newsletter 47-2013

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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
AIAB:
'GLI OGM IN FRIULI SONO UNA
CATASTROFE'
'L’inquinamento rilevato dal Corpo Forestale dello Stato su colture limitrofe ai campi
impropriamente seminati a mais geneticamente modificato e colpevolmente lasciati arrivare a
maturazione, conferma tutta la gravità della situazione e smaschera le falsità diffuse dalla
Monsanto sulla ‘innocuità degli OGM’ sull’ambiente e dagli ‘scienziati’ da essa assoldati che, da
mesi, imperversano nelle campagne friulane, esponendo le proprie tesi sull’assenza di rischio
di contaminazione.
D’altronde, sostenere che il polline si limiti a volare solo nel proprio campo, non solo è poco
scientifico, ma anche puerile e offensivo per l’intelligenza umana; non spiegherebbe, infatti, le
cause intentate contro agricoltori contaminati per mancato pagamento delle royalties su geni di
loro proprietà'.
E’ questo il commento del Presidente di AIAB, Vincenzo Vizioli, alla
verifica di inquinamento genetico da mais transgenico fino al 10%,
riscontrato dal Corpo Forestale dello Stato in Friuli Venezia Giulia.
Secondo AIAB al 10% di contaminazione rilevata dal Corpo Forestale
dello Stato si deve aggiungere anche quella incalcolabile, causata dal
fenomeno dell’ibridazione con piante parentali selvatiche, cioè le
infestanti, documentato per 12 delle 13 più importanti piante alimentari
del mondo (tra cui frumento, mais, soia, cotone e riso), così come per molte altre specie meno
importanti. Bisogna, quindi, considerare anche il trasferimento alle infestanti della resistenza
agli erbicidi, punto di forza delle specie GM, che aggiungerebbe tra i danneggiati gli stessi
prezzolati fautori dell’agricoltura OGM.
'Il palleggio di debolezze tra decreti interministeriali che vietano senza sanzionare, emanati a
semina avvenuta, e Regioni che affermano di non avere strumenti per intervenire hanno
portato ad una situazione di catastrofe ambientale – ha aggiunto Vizioli –.
Il fatto che il Ministro dell’Ambiente Orlando riproponga un rinvio, invitando le Regioni all’ormai
superata emanazione dei piani di coesistenza, conferma la grande confusione e superficialità
con cui si affronta il problema. Per fortuna, la cosiddetta ‘società civile’ si è già espressa e
continua a farlo.
Sono più di 7000 cittadini che si sono attivati, infatti, in una settimana con la petizione ‘Appello
per un Friuli Venezia Giulia OGM-free in un'Europa OGM-Free’ che invitiamo tutti a firmare per
far sentire la propria voce contraria agli OGM. Oggi, per il bene dell’ambiente e dell’agricoltura
italiana, – ha concluso Vizioli – è necessario, infatti, ribadire quanto stabilito dal decreto
interministeriale sul divieto di coltivazione di piante GM, corredandolo di un serio piano
sanzionatorio, e rispondere alla Commissione UE, chiedendo la clausola di salvaguardia, come
già fatto da altri otto Stati membri'.
(dal Bollettino Bio di Greenplanet – novembre 2013)
Leggi anche:
Ulteriore conferma dell'inquinamento da OGM: ora niente scuse, Ministeri e
Regione agiscano!
da Bio@gricultura Notizie di AIAB – novembre 2013
e
Friuli, il 10 per cento dei terreni contaminato dal mais Ogm
da Ambiente e Territorio di Coldiretti – novembre 2013
SEGNI DELLA FINE: FAGIOLI BORLOTTI MADE IN CINA
Ecco cos’abbiamo trovato in un supermercato “bio”. Costano di meno, conviene
importarli: così rinunciamo a un altro pezzo della nostra sovranità alimentare
Guardate bene questa etichetta, stampata su una confezione di
fagioli borlotti secchi acquistati in un supermercato rigorosamente
“bio” di Padova : non ci notate niente di strano?
Noi sì. In basso, difatti, sta scritto chiaramente che l’origine di
quei fagioli – borlotti, non azuki e neanche messicani – è la Cina.
Dunque sono stati seminati, coltivati, raccolti e trasportati in Italia
da migliaia di chilometri più a Oriente. E non è neanche un caso
isolato visto che dieci centimetri più in là, sullo stesso scaffale,
un’altra etichetta di un’altra confezione di borlotti (la vedete nella
foto più sotto), riporta la dicitura “agricoltura non UE”. Il che può
significare America, da dove arriva buona parte del nostro import
di legumi, o Asia e appunto la stessa Repubblica Popolare Cinese.
Se questi fagioli sono finiti dunque
sugli scaffali di un negozio italiano, significa una cosa sola: che
qualcuno, qui da noi, ha preferito un import a chilometri ventimila
piuttosto che un acquisto a chilometri zero o comunque sul
territorio nazionale.
E, se l’ha fatto, non è certo perché la produzione italiana di fagioli
borlotti non gli consentiva di averne a disposizione sufficienti
quintali o tonnellate durante tutto l’arco dell’anno, ma
semplicemente perché così gli costava meno (al consumatore non
sappiamo).
Ora, sorvolando sulle garanzie bio che si possono avere su un
prodotto acquistato in Cina (ma vale anche per il “bio” italiano:
che sicurezze vuoi che ci siano quando il controllore è pagato dal
controllato?), e sorvolando anche sulla logica molto poco “bio” di un prodotto che per
trasportarlo in Italia bisogna inquinare mezzo pianeta (stessa cosa vale per le mele e le pere
fuori stagione che arrivano dal Sudamerica, e potremmo continuare così per altre venti righe),
il discorso che vogliamo fare non è tanto quello di una trita e autarchica difesa del made in
Italy, ma un altro: questa etichetta è il segno della fine. E’ un’etichetta escatologica. Perché
annuncia l’abdicazione, totale e incondizionata, della nostra sovranità alimentare.
Per soldi, è chiaro, e per cos’altro sennò? Perché conviene. Conviene all’importatore italiano
e conviene certo anche ai produttori cinesi, e pazienza se gli stipendi e le condizioni di lavoro
dei loro salariati sono quelli che sono. Ma un giorno, sai mai, anche a Pechino le cose
potrebbero cambiare.
I lavoratori cinesi, per esempio: potrebbero protestare e chiedere di più, così come hanno fatto
i nostri nonni in cento e passa anni di conquiste sociali. Oppure potrebbero essere gli stessi
produttori cinesi, una volta conquistato il monopolio del mercato, a decidere di punto in bianco
di alzare i prezzi.
Be’, direte voi: a quel punto potremo finalmente mangiarci i nostri, di fagioli borlotti. Già, ma
quali, se nel frattempo saranno spariti dalla circolazione tutti i contadini che
potevano (o che hanno provato a) coltivarli?
(da Effervescienza – novembre 2013)
ARRIVANO GLI SPINACI INVERNALI, PROVATE QUELLI DEI
CONTADINI
Iniziata la raccolta delle varietà invernali di spinaci. Sono presenti sui banchi al
mercato soprattutto il gigante d'inverno, il riccio di Castelnuovo, il merlo nero, il
mostruoso di Viroflay e, adatti a ogni stagione, il riccio d'Asti e l'america.
Quelli che troviamo oggi sono stati seminati a settembre e,
con le semine successive, ci accompagneranno fino a gennaio
o febbraio, almeno fin quando non ci saranno forti
diminuzioni di temperatura e gelate persistenti. Costano tra
1,50 e 2.50 euro al chilo, a seconda di quanto sono «belli». I
più cari saranno quelli di piccole dimensioni, ma non sono
facili da trovare.
In queste settimane, infatti, è diffuso un problema estetico:
in media le foglie sono molto grandi e non comunicano a
prima vista una sensazione di tenerezza. Generalmente le
foglie grandi sono quelle vecchie di raccolta, meno fresche e meno piacevoli al palato, ma
fortunatamente non è il caso di questi spinaci novembrini.
Hanno semplicemente approfittato di temperature più alte ed, essendo varietà pronte ad
affrontare il freddo, sono vegetati in maniera superiore alla norma. E anche in fretta: se il
tempo che intercorre tra la semina e la raccolta può andare dai 35 giorni ai 60 a seconda delle
temperature, adesso siamo sui 35 e anche sotto, un caso eccezionale.
Dunque non c`è problema per le foglie grandi, non sono vecchie, saranno buone lo stesso e
costeranno meno. Certo, uno spinacio a 1.50 euro al chilo (magari dal contadino, visto che in
tutta la Penisola li coltivano) va lavato molto bene, e più la foglia sarà rugosa più l`operazione
andrà ripetuta per evitare che rimanga della terra attaccata. Forse, per i frettolosi e i poco
pazienti (o pigri?), sarebbe meglio comprarli in busta, già lavati e pronti alla cottura come se
ne trovano tantissimi in commercio.
Ma vale veramente la pena pagarli più del doppio (sui 5 euro al chilo), sapendo che
provengono da colture meccanizzate, che saranno «vecchi» di quattro o cinque giorni dalla
raccolta e che i metodi di lavatura industriali non saranno delicati come le nostre mani?
Fate una degustazione comparata: cercate al mercato, dai contadini, degli spinaci raccolti la
mattina stessa o la sera prima. Comprate anche quelli in busta. A casa lessateli a vapore e
assaggiateli: la differenza di gusto vi trasformerà immediatamente in lavatori provetti di
spinaci. E risparmierete.
(da Slow Food – novembre 2013)
VITTORIA PER GLI AMBIENTALISTI: DOPO 20 ANNI LA GERMANIA È
LIBERA DAGLI OGM
Nel 2013, per la prima volta dopo 20 anni, non è stata coltivata in Germania nessuna
pianta geneticamente modificata.
L'Istituto Leibniz di genetica vegetale e di ricerca sulle colture (IPK) di
Gatersleben, in Sassonia-Anhalt, ultimo titolare per l'anno in corso di
un'autorizzazione per le prove sperimentali in pieno campo, ha infatti
annullato la sperimentazione che aveva in programma.
In questi giorni l'IPK avrebbe voluto seminare una varietà di frumento
invernale geneticamente modificato.
"Purtroppo quest'anno non abbiamo potuto svolgere il nostro test in campo aperto", ha
dichiarato al taz.am wochenende il portavoce dell'IPK, Roland Schnee. Tale decisione é stata
motivata dalla distruzione, da parte di alcuni attivisti contrari all'impiego dell'ingegneria
genetica, del campo in cui sarebbe dovuta avvenire la coltivazione sperimentale.
Il test si sarebbe dovuto svolgere sui terreni dell'azienda BioTechFarm di Ueplingen.
Impedendo le prove sperimentali in pieno campo, il movimento anti-OGM ha così messo a
segno una nuova vittoria, dopo essersi opposto nel 2012 alla coltivazione commerciale di
piante geneticamente modificate.
Nel gennaio 2012 la Basf aveva bloccato la coltivazione della sua patata transgenica Amflora,
il che aveva sancito la fine della coltivazione commerciale di OGM in Germania.
Nel maggio 2013 la Monsanto aveva ammesso di fronte al Taz la propria sconfitta. "Abbiamo
capito che in questo momento [la coltivazione di piante Ogm] non gode di un ampio
consenso". Poco tempo dopo la Monsanto decise dunque di ritirare quattro delle otto domande
di autorizzazione per la coltivazione di OGM nell'UE, e di lì a poco anche tutte le altre. L'azienda
ha però chiesto una proroga per la licenza per il Mon810, che in Germania è attualmente
sospesa [dal 2009 per volere dell'ex ministro Aigner].
(Fonte: Die Tageszeitung, Jost Maurin, Agra Press)
(da Bio@agricultura Notizie di AIAB – novembre 2013)
CROLLO DEL DOLLARO E ESPLOSIONE DELL’ORO
Malgrado non se ne parli molto, è un’evidenza che il debito degli Stati Uniti ha iniziato
la sua fase parabolica nel 2006, quando Ben Bernanke era stato nominato alla
presidenza della Federal Reserve.
Emulando la Fed, le banche centrali si
lanceranno ben presto (c’è chi già lo sta
facendo) nella stampa illimitata di moneta. Ciò
significa che gli Stati Uniti e altri paesi europei
stanno per entrare in una fase iperinflazionistica.
Questo inizierà nel 2014 e l’elemento scatenante
sarà il crollo del dollaro. L’iper-inflazione è un
evento legato alle monete. Non sopraggiunge
come risultato di un aumento della domanda,
ma come inevitabile conseguenza di una moneta
che crolla. Quando per molto tempo un paese vive al di sopra dei suoi mezzi e stampa moneta
che non potrà mai rimborsare, questo porta gli altri paesi a punirlo, lui e la sua moneta.
Ci erano voluti 200 anni perchè il debito degli Stati Uniti raggiungesse gli 8.000 miliardi di
dollari. Da quando, nel 2006, Ben Bernanke ha sostituito Alan Greenspan alla presidenza della
Federal Reserve (carica che ha abbandonato qualche settimana fa) il debito degli Stati Uniti è
più che raddoppiato, toccando gli attuali 17.000 miliardi di dollari. Nei confronti del dollaro, da
luglio l’euro è salito del 8%; negli ultimi 13 anni l’aumento è stato di circa 65%. Dal 1913,
l’anno in cui venne creata la Federal Reserve, nei confronti dell’oro il dollaro ha perso il 98%
del suo valore. Nei prossimi mesi il crollo del dollaro subirà un’accelerazione.
Nella Storia non vi è mai stata una situazione dove la maggior parte delle più grandi economie
fosse contemporaneamente in una situazione difficile. Il Giappone è un caso disperato, con un
rapporto debito/Pil del 200% e con una popolazione che denota un marcato invecchiamento.
La Cina soffre di un’immensa bolla del credito. La maggior parte dei paesi europei sono
indebitati, con alti tassi di disoccupazione e strutture sociali che li rendono poco competitivi.
Non vi è alcun paese che potrebbe salvare tutti questi governi indebitati.
Aggiungiamo al tutto un sistema bancario saturo di debito tossico e che ha usato oltre il limite
il leverage , l’effetto leva e si hanno gli ingredienti perfetti per giungere alla fine di un ciclo
economico maggiore a livello mondiale.
Nei prossimi anni, l’oro fisico (depositato all’infuori del sistema bancario) rifletterà
perfettamente il crollo del dollaro e delle altre monete, salendo in maniera esponenziale.
(Fonte : King World News-Blog.com)
(da Ticinolive.com – novembre 2013)
ASSICURAZIONE ETICA! LA PROPOSTA DI CAES
Il GA.S. Mandriola (Padova)
invita tutti ad un interessante incontro in cui il
Consorzio Assicurativo Etico e Solidale
presenta diverse tipologie di contratti assicurativi che rispettano principi di eticità e il
rispetto della persona e dell’ambiente.
L’incontro si svolgerà Lunedì 18 novembre alle ore 20.30
presso la Parrocchia di Mandriola in via Marconi 44.
Per vedere la locandina dell'incontro, e per saperne di più CLICCA QUI.
(da BioRekk Newsletter – novembre 2013)
PAOLO STECCANELLA, UN'ALTRA STORIA DI CIBO VERO
Paolo Steccanella, veronese, è il protagonista della
nuova storia di “Cibo Vero” per i nostri follone,
dopo quelle di tanti altri personaggi autentici che
credono nel biologico fino in fondo.
Quello che trovate di seguito è infatti l'ultimo di
una serie di video che GreenPlanet pubblica in
collaborazione con Alce Nero, il famoso marchio
gestito dall'azienda di Monterenzio, sulle colline
bolognesi, che sul concetto di “Cibo Vero” ha fondato la sua filosofia.
Cibo vero, prodotto da personaggi veri, in carne ed ossa che hanno deciso di raccontarsi.
Questi racconti sono stati raccolti in un libro e in una serie di video, quelli appunto che siamo,
come GreenPlanet, ben felici di presentare al nostro pubblico.
Nato a Legnago, nella Bassa Veronese, 54 anni, Paolo Steccanella ha preso in mano nel 1980
l'azienda agricola di 12 ettari fondata dal bisnonno nel 1918 ed ha resistito solo due anni nella
convivenza con l'agricoltura convenzionale. Poi ha detto basta all'utilizzo dei fitofarmaci.
“Innanzitutto - spiega nel video - per la mia salute, poi per la terra che, con la chimica,
andavamo a deformare”. Bio per lui significa soprattutto questo: instaurare un rapporto
corretto con la madre terra. A Legnago, Steccanella produce frutta e ortaggi: “Cibo vero”.
Cliccare QUI per collegarsi al video
(dal Bollettino Bio di Greenplanet – novembre 2013)
VIA LE MANI DALLA CITTÀ: APPELLO AI CANDIDATI SINDACI DI
PADOVA
“Ci sono film che con il passare degli anni perdono la presa…altri che invece
conservano una loro inattaccabile attualità, purtroppo”
(da mymovies.it)
Nei 50 anni che sono trascorsi dall’uscita nelle sale del film
“Le Mani sulla città”, in Italia sono stati consumati in media
più di 7 metri quadrati al secondo, 70 ettari di suoli persi ogni
giorno. Numeri che, se guardiamo agli ultimi due anni,
assomigliano ad un epitaffio più che a un grido d’allarme
(dati ISPRA – Rapporto sulla qualità dell’ambiente
urbano ed. 2013).
Solo eventi come l’alluvione che ha colpito il Veneto 3 anni fa
o la crisi del mercato immobiliare stanno temporaneamente
contenendo questa distruzione del territorio, mentre dal
mondo politico e istituzionale si susseguono dichiarazioni o proposte contro il consumo di
suolo, senza che ad oggi si possano vedere risultati concreti.
D’altronde, si contano sulle dita di una mano le amministrazioni, come Udine e Desio, che
hanno davvero dato un taglio alle loro previsioni di espansione urbanistica. Padova non fa
eccezione: quasi metà della superficie comunale è già consumata (41,3% – stima ISPRA su
dati 2007).
Il Comune però ha voluto ugualmente aumentare la possibilità di edificare: prima con la
Variante al Piano Regolatore del 2004 e, successivamente, con l’adozione del nuovo Piano di
Assetto Territoriale del 2009, per un totale di 4,6 milioni di nuovi potenziali metri cubi
edificabili. Il tutto nonostante siano migliaia le case vuote a Padova e provincia, a testimoniare
come queste previsioni non servano a dare una risposta ai bisogni abitativi della gente, ma
piuttosto a gonfiare operazioni speculative, dannose sia per la qualità dell’ambiente urbano che
per lo stesso mercato dell’edilizia.
Per questo motivo il “Taglio radicale dell’abnorme possibilità di edificare prevista dal Piano
Regolatore e dal PAT” è la prima richiesta della cartolina “Via le Mani dalla città” che
Legambiente sta facendo sottoscrivere ai cittadini con l’obiettivo di indirizzarla poi ai candidati
Sindaci alle prossime elezioni amministrative del Comune di Padova (leggine qui il testo
completo).
Vuoi darci una mano affinché lo Stop al consumo di suolo diventi centrale nel dibattito preelettorale sul futuro della città e negli impegni dei candidati?
• vieni presso la sede di Legambiente, o agli appuntamenti dell’associazione, per
sottoscrivere le richieste e sostenere la campagna (per la cartolina viene chiesta
un’offerta di 2€, a sostegno delle spese della campagna);
• ritira un pacchetto di cartoline da far firmare ad amici e conoscenti;
• inviaci foto, video o documentazione di vario genere su esempi di edilizia che ritieni
significativi per denunciare gli errori della pianificazione urbanistica di Padova.
E non dimenticarti che puoi sostenere questa e le molte altre iniziative promosse da
Legambiente Padova iscrivendoti all’associazione (tesseramento 2014).
Sandro Ginestri – Coordinatore Legambiente Padova
e Lucio Passi – portavoce Legambiente Padova
(da Ecopolis Newsletter – novembre 2013)
FRUMENTO: NE PRODUCIAMO COME NEL 1931!
Otto milioni di tonnellate all’anno, Italia costretta a importarne altre sei. Le cause?
Cementificazione del suolo e abbandono dell’agricoltura. Nazareno Strampelli, il mago
che vinse la Battaglia del grano.
Otto milioni di tonnellate all’anno. O, se vi piace di più, ottanta milioni di quintali. Se cliccate
alla voce «grano, produzione in Italia», troverete più o meno questa cifra. Che è – reggetevi
forte – la stessa quantità di frumento che il nostro paese produceva nel 1931, alla fine della
«Battaglia del grano», la campagna di incremento delle rese cerealicole lanciata cinque anni
prima da Benito Mussolini. Possibile? Possibilissimo, visto che il nostro paese l’abbiamo
cementificato (solo negli ultimi vent’anni l’Italia ha perso il 15% della terra coltivata*) e che
l’agricoltura non sembra importare un fico secco a nessuno.
Stessa produzione di oltre ottant’anni fa, sissignori. Ma con una bella differenza: che là,
durante il fascismo, l’Italia aveva meno abitanti, e risolse «autarchicamente» il problema
dell’autosufficienza alimentare. Mentre qui, oggi, di frumento siamo costretti a importarne
quasi 6 milioni (fonte: Coldiretti), con il risultato che un pacco di pasta su tre e circa la metà del
pane venduto è fatto con farine comprate dall’estero, e che sulla nostra già dissestata bilancia
commerciale grava un ulteriore peso mica da ridere.
Quello stesso peso che l’Italietta in camicia nera si tolse di torno nel
giro di soli cinque anni, dal 1925 al 1931, aumentando la produzione
del grano da 50 a 81 milioni di tonnellate, risparmiandone 25 di import
ed eliminando così un deficit colossale: ben 5 miliardi di lire di allora!
Come ci riuscì? Senza aumentare di un metro quadrato la superficie
coltivata, con distribuzione gratuita dei semi, finanziamenti, crediti,
concorsi a premi, informazione a tappeto (le famose «cattedre
ambulanti»), detassazioni del petrolio per uso agricolo.
Soprattutto, ecco, con le «Sementi Elette», cioè le varietà di grano
create dal genetista Nazareno Strampelli, il «Mago del grano»,
chiamato dal Duce nel suo Comitato Permanente come esperto tecnico
per risolvere la faccenda, e poi nominato addirittura senatore.
Una grande vittoria propagandistica, certo, con i manifesti, la retorica e le immagini di
Mussolini che trebbiava il frumento a petto nudo. Ma anche una grande vittoria agli effetti
pratici: non solo per i risultati di cui si diceva sopra, ma soprattutto perché con la Battaglia del
grano l’Italia di fine anni Venti s’impose al mondo intero stabilendo primati assoluti di
produzione per ettaro, e dando la pappa persino agli americani: nel 1931, tanto per dire, su
una superficie di 5 milioni di ettari, si producevano ben 16,1 quintali di grano all’ettaro,
addirittura il doppio degli USA (8,9%)!
Una vittoria di tale risonanza planetaria che dopo la Seconda guerra mondiale le ricerche di
Strampelli (nella foto sopra) – come dicevamo nell’articolo sugli Antichi Cereali del 30 settembre
scorso – vennero riprese pari pari dai ricercatori americani, tra cui Norman Borlaug, e,
finanziate senza riserve dal «solito» multimiliardario Rockefeller, fecero da base per le
ibridazioni della «Rivoluzione Verde» anni ‘60.
Il risultato? Che Borlaug, con il suo grano nanizzato e pieno di concimi chimici, vinse un premio
Nobel nel 1970, mentre la fama del Mago Strampelli è finita praticamente nel dimenticatoio.
Lui, fondatore dei primi enti mutualistici, che non aveva avuto il Nobel solo per la sua adesione
(neanche entusiasta) al fascismo, si era battuto per la distribuzione gratuita delle Sementi
Elette agli agricoltori e – al contrario dei Signori degli OGM – non aveva neanche voluto
saperne di brevettarle. E quando andò in pensione rifiutò pure il trattamento economico
speciale che avrebbe dovuto ottenere come senatore. Ma già: altri tempi, altri uomini.
Tre altri piccoli dati sulla cementificazione del territorio italiano:
1. la superficie urbanizzata è aumentata dal 1956 al 2001 del 500% (fonte: cit. Giovanni
Valentini, Raitre);
2. dal 1990 al 2005 sono stati consumati 3 milioni di ettari, pari a due regioni come Lazio
e Abruzzo (idem);
3. nei prossimi 20 anni la superficie delle aree urbane sarà destinata ad aumentare di circa
600 mila ettari al vertiginoso ritmo di 75 ettari al giorno.
(scritto da Furio Stella su Effervescienza – ottobre 2013)
VOLONTARIATO: IL TAGLIO DEI CONTRIBUTI
Con l’intesa del 16 ottobre 2013 ci giunge improvvisa la notizia che, sulla base della legge 266,
presso le Fondazioni, i Comitati di Gestione e i CSV, i fondi disponibili destinati al volontariato
vengono decurtati del 25% e ripartiti per il funzionamento degli altri Centri di Servizio per il
volontariato presenti in Italia. La notizia di per sé sembra positiva, tanto che tutti i firmatari si
sgolano per dire che è stato un buon accordo, ma leggendo tra le righe si scopre la verità.
Siamo in un contesto dove le Fondazioni bancarie sono tenute per
legge a versare 1/15 (circa il 7%) dei loro proventi a favore del
volontariato italiano (a loro rimane circa il 93%), ma dall’avvio
della crisi, queste fondazioni stanno dichiarando una forte
riduzione dei proventi e, di conseguenza, delle somme disponibili
per il volontariato.
Va detto, peraltro, che le fondazioni (di cui la maggior parte sono
nel nord), per sostenere il sistema solidarietà in Italia hanno e
stanno versando ulteriori somme (nel presente accordo si parla di
20milioni di euro destinati alla fondazione sud).
Tale disposizione preleverebbe al Veneto circa 4 milioni di euro
(accantonati per gli anni nei quali la crisi avrebbe ridotto il gettito)
e viene quindi a penalizzare il volontariato della Regione, facendo sì che l’azione di solidarietà
venga limitata se non addirittura resa impossibile. Peraltro, la questione, che viene presentata
come un aiuto agli altri territori e quindi come un’azione di solidarietà nazionale, si rivela
essere in realtà un giro a sovrastrutture non previste per legge. E’ quindi probabile che ben
poco di quanto prelevato forzosamente vada alle associazioni di volontariato.
La scelta del Veneto è stata da sempre quella di avere strutture snelle riguardo ai CSV, ovvero
pochi dipendenti e costi fissi, per poter indirizzare la maggior parte delle somme disponibili al
finanziamento diretto delle organizzazioni di volontariato, come per latro prevede la legge,
cosa che il resto dell’Italia non fa. La decisione a livello nazionale incide anche nel quotidiano:
di questi giorni la notizia che sul bando a valenza locale 2013 del CSV di Padova sono
pervenuti più di 100 progetti, con una richiesta di quasi 600mila euro, a fronte dei quali i fondi
disponibili sono meno di un quarto. Ci domandiamo, quindi: con quali somme dovremmo
coprire tale richiesta se in questo momento le nostre risorse sono state bloccate?
Il comportamento da cicale di alcuni e le sovrastrutture che un certo tipo di sedicente
“volontariato” ha creato in Italia ha tolto al vero volontariato la possibilità di gestire in prima
persona le risorse che la legge metteva a disposizione. Ora, come già successo altre volte nella
storia, ci si trova nelle condizioni di essere derubati delle proprie risorse, ma non a favore del
vero volontariato, ma di quelle strutture che appunto devono autoalimentarsi e auto
referenziarsi per rimanere in vita. Riguardo a ciò abbiamo inviato una lettera ai firmatari
dell’accordo dichiarandoci contrari a tali decisioni.
Alessandro Lion – Direttore CSV Padova
(da Ecopolis Newsletter – novembre 2013)
DON ROMEO E I DADI
Una delle fortune più grandi della mia vita è rappresentata da alcune
persone che ho incontrato, e fra queste, va riconosciuto, alcuni preti,
illuminati e illuminanti. Da un po’ di tempo frequentiamo una parrocchia,
qui a Padova, dove il Parroco si ingegna ogni domenica a trovare qualche
gioco, qualche immagine, qualche metafora per far passare un concetto
ai bambini. E il più delle volte (siamo o non siamo tutti bambini?) quello
che ti rimane più impressa è proprio quest’ultima parte della predica.
Chi frequenta queste pagine sa che è venuto fuori più volte il dibattito fra
l’opportunità di impegno pubblico o privato: se sia meglio impegnarsi per
cambiare la società, le regole, la politica, o se questo potrà avvenire solo
come effetto collaterale, secondario, di un cambiamento interiore,
privato, individuale. Risposta non c’è, o forse chissà, perduta nel vento sarà... cantava Bob
Dylan. Probabilmente non esiste una risposta univoca: siamo diversi, con diversi doni o
carismi, diverse passioni e gusti, e va bene così.
Ma l’esempio di Don Romeo di oggi mi è proprio piaciuto e mi sembra calzi a pennello con
questo dibattito, per cui ve lo racconto.
Un vaso con 300 dadi. Ipotizziamo di volere tutti i dadi per terra, sul pavimento, con il “6″
rivolto verso l’alto. Regola: non possiamo metterle noi: possiamo solo lanciarli. E fare quanti
tentativi vogliamo.
Qual’è la probabilità che, lanciando tutti i dadi, si ottengano tutti 6? (per noi che
conosciamo la matematica, 1/6 elevato alla 300-sima…oltre 234 zeri dopo la virgola… on
basterebbe un miliardo di miliardi di anni di tentativi, anche ammettendo di fare un tentativo al
secondo). Insomma, impossibile, da un punto di vista pratico.
Ma… se facessimo in un modo diverso? Se dessimo un dado ad ogni persona presente in
chiesa, e chiedessimo ad ogni persona, individualmente, singolarmente, di lanciare il
dado, e di fermarsi non appena arriva il primo 6? Probabilmente non servirebbe arrivare
alla fine della messa per avere tutti i dadi per terra con il “6″ rivolto verso l’alto. Un miracolo!
Forse il punto è tutto qui. Smettiamola di voler cambiare la società, tutti gli altri, tutti
insieme, come piace a noi. E lavoriamo per modificare ciò che veramente possiamo modificare:
noi stessi. In fondo, anche Dio ha con tutti noi una pazienza infinita: vogliamo non averla noi
coi nostri fratelli?
(da Ingannati – novembre 2013)
AGRICOLTURA, NE STERMINA PIÙ LA VENDITA
ALL'ASTA CHE LE CAVALLETTE: 800 AZIENDE SOLO
A RAGUSA
L'imprenditore di Vittoria (Ragusa) Angelo Giacchi ha sospeso dopo
quattro giorni lo sciopero della fame contro la vendita all'asta
dell'abitazione e degli altri beni del titolare d'impresa.
Situazione comune ad altri 800 casi solo in provincia di Ragusa,
"perché la situazione delle aste giudiziarie - spiega Giacchi - é
esplosiva, e lo Stato deve tutelare chi ha lavorato e si trova in
difficolta', non gli usurai, i truffaldini e gli approfittatori che aspettano di impossessarsi di un
bene immobile per pochi soldi".
Il prefetto - riferiscono fonti dell'ufficio del governo - si é messo al lavoro per favorire un
incontro fra Giacchi e gli istituti di credito. Si tratta di trovare una soluzione che consenta a
Giacchi di pagare i debiti senza "regalare" quattro case, un garage e 150 mila metri quadri di
serre con un ribasso d'asta del 40%. Inoltre, mercoledì Giacchi sarà sentito in commissione
Bilancio dell'Ars, insieme ai rappresentanti degli istituti regionali di credito Irfis, Crias, Ircac e
del servizio di riscossione.
“Non possiamo permettere che continui lo sciacallaggio indiscriminato a danno delle nostre
aziende e delle nostre case”, dice Tano Malannino, presidente di Altragricoltura, “Le vendite
all’asta sempre più numerose a cui stiamo assisntendo e che mettono in ginocchio la nostra
gente e il nostro territorio non può continuare tra l’indifferenza generale e in modo particolare
delle istituzioni”.
(da Controlacrisi – novembre 2013)
É IL RISO IL SEGRETO DEGLI ANTICHI MURI CINESI
Perfetto per essere mangiato con le bacchette, il riso cinese
tiene su ponti, templi, mura e tombe vecchie di centinaia di
anni.
Un’analisi condotta su un muro vecchio di 600 anni, a Nanchino, ha
confermato che la malta usata nelle costruzioni era un miscuglio di
pietra calcarea polverizzata e riso glutinoso. Secondo lo studio di
Bingjian Zhang, dell’Università Zhejiang, l’indizio rivelatore è la
presenza dell’amilopectina, un tipo di carboidrato presente nel riso.
«Nel corso dei secoli, la gente ha aggiunto alla malta ogni sorta di materiale, come urina,
sangue e uova. L’aggiunta di riso in Cina, dove questo cereale è un prodotto primario, non mi
sorprende», dice l’esperto di materiali da costruzione Sedat Akkurt. Utilizzato dai cinesi in
ricette salate e dolci, il riso glutinoso ha un chicco sottile e allungato che diventa appiccicoso
quando viene cotto.
Colloso e a prova di ruspa
La presenza del riso nella malta non ha sorpreso neanche l’équipe di Zhang. Grazie a
documenti molto antichi, già si sapeva che questo tipo di materiale veniva utilizzato in Cina
1.500 anni fa e forse anche in epoca più antica. Le antiche costruzioni che contengono questo
magico miscuglio resistono ancora oggi e sono sopravvissute ai terremoti e agli interventi
umani. Ad esempio, parte di una tomba costruita durante la dinastia Ming (1368-1644) è «così
solida che neanche una ruspa riuscirebbe a distruggerla», dicono gli uomini di Zhang. Ciò che
rende così solido e indistruttibile questo tipo di malta è ancora un mistero.
Ricetta segreta
Grazie alle analisi chimiche, all’uso di un microscopio elettronico a scansione e altri metodi, la
squadra di studiosi ha scoperto che l’aggiunta dell’amilopectina del riso al carbonato di calcio
della pietra calcarea determina la formazione di cristalli di carbonato di calcio più piccoli di
quelli tipici della malta.
Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Accounts of Chemical Research, il risultato
è un miscuglio più duraturo, che resiste all’acqua e si mantiene nel tempo. «Rispetto a altri tipi
di malta, la sua forza è nella media, ma la sua capacità di resistere al restringimento è molto
interessante» dice Akkurt, dell’Istituto di Tecnologia di Smirne, in Turchia.
Inoltre, i risultati mostrano che la malta “al riso” si rafforza con il passare del tempo, perché al
suo interno continuano a verificarsi delle reazioni chimiche. Gli autori dello studio fanno
presente che il riso glutinoso è stato utilizzato con successo di recente in progetti di
conservazione, come quello al ponte di Shouchang, nella Cina orientale, costruito 800 anni fa.
Il nuovo studio promette risultati ancora migliori nei restauri futuri. Usando il metodo messo a
punto dall’équipe di Zhang, i restauratori potrebbero individuare quale tipo di malta sia stato
usato per ciascun edificio e riprodurne nuove dosi per i restauri.
(Fonte: National Geographic)
(da BioEcoGeo – novembre 2013)
OGM FUORI CONTROLLO: ECCO IL RAPPORTO CHE DENUNCIA LA
CONTAMINAZIONE NEL MONDO
La diffusione di piante modificate geneticamente è ormai fuori controllo in un alto
numero di paesi. La contaminazione della biodiversità graverà come un macigno sulle
generazioni a venire. Lo sostiene l’associazione tedesca TestBiotech che ha pubblicato
il primo, sconcertante rapporto sulla contaminazione ogm nel mondo. Terra Nuova vi
mette a disposizione il testo integrale.
L’associazione tedesca TestBiotech ha pubblicato il primo,
sconcertante rapporto sulla contaminazione OGM nel mondo,
una diffusione giudicata completamente fuori controllo. Il
rapporto mostra come le coltivazioni OGM (mais, riso, cotone,
colza, pioppi) stiano contaminando la biodiversità in maniera
incontrollabile.
E’ accaduto in aree e paesi come gli Usa, il Canada, l’America
Centrale, il Giappone, la Cina, l’Australia e l’Europa. In molti
casi la contaminazione è stata individuata anche a grande distanza dai campi. In alcuni casi le
modificazioni genetiche si sono già trasmesse alle piante naturali.
Il rapporto è stato pubblicato in concomitanza con la conferenza internazionale sulla
coesistenza che inizia oggi a Lisbona, in Portogallo. Il commissario europeo Toni Borg
comparirà in un discorso video proprio alla conferenza che è sponsorizzata da Monsanto e altre
aziende del settore.
“La coesistenza tra campi OGM e biodiversità non è possibile, la contaminazione si diffonde
nell’ambiente senza controllo. L’industria sta contaminando la biodiversità e i nostri futuri
semi. Chi se ne assume la responsabilità?” dice Margarida Silva della Piattaforma NO-OGM
portoghese. Oltre alle coltivazioni e ai campi sperimentali, a diffondere la contaminazione sono
anche i trasporti commerciali e le industrie che lavorano gli OGM.
Avremo conseguenze oggi nemmeno prevedibili, dice il rapporto di TestBiotech ed è evidente
che si sta già correndo un enorme pericolo. “Occorre proibire tali coltivazioni se non si riesce a
controllarle” dicono i curatori del rapporto, ma oggi la regolamentazione è lacunosa e non
adeguata.
Il rapporto di Test Biotech (clicca sul titolo qui di seguito per visualizzare il testo integrale in
PDF del rapporto) “Transgene escape - Global atlas of uncontrolled spread of
genetically engineered plants” è stato realizzato con il supporto di Gregor Louisoder
Umweltstiftung.
(da Terra Nuova – novembre 2013)
Ecco le ultimissime della settimana:
Expo No-OGM: grave errore
da ilSole24ore.com – ottobre 2013
I sogni non si sequestrano, si colorano
da Informazione Sostenibile – ottobre 2013
Le coop rosse che giocano in borsa come banche d'affari
da Wall Street Italia – ottobre 2013
Loris Mazzorato, ovvero osare l’inosabile (e dimostrare di avere
ragione)
da Ingannati – novembre 2013
50 anni fa: una tragedia annunciata. Da una donna
da Informazione Sostenibile – novembre 2013
Tutto quello he avreste voluto sapere sui pesticidi e non avete mai
osato chiedere…
da Tutto Green – novembre 2013