2 = 3 ; 20 + 21 + 22 = 1 + 2 + 4 = 7 ; 20 + 21 + 22 + 23 = 1 + 2 + 4 + 8 = 15 ..... Ognuno dei numeri ottenuti come risultato di queste somme è uguale alla potenza di 2 successiva all'ultima che abbiamo sommato diminuita di 1 : 1 = 21 − 1 3 = 22 − 1 7 =23 − 1 15 = 24 − 1 Quindi siamo tentati di dire che in generale (cioè per un numero qualsiasi n) la formula è 1 + 2 + ... + 2n = 2n+1 − 1 Ma siamo sicuri? Vale anche per n = 17.000.000? 5 Usiamo il principio d'induzione e chiamiamo A l'insieme dei naturali che vericano la formula, cioè poniamo: A = {k ∈ N : 1 + 2 + ... + 2k = 2k+1 − 1}. Abbiamo già vericato che lo zero appartiene ad A (0 ∈ A) e ora dobbiamo dimostrare che se k appartiene ad A (k ∈ A), anche il suo successore appartiene ad A (k + 1 ∈ A): qui è la sostanza del nostro e cosi' via.... Diamo quindi per buono che valga 1 + 2 + ... + 2k = 2k+1 − 1, cioè diamo per buono che k stia in A e cerchiamo di dimostrare che proprio da questo segue l'uguaglianza 1 + 2 + ... + 2k + 2k+1 = 2(k+1)+1 − 1 = 2k+2 − 1 cioè segue che anche k + 1 sta in A. Basta scrivere 1+2+...+2k +2k+1 = (1+2+...+2k )+2k+1 = (2(k+1) −1)+2k+1 = 2.2k+1 −1 = 2k+2 −1, - dove il secondo segno di uguale è il passaggio induttivo (cioè usa l'uguaglianza che esprime il fatto che k sta in A), mentre gli altri sono soltanto passaggi algebrici - per vedere che anche il numero k + 1 sta in A. Ora possiamo applicare il principio d'induzione e concludere che A = N, vale a dire che per ogni n ∈ N si ha 1 + 2 + ... + 2n = 2n+1 − 1. Ma allora che cosa non tornava nel caso dell'espressione n2 − n + 11 da cui siamo partiti? Se poniamo A = {k ∈ N : k 2 − k + 11 è primo}, è vero che lo zero appartiene ad A (0 ∈ A) (come del resto accade anche per 1, 2, 3, 4, 5), ma non abbiamo dimostrato da nessuna parte che se k ∈ A, allora k + 1 ∈ A (cosa che, come si vede subito, è falsa per k = 10 per esempio). Per chiarirci meglio ciò che sta dietro a queste aermazioni, possiamo far ricorso a una illustrazione intuitiva del principio d'induzione. Supponiamo di avere una la innita di birilli tutti della stessa altezza e allineati lungo una semiretta. Se ogni birillo (a partire dal secondo) è situato ad una distanza minore della loro altezza comune dal birillo precedente, quando diamo un colpo al primo birillo in direzione del secondo, allora (se il colpo è sucientemente forte da farlo cadere) la sua caduta comporta la caduta del secondo che, a sua volta, farà cadere il terzo, e così via... f igura A 6 Far cadere il primo birillo equivale a vericare che 0 ∈ A, mentre il fatto che la distanza fra il k -esimo birillo e il k + 1-esimo sia minore dell'altezza dei birilli equivale al fatto che k ∈ A ⇒ k + 1 ∈ A. Osserviamo che l'induzione non deve necessariamente partire da 0: se sappiamo, per esempio, che A è un sottoinsieme di N tale che n0 è il più piccolo numero naturale che appartiene ad A e se k ∈ A, allora anche k + 1 ∈ A, per ogni k ∈ A, ne possiamo dedurre che A = {n ∈ N : n ≥ n0 }. La ragione è analoga a quella di prima: poiché n0 appartiene ad A, anche n0 + 1 appartiene ad A; poiché n0 + 1 ∈ A, anche n0 + 2 ∈ A, e così via... Come esempio consideriamo, al variare di n in N, la disuguaglianza n2 > n + 10 e chiamiamo A l'insieme dei naturali che la vericano, cioè scriviamo: A = {k ∈ N : k 2 > k + 10}. Si vede subito che 0, 1, 2, 3 non appartengono ad A, mentre 4 appartiene ad A. Supponiamo quindi che il numero naturale k appartenga ad A, vale a dire che sia k 2 > k + 10, e vediamo che cosa succede a k + 1. Si ha (k + 1)2 = k 2 + 2k + 1 > k + 10 + 2k + 1 (poiché k 2 > k + 10), e k + 10 + 2k + 1 > (k + 1) + 10 (poiché 2k è maggiore di zero) e quindi si ha (k + 1)2 > (k + 1) + 10. Perciò anche k + 1 ∈ A. Ne segue che l'insieme A dei naturali che vericano la disuguaglianza è A = {n ∈ N : n ≥ 4}. 7 1.1.1 Operazioni fra numeri naturali La maniera con cui abbiamo scritto il successore di un elemento di N, cioè la maniera con cui siamo passati da n a n + 1, ci ha già introdotto alla prima operazione che siamo soliti compiere in N: l'addizione di numeri naturali. L'abbiamo già usata nelle righe qui sopra, ma ora, se continuiamo nella nostra rilettura di quello che sappiamo sui numeri naturali, possiamo fermarci a ripensarla con una qualche attenzione; e, pur senza preoccuparci di denirla qui in maniera formale (per una denizione di tal genere rimandiamo il lettore al box L'addizione e la moltiplicazione di due numeri naturali), possiamo cominciare ricordando il legame che ha con l' ordinamento di N e che è espresso dall'equivalenza n ≥ m se e solo se ∃k tale che n = m + k (n, m, k ∈ N). E possiamo continuare descrivendone alcune proprietà: - la prima è la proprietà associativa per la quale vale l'uguaglianza n + (m + k) = (n + m) + k per ogni n, m, k∈ N. Essa ci permette - senza cambiare il risultato nale - di togliere o mettere parentesi quando eseguiamo somme di molti addendi. Quando dobbiamo trovare quanto fa 3+(7+5)+(5+8)+2, in pratica ci conviene calcolare (3+7)+(5+5)+(8+2) facendo una cosa che non possiamo permetterci sempre: ¡ ¢2 2 se vogliamo calcolare 31 non calcoliamo certo 3(1 ) o almeno non dovremmo! - la seconda è la proprietà commutativa per la quale vale l'uguaglianza n+m=m+n ∀n, m∈ N. Essa ci permette - senza cambiare il risultato nale - di cambiare l'ordine degli addendi. Quando dobbiamo trovare quanto fa 3+5+7+2+5+8, in realtà ci conviene calcolare (3+7)+(5+5)+(8+2) facendo una cosa che non 2 possiamo permetterci sempre: se vogliamo calcolare (3) non calcoliamo certo 3 (2) o almeno non dovremmo! - la terza riguarda lo zero (elemento neutro): 0+n=n+0=n ∀n∈ N; - la quarta è la proprietà che permette di cancellare l'addendo comune a due somme che abbiano lo stesso valore: se, per n, m, k ∈ N vale m+n=k+n allora m = k. Per dimostrarla, di solito si sottrae n ad entrambi i membri dell'uguaglianza iniziale (m + n) − n = (k + n) − n 8 ma, così facendo, si dà per denita l'operazione di sottrazione. In realtà, la proprietà di cancellazione precede la sottrazione, nel senso che può essere dimostrata utilizzando soltanto quello che già conosciamo di N, indipendentemente dalla sottrazione (vedi l'esercizio n. 9 al termine di questo capitolo e il successivo paragrafo 2.1). Una seconda operazione siamo soliti compiere fra i numeri naturali: la moltiplicazione. Per una sua denizione formale si può vedere ancora il box L'addizione e la moltiplicazione di due numeri naturali, ma il senso dell'espressione 23 × 11 ci è già ben chiaro: 23 × 11 è la somma 23 + 23 + ... + 23 dove gli 11 addendi sono tutti uguali a 23. Implicitamente riconosciamo alla moltiplicazione queste proprietà: - proprietà associativa n × (m × k) = (n × m) × k per ogni n, m, k ∈ N; - proprietà commutativa n×m=m×n per ogni n, m ∈ N. Quest'ultima osservazione non è ovvia se pensiamo al signicato che abbiamo attribuito alla moltiplicazione come somma di addendi uguali fra loro. Stiamo infatti dicendo che il risultato non cambia se consideriamo 11 addendi uguali a 23 oppure 23 addendi uguali a 11. - moltiplicazione per 1 (elemento neutro) 1×n=n×1=n per ogni n ∈ N; - moltiplicazione per zero 0×n=n×0=0 per ogni n ∈ N; - proprietà di cancellazione se, per n, m, k ∈ N (n 6= 0) vale n × m = n × k, allora m = k. Anche qui siamo abituati a dimostrare la proprietà di cancellazione dividendo per n entrambi i membri dell'uguaglianza n×m=n×k 9 ma, così facendo, diamo per scontata l'esistenza dell'inverso per ogni numero naturale diverso da zero. Ne riparleremo più avanti. L'ultima proprietà lega fra loro l'addizione e la moltiplicazione ed è la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all'addizione, per la quale vale (m + n) × p = m × p + n × p per ogni m, n, p ∈ N. 1.2 Dagli oggetti ai numeri Torniamo ora al procedimento del contare che abbiamo descritto all'inizio di questo capitolo. Oltre che dei numeri naturali avevamo bisogno di una maniera standard di appaiare gli oggetti da contare con gli elementi di opportuni sottoinsiemi dell'insieme N. Cerchiamo di capire che cosa vuol dire maniera standard e quali sono i sottoinsiemi opportuni di cui si parla. I sottoinsiemi di N che entrano in gioco qui sono quelli che chiamiamo segmenti iniziali di N , cioè i sottoinsiemi del tipo In = {1, 2, 3, ..., n} per qualche n. Diremo che n è la lunghezza di In : il segmento iniziale di lunghezza 1 è I1 = {1}, quello di lunghezza 2 è I2 = {1, 2}, quello di lunghezza 3 è I3 = {1, 2, 3}, ... La maniera standard è quella che nasce da una corrispondenza biunivoca: contare gli elementi di un insieme (nito) consiste nello stabilire una corrispondenza biunivoca fra gli elementi dell'insieme dato e gli elementi di un opportuno segmento iniziale In . Si può dimostrare che se n è diverso da m, allora non ci sono corrispondenze biunivoche fra In e Im : sembra un'osservazione poco pertinente, ma esprime un fatto che è la base stessa del contare: non avremmo nessuna certezza di aver contato 7 oppure 11000 macchinine se ci fosse la possibilità di mettere in corrispondenza biunivoca I7 con I11000 ... Invece dire che abbiamo contato 7 macchinine signica che le abbiamo prese, abbiamo via via posato la mano su ognuna di esse e abbiamo recitato 1, 2, 3,...,7, cioè abbiamo stabilito una corrispondenza 1-1 fra l'insieme delle macchinine e il segmento iniziale I7 di N . Più in generale, dire che un insieme contiene un numero nito di oggetti (brevemente, è nito) signica che abbiamo potuto porlo in corrispondenza biunivoca con qualche In . Così se vogliamo una denizione formale di insieme nito, possiamo dire: un insieme è finito se può essere messo in corrispondenza biunivoca con qualche segmento iniziale In . In tal caso si dice che l'insieme ha cardinalita' n (l'insieme vuoto non rientra in questa denizione, ma è da considerarsi nito, con cardinalità zero). 10 Ogni insieme In è, ovviamente, nito e anche ogni suo sottoinsieme; osserviamo, però, che se S è un sottoinsieme proprio di In , non vi può essere alcuna corrispondenza biunivoca fra In e S : infatti S deve essere in corrispondenza biunivoca con Ik , per qualche k minore di n (visto che si possono contare gli elementi di S ) e sappiamo che In e Ik non sono in corrispondenza biunivoca. Abbiamo così messo in luce una proprietà importante degli insiemi niti: se A è nito e S è un sottoinsieme proprio di A, non esiste alcuna corrispondenza biunivoca fra A e S . Per esempio, se A ha cardinalità venti, è intuitivamente chiaro che non esiste alcuna corrispondenza biunivoca fra A e un suo sottoinsieme di cardinalità diciassette, o sedici, o quattro... In eetti non abbiamo bisogno di contare per sapere che se da un'aula piena di studenti ne escono tre, allora quelli che sono rimasti sono meno di prima. E' una cosa che sappiamo e che non ci stupisce. Ci stupisce invece osservare che cosa può succedere nell'insieme N. Abbiamo già messo in luce che la funzione successore f : n → n+ è denita su tutto N, è iniettiva in quanto numeri diversi hanno successori diversi, e la sua immagine è l'insieme N − {0}, cioè abbiamo già mostrato che essa è una corrispondenza biunivoca fra N e N − {0}. Ciò ci permette di aermare che l'insieme N non è nito; se chiamiamo, come è naturale, innito un insieme che non sia nito, allora possiamo dire che N è innito perché esiste una corrispondenza biunivoca fra N e una sua parte propria. E questa è la proprietà caratteristica degli insiemi inniti. Un'osservazione: in quello che precede abbiamo prima denito gli insiemi niti e, poi, per negazione, quelli inniti. E' interessante notare che avremmo anche potuto scambiare l'ordine delle denizioni e prendere come primitiva la nozione di insieme innito: un insieme A è infinito se esiste una corrispondenza biunivoca fra A e un suo sottoinsieme proprio. In tal caso un insieme nito sarebbe stato denito, per negazione, come un insieme che non è in corrispondenza biunivoca con alcuna sua parte propria e si sarebbe dimostrato che un insieme siatto è necessariamente in corrispondenza biunivoca con qualche In . Tornando ad N e chiamando P il sottoinsieme proprio dei numeri pari e T il sottoinsieme (anch'esso proprio) dei quadrati di numeri naturali: P= {0, 2, 4, 6, 8, ...}, T= {0, 1, 4, 9, 16, ...}, possiamo vericare che anche le due funzioni f : N→P denita da f (n) = 2n per ogni n ∈ N e g : N →T denita da g(n) = n2 per ogni n ∈ N sono corrispondenze biunivoche di N su sottoinsiemi propri. Ci sono elementi di N che non stanno in P (per esempio 3) eppure gli elementi di N sono tanti quanti gli elementi di P; ci sono elementi di N che non stanno in T (per esempio 3) eppure gli elementi di N sono tanti quanti gli elementi di T. 11 1.2.1 Insiemi numerabili Se diciamo, come si usa, che due insiemi sono equipotenti quando fra loro esiste una corrispondenza biunivoca, possiamo allora aermare che un insieme è innito se è equipotente ad un suo sottoinsieme proprio. Osserviamo che un insieme equipotente ad un insieme innito è anch'esso innito. Bisogna però guardarsi dal pensare che tutti gli insiemi inniti siano equipotenti fra loro: per esempio, l'insieme N e l'insieme dei punti di una retta geometrica sono due insiemi inniti che non possono essere messi in corrispondenza biunivoca e quindi non sono equipotenti. Analogamente, l'insieme N e l'insieme innito P (N) costituito da tutti i sottoinsiemi di N non sono equipotenti; sono invece equipotenti P (N) e l'insieme dei punti di una retta. Esiste una scala degli insiemi inniti che inizia proprio con N e con tutti gli insiemi che sono equipotenti a N e che vengono detti numerabili. Da questo punto di vista gli insiemi numerabili sono i più piccoli insiemi inniti: ciò signica che ogni insieme innito contiene un sottoinsieme numerabile. Per esempio, sono numerabili l'insieme P dei numeri pari e l'insieme T dei quadrati: l'equipotenza con N è realizzata rispettivamente dalle due corrispondenze biunivoche f e g denite nel paragrafo precedente. Più in generale, si dimostra che ogni sottoinsieme innito di N è equipotente a N e quindi numerabile e che anche l'unione di due insiemi numerabili è un insieme numerabile. 1.3 La scrittura dei numeri Finora abbiamo discusso di numeri naturali senza parlare della loro scrittura. Invece, il tipo di scrittura utilizzato ha un ruolo importante nello svolgimento pratico delle operazioni. Il sistema di scrittura più naturale consiste probabilmente nell'associare al numero naturale n, n barrette verticali spaziate fra loro; in questo caso si utilizza un simbolo solo (senza dimenticare il ruolo dello spazio fra le barrette; lo spazio però non è un simbolo), ma non si possono maneggiare comodamente grandi numeri. Un altro sistema di scrittura è quello che prevede simboli anche per alcuni raggruppamenti di barrette verticali: per esempio, il sistema romano prevede che V stia per cinque, X per dieci, L per cinquanta, M per mille, ma anche in questo caso lo svolgimento delle operazioni non si presenta aatto semplice. Oggi noi utilizziamo, nella vita quotidiana, il sistema di scrittura posizionale in base 10: ciò vuol dire che sono predeterminate (e poi sottointese) delle colonne, ognuna delle quali rappresenta una potenza di dieci; si comincia da destra con la potenza zero di dieci, poi ci si sposta a sinistra con la prima potenza di dieci, poi ancora a sinistra con la potenza seconda di dieci, e così via, no all'ordine di grandezza necessario: ...103 | 102 | 101 | 100 = 1 12 . In ogni colonna si scrive un simbolo (detto cifra) da zero a nove (si hanno così dieci cifre, quant'è la cardinalità della base) e la scrittura nale rappresenta il numero naturale ottenuto come somma dei prodotti delle cifre per le corrispondenti potenze di dieci. Descritto così sembra complicato, ma è esattamente quello che siamo abituati a fare, senza troppo rietterci. Per esempio, 1039 rappresenta il numero ottenuto come somma di nove unità, più tre decine, più zero centinaia, più un migliaio (9.100 + 3.101 + 0.102 + 1.103 ): la scrittura manuale del numero procede da sinistra verso destra e segue l'ordine decrescente delle potenze di dieci. La scrittura posizionale dei numeri è resa possibile dall'introduzione di un simbolo che rappresenta lo zero: dobbiamo infatti poter scrivere che qualche potenza di dieci non è presente nella decomposizione decimale di un dato numero. Lo zero, invenzione indiana, fu portato in Occidente dopo l'anno mille dai mercanti arabi. Il procedimento di scrittura posizionale in base dieci può essere ripetuto per qualsiasi base maggiore o uguale a due. La scelta della base è probabilmente dettata dal fatto che abbiamo dieci dita, ma non è stata l'unica nella storia: i Babilonesi usavano base sessanta e i Maya base venti. Oggi i calcolatori usano base due: si utilizzano le due cifre 0 e 1 che corrispondono al passaggio o meno della corrente elettrica nei circuiti del calcolatore. In base due lo schema delle colonne in cui scomporre il numero diventa: ...23 | 22 | 21 | 20 = 1 Proviamo a scrivere il numero 19 (sottintendendo che così sia scritto in base dieci) nella nuova base due; immaginiamo dunque le varie colonne che rappresentano le potenze di due e vediamo qual è la massima potenza di due minore o uguale a 19: si tratta di 16 = 24 e quindi scriviamo 1 nella quinta colonna partendo da destra (ricordiamo che le colonne partono dalla potenza zero); dopo di che vediamo qual è la massima potenza di due minore o uguale a 19 − 16 = 3; si tratta di 21 = 2 e osserviamo che non sono presenti né la potenza seconda né la potenza terza di due; scriviamo quindi 0 nella terza e nella quarta colonna (partendo da destra) e uno nella seconda colonna; per nire scriviamo 1 nella prima colonna a destra perché era rimasto da computare 3 − 2 = 1. 19 = 100112 (e ancora omettiamo l'indice 10 quando si tratta della base dieci). 1.3.1 Operazioni in base diversa da dieci Per quanto riguarda le operazioni in base diversa da dieci, valgono le stesse regole che in base dieci, ma occorre prestare attenzione alle cifre che si hanno a disposizione e ai riporti. Per esempio, in base due, abbiamo le cifre 0 e 1 e 13 se vogliamo sommare 11012 con 1002 procediamo, partendo dalle unità e quindi dalle cifre scritte più a destra, in questo modo: 1 più 0 fa 1 e quindi scriviamo 1 nella prima colonna a destra; 0 più 0 fa 0 e quindi scriviamo 0 nella seconda colonna; 1 più 1 fa 0 con il riporto di 1 e quindi scriviamo 0 nella terza colonna; 1 più il riporto di 1 fa 0 con il riporto di 1 e quindi scriviamo 0 nella quarta colonna e 1 nella quinta, ottenendo il numero: 100012 . In base otto, invece, abbiamo le cifre da zero a sette e se vogliamo sommare 73078 con 6548 , procediamo in questo modo: 4 più 7 fa 11 e quindi scriviamo 3 con il riporto di 1 (11 = 1 × 8 + 3); 0 più 5, più 1 di riporto fa 6 e scriviamo 6; 3 più 6 fa 9 e quindi scriviamo 1 con il riporto di 1 (9 = 1 × 8 + 1); 7 più 1 di riporto fa 8 e quindi scriviamo 0 e riportiamo 1 (8 = 1 × 8 + 0). In denitiva abbiamo scritto il numero 101638 . E se scriviamo l'operazione in colonna otteniamo: .73078 + .. 6548 = 101638 Se vogliamo operare un controllo possiamo scrivere 73078 e 6548 in base dieci, sommarli come di consueto e poi riscrivere il risultato in base otto: 73078 = 7 × 80 + 0 × 81 + 3 × 82 + 7 × 83 = 3783 6548 = 4 × 80 + 5 × 81 + 6 × 82 = 428 3783 + 428 = 4211. Per scrivere 4211 in base otto, osserviamo che 84 = 4096 e quindi, nella quinta colonna da destra scriviamo 1; si ha 4211 − 4096 = 115; poiché 83 = 512, scriviamo 0 nella quarta colonna; poi consideriamo 82 = 64 che sta una volta in 115; scriviamo 1 nella terza colonna e rimane 115 − 64 = 51; ma 51 = 6 × 8 + 3 e quindi 4211 = 101638 e abbiamo completato la verica. In modo analogo ci comportiamo se dobbiamo moltiplicare numeri scritti in base diversa da dieci. Per esempio, moltiplichiamo 20345 per 31425 . Otteniamo: .......20345 x .......31425 = ........4123 ....13301 ....2034 11212 121130335 L'interesse di questi esercizi di cambio di base sta soprattutto nella possibilità che essi ci danno di svincolare il numero dalla sua scrittura. Ad esempio 100112 , 14 XIX, 345 , 19, sono rappresentazioni diverse del numero diciannove, ma non sono quel numero; esattamente come nove, nine e neuf sono nomi diversi dello stesso naturale, ma non sono quel naturale. Consideriamo, sempre in questo spirito, la base 12: sappiamo di avere a disposizione 12 simboli base (le cifre). Possiamo usare le vecchie cifre da 0 a 9 e aggiungerne due nuove, come ♦ e ♥: stabiliamo che ♦ sia il simbolo, in base 12, per dieci, e ♥ il simbolo, in base 12, per undici. Osserviamo che se scriviamo 1012 abbiamo, in realtà, scritto il numero dodici (0 × 120 + 1 × 121 ). Lo schema è quello di prima: 123 | 122 | 121 | 120 = 1, solo che ora in ogni colonna possiamo inserire una qualunque cifra scelta nell'insieme {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, ♦, ♥}. Per esempio, valgono le uguaglianze: - 1♦12 = 10.120 + 1.12 = 22 - 2♥312 = 3 × 120 + 11 × 121 + 2 × 122 = 3 + 132 + 288 = 423 - ♦♥12 = 11 × 120 + 10 × 121 = 131 , mentre la somma .8♦12 +♥912 vale .18712 dal momento che si ha: ♦12 + 912 = 10 + 9 = 19 = 7 × 120 + 1 × 121 e ♥12 + 812 + 112 = 11 + 8 + 1 = 20 = 8 × 120 + 1 × 121 . Concludiamo questo paragrafo con un'osservazione sulla parità dei numeri: che cosa signica l'aermare che un numero è pari? Un numero è pari se è divisibile per 2. Bene, nella scrittura in base dieci un numero è pari se e solo se termina con una cifra pari, cioè 0, 2, 4, 6, 8, ma ciò non è vero se la base che utilizziamo è dispari; ad esempio si ha che 117 = 8 è un numero pari mentre 127 = 9 è dispari. Non bisogna confondere una proprietà intrinseca del numero con qualcosa che non è intrinseco al numero (la scrittura del numero in una certa base). Sarebbe come con- (l'essere o meno divisibile per due) fondere una persona con il suo vestito. Allo stesso modo occorre ricordare che gli usuali criteri di divisibilità sono basati sulla scrittura dei numeri in base dieci e non possono usati in basi diverse da dieci (ad esempio, in base tre, 213 (= 7) non è divisibile per tre, mentre 203 (= 6) lo è ). 15