Pg. 02 Se il cervello rimane "a secco"

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Pg. 02 Se il cervello rimane "a secco"
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DA SAPERE
DA SAPERE
I NUMERI DELL’ICTUS
Nel 75% dei casi l’ictus si verifica in
soggetti di età superiore ai 65 anni;
tra i 60 e gli 80 anni colpisce il 6,5%
della popolazione, tendendo a prevalere nel sesso maschile (7,4%) rispetto a quello femminile (5,9%).
Dopo gli 80 anni, l’incidenza dell’ictus raggiunge addirittura il 25%.
La percentuale di recidive entro i
due anni dal primo episodio è del
15% circa.
Per quanto riguarda le cause dell’ischemia, si tratta di aterosclerosi
nel 30% dei casi e di trombosi nel
20%; ipertensione e diabete sono responsabili di un altro 20%. Ma in un
buon 20-25% di soggetti non si riesce a stabilire il motivo dell’ischemia. Degli oltre 185.000 casi di ictus
che si verificano ogni anno in Italia, il
20% va incontro a morte entro un
mese dall’episodio acuto, e tra i sopravvissuti il tasso dei pazienti che
rimangono invalidi è del 30% circa.
IL TIA,
ICTUS “FANTASMA”
Non tutti gli episodi di ictus sono
della stessa gravità: alcuni pazienti
presentano sintomi lievi, che richiedono comunque il ricovero ospedaliero ma si risolvono in tempo breve
con le opportune terapie.
Altre volte i sintomi dell’ictus si manifestano con una certa drammaticità, ma durano solo alcuni minuti
od ore e poi scompaiono senza lasciare alcun danno.
L’ictus che “guarisce” da solo entro 24 ore è dovuto ad un attacco
ischemico transitorio, il cosiddetto
TIA (Transitory Ischemic Attach)
che non va assolutamente sottovalutato, perché rappresenta un importante segnale di allarme: se non
si attua un’adeguata prevenzione,
nel 20% dei casi il TIA è infatti seguito da un vero e proprio ictus nel
giro di un anno.
Se il cervello rimane “a secco”
L’ictus cerebrale rappresenta non solo una delle tre più comuni cause di
morte, insieme alle malattie cardiovascolari e ai tumori, ma è anche una
delle principali cause di invalidità. Anche contro questa patologia l’arma
più efficace è la prevenzione, benché le possibilità di cura siano oggi
maggiori che in passato.
ICTUS CEREBRALE
P
aralisi di un lato del corpo, alterazioni della sensibilità, difficoltà o impossibilità di parlare o di capire
quello che gli altri stanno
dicendo, confusione e sonnolenza,
capogiri, perdita di equilibrio, forte
mal di testa, disturbi visivi, stato di
coscienza alterato: l’improvvisa
comparsa di uno o alcuni di questi
sintomi indica con ogni probabilità
una delle patologie più temibili:
l’ictus cerebrale.
L’esordio è solitamente brusco, anche se in alcuni casi è possibile che
i sintomi si instaurino nel giro di
uno-due giorni, o in modo progressivo o con rapidi episodi di peggioramento.
La causa è un disturbo circolatorio
cerebrale che, nell’85% circa dei
casi, consiste nell’interruzione
dell’afflusso di sangue al cervello
(ischemia). Due minuti di ischemia
sono già sufficienti per danneggiare
irreversibilmente le cellule cerebrali, estremamente sensibili alla mancanza di ossigeno e di glucosio (sostanze trasportate, appunto, dal
sangue).
L’ischemia è spesso provocata dalla
formazione di placche aterosclerotiche all’interno dei grossi vasi sanguigni che irrorano il cervello: le
placche riducono progressivamente
il calibro dei vasi e, infine, li occludono completamente. In altri casi
l’occlusione è invece dovuta ad un
trombo che arriva ai vasi cerebrali
partendo dal cuore, dove si forma il
più delle volte per via di un infarto
recente o di una fibrillazione atriale, mentre in un certo numero di
pazienti il problema consiste nel
danno dei piccoli vasi dovuto a
malattie come l’ipertensione o il
diabete.
Nel 15% dei casi si tratta invece di
una emorragia, che “allaga” parti
del cervello distruggendo le cellule
nervose, ed è provocata generalmente dall’ipertensione o, più raramente, dalla rottura di una malformazione dei vasi (aneurisma).
Mentre la diagnosi di ictus, anche
per un medico generico, è immediata, più difficile risulta la distinzione tra la causa ischemica e quella emorragica: si tratta di una distinzione fondamentale per la terapia, in quanto nel primo caso è necessario ricorrere a farmaci anticoagulanti e trombolitici, controindicati invece nel caso dell’emorragia, in
cui spesso si interviene chirurgicamente.
Per questo motivo si è rivelato fondamentale l’uso della TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) che
permette di distinguere nettamente
le due situazioni patologiche, oltre
a visualizzare l’estensione del danno subito dal cervello. La terapia
medica dell’ictus è rivolta fondamentalmente a tre obiettivi: ripristi-
nare il flusso sanguigno cerebrale,
ridurre temporaneamente il fabbisogno di ossigeno del cervello e risolvere l’edema (rigonfiamento)
delle cellule cerebrali che consegue
allo stato di sofferenza delle cellule
stesse.
Si tratta però di terapie impegnative e complesse, che richiedono un
ricovero il più possibile tempestivo
in reparti specializzati. Il provvedimento più efficace resta comunque
la prevenzione, basata soprattutto
sull’eliminazione del fumo, sul
controllo del sovrappeso e dei lipidi (colesterolo e trigliceridi), sulla
terapia del diabete e delle aritmie
cardiache.
Benché l’assistenza presso unità
ospedaliere specializzate (“Stroke
Unit”) riduca notevolmente sia il
tasso di mortalità sia la disabilità
grave che consegue a molti casi di
ictus, in un buon numero di soggetti non si riescono ad evitare conseguenze importanti come disturbi
motori o sensoriali, alterazioni
dell’attenzione e della memoria, riduzione delle facoltà mentali o linguistiche.
Per i pazienti resi disabili dall’ictus
è fondamentale il trattamento riabilitativo, mirato sia al recupero motorio (fisiokinesiterapia) sia al miglioramento delle funzioni attentive, mnestiche e cognitive (riabilitazione neuropsicologica).
Cora Tartini