06/07/2016 Nuovo Corriere Nazionale

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06/07/2016 Nuovo Corriere Nazionale
Il Grande Fratello
incute terrore nel ring della sala
convegni
C//PAOLACINTIO
SPOLETO-Un ring al
centro della sala convegni del complesso monumentale di San Nicolò e
tanta energia. Questa è
stata l'accoglienza riservata dal regista Tim Robbins al pubblico del Festival dei Due Mondi per
lo spettacolo "1984". La
performance teatrale è
stata prodotta da The actors1 gang, di cui lo stesso
Robbins è direttore artistico, il quale non ha mai lasciato solo il pubblico e il
cast, dimostrandosi accogliente in sala fino alla fine della rappresentazione.
"1984" è tratto da uno dei più famosi libri scritti da George Orwell, ma
adattato da Michael Gene Sullivan, è ambientato in una comunità dove si vive nel terrore e nella paura e dove e ' è un Grande Fratello che osserva ognu no, con il suo occhio e giudizio indiscreti. Protagonista il cittadino Winston
Smith, colpevole di amare una donna (Julia) e di nascondersi con lei per vi vere la passione e per aver ottenuto di contrabbando un volume reputato
sovversivo, ovvero un manuale sul collettivismo oligarchico scritto dalla
spiaO'Brien. Sembra di rivivere un'epoca dittatoriale, ma anche contemporanea, dato che è con la strategia del terrore, del controllo e del ricatto che si
vuole impaurire la società moderna.
A interpretare il ruolo del protagonista Pierre Adeli, al centro della scena
con altri cinque attori/accusatori (Brian Fenny, Colin Golden, Lee Hanson,
Will Mcfadden, Bob Turton) che lo interrogheranno dopo averlo imprigionato per ciò che ha scritto nel suo diario segreto.
Dopo questo spettacolo, Tim Robbins proporrà da stasera al teatro San
Nicolò "Harlequino: ontofreedom", dopo aver entusiasmato il pubblico
non solo con "1984.", ma anche con il concerto al Teatro Romano, inserendo
nel palinsesto del Festival ben tre sue produzioni.
MEDIA
4 2 Cultura
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Spoleto
FESTIVAL DEI DUE MONDI
5M
Il regista statunitense
Storia rivisitata
È presente con tre
suoi spettacoli, tra teatro e musica
Al San Nicolò dal libro '1984' di Orwell
ai retroscena della Commedia dell'arte
Un nuovo Harlequino sul palco
Tim Robbins porta in scena
lo spettacolo dedicato alla storia
della Commedia dell'arte,
in un ponte ideale tra 1530 e 2016
di SARA FRATEPIETRO
Spoleto
im Robbins fa tris al Festival
dei 2 Mondi. E dopo il concerto al Teatro Romano e
"1984" al San Nicolò torna in scena da oggi a Spoleto59 con "Harlequino: ontofreedom". Ancora
una produzione di The Actors'
Gang, quindi, dopo quella dello
scorso fine settimana e dopo il
"Sogno di una notte di mezza
estate" dello scorso anno.
Le storie della maschera bergamasca saranno solo un appiglio
per l'autore per parlare della s t o ria della Commedia dell'arte del
XVI secolo. Cosa c'è dietro le storie
tra ricchi e poveri, in un contesto
T
culturale e sociale di grande fermento, come quella di Arlecchino?
II regista e produttore fa rispondere a questi interrogativi agli attori sul palco del teatro di San Nicolò (oggi ore 19, domani ore 17,
venerdì alle 17,30, sabato alle 15 e
domenica alle 11).
"L'ipocrisia - spiega Tim Robbins - era presa di mira nelle piazze delle città da compagnie di attori e musicisti girovaghi. Storicamente non abbiamo documenti
che riportino i contenuti di quelle
rappresentazioni. Il primo testo
scritto risale all'inizio del XVII secolo, e si riferisce alle compagnie
ufficiali che si esibivano per il re.
Cosa sappiamo dei primi cento
anni della Commedia dell'arte?
Chi sono quegli ignoti interpreti?
Cosa contava per i poveri e i poverissimi nel 1530 in Italia? Perché in
un documento troviamo menzione
che il Duca di Mantova si sentì offeso da una compagnia al punto da
impiccarne tre attori? Chi erano
questi coraggiosi e acrobatici attori che osavano sfidare il potere
per raccontare la verità? Harlequino: on to Freedom - evidenzia il
produttore - dà una risposta a
queste questioni. Ambientato tra
1530 e 2016, lo spettacolo racconta
la storia di una compagnia di attori
giravaghi che irrompe in una conferenza sulla Commedia dell'arte.
Lo spettacolo si domanda come la
storia viene scritta, cos'è divertente, quando un servitore diventa
uno schiavo e perché vale la pena
parlarne ancor'oggi?".
Da città di emigranti
a 'città palcoscenico'
Il Grande Fratello
incute terrore nel ring della sala
convegni
Spoleto 1958. Il racconto di Oscar Federici
C//PAOLACINTIO
di VINCENZO CEMENTI
SPOLETO-Un ring al
centro della sala convegni del complesso monumentaledi San Nicolòe
tanta energia. Questa è
stata l'accoglienza riservata dal regista Tim Robbins al pubblico del Festival dei Due Mondi per
lo spettacolo "1984". La
performance teatrale è
stata prodotta da The actors' gang, di cui lo stesso
Robbins è direttore artistico, il quale non ha mai lasciato solo il pubblico e il
cast, dimostrandosi accogliente in sala fino alla fine della rappresentazione.
"1984" è tratto da uno dei più famosi libri scritti da George Orwell, ma
adattato da Michael Gene Sullivan, è ambientato in una comunità dove si vive nel terrore e nella paura e dove c'è un Grande Fratello che osserva ognuno, con il suo occhio e giudizio indiscreti. Protagonista il cittadino Winston
Smith, colpevole di amare una donna (Julia) e di nascondersi con lei per vivere la passione e per aver ottenuto di contrabbando un volume reputato
sovversivo, ovvero un manuale sul collettivismo oligarchico scritto dalla
spiaO'Brien. Sembra di rivivere un'epoca dittatoriale, ma anche contemporanea, dato che è con la strategia del terrore, del controllo e del ricatto che si
vuole impaurire la società moderna.
A interpretare il ruolo del protagonista Pierre Adeli, al centro della scena
con altri cinque attori/accusatori (Brian Fenny, Colin Golden, Lee Hanson,
Will Mcf adden, Bob Turton) che lo interrogheranno dopo averlo imprigionato per ciò che ha scritto nel suo diario segreto.
Dopo questo spettacolo, Tim Robbins proporrà da stasera al teatro San
Nicolò "Harlequino: on to freedom", dopo aver entusiasmato il pubblico
non solo con "1984", ma anche con il concerto al Teatro Romano, inserendo
nel palinsesto del Festival ben tre sue produzioni.
SPOLETO - In quegli anni, dopo la
tragedia delle miniere (1955) e le
epocali gelate del 1956 che avevano
distrutto vigne e uliveti, Spoleto era
una città con la valigia pronta. Di
cartone, chiusa con un avanzo di
spago. Una città economicamente
senza futuro. E quell'integrità storico architettonica del centro storico e
quel famoso "silenzio", che nel primo Novecento aveva irretito scrittori
e poeti come Hermann Hesse e Aleksandr Blok e più recentemente Dino
Buzzati e Alberto Moravia e da ultimo il giovane musicista Menotti,
aveva una sola prosaica radice: era
l'ovvio scontato effetto di un m a n cato decollo industriale, commerciale. Era, di fatto, la splendida oleografia della miseria. Nelle fasi di
punta della produzione dei periodi
bellici alle miniere diMorgnano si
era sfiorata la soglia degli ottomila
occupati: nel 1958 erano scesi a m e no di 1300 unità. Le altre "industrie"
erano tutte agonizzanti, ottime a
produrre solo disoccupati.
Ma dai primissimi mesi del 1958 si
respirò un'aria diversa. Fu la movimentazione creata dai lavori per il
Festival, soprattutto al Caio Melisso.
Intensa. Sorto con delibera del Comune del 1667, con il nome di Teatro
della Rosa, uno dei più antichi teatri
MEDIA
italiani a palchetti, nonostante vari
interventi di sistemazione ed a m modernamento, l'ultima del 1880,
era in condizioni pietose. Ma prima
del festival fu restaurato a tempo di
record. Con l'intelligenza dell'architetto romano Roberto de Luca e
dell'ingegnere spoletino Oscar Rosini. Innegabile fu il merito delle m a e stranze, come il pittore artigiano Alfio Astolfi. L'inossidabile memoria
storica di quei lavori è del geometra
spoletino Oscar Federici, a
quell'epoca giovanissimo assessore
ai Lavori pubblici del Comune. "Gli
operai, i muratori, i carpentieri - mi
racconta Federici - lavoravano a t e sta bassa, senza risparmiare energie". Finalmente c'era del lavoro a
Spoleto! Quando Astolfi finì di r e staurare i decori interni, era una
maschera di fatica e di sudore. Ma
era orgoglioso del lavoro fatto: come
gli artigiani di una volta. Che a Spoleto si chiamano ancora "artisti". Il
restauro era perfetto, ma De Luca,
quando lo vide andò su tutte le furie.
"Troppo perfetto - urlava - così
sembra dipinto adesso!". Il decoro
doveva essere un po' "delabrè". Doveva avere un effetto vissuto, invecchiato. E il povero Astolfi, un uomo
grande e grosso, capace di lavorare
dieci ore filate senza fermarsi, per il
dispiacere si mise in un angolo.
Piangeva come un bambino.