Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982

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Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982
Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982
Donato De' Bardi
Documentato a Genova tra il 1426 e il 1450-51
Madonna allattante
Tempera su tavola; 29,5 x 22,5 cm (n. inv. 1630)
Malgrado l'ossidazione della vernice, la cui stesura risale probabilmente all'intervento di restauro operato da
G. Molteni in data imprecisata tra il 1853 e il 1865 (Archivio del Museo Poldi Pezzoli, faldone 35: Elenco e
rispettivo prezzo dei restauri eseguiti da G. Molteni ... ), il dipinto presenta una superficie chiaramente
leggibile e in buono stato di conservazione. L'andamento verticale del cretto, assai pronunciato, è stato
provocato da un antico incurvamento del supporto ligneo, corretto in epoca recente con l'innesto di una serie
di tasselli disposti verticalmente e di due traverse orizzontali a coda di rondine. Tali interventi hanno in parte
rimosso l'antica decorazione del dorso a falso marmo, ancora perfettamente fruibile nelle parti superstiti.
Questo prezioso dipinto ha avuto una vicenda critica piuttosto singolare, con oscillazioni attributive che
gravitano essenzialmente intorno ai nomi di Vincenzo Foppa e di Ambrogio Bergognone. Il più antico
riferimento al pittore di Fossano risale verosimilmente allo stesso Gian Giacomo Poldi Pezzoli, e con tale
ascrizione l'opera figurò nel primo catalogo del museo (Bertini, 1881, p. 37). Registrata in seguito come
"Vecchia Scuola Lombarda nella maniera del Foppa" (Catalogo Poldi Pezzoli, 1911, p. 88), la tavola venne
ricondotta alla fase giovanile del Bergognone da E. Sandberg Vavalà (1947, p. 306) che, pur rilevandone
alcune analogie stilistiche con i dipinti di Foppa, sosteneva la sua attribuzione evocando a confronto le pale
Calagrani della Pinacoteca Ambrosiana a Milano (n. inv. 13; proveniente da San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia)
e della chiesa dei Santi Martiri in Arona (1489). L'ascrizione al Bergognone sarà in seguito ripresa, pur tra
varie perplessità, da W. Suida (comunicazione orale, citata da Russoli, 1955, p. 156), F. Russoli (1955, p.
156), C.L. Ragghianti (1955, p.195) e B. Berenson (1968, p. 44). R. Longhi (comunicazione scritta, citata da
Russoli, 1955, p. 156) proponeva invece di assegnare il dipinto a Foppa "in atto di interpretare un modello
fiammingo" prossimo a Dirck Bouts, e tale fu anche l'opinione di A. Griseri (1958, pp. 71-72) che sottolineava
come da un modello simile a quello della tavoletta milanese procedessero le varie versioni piemontesi della
"Virgo lactans”, di Giovanni Martino Spanzotti e di Defendente Ferrari.
È da rilevare come, malgrado le divergenze attributive, gli studiosi che hanno esaminato questo dipinto ne
abbiano messo in evidenza le qualità non comuni, gli stretti legami con la cultura fiamminga e una radice
stilistica assai antica, che C.L. Ragghianti (1955, p. 195) suggeriva potesse risalire fino alla figura, allora
ancora enigmatica, di Donato de' Bardi. La ricostruzione della personalità artistica del pittore pavese, attivo
in Liguria e forse anche in Lombardia, è merito recente di F. Zeri (Rintracciando.... 1973, pp. 35-46; Diari...,
1976, pp. 47-50) al quale spetta egualmente di avere a lui restituito il presente dipinto (comunicazione orale,
1980). Documentato una prima volta a Genova nel 1426 (Alizeri, I, 1870, p. 248), Donato de' Bardi vi appare
in seguito menzionato altre volte in atti amministrativi del 1434 e del 1448 (Alizeri, I, 1870, pp. 249, 254-255).
Il 20 marzo 1433 il canonico Oderigo da Cremona lo incaricava di dipingere per la cattedrale genovese
un'ancona a due registri (in basso, Maria Maddalena affiancata da un santo e da una santa; in alto, la
Crocifissione e altri due santi) e un "tellarium", figurato per proteggere il polittico (Alizeri, I, 1870, pp. 252-
253). Moriva infine poco prima del 30 giugno 1451 poiché in quella data il pittore Giovanni Giorgio da Pavia
si impegnava a portare a compimento una tavola con figure di santi, già condotta a buon punto dal defunto
Donato (Alizeri, I, 1870, pp. 255-256). Alla personalità così attestata dai documenti era già stata in passato
connessa la Crocifissione dipinta su tela della Pinacoteca Civica a Savona (n. inv. 14), firmata "Donatus
Comes Bardus Papiensis".
La restituzione del trittico con la Madonna dell'Umiltà tra i Santi Filippo e Agnese del Metropolitan Museum of
Art a New York (n. inv. 37.160.1-3), anch'esso firmato "Opus Donati", consentiva a Zeri di riconoscere allo
stesso maestro anche i Quattro Santi dell'Accademia Ligustica a Genova (n. inv. 67), la Presentazione di
Gesù al Tempio, già a Bergamo, Galleria Lorenzelli, e quattro frammenti di uno smembrato polittico
rappresentanti rispettivamente San Giovanni Battista (già Londra, Galleria Helikon), San Girolamo (New
York, Brooklyn Museum, n. inv. 21.138), Santo Stefano e Sant'Ambrogio, entrambi nella Collezione Cicogna
Mozzoni a Milano. Il dipinto del Poldi Pezzoli si inserisce agevolmente in questo folgorante percorso stilistico.
Un confronto con la Presentazione di Gesù al Tempio, già a Bergamo, datata da Zeri intorno al 1440
(Rintracciando.... 1973, pp. 38-39), consente infatti di riconoscere non solo l'identità di mano ma anche
l'assoluta contemporaneità delle due opere, tradotte in un'analoga intensità di luce, in una simile incisività del
disegno e dei volumi, e in quel comune precorrere, in un'altissima dimensione mentale, il mondo di Foppa e
di Bergognone. La medesima tecnica pittorica, che rende la superficie della tavoletta milanese più simile
all'avorio che a un piano di legno, contraddistingue il trittico del Metropolitan Museum of Art e la stessa
Presentazione di Gesù al Tempio, dove anche compare il ricorso a quelle finissime lumeggiature a oro che
qui ancora impreziosiscono, malgrado l'usura dei restauri, il bordo rosso dell'abito della Madonna.
L'indiscutibile pertinenza della tavola del Poldi Pezzoli a Donato de' Bardi e il suo riferimento cronologico a
un'epoca prossima al 1440 introducono un elemento di grande interesse per la conoscenza della pittura
ligure-lombarda del Quattrocento.
Come già è stato rilevato, la composizione di questo dipinto rivela una forte affinità con alcuni esempi
fiamminghi prodotti da Rogier van der Weyden e dalla sua bottega. Si veda ad esempio la Madonna con il
Bambino del Musée des Beaux Arts a Tournai (n. inv. 481), valva di un dittico attribuito allo stesso Rogier e
abitualmente datato intorno al 1450 (Campbell 1979, pp. 153-154, n. 15, con bibliografia precedente), in cui
sono ripetuti il taglio delle figure, l'invenzione del seno materno che affiora dal lembo del velo e quella dei
Bimbo adagiato da sinistra verso destra.
L'opera di Donato de' Bardi si pone comunque, rispetto a questi modelli, in un rapporto di assoluta
contemporaneità e ne propone un'interpretazione personale e umanizzata che sembra escludere la
derivazione supina da un modello straniero. F. Zeri (Rintracciando..., 1973, p. 44), rilevando la forte
intonazione fiamminga della Presentazione di Gesù al Tempio, affine soprattutto al mondo di Petrus Christus
per "l'analoga equidistanza tra appercezione descrittiva e sintesi formale", formulava l'ipotesi di un viaggio
del pittore in Borgogna o nelle Fiandre.
Converrà comunque qui rammentare che la presenza in Liguria di testi pittorici fiamminghi già nella prima
metà del Quattrocento, dal trittico di Jan van Eyck con l'Annunciazione, santi e i committenti Battista e
Geronima Lomellino, poi presso Alfonso d'Aragona a Napoli (Baxandall, 1964, p. 102), alla "tabula
praesignis" di Rogier van der Weyden con lo strano soggetto di una donna sorpresa nel bagno da due
adolescenti (Baxandall, 1964, p. 105), e probabilmente al Trittico Giustiniani (Dresda, Gemädegalerie, n. inv.
799) e alle due versioni delle Stimmate di San Francesco (Philadelphia, John G. Johnson Collection, n. inv.
314; Torino, Galleria Sabauda, n. inv. 187) di Jan van Eyck (Castelfranchi Vegas, I rapporti 1966, p. 22, nota
7), ne avevano fatto una terra in cui le esperienze artistiche del nord Europa erano state prima che altrove
vissute. A ciò si aggiunga che altri indizi lasciano supporre un viaggio in Savoia e in Provenza, vale a dire in
zone limitrofe a quelle liguri, di Robert Campin nel 1429-1430 (Sterling, 1969, p. 6; sui rapporti tra Fiandre e
Italia nella prima metà del Quattrocento, vedi ora Châtelet, 1980, pp. 43-60).
La straordinaria precocità dell'esperienza culturale del pittore pavese si misura comunque anche
dall'ampiezza della diffusione dei motivo iconografico proposto dal dipinto milanese. Quasi identiche dal
punto di vista compositivo sono infatti, in Piemonte, le varie versioni della "Virgo lactans" di G.M. Spanzotti,
D. Ferrari (Torino, Duomo; Sacra di San Michele; Torino, Museo Civico, n. inv. 227), G. Giovenone
(Philadelphia, John G. Johnson Collection, n. inv. 276; Trino Vercellese, Suore domenicane). Altri esempi
che sembrano derivare da questa comune fonte sono reperibili tra i dipinti riferibili all'area culturale
lombarda, come quello attribuito a un seguace di Bergognone a Coral Gables (Florida), Joe and Emily Lowe
Art Gallery (n. inv. K 1275: Shapley, 1968, p. 22), quello discutibilmente attribuito a Civerchio all'Accademia
Albertina a Torino (n. inv. 142; Griseri, 1958, pp. 71-72) e la stessa leonardesca Madonna Litta (Leningrado,
Ermitage) che riproduce il gesto del braccio destro del Bambino e l'orientazione del capo, rivolto verso lo
spettatore. La medesima composizione di Donato de' Bardi compare infine riprodotta in controparte in una
xilografia che illustra il Mariale di Bernardino Busti, stampato da Ulderico Scinzeler a Milano il 7 maggio 1492
(Arrigoni, XV, 1962, pp. 670-671; qualche accenno sulla diffusione del motivo della Madonna "del latte" in
Lombardia intorno al 1490, per il quale è stata ipotizzata l'esistenza di un "prototipo fiammingo largamente
diffuso", in Ferrari [1960], 1979, p. 51).
Questa serie di immagini, posteriori di più di quarant'anni all'esemplare del pittore pavese, potrebbe inoltre
fornire qualche spunto utile per precisare l'antica ubicazione della tavola che fu verosimilmente destinata fin
dall'inizio ad essere un oggetto mobile, come indicano il formato e le caratteristiche tecniche d'esecuzione,
tra cui il dorso marmorizzato della tavoletta.
Bibliografia aggiornata al 2004
G. Bertini, Fondazione Artistica Poldi Pezzoli. Catalogo generale, Milano 1881, p. 37.
Museo artistico Poldi Pezzoli. Catalogo, Milano 1911, p. 88.
V. Costantini, La pittura in Milano, Milano 1921, p. 111.
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C.L. Ragghianti, recensione a F. Russoli, La Pinacoteca Poldi Pezzoli, Milano 1955, in “La Critica d’Arte”,
nuova serie, II, 1955, pp. 191-197, p. 195.
F. Russoli, La Pinacoteca Poldi Pezzoli, Milano 1955, pp. 156-157.
A. Griseri, Una incisione nella Galleria dell’Accademia Albertina di Torino, in “Bollettino d’arte”, XLIII, 1958,
pp. 69-88, pp. 71-72.
B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Central Italian and North Italian Schools, London 1968, p.
44.
F.R. Shapely, Paintings from the Samuel H. Kress Collection. Italian Schools XV-XVI Century, London 1968,
p. 22.
F. Russoli, Pittura e scultura, in Il Museo Poldi Pezzoli, Milano 1972, pp. 197-288; p. 218.
F. Russoli, Il Museo Poldi Pezzoli in Milano. Guida per il visitatore, Firenze 1978, p. 26.
M. Natale, Museo Poldi Pezzoli. Dipinti, Milano 1982, cat. 11, pp. 71-72.
M. Natale, in Arte in Lombardia tra Gotico e Rinascimento, a cura di M. Boskovits, catalogo della mostra
tenutasi a Milano nel 1988, Milano 1988, pp. 188-189.
V. Sgarbi, Il Bardi e i lombardi, in “FMR”, aprile 1988, pp. 40-50, p. 42.
P.C. Marani, Il giovane Bergognone tra nord e sud: 1453-1476 circa, in Ambrogio da Fossano detto il
Bergognone. Un pittore per la Certosa, a cura di G.C. Sciolla, catalogo della mostra tenutasi a Pavia nel
1998, Milano 1998, pp. 57-75, pp. 67-69.
G.C. Sciolla, Alcuni problemi bergognoneschi, in Studi di Storia dell’Arte in onore di Maria Luisa Gatti Perer,
a cura di M. Rossi e A. Rovetta, Milano 1999, pp. 85-92, n. 5, p. 86.
M. Natale, in El Renacimiento Mediterráneo, a cura di M. Natale, catalogo della mostra tenutasi a Madrid e
Valencia nel 2001, Madrid 2001, pp. 432-437.
L.M. Galli Michero, Elenco e rispettivo prezzo dei restauri eseguiti da Giuseppe Molteni ai quadri di proprietà
del nobile Sig. Cav. Don Giacomo Poldi dall’anno 1853 in avanti, in Giuseppe Molteni (1800-1867) e il ritratto
nella Milano romantica. Pittura, collezionismo, restauro, tutela, catalogo della mostra tenutasi a Milano nel
2000-2001, Milano 2000, pp. 241-244.