Michele Donno, Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il Psli

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Michele Donno, Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il Psli
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Pinto, Carmine: Rezension über: Michele Donno, Socialisti
democratici. Giuseppe Saragat e il Psli (1945-1952), Soveria
Mannelli: Rubbettino, 2009, in: Il Mestiere di Storico, 2010, 2, S.
194, http://recensio.net/r/c2113d0e29388df6245572a94fb1a54e
First published: Il Mestiere di Storico, 2010, 2
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194
i libri del
2009 / 2
Michele Donno, Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il Psli (1945-1952), Soveria
Mannelli, Rubbettino, 541 pp., € 30,00
Michele Donno ha studiato il momento genetico della socialdemocrazia italiana e la
leadership di Giuseppe Saragat esaminando la formazione nata dalla scissione di Palazzo
Barberini: il Partito socialista dei lavoratori italiani, erede della tradizione del riformismo
turatiano. Donno assegna all’esperienza di ambasciatore a Parigi di Saragat un ruolo cruciale nella determinazione di una scelta filo occidentale e di una radicale critica al sistema
sovietico. Un denso capitolo è dedicato alla decisione di Saragat nella battaglia interna
al Psi di valorizzare la tradizione socialista e di contrapporre alla «ingannevole dottrina
comunista» l’esperienza della sinistra democratica in Europa. La dimensione internazionale era il fondamento della socialdemocrazia italiana: il Psli, dopo una contrastata fase
iniziale, ottenne il sostegno del socialismo europeo organizzato nel Comisco. La rinascita
europea, per intellettuali e politici del Psli, era nel connubio tra europeismo e socialismo,
ma la collocazione nel mondo bipolare non era una semplice variante del federalismo
europeo e non fu un passaggio scontato in un partito intriso di tradizioni pacifiste e
neutraliste proprie del vecchio riformismo. Il terzaforzismo condizionò il confronto sul
Patto atlantico anche se il piano Marshall prima e il chiaro indirizzo europeo dopo finirono per decretarne il rapido superamento, mentre la socialdemocrazia italiana riservava
una crescente attenzione e poi una decisa approvazione verso il sistema di vita e di valori
che arrivava dagli Usa. La dimensione internazionale aveva anche altri aspetti: nel libro
emerge il dramma organizzativo e finanziario dei socialdemocratici rispetto al gigantismo
dei grandi partiti di massa e delle loro imponenti risorse. Un divario che il Psli cercò in
minima parte di attenuare attraverso l’aiuto di sindacati e forze politiche occidentali.
L’altro elemento cruciale di questa stagione fu la ricerca di una funzione nazionale per un
partito che non aveva il consenso e i mezzi dei suoi omologhi europei. La socialdemocrazia non rinunciò alla sua tradizionale visione laica delle istituzioni che ispirò la dura contrapposizione al voto cattocomunista sull’art. 7 della Costituzione. Fu però attraverso il
riformismo degasperiano che il Psli poté definire un ruolo nel sistema politico italiano. La
pianificazione dell’intervento pubblico fu segnata da Roberto Tremelloni, l’intellettuale e
politico socialdemocratico più attivo ed influente nel primo ventennio repubblicano, tra
i principali teorici protagonisti dell’attuazione del piano Marshall in Italia. Uno sguardo
particolare è rivolto da Donno alla presenza dei socialdemocratici nel governo, un altro
impegno caratterizzato da rotture e divisioni. Nonostante questo il Psli non rinunciò alla
scelta occidentale e, pur con difficoltà e divisioni, continuò la collaborazione governativa sostenendone i punti cruciali: la liberalizzazione degli scambi e la riforma agraria, la
riorganizzazione dell’intervento pubblico e la costruzione dei primi pilastri del welfare
italiano, prendendo poi decisa posizione a favore della politica europeista e, come per la
guerra di Corea, sempre decisamente a fianco delle democrazie occidentali.
Carmine Pinto